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orizzonte48

Resa totale?

Governabilità e distruzione paralegalitaria della sovranità costituzionale

di Quarantotto

1. Quando parlammo più di recente della "ipotesi Calamandrei" - cioè che quando si disapplicano, per via di trattato internazionale non filtrato dall'art.11 Cost., i principi e i diritti fondamentali della Costituzione, quest'ultima "non è semplicemente modificata ma distrutta" onde "si ritornerebbe allo stato di fatto, allo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario"-, finimmo per parlare, inevitabilmente, dell'incombente soluzione Citigroup.

Vale a dire, del prevalere del mito, extratestuale rispetto ai principi fondamentali della Costituzione del 1948, della c.d. "governabilità", assunta a principio-guida a prescindere da qualsiasi limite legale-sostanziale posto dalla Costituzione all'azione di un (salvifico?) governo.

Una formula, questa della governabilità (qui, in "Appendice di Teoria dello Stato"), che accanto ad altre (in specie il debito pubblico...come in una famiglia, qui e qui), in modo apparentemente ragionevole e persino para-legalitario (v. sotto p.5.1.), assume la prevalenza conclamata dell'ordine internazionale dei mercati sulla sovranità democratica costituzionale e pone le condizioni concrete per il definitivo superamento di ogni labile facciata della asserita continuità dello Stato di diritto costituzionale ante e post irruzione del "vincolo esterno".

 

2. Ma che forma assumerebbe, nella situazione di non equilibrio politico-parlamentare attuale, quale scaturito dalle ultime elezioni, questo definitivo superamento, nemmeno più formalmene dissimulato, della legalità costituzionale sostanziale?

Si badi bene: non stiamo, (non necessariamente...per il momento), parlando della legalità costituzionale formale-istituzionale, che, come abbiamo visto (p.8), è cosa diversa, data la compatibilità di tale elemento formale-organizzativo dello Stato, con il passaggio da una democrazia sociale ad una "liberale", governata (con mano di ferro) da un'oligarchia mandataria dei mercati. E quest'ultima, all'interno di un trattato internazionale liberoscambista che si autoafferma come supremo paradigma politico-legalitario, consistente in un numero ristretto di soggetti, anche istituzionali ma prevalentemente privati, rappresentativi di interessi del capitalismo finanziario estero.

 

3. Si tratta dunque non solo del come, in questo passaggio storico, l'Italia debba rassegnarsi alla distruzione irreversibile dell'assetto sociale della sovranità popolare pluriclasse e solidale del '48 (qui, pp. 11-14), peraltro senza particolari reazioni e resistenze popolari, ma anche del come si passi, altrettanto definitivamente, ad archiviare lo "Stato democratico sovrano [cioè] quello le cui determinazioni dipendono soltanto dalla volontà collettiva del suo popolo, espressa in modo democratico, e non dalla volontà o da forze esterne, che stiano al di sopra del popolo e al di fuori dello Stato" (come paventava sempre Calamandrei, p.2).

 

4. Ma, richiamati questi principi, cerchiamo la risposta alla domanda su quale forma inevitabilmente assumerebbe, a seguito dell'esito sulla composizione parlamentare delle ultime elezioni, questa distruzione della sostanza della Costituzione (ribadiamo: come vedremo tra un po', paralegalitaria....).

Si tratta di un pericolo incombente, di potenziale saldarsi di una serie di elementi già ambiguamente compresenti nel sistema e che potrebbero alla fine combinarsi. Almeno, scaturendone una paralisi conclamata negli accordi tra le principali forze parlamentari, verso la soluzione Citigroup...che farebbe rientrare in gioco prepotentemente le forze de-sovranizzatrici filo€uriste, diffuse in tutto l'arco partitico.

In prima approssimazione, ce li riassume (bastano i titoli per un lettore che abbia seguito il discorso finora svolto, meglio se andando ai rinvii dei links) l'Huffington Post (molto attento, non a caso, a questo tipo di combinazioni politiche):

Pressare la Lega guardando al Pd (e a Delrio...). M5S convoca pre-consultazioni, ma i dem si tirano fuori

 

5. A chi non avesse colto con immediatezza la deriva potenziale derivante da questi frangenti, può risultare chiarificatore l'ennesimo richiamo "ad orologeria" di Moscovici (che no, non si intromette...):

Moscovici: “Non ci intrometteremo, ma l’Italia deve rispettare le regole e abbassare il debito”

Il commissario Ue agli affari economici ha voluto chiarire la sua posizione sui prossimi passi che dovrà affrontare l’Italia una volta insediato il nuovo governo

Un monito che immediatamente avrebbe prodotto i suoi effetti sull'esercizio della sovranità delle istituzioni italiane, almeno a livello mediatico.

5.1. Ed infatti, la maggior nitidezza della congiuntura politica istituzionale legata alla incerta prospettiva politica attuale, ce la fornisce questo scritto che è talmente esplicito da non richiedere particolari commenti giuridico-costituzionali. Li lascio ai più preparati dei lettori - che sapranno benissimo capire perchè si tratta di soluzione para-legalitaria- e mi limito a usare l'evidenziatore:

Il Sole 24 Ore, 28 marzo 2018-

I poteri di «veto» del Quirinale con l’art. 81 sul pareggio di bilancio

Non è con sorpresa che Sergio Mattarella ha letto le dichiarazioni del commissario Ue agli Affari economici in cui ricordava all’Italia l’alto livello del debito e quindi la raccomandazione a «politiche di bilancio responsabili».

Forse chiamarlo “avvertimento” è sbagliato, può darsi che sia un gradino sotto, ma quello che è certo è che i destinatari di Pierre Moscovici erano la Lega e i 5 Stelle, cioè coloro che a oggi si candidano a governare il Paese con un programma che trascura – anche volutamente – l’aspetto del deficit.

Lasciando da parte come la giornata di ieri abbia sempre più mostrato le difficoltà di un patto Di Maio-Salvini, è evidente che gli allarmi dell’Europa non sono un fulmine a ciel sereno per il capo dello Stato.

Si può immaginare che ci siano stati contatti con i massimi livelli dell’Unione già subito dopo il voto, è probabile che ci sia già stato uno scambio di opinioni, forse anche di preoccupazioni.

Non c’è una versione ufficiale del Colle e soprattutto non ci sono commenti visto che la situazione interna è ancora molto nebulosa, sta di fatto che la nostra Costituzione consente pure il silenzio.

Nel senso che i meccanismi di auto-tutela del sistema finanziario italiano, anche senza gli allarmi esteri, sono pienamente operativi ed efficaci.

Si parla dell’articolo 81, quello che nel 2012 fu oggetto di riforma per inserire nella Carta il pareggio di bilancio. Per intenderci quella revisione che fu fatta in pochi mesi, approvata da una larga maggioranza qualificata durante il Governo Monti proprio per tranquillizzare i mercati che avevano acceso la spia rossa della speculazione sul nostro Paese.

Bene, il primo strumento nelle mani del capo dello Stato a tutela dei conti italiani è proprio l’articolo 81 che gli consente di dare lo “stop” se si fanno provvedimenti in aperta contraddizione con il dettato della norma. Si configurerebbero proprio come violazioni della Costituzione e con questa motivazione Sergio Mattarella negherebbe la firma delle leggi e le rinvierebbe alle Camere.

Va anche chiarito che fin qui non si è mai attivato questo meccanismo perché lo stesso articolo prevede delle deroghe che fino ad ora il Governo ha sempre trattato con Bruxelles. Si tratta di quelle clausole concordate con l’Europa che hanno fatto “incassare” all’Italia una flessibilità di circa 30 miliardi in tutto il periodo del Governo Renzi.

Ma è lo stesso articolo 81 che prevede sia possibile il ricorso all’indebitamento ma «solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico» e «al verificarsi di eventi eccezionali», che possono consistere in gravi recessioni economiche, crisi finanziarie e gravi calamità naturali.

Tutte circostanze in cui si è aperto un tavolo con i commissari europei, talvolta più complesso, ma che ha mantenuto l’Italia dentro i binari europei. Proprio i “patti” con l’Unione hanno consentito di restare nell’alveo della Costituzione e nello scudo dell’Ue mentre ipotizzare una legge di bilancio che rompa il muro del 3%, metterebbe automaticamente il Governo fuori dalla Costituzione e dalle regole europee.

Prima di tirare in ballo i mercati, un tale Esecutivo verrebbe messo in mora dal capo dello Stato.

5.2. L'autrice dell'articolo dovrebbe però rammentare che se, successivamente al rinvio presidenziale, il governo ottenesse dal parlamento una nuova approvazione della legge "censurata" dal PdR, a quest'ultimo rimarrebbe un'unica scelta tra due soluzioni:

a) promulgare la legge rinviata ma riapprovata (art.74 Cost.); ovvero

b) con un'iniziativa che non s'è mai prima verificata (neppure di fronte alle leggi di autorizzazione alla ratifica dei trattati o di recepimento di altre fonti €uropee, che pure risultavano manifestamente sospette di violare i diritti fondamentali della Costituzione "lavorista") sollevare un conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato davanti alla Corte costituzionale (art.134 Cost.).

In questo caso la stessa Corte si troverebbe, a sua volta, di fronte ad un'alternativa - riguardo ad un redde rationem sulla comprensione dei trattati - che, in precedenti analisi economico-istituzionali, abbiamo posto in questi termini ineluttabili: RESA TOTALE...O LA FINZIONE NON PUO' PIU' CONTINUARE?

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