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Convergenze parallele

di Piemme

«Siamo all'anticamera della dittatura. Siamo come nel 1994, avevamo allora il pericolo di un partito comunista ma con in più questa volta una più forte ispirazione all'invidia sociale, allo statalismo e un'assoluta incompetenza».

Con queste parole Silvio Berlusconi ha tentato di mettere il cappello ad un fine settimana segnato dalle manifestazioni contro il governo giallo-verde.

Quella di Torino per il sì alla TAV — c'era tutta la Torino borghese, da sinistra a destra, dal Pd a Forza Italia, passando per la Lega. Quella dell'estrema sinistra a Roma contro il "decreto sicurezza" e per "l'accoglienza per tutti". Infine, in diverse città quelle femministe contro il cosiddetto "Ddl Pillon".

In piazza non c'erano Moscovici e Juncker, Macron e la Merkel, il Fmi o i grandi banchieri. Di certo essi hanno gongolato. Tutto fa brodo, dal loro punto di vista, per preparare le condizioni al rovesciamento del governo giallo-verde, quindi spianare la strada ad un governo Monti 2.0 se non direttamente della troika.

Non si discute qui, beninteso, il diritto a protestare contro il governo, tanto più se fa delle porcherie come il "decreto sicurezza". Nè si vuole dire che esse siano dello stesso segno, o che ubbidiscano ad un centro di comando.

Si prende atto tuttavia che esse hanno avuto un caratteristica (negativa) comune: tutte quante hanno derubricato, anzi rimosso la questione centrale: lo scontro tra il governo e l'Unione europea. Scontro che formalmente è sullo sforamento del 2,4% ma che nella sostanza tira in ballo la questione della sovranità nazionale.

Sorge la domanda: questo rifiuto di riconoscere che in questo momento al centro c'è la questione centrale della sovranità, quindi la differenza tra nemico principale e secondario, è frutto di insipienza  politica? O c'è dell'altro?

C'è dell'altro, purtroppo. Da Forza Italia all'estrema sinistra, passando ovviamente per il Pd, pur declinata in forme diverse, c'è la medesima sciagurata idea, quella per cui la battaglia per recuperare la sovranità nazionale sarebbe un che di retrogrado e antiprogressista nazionalismo. Chi per un verso ("più Europa"), chi per un altro ("via tutte le frontiere") ce l'hanno con lo stato nazione.

Vagli a spiegare che democrazia e sovranità popolare sono nate e cresciute nell'involucro della stato nazionale; vagli a spiegare che il patriottismo democratico e costituzionale non è nazionalismo, o che spianare gli stati nazionali significa fare il gioco delle più potenti multinazionali mai viste. Vagli a spiegare che non c'è il socialismo dietro l'angolo bensì la forma più distante che ci sia dalla democrazia, ovvero quella imperiale e imperialista.

Quelle tra il cosmopolitismo liberista delle destre e il "cosmo-internazionalismo" di certa sinistra, saranno pure "parallele" ma sono pur sempre "convergenze".

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