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«Le radici del comunismo scientifico»

Note sul libro di Cosimo Cerardi

di Gian Marco Martignoni

In occasione del bicentenario della nascita di Karl Marx (nato a Treviri il 5 maggio 1818) Cosimo Cerardi ha voluto contribuire al dibattito in corso sull’attualità del suo pensiero attraverso la pubblicazione del libro «Le radici del comunismo scientifico – genesi e struttura de “Il Manifesto”» (La Mongolfiera Editrice: 154 pagine, 15 euro). Come è noto «il Manifesto del partito comunista» per la sua forza letteraria ed evocativa ha segnato un’epoca, quella a metà dell’ ‘800, ed ancora oggi non ha esaurito la sua capacità performativa ed immaginativa, perchè – come ha ben evidenziato Pasquale Falasca nella prefazione al libro di Cerardi – «Il Manifesto è l’epicentro e il baricentro della teoria di Marx ed Engels». Ovvero, la sua strutturazione è per Falasca una vera e propria «stratificazione dialettica» che ha permesso fra l’altro lo sviluppo concettuale dei «Grundrisse» e delle categorie storiche ed economiche che sono alla base dei tre volumi che compongono «Il Capitale». La stesura di quest’opera scaturisce dal dibattito che vedeva da una parte il socialismo-comunismo utopistico ispirato a Saint-Simon, Fourier, Owen, il socialismo borghese identificato in Proudhon e dall’altra la tendenza che con Marx ed Engels darà vita – passando per la Lega dei Giusti che era composta prevalentemente da artigiani, in particolare sarti – alla Lega dei Comunisti. Nella Lega dei Giusti occupava un ruolo di primo piano un certo Weitling, autore di un’opera intitolata «Le Garanzie dell’Armonia e della Libertà.

Idee per una riorganizzazione della società» che aveva una impostazione mistico-profetica, in quanto faceva derivare il comunismo – ovvero l’ instaurazione della libertà e dell’armonia – da un governo affidato alle capacità umane, dall’abolizione dello sfruttamento e la promozione di una dittatura provvisoria, oltre a recuperare nei suoi impetuosi proclami alcune posizioni cospirazioniste derivanti da Babeuf. Il dissenso di Marx ed Engels con quelle posizioni e con Weitling fu radicale, poichè per loro il comunismo non derivava ingenuamente dalla bontà della natura umana, bensì aveva un carattere oggettivo e necessario. Questa scoperta scientifica era conseguente a una visione storica in cui diventava prioritaria la conoscenza della situazione reale e concreta, al fine di trasformare la società sul piano della lotta politica, abbattendo quindi le classi proprietarie e dominanti. Lo scontro politico e ideologico comportò la trasformazione della Lega dei Giusti in Lega dei comunisti, con tanto di cambio di statuto e l’abbandono del motto a carattere religioso «Tutti gli uomini sono fratelli» per il più evocativo e battagliero «Proletari di tutto il mondo unitevi». Oltre alla necessità di definire programmaticamente il suo impianto dottrinale, a partire da una analisi materialistica della realtà e l’indicazione dei fini da perseguire. Engels, dal suo canto, si era già cimentato nella redazione di uno scritto divulgativo «I princìpi del comunismo», di cui Cerardi evidenzia le analogie e le molteplici coincidenze con «Il Manifesto». Entrambi infatti partono dalla definizione del proletariato, dal contrasto fra borghesia e proletariato, e dopo aver esposta la teoria del salario postulano come il nuovo ordinamento della società non possa che essere il comunismo. L’ egemonia della borghesia non può occultare la palese contraddizione fra «l’accrescimento illimitato della ricchezza e la miseria proletaria» e pertanto solo con l’abolizione della proprietà privata e l’egemonia del proletariato si potrà instaurare il comunismo . Il nuovo ordinamento è realizzabile anche per via pacifica e dovrà mirare allo sviluppo onnilaterale dell’individuo e della sua personalità. Nel quinto capitolo Cerardi affronta i temi trattati nei «Princìpi» ed elenca le misure da adottare per affermare il potere democratico-rivoluzionario. Fra questi per Engels sono centrali il rispetto allo sviluppo della personalità, quelli riguardanti l’educazione dei fanciulli, il rapporto fra lo studio e il lavoro nonchè la questione urbanistica stante l’impetuosa dinamica fra città e campagna per via del peso crescente delle manifatture e quindi dell’inurbamento. Al contempo emerge il problema di come superare il dominio della proprietà privata e accentrare sempre più nelle mani dello Stato tutto il capitale, l’industria, l’agricoltura, i trasporti ecc.. Nonchè la prefigurazione della società futura sulla base di un piano, che tenga in considerazione i mezzi a disposizione della società e i suoi bisogni. I «Princìpi» avevano uno scopo di carattere divulgativo mentre «Il Manifesto» avrà invece uno scopo esterno di carattere propagandistico e soprattutto di strategia a lungo termine. Anche per questa ragione in occasione della nuova denominazione della Lega in una circolare interna venne ribadito: «noi non siamo per la giustizia genericamente intesa, ma per la comunità dei beni, a partire dall’abolizione della proprietà privata». Tanto che nel congresso del 1847 Engels si ingegnò per far affidare dall’assemblea l’incarico a Marx di stenderne il programma. Programma a cui Marx lavorò sulla base di un secondo abbozzo dei «Princìpi» redatto da Engels, consegnando l’elaborato entro la data richiesta del 1 febbraio 1948. Se Engels attribuirà tutto il merito della sua stesura a Marx, le coincidenze tra i «Princìpi» e «Il Manifesto» consigliano – ad avviso di Cerardi – di non sottovalutare il ruolo di Engels, che «aveva indicato a Marx come funziona il sistema capitalistico e il significato del cartismo» e molte altre intuizioni, fra cui la congiunzione tra l’economia socialista inglese e la filosofia materialista. Negli altri capitoli che completano il testo Cerardi mette a fuoco tutta la ricchezza concettuale e analtica che «Il Manifesto» ci consegna, nella consapevolezza purtoppo della tragica involuzione che ha investito il movimento operaio e le sue organizzazioni di rappresentanza, tanto che la lotta di classe è condotta dalle classi dominanti. Il processo combinato dovuto alla mancata alfabetizzazione marxista e all’analfabetismo di ritorno determinato anche dalla dismissione degli strumenti fondamentali dell’analisi marxista ha favorito il venir meno dei presupposti per la formazione di una coscienza critica del modo di produzione capitalistico, e quindi di una soggettività politica adeguata allo scontro di classe.

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