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Clochard, paura e xenofobia

di Miguel Martinez

Su questo blog si discute da tempo su un tema a mio avviso fuorviante: la presunta violenza xenofoba che si starebbe diffondendo in Italia.

Il mio problema è questo: vedo in questo periodo seri problemi per gli stranieri; tra questi, non vedo affatto il problema di ciò che comunemente si chiama “violenza“, cioè giovinastri palestrati che si divertirebbero a picchiare la gente. Ma se lo dico, passo subito per un apologeta di tale presunta violenza.

Quindi, lasciatemi fare un ragionamento un po’ più ampio.

Innanzitutto io sono convinto che gli stranieri di ogni sorta oggi rischino di incontrare sempre più problemi.

Chi mi conosce, sa che seguo da due decenni le incredibili vicende di una donna zingara, poliomielitica, piantata dal marito (zingaro), con tre figlioli e senza lavoro.

Bene, in questo periodo, lei ha sempre più problemi a ricevere assistenza, a pagare l’affitto della casa popolare in cui risiede.

Oppure penso alla famiglia di singalesi musulmani che frequenta il nostro giardino.

A casa sua, immagino che se lo acchiappassero i buddhisti, gli rifarebbero i connotati; ma da noi, che siamo più buoni dei buddhisti, faticano a trovare qualcuno che affitti loro casa, tanto che una di noi è dovuta intervenire per garantire per loro.

Questi sono problemi e anche drammi veri, che toccano la cosa più importante: il tetto.

Alcuni critici della “xenofobia” si sono invece fissati sulla presunta violenza fisica contro i migranti.

Ora, ci sono stati davvero degli episodi in cui alcuni autoctoni hanno usato violenza fisica contro stranieri.

Gli episodi di segno contrario sono ovviamente molti di più, non perché gli stranieri siano cattivi, ma perché in genere, se i ricchi hanno gli avvocati, i poveri hanno i pugni.

Per rispondere… innanzitutto, la violenza è una roba da giovani.

E la nostra è la prima società nella storia che non ha giovani. O meglio, i pochi esemplari coccolatissimi che ci sono in giro, sono tipo gatti da mostra:

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Insomma, il “giovane” medio, magari trentenne, è questo qui:

Gianluca Di Sotto il modello hipster e pluritatuato che fa impazzire il mondo 900x900 300x300

Barrate la casella:

– a me me fa paura

– un coglione così lo spazzo via con la scopa

Certo, in un paese di sessanta milioni, capita pure che qualche gattino da esibizione tiri fuori le unghie, ma siamo sinceri, significa davvero poco.

Chi parla di violenza xenofoba evidentemente non ha mai parlato in vita sua con uno xenofobo. Che ricordiamo, non vuol dire uno che odia gli stranieri. Vuol dire uno che ha paura degli stranieri.

Tutti pensiamo che i nostri avversari – chiunque siano – siano motivati da un puro istinto distruttivo.

I Giudeomassoni agiscono per puro, disinteressato, odio contro Dio. Sanno che Lui esiste, lo odiano e passano il loro tempo a fargli la guerra.

Gli Islamici odiano la Nostra Civiltà.

E ovviamente i razzisti odiano i Diversi. Pur di fare male a un Diverso, sono disposti a rischiare anni di galera.

E invece, il grande motore è sempre la Paura.

Su questo, ho la fortuna di avere un osservatorio privilegiato.

Infatti, io frequento i più razzisti, i più accessi estremisti di destra, i più esaltati esaltatori di Salvini, di tutta Firenze.

Anzi, diciamo quasi gli unici di Firenze (a parte il 70% di fiorentini che dice che “Salvini è uno schifoso fascista e noi per Mussolini non voteremo mai, ma sugli stranieri Salvini ha ragione“).

I razzofascinazi di Firenze si confidano con me senza problemi, vista la mia pelle chiara, per cui non si rendono conto che io sono messicano.

Parlo ovviamente dei clochard di Firenze.

Il clochard medio non è giovane: ha passato i quaranta, cinquant’anni; ma soprattutto ha passato il picco della vita. Almeno in questo, è un perfetto occidentale moderno.

Di solito, ha fatto l’operaio, ha alle spalle un licenziamento drammatico, un’ex-moglie che lo odia, figli scomparsi nel nulla, la certezza di nessun futuro e molto alcol. Assieme a scarsissima attitudine al mercato.

Si trova a doversi improvvisare una vita che dovrebbero fare solo i giovani atleti.

Con i capelli bianchi e il fiatone, deve arrampicarsi su treni parcheggiati di notte in stazione, per trovare posto per dormire, sapendo che in qualunque momento potranno arrivare i cani della polizia ad abbaiargli addosso.

Oppure si mette a dormire sulle sedie dritte della sala d’attesa dell’ospedale, e se lo sbattono fuori da lì, gli tocca dormire sotto la pioggia sulle panchine.

Ora, io vi potrei dire mille cose antipatiche sui clochard. Ma ho un ricordo brutto delle poche notti che ho dovuto passare in circostanze simili; ed ero molto più giovane di loro, quando mi è successo.

Il clochard possiede poche cose, che ogni notte vengono minacciate dai ladri.

Il clochard non è come noialtri, che ogni notte possiamo rifugiarci dietro quattro mandate: il pericolo, per il clochard, è la normalità.

I ladri non sono scemi: il vero ladro ruba saggiamente al più debole.

L’ho visto anche dentro i campi Rom, che i primi a cui gli zingari ladri rubano sono gli zingari fessi. E fanno bene, perché i gagé, i non zingari, sono molto più pericolosi.

Una parte dei ladri sono clochard appena un gradino al di sopra, ma più spesso sono stranieri, perché nei giardini la notte ne girano parecchi.

Pensate che il clochard medio, a differenza di me e di te, non si porta dietro soltanto qualche soldo; si porta dietro tutta la vita.

E quando lo derubano, non scompaiono solo i pochi eurini che ha racimolato. Scompare magari anche l’unica foto rimastagli del proprio figlio.

Qui mi vengono in mente i mondi di mezzo: il clochard non ancora del tutto alcolizzato, dichiaratamente anarchico e di sinistra, ex-educatore di cooperative, antifascista/antirazzista, che una notte si è trovato a difendere un altro clochard.

L’altro clochard era un ex-editore piccolo piccolo quasi-ottantenne (sempre un matrimonio andato a male), comunista guevarista, intellettuale brillante e insopportabile, rompiballe pauroso con le sue teorie su Marx, che dormiva su una panchina; e il suo aggressore era un albanese sveglio e furbo.

L’anarchico disse all’albanese che lo avrebbe ammazzato, se avese osato derubare il comunista; e l’albanese non osò. Perché in una certa parte del mondo, la violenza, o la minaccia della violenza, non è l’eccezione. E’ tutto.

Il clochard cerca assistenza, e qui ci sarebbe molto da dire su come i clochard cerchino di manipolare, di scroccare, di ottenere, oppure dall’altra parte rinuncino (come lo splendido amico poeta bakuniniano e barbuto) a chiedere ciò che sarebbe loro dovuto.

Fatto sta che quando si abbassano a chiedere, si trovano davanti una lunga fila: c’è la zingara con otto figli, c’è il robusto giovane ghanese che non è nemmeno alcolizzato; e poi come fa un ex-operaio delle fonderie a fingersi un Perseguitato Razziale e Politico?

Però se ci sono solo dieci posti letto, e ci sono dieci più perseguitati di te, e pure più intelligenti (per esperienza, ho sempre sostenuto la teoria molto azzardata che i neri siano più intelligenti dei bianchi), tu clochard sei condannato a dormire la notte dopo sulla panchina.

Tifare per la destra a Firenze è una bizzarria, come convertirsi all’Islam nel Wyoming.

Ma i clochard se ne fregano notoriamente di ciò che pensano gli altri, non hanno nulla da perdere se non le loro paure, e quindi costituiscono la quasi totalità dell’estrema destra nel feudo del Partito Unico.

Se tifano in massa per Salvini, non è perché Salvini ha fatto loro il lavaggio del cervello; al contrario, è perché Salvini esprime in piccola parte la loro rabbia. E siccome Salvini in questo momento è Stato, esprime anche qualcosa della necessità di delegare ad altri la propria vita.

Che è l’essenza di quell’obbrobrio che si chiama democrazia rappresentativa.

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