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orizzonte48

L'attesa. Per un punto (finalmente) interrogativo

Tutti aspettano Silvio

di Quarantotto

1. Si dice che Dagospia, talora, faccia eccessivo affidamento su voci e spifferi, ma, tendenzialmente, ha il pregio dell'essere tempestivo e completo quantomeno nel sintetizzare i rumors più diffusi; e ciò indipendentemente dalla loro attendibilità; e tale caratteristica non necessariamente coincide con la credibilità, comunemente intesa, che è una diversa attribuzione, propria delle notizie vere e proprie (su accadimenti già manifestatisi, ed oggetto dell'informazione giornalistica "convenzionale") e del taglio che si sceglie di dare ai fatti cui rinviano. Un'attendibilità che ben può attribuirsi alla dimensione del gossip indipendentemente dal suo fondamento fattuale. Il gossip, il "si dice", è credibile in quanto quantitativamente indicativo di un probabile e supposto andamento di fatti nonché in quanto diffuso da fonti, più o meno, direttamente coinvolte.

La fonte ideale del gossip - e che gli conferisce talora la dignità anticipatrice del vero e proprio "scoop!"- è infatti la "gola profonda" di watergatiana memoria. In ogni modo, la raccolta tempestiva di tali voci e l'abile individuazione di queste fonti è la ragione sociale, dichiarata dalla nascita, dell'ormai glorioso sito.

 

2. Ciò premesso, in contumacia di spiegazioni del reale più dettagliate, plausibili e esplicative, da Dagospia traiamo lo "stato dell'arte" del difficoltoso opus di ricerca di un accordo di governo tra centrodestra e M5S. Ne seleziono, riportandevoli, i passaggi che, a nostro modesto avviso, sono i più significativi.

L'incipit è perentorio: all'improvviso i duri fatti inizierebbero a delineare delle necessità di trattativa realistica:

"Ieri è scattato qualcosa ad Arcore. Silvio si è consultato con i suoi dioscuri, Fidel Confalonieri e Gianni Letta, e ambedue hanno consigliato al vegliardo un atteggiamento “morbido” nei confronti delle trattative su un possibile governo Lega-M5S.

Fidel gli ha suggerito di spingere verso un accordo tra tutto il centrodestra e il Movimento 5 Stelle, perché così sarebbe il trio Salvini-Berlusconi-Meloni ad avere la maggioranza relativa (37% contro 32).

Questo naturalmente è lo scenario più favorevole al Cav., ma si scontra con i dettami del M5s, che Silvio in maggioranza proprio non lo può far digerire al proprio elettorato.

Più concreta l’eminenza azzurrina: caro Silvio, se facciamo i duri e andiamo al voto anticipato, Forza Italia rischia di sprofondare all’8% e gli unici parlamentari che eleggerà saranno quelli all’uninominale sostenuti dalla Lega".

2.1. Emerge, poi, con una certa pragmatica esplicitazione, ciò che, finalmente, getta (getterebbe) una luce di concretezza sugli interessi in gioco per ciascuna delle parti coinvolte:

"Al momento lo scenario più fattibile è l’appoggio esterno con due/tre ministri di area berlusconiana. Con dicasteri pesanti, e per pesanti si intendono Esteri, Sviluppo Economico (che include le fondamentali deleghe alle Comunicazioni), Economia, Interno o Giustizia.

...

Ecco, e qui sono i problemi. Il Movimento è spaccato tra puristi e governisti. Tra questi ultimi ovviamente c’è Di Maio con il suo cerchio magico che sta trattando in queste ore, composto da Spadafora, Buffagni, Giulia Grillo, Toninelli e Barbara Lezzi, graziata.

Luigino si gioca tutto, e ha una grande smania di chiudere l’accordo: alle urne il M5S guidato da lui potrebbe perdere consensi, e a quel punto la sua carriera politica sarebbe finita: Grillo riprenderebbe il controllo di tutto a colpi di vaffa e piazzerebbe al vertice il suo ariete favorito Alessandro Di Battista.

Ancora peggio, se Mattarella riuscisse a tirare fuori un governo che duri oltre l’estate, Dibba potrebbe addirittura soffiargli il posto da candidato. Niente da fare, bisogna allearsi con Salvini a tutti i costi, quando gli ricapita a Luigino da Pomigliano...?".

2.2. In settimane di talk (per la verità affidati per lo più alla presenza preponderante di esponenti o informatori "simpatizzanti" del partito che aveva sorretto i governi durante l'ultima legislatura), la netta precisazione dei "do ut des" e dei margini di una trattativa che, sin dall'inizio, non poteva che svolgersi su questi concreti binari, si accompagna a un gran finale che, a pensarci bene, ci restituisce tutta la drammaticità del momento. Un gran finale che, oltretutto, confermerebbe il quadro di criticità, segnalato nel post di ieri, incontrato da qualsiasi tentativo di affidare la soluzione della crisi alla prassi nascente da precedenti di cui mancano i presupposti (costituzionali) e che, dunque, (sebbene si sia registrato uno stallo nel prenderne atto), segnalano una situazione politico-istituzionale nuova. Cioè, molto cambiata rispetto alla cultura politica che si è consolidata (quantomeno) a partire dalla formazione del governo Ciampi:

"In tutto questo, anche al povero Mattarella non dispiace questa accelerazione. Il Presidente infatti è nei guai: (tra) le personalità di spicco contattate dal suo segretario generale Ugo Zampetti in tanti gli hanno risposto picche: perché mai dovrebbero lasciare il proprio lavoro (quasi sempre dorato) per ‘sporcarsi’ con la politica, e solo per una manciata di mesi? Per alcuni scatterebbero poi le preclusioni di legge sul poter lavorare per aziende partecipate dallo Stato, e una serie infinita di rogne in cambio di ben poca gloria.

Al Quirinale l’aria è pesante: l’esecutivo che si profilerebbe sarebbe composto principalmente da alti funzionari pubblici, persone che potrebbero tranquillamente tornare al loro posto dopo la breve avventura governativa. L’esatto contrario di un dream team, che logorerebbe ulteriormente l’immagine" ...del Capo dello Stato [NdQ: così da noi interpolato per evidenti ragioni di rispetto della persona che incarna l'alta carica].

 

3. Questa parte conclusiva, ci riporta ai temi consueti, di cui abbiamo tante volte parlato, relativi ai rapporti di forza pregiuridici che regolano, come diceva Calamandrei (qui, p.3), "lo stato meramente politico in cui le forze politiche sarebbero di nuovo in libertà senza avere più nessuna costrizione di carattere legalitario" allorché, in virtù della praticamente totalitaria predeterminazione dell'indirizzo politico in sede €uropea, una democrazia sociale si (ri)trasforma in una democrazia "liberale" (v. qui, p.14.1)..

E attenzione, se così non fosse la principale costrizione di carattere legalitario sarebbe stata non la minaccia dell'applicazione delle clausole di salvaguardia, bensì, la Costituzione fondata sul lavoro, e cioè sul perseguimento obbligato, per le istituzioni democratiche e rappresentative pluriclasse, della piena occupazione e della connessa rimozione delle condizioni che impediscono la piena partecipazione di tutti i lavoratori alla vita democratica del paese).

 

4. In sostanza, proprio un commento di Arturo che riportava una complessa ma chirurgica analisi di Carl Schmitt, ci aveva rammentato come, in una democrazia liberale, cioè una volta verificatosi il ribaltamento del modello socio-economico accolto in Costituzione (qui, p.5), si può sostanzialmente affermare che forze apartitiche o sovrapartitiche governano, per così dire, sottobanco, potendo imporsi, in luogo di uffici ed istanze costituzionalmente previste - e divenute incapaci di una volontà unitaria, nell'assumere il ruolo dello Stato.

Sia chiaro: questa fenomenologia è vista da Schmitt come non patologica ma, anzi, del tutto funzionale e giustificabile in ogni circostanza, poiché, ci dice, lo stesso Parlamento non ha nessun imperituro monopolio nel determinare l'indirizzo politico a seguito del suo raccordo con l'elettorato.

4.1. Tanto che Lorenzo rammenta un suo precedente commento in cui citava Sonnino che si esprimeva lapidariamente sull'essenza della democrazia liberale (qui, in "Appendice") :

Già alla fine dell'800, infatti, Sonnino si trovava ad affermare (nel celebre "Torniamo allo Statuto") che "In un Governo fondato quasi totalmente sull'elezione manca, nella alta direzione della cosa pubblica, la rappresentanza dell'interesse collettivo e generale".

Il Passo citato ci dice già tutto: la composizione civile degli interessi particolari, che, a ben vedere, è alla base del confronto parlamentare deve cedere, ad avviso di Sonnino, il passo ad un preteso interesse superiore, che è visto addirittura come estraneo e sovraordinato ai meccanismi della democrazia rappresentativa, i quali, per loro natura intriseca, rappresentano addirittura qualcosa di opposto (i cattivi "interessi particolari").

Si tratta, in sostanza, di un perverso primato della politica che costituisce, puta caso, la "grundnorm" di un particolare "stato di eccezione", quello del "vincolo esterno" che diventa, da un punto di vista morale, una sorta di misura necessitata per, potrebbe ben dirsi, salvare la democrazia da se stessa (annullandola)".

 

5. Tutta questa illustrazione per dire che, ove fosse vero, il rifiuto di molti eminenti "personalità di spicco" ad assumere direttamente una carica di governo in una situazione emergenziale, risulta perfettamente coerente con quel ruolo di Stato che governa sottobanco e che corrisponde, appunto, al prevalere di forze apartitiche e sovrapartitiche.

Queste forze, divenuta la democrazia "liberale" e quindi fondata sull'insofferenza della fondazione elettiva dell'interesse collettivo e generale, non hanno bisogno di essere parte di un governo e di sottoporsi all'incerto cimento dell'ottenere la fiducia parlamentare per farsi Stato, come diceva Schmitt, ed assumere un ruolo sostanziale di governo.

5.1. Ed è in questo punto cruciale che si ritrova in questo frangente nuovo della storia della Repubblica.

Tutt'al più gli sviluppi della situazione potranno trasformare in un interrogativo la sconsolata constatazione iniziale del post sulla "ipotesi Calamandrei":

Se adottiamo il punto di vista del ritorno alla legalità costituzionale della "Repubblica fondata sul lavoro", in contrapposizione a "l'antisovrano", si rafforza la prospettiva che la prossima legislatura sarà inutile. E sarà sicuramente tormentata dall'applicazione del massimo sforzo teso alla conservazione della (pseudo)costituzione materiale fondata sui trattati.

Ad essere realistici, già essere nella condizione di porsi questa domanda, sospendendo al momento la forma affermativa, per la speranza di poter tornare a dubitare di un corso degli eventi "segnato", è un risultato positivo.

Una speranza un po' paradossale, date le circostanze: ma cos'altro ci resta?

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