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orizzonte48

Le promesse, cioè le minacce elettorali

L'occasione finale per un "no"

di Quarantotto

Quand'è che il futuro è passato
da essere una promessa a essere una minaccia
?
Chuck Palahniuk

1. Finita la parte più strettamente religiosa delle feste, e quindi messa provvisoriamente in sospensione l'ubriacatura immigrazionista dello ius soli, e dei diritti immaginariamente negati, si passa ai propositi per il Nuovo Anno.

E questi propositi, nelle circostanze attuali, altro non sono che promesse elettorali, perché in tali termini vanno, da tutti voi, attentamente considerate; e immancabilmente, tutto questo va assunto nel connubio, ormai indistinguibile fra partiti di governo (in nome dell'€uropa dei mercati) e media di controllo, entrambi sospinti dall'incessante lavorio degli influencers.

 

2. Questi operano dunque in un incessante processo circolare che alimenta di soluzioni di soccorso, - aggirantesi preferibilmente sull'unico grande tema del debito pubblico (con varianti imperdibili)-, la linea di governo €urotrainata, mentre, a loro volta, gli espertologi proponenti delle soluzioni, in contraccambio, ricevono la legittimazione preventiva - mediatica, naturalmente- a divenire futuri governanti o, quantomeno, consulenti dei massimi livelli dell'amministrazione politico-economica. Tra una (lucrosa) "porta girevole" e l'altra; sempre qui, pp. 6-7.

 

3. In questo circuito, non c'è più spazio, e nemmeno tempo da perdere, per l'ascolto dell'orientamento dell'elettorato - inteso come elemento sociale costitutivo dello Stato nonché titolare della sovranità-, all'interno di un processo, almeno formalmente, democratico.

Traduco in termini più diretti: ammesso che il voto possa non essere condizionato dallo strapotere mediatico di chi odia la Costituzione (quella vera, non quella filosofica dei banchieri "liberali") e l'umanità stessa, l'idea precostituita è che comunque la futura agenda di governo non potrà e non dovrà tenerne conto. Tutto è già comunque deciso.

Rimarrebbe solo da ascoltare, per mesi di campagna elettorale, la reiterazione ossessiva, pluriennale, - che dico: pluridecennale!-, delle stesse "soluzioni".

 

4. Siamo irreversibilmente, - ci dicono in tutti i modi sicché nessuno possa avere più dubbio alcuno-, in un mondo in cui i tecnici gestiscono mentre i mercati governano (Reichlin dixit, once and for ever): e, poiché il ruolo dei politici è di andare in televisione e sui big-media, per converso, il passaggio mediatico del tecnico emerge spontaneamente quale voce-dell'opinione-pubblica-che-non-può-essere-ignorata. Essa e soltanto essa, tra le molte che si levano da una società che pure mostra profondi segni di inquietitudine, è abilitata a segnare i limiti di (non)"significato"di ogni possibile espressione del voto:

Il voto, attesa la incomprensibilità, da parte dell'individuo comune-elettore, della realtà normativa naturale, è solo un processo subordinato di ratifica delle decisioni "impersonali" del mercato (questa sintesi è agevolmente ricavabile, ex aliis, da questo post e da quest'altro).

 

5. Ma una volta profilato come "atto dovuto", senza alternative, il piegarsi preventivo ed incondizionato dell'elettorato alle esigenze del "lovuolel'€uropa", le "soluzioni" assumono il carattere più preciso di minacce.

Un tale carattere minaccioso delle dichiarazioni programmatiche elettorali potrebbe sembrare un ben curioso calcolo di captazione del voto.

Promettere prelievi patrimoniali sulle proprietà immobiliari e sui conti correnti delle famiglie, nonché (oh, finalmente!) tagli feroci della spesa pubblica, uniti alle soluzioni più tipiche di welfare caritatevole, drasticamente alternativo alle politiche di piena occupazione, e conditi dalle immancabili riforme definitive della Costituzione in senso "liberale", - in modo da ammantare prelievi e ferocia di una solenne legalità-, infatti, parrebbe in controtendenza clamorosa rispetto alle speranze e alle motivazioni di voto della schiacciante maggioranza degli italiani; ma, grazie al meccanismo della legge elettorale ed all'esistenza stessa, rectius all'accurata creazione, dei "3 poli", non lo è.

 

6. Oggi un residuo lumicino di speranza per evitare tutto questo passa per una rigorosa rivendicazione della vostra autonomia di giudizio, per la libertà del vostro voto: per un no che, questa volta, non possa essere beffardamente vanificato.

Perché, come ormai dovreste aver imparato, un "no" non preceduto dal risveglio e dalla mobilitazione delle coscienze (p.2), dall'aver coltivato "lo spirito di scissione" gramsciano(inteso come chiara presa di distanza che non ammetta compromessi e paure), può sempre essere vanificato.

E questa con ogni probabilità potrebbe essere l'ultima volta che un "no" potrete ancora (utilmente per voi) esprimerlo. Almeno all'interno dei parametri democratici che, con eccessiva di prigrizia, si tende a dare per scontati.

E' obbligo civile, e di legalità costituzionale, l'essere consapevoli che, questa volta, è veramente un'occasione finale. Com'è finale l'attacco del neo-liberismo globalista alle Costituzioni.

 

7. Non rimane, dunque, che fare la cronaca delle battute finali della "sceneggiatura" nel suo prossimo compimento, ricordandone le premesse strutturali:

"E quindi, come in Italia, si conferma che la "governabilità" (qui, pp. 2.1.4 e ss.) è una qualificazione di tipo tecnico-istituzionale che, se assunta come valore autosufficiente(cioè come indicatore di un'astratta funzionalità organizzativa che non si cura più del raggiungimento dei fini costituzionali dell'organizzazione stessa), finisce per assorbirne ogni altro, cioè per rendere irrilevante ogni contenuto e fine dell'indirizzo politico-elettorale.

Quest'ultimo, in teoria, dovrebbe risultare corrispondente alle esigenze che l'elettorato, ed anche la obiettiva realtà socio-economica, cercano di segnalare al sistema pseudo-rappresentativo dei partiti; ma, ci si accorge che, come giustamente, ha detto Draghi (ispirandosi a Friedman; qui, p.1, "addendum"), l'indirizzo politico è fissato da un "pilota automatico".

...

Anzi, si potrebbe persino dire che l'apparente frammentazione partitica attuale sia un bene per il "governo dei mercati": restituisce alle masse una sceneggiatura di contendibilità delle istituzioni (democratico-elettive) su varie, apparenti, versioni dell'indirizzo politico e così allontana la presa d'atto popolare sull'abolizione delle sovranità democratiche.

La sceneggiatura di una grande reality sedativo stile "Truman show".

E dunque, aveva pienamente ragione Reichlin (qui, p.8.1.):

"I mercati governano, i tecnici gestiscono, i politici vanno in televisione".

E questa è l'€uropa: ora più che mai.

Perché il problema di fondo rimane sempre questo:

"Se un "governo" sovranazionale free-trade non è strutturalmente idoneo ad autoriformarsi per via endogena (e le ragioni sono le stesse per cui i paesi non vincolati dalla bdp, cioè in surplus, non risultano praticamente mai, nella storia economica, aumentare le proprie importazioni e raggiungere il pieno impiego, cooperando spontaneamente a riequilibrare i saldi esteri e i livelli di occupazione dei paesi "vincolati"), ne deriva una struttura della massima rigidità.

E una tale struttura può solo collassare, escludendo, geneticamente, qualsiasi elasticità delle sue regole: se infatti fosse prevista una clausola di "elasticità", la sua governance riterrebbe di perdere la "credibilità" necessaria per affermare i suoi fini naturali.
E in fondo, è ciò che ci va ripetendo, ogni volta che ne ha l'occasione, Mario Draghi.
Anzi, precisa che qualsiasi alternativa a tale rigidità istituzionale è "unrealistic".

Quindi il destino delle masse €uropee è segnato".

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