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Il governo vada avanti

di Stefano Fassina

Nessuna sorpresa per la lettera della Commissione europea arrivata al Ministro Tria ieri sera. Nessuna sorpresa per la preannunciata procedura di infrazione. Il Governo deve andare avanti. Fare passi indietro ora alimenterebbe incertezza. Incertezza genera instabilità e aggrava le prospettive per la finanza pubblica, le banche, le famiglie e le imprese.

Il Governo era consapevole delle conseguenze del significativo strappo sul 'saldo strutturale', sacro e arbitrario parametro della politica economica liberista incisa nei Trattati e nella disciplina mercantilista dell'eurozona. Sono le regole: il Patto di Stabilità e Crescita, il Six Pack, il Fiscal Compact. Certo, sarebbe facile chiedere ai due solerti autori della missiva della Commissione perché non scrivono anche a Berlino per le continue e devastanti violazioni da parte della Germania del limite, generosissimo, al surplus commerciale previsto nel Six Pack. O ricordagli l'arbitrio politico nelle comprensive valutazioni della loro Commissione verso le ripetute violazioni del Fiscal Compact di Francia e Spagna. Ma veniamo a noi.

La lettera da Bruxelles è un atto dovuto. È inevitabile. Il Vice-Presidente Dombrovskis e il Commissario Moscovici dovevano andare in automatico dopo aver ricevuto, giovedì sera, dal titolare del Mef la comunicazione degli obiettivi di deficit "fuori linea".

Nessuna sorpresa: la Commissione richiama le sue "raccomandazioni" di Luglio scorso e invita a tornare il linea nella preparazione del Disegno di Legge di Bilancio. Ufficialmente, il 'controllo' di Bruxelles si avvia dopo il 15 Ottobre, con la ricezione dei contenuti della manovra. Ma la procedura di infrazione è pronta.

Il Governo vada avanti. L'innalzamento degli obiettivi di deficit per il triennio sono necessari a evitare stagnazione, ulteriore precarietà e sofferenza sociale e, aspetto rimosso dal coro dell'austera responsabilità, aumento del debito pubblico. La Nota di Aggiornamento al Def inviata alle Camere giovedì sera definisce uno scenario possibile. La previsione dell'impatto espansivo della manovra sul Pil, dalla crescita di 0,9% nello scenario 'tendenziale', all'1,5%, è realistica. Assume 'moltiplicatori' prudentissimi: 0,5% nel primo anno e poi in riduzione a 0,3% e 0,2%. Sono i moltiplicatori ordinari, utilizzati sempre negli ultimi anni dal Mef, condivisi dagli uffici della Commissione Ue. Vuol dire che, per il 2019, soltanto metà dei 22 miliardi di euro di maggiori risorse 'lasciate' all'economia reale diventano maggior prodotto.

È evidente che l'inasprirsi dello scontro politico interno e esterno può far deragliare il treno: i numerosi tifosi dello spread sono all'opera. Evidente la soddisfazione sulle prime pagine di tanti giornali stamattina. Certo, vi sono anche preoccupazioni vere per atti scomposti e per eccessive ossessioni elettorali. Il Governo lasci stare le polemiche. I loquaci Vice-Premier spieghino il merito dei provvedimenti e rinuncino ai duelli verbali con i Commissari Ue. Soprattutto, il Governo orienti l'extradeficit sugli investimenti pubblici e si prepari a controbattere alla procedura d'infrazione.

La posta in gioco è troppo alta. Il regime mercantilista del mercato unico e dell'euro è insostenibile per tutti, anche per la Germania Felix dove i campioni al governo, Cdu-Csu e Spd sono al loro minimo storico e AfD in ascesa. Soffoca la domanda interna, svaluta il lavoro, aggrava la sofferenza sociale e non migliora le condizioni del debito pubblico. Per noi, qui e ora, è in ballo, innanzitutto, il ripristino di un modesto primato della politica sull'economia, condizione necessaria, purtroppo non sufficiente dati i rapporti di forza, per recuperare un minimo di sovranità costituzionale.

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