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L’automazione manda in disoccupazione anche gli avvocati…

di Francesco Piccioni

Un paio di anni fa mi capitò di leggere uno studio prodotto dall’università di Oxford e dalla società Deloitte in cui si analizzavano i mutamenti in corso nel mercato del lavoro inglese e quelli nei prossimi due decenni a causa della inarrestabile crescita dell’automazione applicata ai sistemi produttivi. Stavo lavorando a una relazione su questo tema e le stime elaborate da due “istituzioni” così prestigiose (una delle principali università mondiali e una società privata certamente addentro all’analisi economica applicata alla massimizzazione dei profitti) giungevano davvero a proposito.

Il report inglese non lasciava margini di ottimismo su que che sarebbe accaduto alle mansioni o professioni più legate alla fatica fisica, ai gesti ripetitivi, insomma al “lavoro alla catena”. E lo stesso si poteva dire di tutte quelle mansioni una volta chiamate “di concetto” che si muovono esattamente nello stesso modo del lavoro manuale, ma applicandosi alle pratiche burocratiche, amministrative, contabili, ecc.

Nulla di davvero nuovo, visto che da oltre tre decenni l’informatica sta eliminando figure un tempo molto numerose (dattilografe, addetti alla contabilità o alle buste paga, impiegati pubblici, ecc), fornendo programmi che possono fare le stesse operazioni “mentali” in una frazione del tempo necessario agli umani e pressoché senza errori.

La parte più interessante era quella “previsionale”, perché mirata a fornire al governo britannico suggerimenti su come rinnovare la struttura del sistema formativo in vista di un mercato del lavoro molto diverso dall’attuale. Da un lato le

competenze andranno perdendo utilità (“lavori che richiedono servizi di lavorazione ripetitivi, impiegatizi e di supporto”, ovvero “lavoro d’ufficio e in genere amministrativo; vendite e servizi; trasporto; costruzione ed estrazione mineraria o petrolifera; produzione in genere”). E individua alcune skills del prossimo futuro, in modo da facilitare il governo inglese nella programmazione dei sistemi formativi adeguati: “ruoli che richiedono competenze digitali, gestione e capacità creative”.

La vaghezza di questa formulazione lascia ancora oggi sconcertati. Come si fa a rivoluzionare tutto il sistema dell’istruzione, dalle elementari all’università, senza saper bene quali lavori avranno un senso e quali invece saranno del tutto scomparsi?

Sulle “competenze digitali” non c’è nulla di dire, se non che anche in quel campo si cominciano a vedere un certo grado di “maturità” che magari richiede continuamente “competenze nuove”, ma elimina altrettanto velocemente quelle vecchie. E non sempre ci si riesce e riciclare – pardon, upgradare – in nuove skills. Provate a chiedere a un sistemista come ci si sente a dover lavorare con una certificazione che vale solo per due anni e poi va “aggiornata” con le innovazioni prodotte nel frattempo.

Le “capacità gestionali” sono anch’esse una competenza molto richiesta, ma hanno il difetto – come quelle digitali – di eliminare ruoli man mano che si affinano e permettono di coprire aree sempre più vaste con meno persone (un’occhiata alla struttura direttiva delle grandi multinazionali permette di visualizzare questa dinamica).

Per l’”occupazione di massa” restavano insomma solo le “attività creative”, qualunque cosa possa significare questa espressione. Anche facendo volare la fantasia, però, “non ci sembra realistico un futuro fatto di miliardi di informatici, avvocati, artisti, finanzieri, infermieri, ecc.”

Ora arriva questo lancio dell’Agenzia Ansa, che riporta un altro studio del Massacchussets Institute o Technology che annuncia come imminente anche una drastica riduzione del numero degli avvocati, eliminando così una delle ipotetiche “professioni del futuro”.

(ANSA) – ROMA, 17 DIC – Fra i vari settori lavorativi sconvolti dall’intelligenza artificiale negli Usa c’è anche quello legale. Lo racconta un articolo sulla rivista del Mit Technology Review, secondo cui fino a un terzo delle mansioni di avvocati e praticanti può essere automatizzato.
Attraverso l’intelligenza artificiale si possono analizzare milioni di documenti, note legali e resoconti di cause per trovare quelli più appropriati a preparare un caso, un lavoro certosino che al momento compiono negli Usa i ‘paralegals’, persone in genere non laureate, e gli avvocati associati all’inizio della carriera. Una analisi di McKinsey ha stimato che il 22% del lavoro degli avvocati e il 35% di quello degli assistenti potrebbe essere automatizzato. Negli Usa sono già state create diverse compagnie che sviluppano software in questo campo, e ad esempio una delle principali, Kira Systems, collabora già con quattro dei dieci principali studi negli Usa.
In generale le compagnie ‘legal tech’ hanno ottenuto il 43% in più di finanziamenti nei primi tre trimestri del 2017 rispetto all’anno precedente. A ‘spingere’ il settore è anche la sempre maggiore disponibilità di dati on line. Lo scorso gennaio ad esempio la Harvard Law School Library ha messo in rete tutti i propri documenti. “Mi aspetto che gli studi, sapendo che la tecnologia può fare molti dei lavori ripetitivi, non vorranno più farli fare agli avvocati – afferma il direttore del progetto Adam Ziegler -. Perchè pagare per un associato per fare quello che un computer può fare più velocemente?”.(ANSA)

Il sistema giudiziario anglosassone è basato sul “precedente”, più che sulle norme. Dunque la gran parte del lavoro di un avvocato, come quantità di tempo utilizzato, sta nella ricerca e lettura dei casi simili a quello che si sta trattando, per tirar fuori l’inghippo o l’idea che permette di vincere la causa. Lavoro di lettura che, effettivamente, un robot può fare molto più velocemente (non sono affatto sicuro che possa farlo anche “meglio”). Poi arriva il principe del foro che mette a confronto i quattro cinque casi selezionati come utili e fa la sua scelta. Fine degli associati, dei “lettori”, degli aspiranti avvocati…

In effetti già deve esserci qualche problema per questi ultimi, anche in Italia, se è vero che stanno nascendo ormai dei “sindacati degli avvocati” e che uno di loro ha parlato dal palco nell’assemblea di lancio di #Poterealpopolo…

Restiamo in attesa di vederci indicare almeno un “nuovo lavoro” del futuro che abbia le possibilità di mettere miliardi di persone in condizione di poter vivere pur senza disporre della proprietà di mezzi di produzione. Ma cominciamo a sospettare che esistano solo nella fantasia macabra degli imbonitori chiamati “opinionisti”…

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