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piovonorane 

Immigrati, degrado e fake news

di Alessandro Gilioli

Oggi parlo del mio quartiere, ma non è colpa mia.

Il Corriere della Sera infatti dedica una pagina a una questione locale, elevandola tuttavia a metafora di un problema nazionale: «L'illusione caduta di piazza Vittorio».

Piazza Vittorio, architettura sabauda, è il cuore di un rione chiamato Esquilino nel quale ho appunto la fortuna di abitare da una quindicina d'anni.

Notoriamente è un quartiere molto multietnico: cinesi, bangladeshi, arabi, africani e altro. Non so se in quest'ordine, ma sicuramente con i cinesi in testa per presenza visibile e attività commerciali.

Sotto casa mia - a memoria - ho un casalinghi gestito da cinesi, due ristoranti di cucina giappo gestiti da cinesi, una tintoria cinese, un'altra tintoria di bangladeshi, due alimentari di bangladeshi, un falaferaro e pizza al trancio egiziano, un money transfer arabo (non so di che paese). Il ristorante-pizzeria è italiano ma i cuochi sono tutti asiatici e africani, tranne il pizzaiolo che è albanese (ma quando non è di turno, le pizze le fa un africano).

La forte presenza di comunità straniere è visibile anche nelle scuole del quartiere.

Dicevo: oggi il Corriere ha dedicato al quartiere un ampio spazio sulle sue pagine nazionali, prendendo come spunto una petizione di alcuni «residenti famosi» (sic).

L'articolo comunica ai lettori che all'Esquilino multietnico «l'esperimento può dirsi fallito».

Motivo: «Piazza Vittorio è diventata brutta, sporca e cattiva, con le siringhe al posto dei fiori, i pali che fanno la guardia agli spacciatori, i calzini appesi al roseto, la gente che si lava i piedi alle fontanelle, le panchine bucate una stecca una stecca no».

Per chiudere, il Corriere se la prende con «le anime belle che predicano il multiculturalismo facile lanciando magari i loro proclami antirazzisti da Capalbio».

Perché ho citato tutto ciò?

Perché anche questo (un po' come sotto) è l'egemonia culturale farlocca di oggi, quella che parla alla pancia, quella che contribuisce a imbarbarire il paese - forse anche più di un calzino appeso al roseto.

All'ottimo collega che ha scritto quanto sopra, vorrei quindi replicare con quanto segue.

1. Quello dell'Esquilino non è un "esperimento". Non c'è nessun "esperimento" in corso. C'è un quartiere che per svariati motivi - e dagli anni Sessanta - è diventato sempre più multietnico.

2. Le etnie all'Esquilino convivono tra loro in modo sostanzialmente pacifico. Non ci sono gang su base etnica, anzi non ci sono gang in assoluto. I cinesi sono, come noto, splendidamente organizzati: al massimo li si può accusare di "dimenticarsi" spesso gli scontrini fiscali, ma non credo che noi italiani abbiamo poi questi gran titoli in merito. Ai giardini ci sono mamme e nonne di mezzo mondo che, quando riescono, parlano tra loro in italiano.

3. I giardini di piazza Vittorio sono sporchi e malmessi, vero. La causa di ciò è il multiculturalismo del quartiere o è - come in tutta Roma - il mix tra la maleducazione delle persone (di ogni etnia, compresa la nostra) e la scarsissima pulizia e manutenzione? Se il collega del Corriere vuole, passiamo insieme un'oretta davanti a cassonetti della monnezza sotto casa mia: così contiamo chi lascia i rifiuti a cacchio, li cataloghiamo tutti per etnia e verifichiamo insieme se gli insozzatori sono o no proporzionalmente distribuiti tra italiani e stranieri. Temo avrebbe delle sorprese, scoprendo che la nostra etnia non sporca meno delle altre.

4. La microcriminalità nel quartiere è del tutto fisiologica, insomma non c'è nessuna "emergenza". I miei figli sono cresciuti ai giardinetti di via Carlo Felice, percorrendoli da soli in monopattino o in bici anche quando erano molto piccoli. In 15 anni (15) non ho mai avuto alcun problema, se escludo il tentativo fallito di un borseggiatore di mettermi le mani in tasca (non so se italiano o straniero, ma bianco come me di carnagione). Tra l'altro, ci sono nei paraggi una stazione di polizia e una dei carabinieri, più il presidio con telecamere che cura la zona davanti alla residenza dell'ambasciatore inglese.

5. In piazza Vittorio, come altrove, ci sono sicuramente spacciatori maghrebini e africani. Ricordo tuttavia che i loro clienti sono italiani, così come italiani sono i grossisti mafiosi che forniscono loro la merce. La questione dello spaccio e il consumo di droga non è una questione etnica e non ha a che vedere con il multiculturalismo. Sono cresciuto in piazza Vetra a Milano, negli anni Settanta, dove lo spaccio era molto più diffuso e capillare di quello che c'è oggi in piazza Vittorio a Roma: e allora eravamo solo italiani, tutti, spacciatori consumatori e passanti. Eppure era pieno di siringhe al posto dei fiori.

6. La scuola elementare Di Donato, a due passi da piazza Vittorio, è uno straordinario modello di contaminazione interetnica delle seconde e terze generazioni, anche per le attività culturali e sociali che propone, e che si riverbera sui genitori. Invito anche il collega, se è di zona, a frequentarle.

7. I negozi dei bengalesi e di altri asiatici aperti fino a tardi la sera - alimentari, ma perfino fiorai - contribuiscono a tenere vivo il quartiere- e pure più sicuro, dato che prima c'erano solo saracinesche abbassate e buio intorno.

8. Forse i problemi più urgenti nel quartiere - come in tutti gli altri, temo - sono il traffico immobile ogni santa mattina (con concerto ininterrotto di clacson) e i parcheggi in tripla fila e i rifiuti dappertutto. E nessuna delle due questioni mi pare abbia moltissimo a che fare con il multiculturalismo dell'Esquilino.

9. L'equazione fra degrado e multiculturalismo - sociologicamente contestabile in generale - all'Esquilino appare ancora più fuori luogo. Il che non vuol dire che il multiculturalismo sia "facile": pone al contrario un sacco di questioni da risolvere. Ma la contaminazione tra diversità forse è un valore più interessante da esplorare della chiusura monoetnica, e comunque nel caso dell'Esquilino presenta - a conti fatti - un saldo positivo. Ergerlo a metafora di "un fallimento" in termini di convivenza tra etnie è sbagliato, è fake news: e come molte fake news, rischia di parlare alla pancia, sollecitandola.

10. Infine, non sono né sono mai stato un frequentatore di Capalbio, al contrario dell'ottimo autore dell'articolo del Corriere.

Comments

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gigio
Friday, 02 March 2018 09:36
Certo quando uno ha il paraocchi non vede neanche il treno che gli viene addosso!!! Tieniti pure il tuo Esquilino multiculturale, io non so proprio cosa farci...
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marina
Wednesday, 21 February 2018 09:00
insomma, vere molte cose ma ci sono anche molte cose che l'autore del pezzo non sa. le bande ci sono solo che lasciano fuori gli italiani e se la prendono fra di loro. auto bruciate e rapine, regolamenti di conti. mafia cinese e mafia bengalese.
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