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Heil Fischer

di Carlo Formenti

Joschka Fischer - ex segretario dei Verdi tedeschi, nonché vice Cancelliere nel governo di Gerhard Schroder – aveva già dato prova, nel corso della sua carriera politica, della propria evoluzione da leader ecopacifista a promotore di una rinnovata egemonia politico militare, oltre che politico economica, del suo Paese. Da un lungo articolo intitolato “Merkel sia audace, la storia non può aspettare Berlino”, tradotto in italiano e pubblicato il 6 maggio scorso dal “Corriere della Sera”, apprendiamo come si prepari a compiere un nuovo, formidabile balzo in avanti sulla via del rilancio dell’imperialismo tedesco.

Dopo aver messo in guardia contro le <<forze dirompenti dei nuovi nazionalismi>> che minacciano la <<democrazia, lo stato di diritto e tutti gli altri valori fondanti dell’Unione>> (chiedere, in merito ai “valori democratici>> in questione, cosa ne pensano i cittadini Greci che ne hanno assaggiato i morsi), l’impareggiabile Joschka si lancia in un entusiastico encomio del presidente francese Emmanuel Macron, non solo e non tanto per la sua <<promessa di rilanciare le riforme a livello europeo e modernizzare l’economia del Paese>> (promessa che non sembra particolarmente gradita al popolo francese), ma soprattutto per la sua intenzione di <<creare un sistema comune di protezione delle frontiere e fondare un programma di difesa comune a tutta la Ue>>.

Nel momento in cui la Brexit inglese e le politiche isolazioniste di Trump minacciano di provocare <<uno scioglimento del blocco occidentale>> e di far <<traballare i pilastri dell’economia e della sicurezza sui quali si basa la stabilità europea>>,  Fischer guarda con invidia la muscolarità di quel militarismo francese che negli ultimi anni non ha perso occasione di esibirsi in demenziali imprese come gli interventi in Libia e in Siria. Un’invidia dettata dalla reticenza con cui la signora Merkel, appesantita da preoccupazioni elettorali e attenta a compiacere le esigenze della Bundesbank, sembra al contrario declinare gli inviti a restituire alla Germania il ruolo di potenza militare, oltre che economica.

L’Europa, argomenta Fischer, non rischia solo di vedersi marginalizzare su uno scacchiere mondiale sempre più caratterizzato dal dualismo fra Stati Uniti e Cina, ma deve fronteggiare minacce immediate come quelle incarnate dalla <<aggressività>> russa (è incredibile la faccia tosta con cui ci si ingegna a invertire i ruoli fra Mosca e un blocco occidentale che ha spostato la propria presenza militare – non esitando ad allearsi al regime neofascista di Kiev – a ridosso dei confini russi). Quindi la si faccia finita con i tagli e l’austerità che hanno ridotto ai minimi termini il bilancio militare tedesco. Basta con le accuse agli altri Paesi della Ue che violano le regole dell’austerità imposte da Berlino, perché è invece arrivato il momento di aprire i cordoni della borsa, visto che la sicurezza europea costa e gli americani non vogliono più pagarne da soli il prezzo.

Vuoi vedere che il keynesismo, cacciato dalla porta in ossequio ai dettami dell’ordoliberismo, rientrerà dalla finestra sotto forma di keynesismo di guerra? Del resto non fu forse Hitler a risollevare il popolo tedesco dalla miseria provocata dalla grande crisi grazie a un poderoso sforzo di riarmo militare? È vero che la Germania di oggi sembrava essersi convinta di poter dominare l’Europa con la sola forza economica, ma Fischer la vuole ricondurre a un <<sano>> realismo politico: per dominare ci vogliono anche i panzer.

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