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senso comune

La fase pre-elettorale, un quadro sconfortante

Enrico Padoan 

A volte è necessario fermarsi un attimo e fotografare la realtà. Non serve procedere a dotte elucubrazioni o raffinate analisi: è sufficiente lanciare uno sguardo sommario ed annotare le condizioni in cui stiamo. Il quadro è sconfortante.

Mi riferisco alla situazione politico-partitica italiana a pochi mesi dalle elezioni. Una sfera noiosa e scollegata dalla realtà, direte voi. Sì, perfettamente d’accordo. Peccato però che i partiti italiani esprimeranno i parlamentari che siederanno a Roma, e che eleggeranno il prossimo governo nazionale. Istituzioni da cui sarebbe lecito (ma utopistico) attendersi delle risposte concrete e dei decisi cambi di marcia per migliorare le disastrate condizioni del Paese Reale. Ma se la politica è il luogo dove cercare le soluzioni, l’attuale sistema politico appare invece come la fonte principale dei problemi che ricadono su tutti noi.

Almeno tre coalizioni o partiti si propongono di “vincere le elezioni”. Centrosinistra, Centrodestra, Cinquestelle. Il Centrodestra. Molto più destra che centro, in effetti. Vi stanno Forza Italia dell’eterno Caimano, e due forze xenofobe, la LeganonpiùNord di Salvini e Fratelli d’Italia della Meloni. L’estrema destra ha recentemente riscoperto il problema della povertà e della miseria: vogliono riservare la prima agli italiani e la seconda agli stranieri.

Hanno riscoperto il tema delle pensioni, dopo aver contribuito attivamente sia alla privatizzazione della previdenza (2006) sia all’aumento dell’età pensionabile, anche in funzione della speranza di vita (2010). Hanno riscoperto il problema del lavoro, dopo aver fatto di tutto per creare il precariato. La Meloni straparla di “Patria”, poi in Sicilia esprime Musumeci, il quale, anche se “non avrebbe voluto”, si vede eletto grazie a mafiosi e figli di mafiosi, gente involucrata nel peggior malaffare. Salvini, leggo oggi, vuole un “patto firmato dal Notaio” con gli alleati, in modo da vietare eventuali accordi post-elettorali col Pd. Nel mentre, la LeganonpiùNord ammicca frequentemente al M5S, il quale si mantiene nel più splendido isolamento (politico e sociale). C’è da giurare che le destre italiane si accorderanno, tanto chissenefrega dei programmi, della questione Euro, del fatto che mentre Salvini insegue i grillini, Berlusconi ci avverte sul loro “pauperismo, ribellismo e giustizialismo”. Capace anche otterranno la maggioranza relativa dei seggi. Salvo poi scoprire che da sole non potranno governare, per cui ognuno a stringere altre alleanze, sicuramente più naturali e già rodate, tipo quella Berlusconi-Renzi.

Il Cinquestelle. Al di là delle accuse spesso ingiuste, delle caricaturizzazioni, diciamolo: delle tre forze in campo con reali possibilità di vittoria, è l’unica che può rappresentare potenzialmente una “rottura”. Spunti interessanti nel programma “votato dai cittadini” (lo dicono sul serio! Ci credono davvero!), anche se declinati in modo vago, naif e spesso mescolati a proposte da film horror (tipo un sindacato “alla tedesca”, quanto di più antisociale si possa immaginare). Che i grillini abbiano l’obiettivo di governare è fuor di dubbio. Lo si capiva dall’accento governista della loro kermesse a 5 Stelle di Rimini, cui ebbi l’occasione di assistere. Lo si capisce dal fatto che sul portale Rousseau non vi siano spazi dedicati al confronto con i loro esponenti locali di governo, né si prevedano modifiche alla piattaforma, focalizzata sulla “discussione” di leggi, con tempi piuttosto ampi per il “dibattito” – sarebbe meglio dire “inserimento disordinato di commenti spesso senza senso” – e quindi assolutamente inadatta ad una “democrazia partecipata di governo” (ma, diciamocela tutta, non è certo una novità). Ma lo si capisce ancor di più dagli interlocutori internazionali che Di Maio si è scelto per “spiegare davvero cos’è il 5 stelle”: prima Trump, poi Macron. Attendiamo fiduciosi che pensi anche ai cittadini, specie quelli residenti in Italia, ed al mondo dei corpi intermedi (comunque esclusi dall’idea di web-democrazia propagandata da Casaleggiolandia).

Il Centrosinistra. Farebbe ridere se non ce l’avessimo in Italia. Innanzitutto, al momento la coalizione di “centrosinistra” è formata da un’entità chiamata Partito Democratico e da un partito che ora non so neppure come si chiami, ma sino a poco tempo fa sono certo rispondesse al nome di Nuovo Centro Destra. Il PD, con un segretario odiato praticamente da tutta Italia tranne dai 300.000 iscritti al partito (un terzo rispetto al 2007). Renzi, che fra spacconate (“sfido Berlusconi nel collegio di Milano”) e viaggi in treno per raccogliere insulti, è diventato il pretesto per alcune nuove leve della politica italiana (tipo D’Alema e Bersani) per creare nuovi partitini senza popolo. Il dibattito politico raggiunge picchi di qualità inaspettati: “darete il paese in mano ai populismi ed alle destre”, “se non chiedi scusa sul Jobs Act non torniamo”. Dopo i fallimenti dell’ambasciatore Fassino (ma quando mai ha vinto?), si farà così: il comitato di affari renziano correrà con Alfano e con una lista civetta guidata da Pisapia, il cui scopo sarà quello di raccattare i voti di quelli “di sinistra, ma responsabili, non radicali”.

La “sinistra radicale”, dunque, sarà guidata dalla coppia D’Alema-Bersani, quella famosa per la legge Treu, la guerra in Kosovo, l’indiscutibile intelligenza politica del Leader, e le liberalizzazioni. A questi maoisti si uniranno Civati (in prima fila alla prima Leopolda) e “Sinistra Italiana” (cioè i vendoliani senza Vendola, in congedo parentale). Non abbiamo ben capito il perché, ma trattasi di una coalizione diversa da quella lanciata, fra gli stessi identici soggetti, due mesi fa al Teatro Brancaccio (un Teatro fa sempre chic, e poi ben si presta alla farsa-commedia-tragedia messa in scena). Ora però non c’è più la “Società Civile”. “Società” (genere femminile) era il nome in codice di Anna Falcone. “Civile” (al maschile) era lo pseudonimo del Leopoldino Tomaso Montanari. Almeno, mi pare di aver capito così.

Questi i soggetti politici che arriveranno agli occhi e alle orecchie dello “straw man”, dell’”uomo della strada”. Il cittadino comune. Il quale vorrebbe anche magari partecipare ed interessarsi alla vita politica, ma proprio non gli è concesso. Questo è il momento delle alchimie, delle prove di dialogo, che “sappiamo che non interessano a nessuno, ma noi infatti poniamo pregiudiziali sui programmi”. Ovviamente.

Ora, arriveranno queste benedette elezioni. Spariranno, ci auguriamo, un sacco di personaggi che fanno da tappo alla nascita di qualcosa di nuovo. Sarà bene non tanto riflettere, durante questi mesi, ma iniziare a costruire progetti che abbiano come conditio sine qua non una radicale alterità rispetto alle assurdità del presente. Partendo da un semplice presupposto: le maggioranze si costruiscono fra la società, non certo sgusciando fra generali senza esercito in cerca di “dialogo”. Una società frammentata non secondo etichette ormai ridicole (centro-sinistra-destra-oltre), ma secondo fratture sociali in cerca di articolazione. Che poi, non è mica così difficile. Perché da troppi anni ormai il partito di maggioranza assoluta è un partito extraparlamentare: il partito di chi non ha parte.

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