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controlacrisi

"Roger Waters, un militante dei diritti umani, quelli veri"

di Daniele Salomone

Spoiler: non ho intenzione di usare queste righe (solo) per celebrare quanto grandioso e inarrivabile sia lo straordinario artista creatore delle meraviglie dei Pink Floyd. Perché è lapalissiano. Voglio piuttosto spostare la vostra attenzione su quanto importante sia lo spettacolo che Roger Waters porta in giro per il mondo oggi, nel 2018, oltre quattordicimila giorni dopo la pubblicazione di The Wall, oltre sedicimilaquattrocento giorni dopo l’uscita di The Dark Side Of The Moon. Uno show epico, e mai aggettivo fu più appropriato. E non solo perché cantare Wish You Where Here o Confortably Numb con altre 8mila persone è una catarsi.

Al Forum di Assago, ma immagino sia così ovunque porti il Us + Them Tour, i volumi sono più bassi rispetto a quelli abituali, e questo rende estremamente godibile il concerto da un punto di vista musicale. Invece che sbattere contro un muro di suono dove tutto è impastato come la calce, si distinguono gli strumenti, si percepiscono le sfumature e persino le imperfezioni. All’inizio sembra troppo basso, ma poi l’orecchio si abitua – come è normale che sia – e si comincia a godere. Far suonare bene un live è molto difficile, ma è fondamentale.

Siamo ormai abituati a guardare i concerti. I contenuti visual sono una parte fondamentale della proposta artistica attuale. Ma Waters fa della narrazione video e delle musiche una cosa sola per tutta la durata dello spettacolo, come fosse un film. Complici i lunghi strumentali – vedi Dogs e Pigs una dietro l’altra – ci si immerge nel gigantesco schermo che sovrasta il palco con tale concentrazione che sembra di assistere all’esecuzione live della colonna sonora di un lungometraggio. Al cospetto di tanta creazione, il fatto che per tutta la lunghezza del Forum si materializzino schermi che riproducono la Battersea Power Station della copertina di Animals e che sopra le nostre teste voli un maiale gigante (che mostra scritte come “Piggy Bank of War” e la foto di Donald Trump) sembrano solo dei giochetti. Ma ci conducono dritti alla questione più importante.

Ho visto e sentito dal palco Bono chiedere la cancellazione del debito dei paesi poveri, Eddie Vedder pronunciare appassionati discorsi pacifisti, Bruce Springsteen attaccare con veemenza i politici americani guerrafondai. Ma non avevo mai visto un concerto integralmente concepito per sbattere in faccia al pubblico le miserabili condizioni in cui il genere umano versa, per ricordarci che siamo dilaniati dalle guerre e governati da asshole (stronzi) che vogliono privarci di tutto quello che abbiamo, gentaglia come Trump, Macron, Berlusconi, Angela Merkel, loschi figuri di cui non dobbiamo fidarci – durante l’esecuzione di Mother, dopo il verso “Mother, should I trust the government?” appare la scritta “col cazzo”, in italiano, sottolineata da un’ovazione. Immagini cupe, spesso macabre, di sicuro angoscianti di guerre, decapitazioni, violenze di ogni tipo: la potenza con cui la tetra visione del mondo di Waters ci aggredisce è la stessa di quando i capolavori dei Pink Floyd sono stati concepiti. Come una scarica di pugni sulla bocca dello stomaco. Ci vuole un po’ di tempo per tornare a respirare regolarmente.

Roger si concede un solo sermone, quando verso la fine dello show afferma di avere le prove (grazie ai concerti) di quanto amore siamo in grado di provare come individui. Una virtù che dobbiamo difendere ad ogni costo dagli attacchi degli «spietati maiali» di cui sopra. Ma è una parentesi, perché il messaggio è arrivato prima in altre forme ed è assolutamente inequivocabile, oltre che devastante. Anche quando è didascalico, come quel “Resist” che campeggia sul megaschermo al termine di Another Brick In The Wall part 2, eseguita con l’aiuto di veri bambini incappucciati sul palco.

Un concerto di Roger Waters oggi è la testimonianza di un fenomeno che capita di rado nella Storia. La testimonianza di come un uomo che ha avuto in dono una sensibilità fuori dal comune (talvolta a suo discapito) e un periodo storico significativo, in questo caso la seconda metà del Novecento, si siano fusi nel genio di un artista tormentato, visionario e ribelle che ha dato vita a un’opera rivoluzionaria e per questo sempre attuale. Waters è ancora credibile nei panni di se stesso perché non ha perso lo spirito originale. A quasi 75 anni potrebbe passare il suo tempo a ricevere ovazioni in ogni angolo della terra senza sbattersi. E invece è ancora incazzato, è ancora in prima linea, vuole combattere. Arriverà il giorno in cui i figli dei nostri figli leggeranno tutto questo sui libri come noi abbiamo letto di Leopardi, Picasso e Che Guevara. E sarà un gran giorno per loro.

Comments

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Mario Galati
Sunday, 06 May 2018 16:04
È giusto ammirare Waters per la sincerità e la combattività con cui cerca di andare contro corrente (ha dichiarato di essere per il socialismo ed ha il coraggio di lottare apertamente per il popolo palestinese contro i crimini di Israele). Non mi sembra, però, che la sua visione del mondo si stacchi nettamente dal dirittumanismo borghese. Ricordo che, con il suo The Wall, partecipò alla celebrazione per la caduta del muro di Berlino. Mi sembra che questa posizione rientri nel quadro dei diritti umani da guerra fredda.
Quanto a buona volontà ci siamo; quanto a chiarezza ideologica no. Si dirà che non si può pretendere questo da un'artista. Ma perché no? De André, ne La domenica delle salme, assumeva ben altra posizione sulla caduta del muro di Berlino.
Lo stesso Robert Wyatt, aveva una consapevolezza ideologica più precisa.
Naturalmente, il mio giudizio su Waters è largamente positivo e viene da uno per cui i Pink Floyd sono pane quotidiano.
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