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Potere al popolo. La sfida è accettata e sarà “militante”

di Federico Rucco

L’affollata assemblea tenutasi oggi al teatro Ambra Iovinelli di Roma, ha “accettato la sfida” del processo che porterà alla lista Potere al Popolo nelle prossime elezioni politiche. Per vedere concretamente questa opzione sul campo occorrerà raccogliere le firme necessarie in tutti collegi elettorali, e bisognerà farlo rapidamente. Eppure, a giudicare dalla spinta e dal clima che si è respirato in una freddissima giornata di dicembre, anche questa tappa verrà affrontata con slancio, lo stesso che è stato imposto un mese fa dai compagni del centro Je So Pazzo di Napoli.

In qualche modo la natura e il ritmo del processo di Potere al Popolo, anche in questo, hanno imposto la dovuta discontinuità rispetto a certe estenuate liturgie della “sinistra”. Un dato leggibile dalle quasi settanta assemblee locali che si sono svolte tra la prima assemblea (18 novembre) e quella di oggi. Il dibattito provocato da questa proposta ha attraversato tutte le realtà che l’hanno guardata con interesse già da come si era presentata. La Piattaforma Eurostop ha visto una sua vivace assemblea nazionale discutere e poi decidere a maggioranza che l’esperimento andava tentato. Ma anche dentro i partiti comunisti “storici” la discussione e la decisione risulta non essere stata affatto semplice.

Eppure si è capito che si respirava aria diversa in questi trenta giorni, che hanno portato in tanti a dire “accettiamo la sfida”, mediando dove era necessario e forzando dove era indispensabile. Potere al Popolo si è data gli strumenti minimi per cominciare a ingaggiarla: un simbolo (che pure è stata oggetto di molte discussioni) e un responsabile politico (imposto dalla legge elettorale) che è stato riconosciuto ai compagni di Napoli che si sono assunti la responsabilità di avviare il processo.

L’assemblea all’Ambra Jovinelli ha concesso poco, anzi pochissimo, a liturgie e artifici politicisti. L’intervento introduttivo di una compagna di Napoli ha fatto riverberare con grinta parole, interlocuzioni sociali e indicazioni che sembravano seppellite nel pantano della politica messa a disposizione in questi anni dalla sinistra.

A marcare la differenza è l’aver affidato il primo intervento a Bassam Saleh, compagno palestinese conosciuto e stimato, per rendere omaggio alla nuova Intifada ingaggiata dal popolo dei Territori Occupati.

Hanno portato i loro contributo di esperienze sul campo i compagni spagnoli di Unidos/Podemos e di France Insoumise, confermando come negli altri paesi europei si abbia assai meno paura di parole come rottura con l’Unione Europea o recupero della sovranità di quanta, assurdamente, ce ne sia nei residui della sinistra italiana.

Prendono la parola donne che hanno segnato la storia recente dei movimenti sociali e del conflitto nel nostro paese: Haidi Giuliani e Nicoletta Dosio. Dalla lontanissima frontiera di Lampedusa ha portato l’intervento il collettivo Askavusa che agisce su quell’isola diventata oggetto della militarizzazione e del lato oscuro dell’Unione Europea. Toccherà poi ad un veterano come Giorgio Cremaschi, per conto di Eurostop, mettere nero su bianco la convinzione che la sfida di Potere al Popolo vada accettata con senso dell’unità e maturità da tutti. Lo storico napoletano Geppino Aragno, che ci ha creduto sin dall’inizio, è latore di un messaggio di augurio importante come quello di Luigi De Magistris.

I segretari del Pci, Mauro Alboresi, e del Prc, Maurizio Acerbo, confermano che accetteranno la sfida di Potere al Popolo. Prima di loro l’europarlamentare Eleonora Forenza aveva insistito molto su questo.

Molti interventi, ed è un fatto interessante e positivo, sottolineano come il dato della rottura con l’Unione Europea possa e debba essere per un lato un obiettivo coerente con un impianto anticapitalista, per l’altro il vero elemento di sintonia con le altre forze alternative nei vari paesi europei.

Si susseguono molti interventi – dal tenore del Teatro dell’Opera in via di licenziamento all’operaia di Almaviva licenziata e riassunta con una sentenza che ha fatto rumore, dagli universitaria della campagna Noi Restiamo a compagne e compagni dei territori pugliesi devastati dal Tap o ai giovani e giovanissimi compagni di Catania. E’ sferzante l’ironia dell’attrice e conduttrice Francesca Fornario che è stata subito della partita intorno alla sfida di Potere al Popolo.

A tirare le conclusioni è stata Viola Carofalo, giovane compagna di Je So Pazzo. Il suo richiamo è quello al lavoro sociale capillare, a sostituire con la guerriglia dei rapporti diretti la mancanza dei media mainstream, ad essere “militanti” in questa sfida, una parola rimossa o pronunciata quasi con pudore fino a questa mattina e che invece è tornata ad assumere il suo valore dinamico, includente, responsabilizzante di chi sa che questa sfida andrà giocata non tanto nel ristretto recinto del popolo della sinistra quanto nei settori sociali devastati e impoveriti da dieci anni di misure antipopolari e venticinque anni di sanguinosa, inutile e strumentale “riduzione del debito pubblico” imposta dall’Unione Europea dal trattato di Maastricht a oggi.

La sfida è stata accettata con entusiasmo dai quasi mille compagne e compagni che hanno affollato il teatro. Non bastano a fare il quorum, ma sono più che sufficienti per riattivare una militanza diffusa e motivata in tutto il paese, per ingaggiare finalmente la sfida con un nemico di classe che da troppo tempo non incontra nemici sul suo cammino, e che farà bene a cominciare temere la rimessa in circolazione di una opzione che dichiara come programma “Potere al Popolo”.

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