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sinistra

L’uomo flessibile

La neolingua del capitalismo assoluto

di Salvatore Bravo

Il libro di Sennett “L’uomo flessibile” svela i retroscena del turbocapitalismo, dietro la facciata sfavillanti degli annunci ridondanti, delle vetrine barocche, dei transatlantici che enfi di folle gaudenti imperterriti attraversano mari e continenti, vive la verità dell’ordine costituito che si svela nelle parole. La manipolazione divenuta normale pratica, talvolta impedisce di capire l’evidente, ciò che senza vergogna alcuna si mostra, ma non è colto nella sua gravità, nel suo trasformarsi in condizione esistenziale alienata. Sennett analizza la parola” job”, denunciando che il re è nudo, ma solo per chi lo vuol vedere. La pratica della verità vuole pazienza, ma talvolta neanche quella, perché è lapalissiana, al punto che il potere rivela se stesso nel neolinguaggio. La parola “job” ricorda la controriforma del lavoro, spacciata per riforma epocale a favore del lavoro “job act”, è veicolo di verità. Il lavoro “job” nell’inglese del trecento era “il pezzo” da spostare. Il capitalismo assoluto è dunque il medioevo realizzato: contratti a termine, ad ore, migranti, hanno fatto dei lavoratori dei pezzi da spostare per il globo. “I pezzi” viaggiano dove il capitale chiama, al punto che il lavoratore si autopercepisce non come persona, ma come braccia o mente pronto ad obbedire allo scudiscio del capitale. La flessibilità vuole che i suoi figli siano pezzi da bruciare sull’altare del dinamismo produttivo, il medioevo del capitale è già nella parola “job” che rende pubblico il progetto del nuovo ordine:

Ma oggi il capitalismo flessibile, con la sua pratica di spostare all'improvviso i lavoratori dipendenti da un tipo di incarico a un altro, ha cancellato i percorsi lineari tipici delle carriere. Nell'inglese del Trecento la parola "job" («lavoro») indicava un «blocco» o un «pezzo», qualcosa che poteva essere spostato da una parte o dall'altra. Oggi la flessibilità sta riportando in auge questo significato arcaico della parola "job", in quanto durante la propria vita le persone sono chiamate a svolgere «blocchi» o «pezzi» di lavoro (o di mansioni)1 .”

Il lavoro è organico alla flessibilità, in questo caso invece, si tradisce il significato autentico, la flessibilità comporta un movimento, un adattamento ad una circostanza per poi ritornare nella posizione precedente. Il lavoratore non è flessibile, ma precario, lo si vuole “ontologicamente precario”, non deve radicarsi in nessun luogo, dev’essere il signor nessuno disponibile a piegarsi agli eventi, a nuove richieste sempre più esose, si esige che compia una rivoluzione copernicana: “uno nessuno cento mila” può essere la giusta definizione per un essere umano precarizzato fin nella sua interiorità, e dunque indisponibile alla lotta, perché servo per formazione e dunque gli si cuce addosso l’abito del servo:

E' del tutto naturale che la flessibilità generi ansietà: nessuno sa quali rischi valga la pena correre, o quali percorsi sia opportuno seguire. Nell'ultimo secolo sono state create molte perifrasi per aggirare le implicazioni negative dell'espressione «sistema capitalistico», e si è quindi cominciato a parlare di «sistema della libera impresa» o di «iniziativa privata2 »".

Tutto dunque purché non capisca il suo stato. Solo in tal modo si comprende il motivo per cui il servo accetta tutto pur di sopravvivere. La neolingua crea mondi, dinanzi alla minaccia quotidiana di perdere tutto, di essere precarizzato e licenziato senza giusta causa, l’oppressione psicologica e materiale spinge molti a rimuovere il crudo vero, pur di sopportare l’insopportabile. L’ansia cresce, in quanto la flessibilità crea isolamento, l’atomismo sociale che rafforza i poteri. La migrazione come i contratti a termine impediscono il contatto di senso, la dialettica della condivisione, anzi la minaccia continua, spinge a guardare l’altro con diffidenza, come un nemico, un potenziale competitore sulla via della precarizzazione assoluta. Al lavoratore giungono messaggi contraddittori il mondo mediatico con il neolinguaggio fa apparire il mondo dei diritti sociali “vecchio”, l’atlantide perduta dei diritti, eppure vive nello stesso tempo la corrente fredda della realtà-verità non decodificabile:

La parola "flexibility" («flessibilità») è entrata nella lingua inglese nel Quattrocento. All'inizio, il suo significato era collegato alla semplice constatazione che i rami di un albero anche se possono essere piegati dal vento, dopo un po' tornano nella posizione di partenza. «Flessibilità» indica appunto sia la capacità dell'albero di resistere, sia quella di tornare alla situazione precedente (cioè, sia la deformazione sia il ripristino della forma). Da un punto di vista ideale, il comportamento umano dovrebbe avere le stesse caratteristiche: sapersi adattare al mutare delle circostanze senza farsi spezzare. Oggi la società sta cercando dei modi per distruggere i mali della routine creando istituzioni più flessibili. La pratica della flessibilità, tuttavia, si concentra soprattutto sulle forze che piegano le persone3 ".

 

Il mito della giovinezza al servizio del plusvalore

Il sistema capitale agile e flessibile necessita di giovinezza, per cui non si è mai abbastanza vecchi per la pensione, si è sempre giovani per produrre e consumare. I vecchi sono mortificati nella loro età, nella loro esperienza, nei loro ritmi biologici che devono essere simili a quelli giovanili, al punto che ormai sono copie della giovinezza ed hanno ben poco da dire ai giovani. Padri e madri imitano i figli con il risultato che nessuno è se stesso, i messaggi di senso non si trasmettono, la vita sembra congelata in un eterno presente che ambisce ad omologare tutti: il capitalismo come apeiron, indefinito, come la notte in cui le vacche sono nere. All’interno dell’indefinito si richiede giovinezza, perché il sistema si riorganizza continuamente, per cui i lavoratori anziani che imitano i giovani sono ritenuti responsabili dei fallimenti, lenti, non abbastanza competitivi, sono un limite al successo globale, e dunque meritano il licenziamento, la loro esperienza è da buttar via e con essa anche loro:

Pregiudizi del genere possono essere utilizzati in molti modi. Per esempio, permettono di individuare i lavoratori più anziani come un gruppo ben evidente di candidati al licenziamento durante le ristrutturazioni aziendali. Nel regime «angloamericano», negli ultimi vent'anni è raddoppiato il tasso di licenziamenti relativo ai quarantenni e a chi ha da poco passato la cinquantina4 ".

Nel mondo flessibile, nel quale si deve sempre ricominciare dal livello zero, per cu gli anziani ne sono sfavoriti, e dunque si pongono le condizioni per il deskilling, la sottrazione delle competenze, la mortificazione continua che ne consegue, il sentirsi inadeguati e specialmente colpevoli, porta ad un depauperamento delle proprie competenze. Si passa da uno stato di perfezione maggiore ad uno minore, a dirla con il linguaggio di Spinoza, fino a sentirsi nullità colpevoli ed incapaci:

A un ingegnere americano o europeo che viene licenziato e sostituito con un suo equivalente indiano (che lavora per un salario più basso) viene anche sottratta la possibilità di mettere in pratica i propri talenti; il che rappresenta una forma di quello che i sociologi chiamano "deskilling, a «sottrazione di capacità»".

 

Il noi delinquenziale

Sennett analizza i processi dei falsi processi che valorizzano il gruppo. Gli studi di psicologia sono stati finalizzati per omogeneizzare il gruppo e motivarlo alla produzione aggressiva. Il gruppo apparentemente si muove su binari orizzontali, in realtà dietro il manager che si presenta come primus inter pares, non vi è che il tentativo di occultare le differenze per spingere alla competizione. Naturalmente le differenze si fanno palesi nel caso di fallimento, qui le acque si separano, le colpe ricadono sui soggetti più deboli del gruppo:

Il lavoro di gruppo ha ottenuto una specie di "imprimatur" ufficiale nella moderna pratica gestionale americana grazie a uno studio commissionato dal ministro al Lavoro statunitense Elizabeth Dole. La Secretary's Commission on Achieving Necessary Skills (SCANS, «Commissione ministeriale per il raggiungimento delle competenze necessarie») produsse questo studio nel 1991 come ricerca sulle attitudini utili a lavorare in un'economia flessibile. Come ci si potrebbe aspettare, il rapporto attribuisce molta importanza alle competenze verbali e matematiche di base, come pure alla capacità di rapportarsi alla tecnologia5 ".

La logica del gruppo che lotta contro il mondo, svela la sua falsa coscienza con relativo tentativo di remozione di classe: il gruppo per essere coeso deve lottare contro i sindacati che vorrebbe rompere l’unità del gruppo. I servi difendono i padroni, si inibiscono così i processi di consapevolezza:

Inventarsi l'idea che lavoratori e i dirigenti facciano parte della stessa squadra si rivelò egualmente utile alla Subaru-Isuzu nei suoi rapporti con il mondo esterno. L'azienda si serve anche di questa illusione di comunità lavorativa per giustificare la propria feroce opposizione ai sindacati; inoltre, l'illusione di comunità aiuta anche a giustificare l'esistenza di un'azienda giapponese che produce profitti in America e li rispedisce a casa6 ".

Il noi diventa lo strumento con cui governare i lavoratori, spingendoli ad agire in nome del capitale nell’illusione di difendere i propri interessi. Il noi del capitalismo non pratica la solidarietà, ma sono parte della competizione globale, poiché lottano contro altri gruppi con il risultato che il pulviscolo globale limita la vista fino ad accecare:

«noi» è spesso un'espressione ingannevole, se viene usata come punto di riferimento contro il mondo esterno. Rico conosceva benissimo entrambe le facce di questa falsa espressione: aveva infatti potuto osservare in occasione di ogni spostamento che i suoi vicini avevano tenui legami reciproci. In ognuno dei suburbi-dormitorio da lui attraversati, posti in cui la gente appare e scompare ogni due o tre anni, si dava per scontato che si dovesse ricominciare da capo. E il suo personale senso del «noi», espresso nel linguaggio degli standard comunitari e dei valori della famiglia, era un'astrazione statica di cui egli stesso aveva disprezzato contenuti in passato e che non poteva praticare nel presente. In termini più generali il «noi» può mascherare l'assemblaggio male assortito dei diversi gruppi etnici presenti in un paese, o la sua storia di conflitti interni. E adesso questo fittizio «noi» è tornato in vita per combattere una vigorosa nuova forma di capitalismo7 ".

L’operazione di Sennett è dunque di smontaggio del linguaggio capitale per mostrarne la verità. La critica è sicuramente parte del processo di consapevolezza, il quale però necessita dell’ausilio istituzionale dei gruppi medi perché posa essere prassi collettiva della trasformazione sociale, in assenza di ciò non resta che lavorare per il possibile. La storia non è conclusa, ma ogni profezia, come affermava Marx, non è che chiacchiera da taverna.


Note
1 Richard Sennett, L’ uomo flessibile le conseguenze del nuovo capitalismo, Feltrinelli. Milano 1999 pag 5
2 pag. 6
3 Ibidem pag.44
4 Ibidem pag.93
5 Ibidem pag 110
6 Ibidem pag.115
7 Ibidem pag.143

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