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L’Unione Europea avverte: “a maggio vi facciamo neri”

di Claudio Conti

La legge di stabilità corre verso l’approvazione del Parlamento, con la disapprovazione della Commissione Europea. O meglio: con la benevola sordina alle critiche, perché l’Unione di tutto ha bisogno tranne che di un’Italia a forte composizione “euroscettica”, in vista di elezioni politiche in primavera quanto mai incerte.

Qualche giorno fa avevamo anticipato questo atteggiamento (State tranquilli, se potete… I conti veri si faranno dopo le elezioni). Ora arriva la conferma da Bruxelles, con la solita accoppiata del “poliziotto buono” (i commissari Moscovici e Dombrovskis) e quello “cattivo” (il vicepresidente Jyrki Katainen, nella foto d’apertura).

La brutale sortita di quest’ultimo ha rotto il clima rassicurante che accompagana il percorso della ex legge finanziaria: “Tutti possono vedere dai numeri come la situazione in Italia non migliori”. Una doccia freddissima sul governo Gentiloni, che intanto si beava delle stime sulla crescita fornite dall’Istat (un +0,5% trimestrale che porterebbe a +1,8% il tendenziale annuale).

Alla base della legnata del commissario finlandese – un “falco” di obbiedienza tedesca, poco incline a tollerare “scostamenti” per ragioni politiche – c’è la differenza tra la riduzione del deficit annunciata dal governo italiano (-0,3%) e quella stabilita dagli stessi commissari (-0,6).

Tradotto in cifre assolute Katainen ritiene necessaria una correzione di 3,5 miliardi, preferibilmente sotto la voce “tagli alla spesa pubblica”, che invece risulta leggermente aumentata tra incremeto delle spese militari, contratto del pubblico impiego e lievissimo “sconto” sull’età pensionabile di alcune categorie addette ai lavori “usuranti”.

Moscovici e Dombrovskis avevano naturalmente visto che i conti non tornavano, ma avevano stipulato con il governo ormai uscente un rinvio della mazzata a dopo le elezioni, a carico del governo entrante. In questo modo si sarebbe potuto condurre una campagna elettorale meno esposta alle folate “euroscettiche” che sempre accompagnano, ormai, i diktat troppo espliciti di Bruxelles.

Ma i governi italici sono ritenuti lassè degli autentici mostri di bravura nel conquistare margini di “flessibilità” che poi non riescono o vogliono mai restituire. Dunque Katainen ha alzato la posta ricordando che – chiunque vinca, o qualsisi coalizione si formi dopo le elezioni – dovrò fare esattamente quel che l’Unione prescrive. Fin nei dettagli. Ed è sempre il caso di ricordare a tutti – sinistra “antagonista” compresa – che il principale terreno di “sovranità” di uno Stato è proprio la legge di bilancio, quella che decide di anno in anno come e per cosa spendere, raccogliendo e redistribuendo parte della ricchezza prodotta nel paese.

Se questa “sovranità” non esiste, in altri termini, a qualsiasi esecutivo viene a mancare lo strumento principale di governo. A livelli più bassi, è lo stesso problema che vivono le amministrazioni locali, costrette dal “patto di stabilità” a seguire percorsi sempre e molto diversi dai “programmi” dichiarati in campagna elettorale.

A chi dimentica questa realtà la Commissione ricorda “gli impegni stringenti” sottoscritti con i trattati. Dunque invierà subito una lettera al governo “che verrà associata alla prossima opinione di bilancio, farà un quadro della situazione, e sottolineerà il rischio di deviazione dei conti pubblici rispetto agli obiettivi”. Un preavviso di procedura di infrazione, che però diventerà esecutivo soltanto a maggio – dopo le elezioni, dunque, come previsto – quando la stessa Commissione pronuncerà un giudizio definitivo sul “caso italiano”.

Dopo di che, con una “crescita” che fin d’ra viene prevsta di nuovo in calo, ci sarà spazio solo per le lacrime e il sangue. Nostri, ovviamente…

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