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La questione dell’egemonia culturale, ovvero leggere Gramsci oggi, subito!

di Gloria Origgi

«La crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere : in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati», così scrive Gramsci in carcere nel 1930, una frase che potrebbe essere riscritta oggi per leggere il nostro presente.

Eppure, se si esclude una nuova biografia di un grande specialista di Gramsci, come Angelo d’Orsi, non sembra esserci in Italia una rinascita di studi gramsciani dello stesso tenore di quella a cui assistiamo da dieci anni, a partire dalla crisi finanziaria del 2008, negli Stati Uniti, in Inghilterra e oggi anche in Francia. Benché nel discorso politico a Gramsci si rifacciano tutti pure in Italia, dallo spin doctor leghista Luca Morisi alla sinistra radicale, benché la parola d’ordine oggi, nel mondo post-ideologico, sia comprendere la dominazione politica attraverso la narrative, ossia il discorso culturale che diventa egemonico e che controlla così lo Zeitgeist (come oggi sembra essere il discorso populista), i giovani italiani non sembrano avere tempo di leggersi Gramsci, di rileggerlo, di diffonderlo e anche, perché no? di fare di Gramsci un fiore all’occhiello della capacità di riflessione italica, un paese notoriamente scarso in filosofia.

Bisogna dunque andare all’estero per trovare giovani intellettuali interessati a una rilettura critica di Gramsci. Le Vent se Lève è un think tank francese che ha come missione di combattere l’egemonia neo-liberale non solo economica, ma culturale.

Di qui l’ovvio interesse per Gramsci, il cui concetto di egemonia è qui presentato da due giovani ricercatori, Marie Lucas, che ha scritto una tesi di dottorato su Gramsci all’Ecole Normale di Parigi e Nathan Sperber, autore con George Hoare di un’introduzione alla vita e al pensiero di Gramsci, pubblicata in inglese da Bloomsbury e poi in francese dalle edizioni La Découverte, e mai tradotta in italiano.

Una discussione da ascoltare e riascoltare per capire che l’uso facile della parola egemonia, secondo cui basta lanciare qualche parola chiave e conquistare l’attenzione virale di un pubblico instupidito per vincere la battaglia del posizionamento culturale, non serve a nulla.

L’egemonia culturale non si combatte se non si capiscono i meccanismi che la sostengono e la rinforzano: le istituzioni socio-culturali come le scuole, le università, i giornali, giocano un ruolo cruciale per il controllo della cultura. Istituzioni che in Italia ormai sono abbandonate a un’incuria senza pari, senza progetto, per lasciare la scena delle idee all’inseguimento senza sosta di un Tweet o di un post su Facebook. Anche Twitter e Facebook sono istituzioni culturali che ci manipolano più di quanto noi siamo in grado di manipolare in un rapporto di potere asimmetrico che ci fa sentire protagonisti di un discorso che è in realtà creato altrove. Questo vale sia per la sinistra sia per il salvinismo populista che crede di controllare le masse con qualche video su Facebook e non capisce da chi è controllato e con quali scopi.

Leggere Gramsci oggi, al di fuori di qualsiasi ideologia, è dunque fondamentale per sviluppare un apparato critico con cui comprendere il presente. Prendiamo esempio da chi ha già cominciato a farlo.

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