Print Friendly, PDF & Email

contropiano2

La rivolta dei “lavoratori mentali” alla GD mette in crisi l’ideologia di padroni e sindacati complici

di Stefano Porcari

Quanto avvenuto recentemente alla Gd-Coesia di Bologna, è un esempio significativo e una conferma di molte delle cose che andiamo segnalando da tempo sul nostro giornale.

Un lungo articolo del 1 dicembre su Il Sole 24 Ore, giornale della Confindustria, continua a interrogarsi e cercare di capire come sia stato possibile che l’Usb sia esplosa nei consensi tra i lavoratori in una fabbrica a tecnologia avanzata (quelle 4.0 come si dice oggi), pacificata sindacalmente (le ore di sciopero erano crollate negli anni), con una regolazione contrattuale sostanzialmente decente e pienamente inserita nel quadrante produttivo “europeo” del nostro paese (l’Emilia-Romagna).

Su questa vicenda vengono a coincidere alcuni elementi importanti sul piano sindacale, politico e se volete anche strategico:

  • 1) Il voto per vendetta dei lavoratori metalmeccanici verso una Fiom ritenuta ormai parte del sistema – e del problema – e non della soluzione delle loro esigenze nel rapporto di forza con la controparte padronale. Un voto che si è replicato in molte altre fabbriche metalmeccaniche;
  • 2) Il sindacalismo conflittuale sta penetrando nelle fabbriche, anche in quelle tecnologicamente avanzate dove la conflittualità era stata ridotta ai minimi termini sia dalla complicità sindacale di Cgil Cisl Uil sia dai margini di distribuzione che vengono dal fatto che sono industrie “che tirano” e non in crisi;
  • 3) In questo caso – la GD Coesia – a operare la rottura con questo scenario di pacificazione aziendale, non sono i settori salariati meno qualificati ma quelli ad alta competenza, più simili ai tecnici che agli operai di catena.

Se i primi due punti attengono alla dimensione del conflitto sociale e alle sue manifestazioni reali oggi (in cui spesso si esprime disagio con il voto più che con la lotta), l’ultimo punto offre materia di enorme interesse per l’analisi sviluppata nel recente libro di Guglielmo Carchedi su lavoro mentale e classe operaia.

Avviene infatti che a mandare a quel paese il padrone e i sindacati complici, siano soprattutto quei “lavoratori mentali” che dispongono di conoscenze avanzate del processo produttivo, quelli che in alcuni casi “ne sanno più del padrone”.

Quando quest’ultimo tira troppo la corda cercando di introdurre nella gestione dell’orario di lavoro meccanismi di controllo “intrusivi” (affidandosi spesso ad algoritmi), questi lavoratori reagiscono e si mettono di traverso, anche se il loro salario magari è più alto, se ci sono buoni premi di produzione e si lavora in una azienda che tira, che ha mercato e non è in crisi.

In sostanza alla GD di Bologna, è stato ostacolato – vedremo se si riuscirà a metterlo in crisi – quel modello di concertazione sindacato-azienda di tipo tedesco al quale la Fiom bolognese guarda da tempo. Ma il fatto che questa rottura dell’incantesimo sia avvenuta in una industria a tecnologia avanzata, indica una contraddizione interessante sul “lavoro mentale” dentro le condizioni del lavoro salariato oggi. Una contraddizione che l’elaborazione di Mino Carchedi e dei compagni della Rete dei Comunisti ha cercato di cogliere e socializzare con le molte iniziative fatte in giro per l’Italia nelle settimane scorse.

Add comment

Submit