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remocontro 

Dubbi di guerra in una crisi sempre più americana

di Piero Orteca

Dove vuole arrivare Trump, che ora frena, con la sua strategia da “scontro all’ultimo sangue” con la Russia di Putin? –Il Pentagono ancora cerca le prove dell’attacco chimico… – Un gioco pericoloso, che ricorda la seconda Guerra del Golfo, scatenata sulla base di indizi fabbricati a tavolino. – Siamo al grottesco: Mosca chiede addirittura le coordinate dei missili

Chi sta vincendo la mano di carte tra Putin e Trump (che ora, però, frena) sulla Siria? Putin, è ovvio. Non perché sia simpatico. Anzi, Ma perché è più intelligente e meno infoiato di becero narcisismo dell’ex Palazzinaro, che occupa la Casa Bianca. A voler essere cattivi (ma equanimi), si potrebbe dire che il russo gioca a poker e che l’americano pensa di fare una partita a zecchinetto. Cioè mettendo zero psicologia (e cervello) per influenzare il corso degli avvenimenti. Il Cremlino e le sue teste pensanti hanno una precisa strategia: cogliere la (mala) occasione per spaccare il fronte occidentale. E ci stanno riuscendo.

Se Trump, la brutta copia della Thatcher (la premier britannica May) e il francese Macron, ognuno per i propri interessi, non certo cristallini, vogliono mettere Putin con la testa nel sacco, molti altri Paesi, invece, ragionano con la loro testa. Prima fra tutti la Germania, con Frau Merkel, che ieri ha annunciato, urbi et orbi, che sì, forse a Douma sono state usate armi chimiche, ma che Berlino si guarderà bene dal partecipare a qualsiasi attacco. La solidarietà occidentale, insomma, va bene. Ma solo a chiacchiere. Quando si passa ai fatti, come si dice a Napoli, “qua nisciunu è fesso”. Le prove dell’utilizzo di gas da parte di Damasco non ci sono.

Se Macron le possiede, come afferma, le esibisca, dato che il capo del Pentagono, Mattis, dice che gli Stati Uniti ancora le stanno cercando. E poi Assad sta prevalendo su tutta la linea. Che bisogno avrebbe avuto di cercare guai? È come se una squadra che vince cinque a zero pigliasse l’arbitro a schiaffi perché non gli ha dato un rigore…Allora, diciamo noi, bisogna parlare chiaro, perché la gente deve conoscere la verità. Lo sanno anche i gatti randagi che Trump preparava l’attacco missilistico in Siria da diverse settimane, come ampiamente annunciato dai russi (generale Gerasimov) e dai Servizi segreti di Gerusalemme.

Insomma, i gas (forse cloro) sono solo una patetica scusa, specie dopo i 500 mila morti contabilizzati finora in Siria, tra l’indifferenza planetaria. Forse le coscienze di tutti si sono risvegliate ieri l’altro all’improvviso? Beh, sembra una barzelletta e se non ci fosse da piangere lacrime amare, ci sarebbe da ridere. L’algoritmo (fa fino) della crisi invece, descritto terra terra è questo: Trump ha rivoluzionato la strategia americana in Medio Oriente, da alcuni mesi, in chiave anti-Iran. Odia Barack Obama e scatenerebbe (come sta facendo) anche il terremoto di Casamicciola pur di stracciare tutte le intese siglate dal predecessore.

Il suo terrore è l’impeachment per il Russia-gate. Quindi, se non vuole smammare dallo Studio Ovale a calci nel sedere, deve dimostrare alla Commissione d’inchiesta e all’Fbi di non essere mai stato compare d’anello di Putin. Ergo; una quasi-guerra “calda” (non fredda) con la Russia lo aiuterebbe molto. Così, per finta. Meglio se nel mazzo ci mettete pure gli “alleati, come gli inglesi, i francesi e i sauditi, mossi da ragioni che nulla hanno a che spartire con i diritti umani. La Nato? Non c’entra un fico secco. Andate a rileggervi il trattato.

Forse la May ha concordato con gli altri partner l’invio nel Mediterraneo di sottomarini nucleari che rischiano d’infiammare ancora di più gli animi? Macchè. E la Francia? Si muove per caso su input di Bruxelles, quando tutti sanno che con l’Alleanza Atlantica non ha mai voluto spartire nemmeno le merendine? Questi, dunque, i calcoli di Trump e dei suoi nuovi giannizzeri, pescati scientificamente per sostituire i vecchi “adviser”, che avevano il torto di non assecondare le sue paturnie. Ieri Mike Pompeo, Segretario di Stato, ha detto che la politica “soft” con la Russia è finita e che è l’ora di mostrare i muscoli. Mentre Mattis, al Pentagono, ha un po’ frenato. A suo rischio e pericolo, perché vedrete che, se non dovesse tornare a mostrare i canini, Trump sbolognerà pure lui.

Ma, come detto, è tutta una pantomima. La diplomazia “parallela” è già all’opera per minimizzare i danni. Gli Stati Uniti avviseranno i russi dei siti che vogliono colpire, in modo da dargli il tempo di sgomberare le loro truppe e le installazioni più sensibili. Sembra uno scherzo di Carnevale ma, come avevamo anticipato, Mosca ha chiesto addirittura le “coordinate” dei missili Usa, manco si trattasse di una “battaglia navale” tra compagni di banco. Il gioco americano, però, non tiene conto che, in qualsiasi momento, potrebbe saltare la catena gerarchica che lega la sfera politica a quella militare: cioè, detto in parole povere, a qualcuno potrebbe scappare di mano il bandolo della matassa.

E sarebbero guai grossi, che darebbero il via a una escalation di reazioni e contro-reazioni. In mezzo ci siamo noi. L’Italietta, ha, sì, buone teste pensanti, ma anche molti politicanti con teste di altro tipo. Costoro hanno una doppia responsabilità: parlano di “solidarietà atlantica”, ma bene hanno fatto a chiarire che non condurremo attacchi diretti. Dovrebbero, però, anche ricordare, che abbiamo partecipato a una guerra (la Seconda del Golfo) mandando gente a morire in base a prove, sulle armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, costruite a tavolino dalla Cia. O no?

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