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huffington post

Luigi Di Maio torna a casa Europa e rottama la politica estera a 5 stelle

di Pietro Salvatori

Davanti a una platea di ambasciatori e giornalisti internazionali completata la svolta a U: Ue "casa" dei 5 stelle, Hamas "terrorista". E sull'Eni...

Quando Luigi Di Maio prende l'ultimo lustro di politica estera del Movimento 5 stelle, lo rivolta come un calzino, e ne dà una versione aggiornata in vista delle elezioni del prossimo 4 marzo, ad ascoltarlo la platea è di quelle importanti. In prima fila Elisabetta Belloni, il potentissimo Segretario generale della Farnesina. A pochi metri da lei, Michele Valensise, tra i suoi più influenti predecessori, un rapporto privilegiato con la Germania, per anni portavoce della politica estera dei governi di Silvio Berlusconi.

Quella al Link Campus, università internazionale nella periferia ovest di Roma, in un palazzo dove fino al 1655, quando intorno c'era solo campagna, il Papa veniva a trascorrere le vacanze estive, non è una mattinata come tutte le altre. Perché il candidato premier a 5 stelle è chiamato dal padrone di casa, il professor Piero Schiavazzi, a fornire per la prima volta un quadro organico di quella che sarà la politica estera del Movimento una volta al governo.

Di Maio prende la parola. Ha un testo su cui appoggiarsi, ma parla a braccio. Venti minuti in cui stravolge l'agenda-meetup.

I punti cardine: l'Unione europea come casa del M5s, la permanenza nella Nato, la condanna di Hamas quale movimento terroristico, la tutela degli interessi geostrategici dell'Eni nell'ambito di una conferenza di pace sulla Libia da organizzare a Roma. Non c'è nulla in contrasto con il programma – nel suo volare alto volutamente vago – votato sulla piattaforma Rousseau. E quel che dice il leader stellato si colloca alla fine di una lunga strada di riposizionamento su questi temi. Ma la sistematizzazione degli elementi e la platea scelta per comunicarla sono significativi.

Seduti nella sala circondata dal verde del campus romano ci sono esponenti della ambasciate di Stati Uniti, Francia, Germania, Turchia, Giappone, Polonia, Brasile, Sudafrica, Australia, Emirati Arabi, Austria, Finlandia, Indonesia, Venezuela, Bulgaria e Thailandia. E corrispondenti di tutte le principali testate internazionali, dalla Cnn al Financial Times, dalla Zdf al New York Times, dalla Reuters a Le Figaro, fino alla televisione giapponese.

L'esordio sancisce la rottamazione definitiva di qualsivoglia referendum che metta in discussione l'Unione europea: "L'Ue non è un tema di politica estera, ma la casa naturale del nostro paese. E anche del Movimento 5 stelle". Certo, ci sono i caveat di una governance da riformare, di una maggiore solidarietà necessaria dai paesi fondatori, e di una più stretta collaborazione con quelli dell'Est del continente. Ma un ancoraggio così solido alle istituzioni comunitarie non si era mai visto prima. Con tanto di Brexit citata come esempio negativo, proprio l'impresa alla quale hanno legato gloria e sfortune gli alleati europei dell'Ukip. Parole che spazzano via una volta per tutte l'euroscetticismo a 5 stelle, e ridefiniscono le fondamenta di un'eventuale futura politica estera.

Non c'è spazio per il "mito" Chavez – a Pescara, qualche settimana fa, a rovinare per qualche minuto l'idillio della scuola di formazione politica dei candidati ci si era messo proprio un gruppetto di attivisti venezuelani – non ci sono elogi per la Russia e Vladimir Putin, con la quale Di Maio rivendica "meno rapporti rispetto a tutte le altre forze politiche". Messe in un cassetto le missioni in sudamerica, strappati i selfie festanti alla Duma.

Quasi per la legge del contrappasso, è a Israele che viene lanciato il secondo messaggio forte. Prudenza sulla soluzione politica ("Occorrono due popoli e due stati"), l'acceleratore spinge sugli interlocutori del processo di pace. E così, seccamente, Hamas viene definita "una seria minaccia terroristica". Proprio quell'organizzazione che era stata al centro delle polemiche per una missione dei deputati stellati guidata proprio da Di Maio, che accusarono Tel Aviv di averne bloccato l'ingresso alla striscia di Gaza e sostenevano Hamas quale "Vincitrice di libere elezioni". Era, nel caso specifico, Manlio Di Stefano, grande amico di Alessandro Di Battista, lo stesso che accusò, mai smentito, Israele di "genocidio", e bollò il sionismo come "discriminatorio".

Tutto rottamato, in una traiettoria di alcuni mesi che ha squadernato le posizioni con cui M5s è arrivato in Parlamento e che ha trovato oggi la propria summa organizzata. Via le perplessità sulla Nato e le proposte di referendum sulla permanenza italiana nell'Alleanza atlantico. Ci sono i se e i però su come vada riformata, e i dubbi sul contributo chiesto all'Italia, ma anche in questo caso la bussola è chiara: "Sono fermamente convinto della presenza in Italia nella Nato". Fine dei giochi.

Rimane ferma la contrarietà della missione in Niger ("Sembra più un soccorso alla Francia che al problema immigrazione"), e la volontà di ritirare il contingente italiano dall'Afghanistan. Ma è nei dettagli che si nasconde la svolta. Perché affrontato il tema Siria ("Serve una conferenza internazionale di cui l'Italia si faccia promotrice tramite l'Onu"), è quando il candidato premier arriva in Libia ("Subito a Roma una conferenza di pace fra tutte le parti") che si vede il segno del tempo che passa. Sentite qui: "L'Italia sia protagonista, tenendo presente che l'Eni è lì dal 1959 e la Libia ha un interesse geostrategico per noi rilevante".

L'Eni, l'interesse geostrategico. L'Eni spauracchio da sempre della galassia stellata. L'Eni considerata da Beppe Grillo latrice di "un sistema corruttivo internazionale". L'Eni a cui il blog delle stelle dedicava articoli nella quale la accostava al "fondamentalismo danaroso" e al "vero razzismo". L'Eni di fronte ai cui azionisti l'ex comico denunciava i "meccanismi criminosi". Tutto sparito, tutto mutato in "interesse geostrategico" da salvaguardare. A presiedere la giornata c'è l'ex ministro Dc Enzo Scotti. Quasi conterraneo di Di Maio con il quale ha un buon feeling, se avesse fatto lui lo stesso discorso non ci sarebbe stato nulla da eccepire. Rottamazione completata.

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