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vocidallestero

La UE e i segnali premonitori di fascismo

di Kit Knightly

Un articolo del sito off-Guardian descrive con grande lucidità l’evidente deriva della Ue verso un regime totalitario. I tentativi – maldestramente nascosti – di stabilire una “verità ufficiale” e di reprimere ogni pensiero alternativo o di dissenso sono sempre più numerosi ed espliciti. È in questa fase che i pericoli per il popolo sono maggiori, visto che gli eurocrati si rendono conto che stanno perdendo presa sul potere, e potrebbero ricorrere ad azioni estreme per tentare di rimanere in sella

In Europa la situazione sta sfuggendo di mano più velocemente di quanto molti avessero previsto. Oltre alla Brexit, esiste un forte clima anti-Ue in Ungheria, Spagna, Italia, Grecia e Francia. La Ue rischia di crollare, e le persone che temono di perdere il potere tendono a gesti estremi di controllo dittatoriale.

Quanto ci vorrà prima che la Ue diventi effettivamente quella forza autoritaria che entrambi gli estremi dello schieramento politico hanno sempre temuto?

 

La forza militare europea

All’inizio dell’anno, la Ue ha votato per “punire” un proprio membro, l’Ungheria, per le politiche interne adottate dal suo governo. Chiariamo una cosa – qualsiasi cosa si pensi di Viktor Orban, si tratta di un primo ministro eletto dal popolo ungherese. È il loro leader democratico legalmente riconosciuto. L’Ungheria lo ha votato – al contrario, l’Ungheria NON ha votato alcuno dei 448 parlamentari europei che hanno sostenuto la mozione, posta dal parlamentare olandese Judith Sargentini, che afferma:

“Il popolo ungherese merita di meglio… merita libertà di parola, assenza di discriminazioni, tolleranza, giustizia e uguaglianza, tutte cose che sono sancite dai trattati europei”.

Notiamo che la “democrazia” non è inclusa nella lista. “Tolleranza”, “giustizia” e “uguaglianza”, ma non democrazia. Un lapsus freudiano, forse.

La stessa votazione del Parlamento europeo è stata un nonsenso totale – l’astensione è stata ignorata così da poter raggiungere una maggioranza dei due terzi. È stato forzato un provvedimento che, essenzialmente, richiede un cambio di regime in Ungheria attraverso:

“misure appropriate atte a ristabilire la democrazia inclusiva, lo stato di diritto e il rispetto dei diritti fondamentali”.

Una delle sanzioni suggerite – l’”opzione nucleare” – è stata la perdita del diritto di voto. L’Ungheria rimarrebbe un membro della UE, dovrebbe ancora effettuare i suoi versamenti alla UE, dovrebbe ancora obbedire a tutte le leggi e regole UE, ma non potrebbe più esprimere la sua opinione su quali debbano essere queste leggi.

Tutto questo verrebbe fatto, teoricamente, in difesa della “democrazia inclusiva”.

Quanto ci vorrà prima che la disapprovazione e le misure punitive nei confronti di alcuni leader diventino una rimozione esplicita? Possiamo veramente dire che questo non succederà mai?

Questo mese, a Parigi (e in altre città francesi) abbiamo visto le enormi proteste dei Gilet Gialli contro la tassa sulla benzina, l’austerità e la disuguaglianza. La violenta repressione di queste proteste non ha ricevuto alcuna critica da alcuno stato membro della Ue, o dalla Ue stessa. Tuttavia, un veicolo militare con lo stemma della Ue èstato visto per le strade di Parigi.

Sia Macron sia la Merkel hanno parlato, recentemente, della necessità di un esercito Ue – le proteste francesi verranno usate come pretesto per realizzare questi progetti?

Ipotizziamo che l’esercito Ue venga creato – forniamo all’Unione europea quella “forza di difesa” così fortemente voluta. Presumibilmente 250.000 soldati, provenienti da tutti gli stati membri. Quale sarebbe il loro scopo? Quale la loro funzione?

Per esempio, sarebbero stati usati lo scorso anno in Catalogna, per “mantenere la pace”? Un ipotetico esercito Ue agirebbe contro un voto pacifico per “difendere” l’integrità dell’Unione?

Un possibile ulteriore passo per fronteggiare il governo di Viktor Orban potrebbe essere forse l’utilizzo delle Forze di Difesa Ue a Budapest per rimuovere l’uomo che minaccia l’”uguaglianza”? Potremmo dire che queste sono “misure appropriate per ripristinare la democrazia inclusiva”?

Se si decide che la Brexit è una “minaccia ai diritti umani” (o qualche altra corbelleria), l’esercito Ue potrebbe essere usato nelle strade di Londra per proteggerci da noi stessi?

Ci sono state, e potrebbero esserci, molte situazioni nel passato recente della Ue dove interventi militari sono stati evitati solo perché letteralmente non erano un’opzione possibile. Se un esercito Ue li rendesse possibili, ci fidiamo del fatto che Bruxelles non si avvarrebbe di questa opzione?

Qualcuno sostiene che un esercito Ue sarebbe una cosa buona perché diminuirebbe la dipendenza dell’Europa dalla Nato e ci permetterebbe di sottrarci all’influenza degli Stati Uniti. Non credo che succederebbe, e a dimostrazione porto il fatto che la “Carnegie Endowment for International Peace”, ben nota Ong sostenuta dagli Stati Uniti, è molto favorevole a questo progetto.

 

Il “Ministero della Verità” della UE

Naturalmente, la crescente probabilità di un “EU consensus” imposto con la forza è solo una parte del problema.

Oltre alla repressione fisica – sia da parte della Ue (della sovranità nazionale) che da parte dello stato (del diritto individuale alla protesta) – ci sono segnali preoccupanti di repressione intellettuale. È in arrivo un giro di vite sulla libertà di espressione e di opinione.

Oggi sul Guardian c’è un articolo che fa paura: La Russia “ha spianato la strada al sequestro delle navi dell’Ucraina con un’ondata di fake news”. Non fa paura a causa del titolo – fa paura per le motivazioni che ci stanno dietro e per le implicazioni sul futuro dell’Europa.

La sostanza dell’articolo è una denuncia totalmente priva di fonti, senza legami logici e senza alcuna prova, di malefatte da parte dei russi; in quanto tale, le si applica il Rasoio di Hitchens.

La prima metà dell’articolo è piena di bugie, omissioni ed errori. È il Guardian, c’è da aspettarselo. Lasciamo perdere gli sproloqui sul colera e le bombe nucleari. Lasciamo perdere gli errori fattuali – anche se sono molti. In questo caso, tutto questo non conta.

Quello che veramente conta è la seconda parte – la “soluzione” proposta al “problema” rispetto al quale questo articolo “reagisce”. Vale a dire, la disinformazione online. In particolare la disinformazione online “russa”.

Julian King, ex ambasciatore del Regno Unito in Francia e ora commissario alla sicurezza Ue, vuole che le società hi-tech prendano provvedimenti per prevenire il diffondersi delle “fake news”. Si tratta di una guerra al dissenso, su tre fronti.

 

Uno – stabilire la “verità”:

“La scorsa settimana la Commissione europea ha annunciato che imposterà un sistema rapido di allarme per aiutare gli stati membri Ue a riconoscere le campagne di disinformazione.”

In pratica, ci sarà una lista approvata dalla Ue di “notizie” accettabili, e tutto quello che se ne discosta, anche in maniera minima, verrà bollato come “disinformazione”. Questo permetterà alla gente di ignorare i punti di vista diversi dal proprio, invece che accettare il confronto.

 

Due – eliminare il dissenso:

King ha detto che “le piattaforme dei social media devono identificare e chiudere gli account fake che diffondono disinformazione”.

Quando parlano di “account fake”, intendono dire quegli account che diffondono “disinformazione”. Essere un “bot” non dipende dal fatto di essere o meno una persona reale, ma dal fatto di avere o meno la giusta opinione. Come è stato dimostrato, loro non sanno o non si preoccupano di chi sia reale o no. Persone perfettamente reali sono state bollate dai media come bot russi, anche quando è stato provato che non erano né russi, né bot. Che questa sia incompetenza o corruzione non importa, il punto è che i governi hanno dimostrato che su questo punto non sono credibili.

 

Tre – controllare la narrazione dei fatti:

“Abbiamo bisogno di maggiore chiarezza sugli algoritmi, maggiori informazioni su come prioritizzano i contenuti che mostrano, per esempio. Se si cerca qualcosa di legato alla Ue, i contenuti che vengono da siti di propaganda russa come RT o Sputnik sono sempre tra i primi risultati… tutto questo dovrebbe essere soggetto a un controllo e un audit indipendenti.”

L’algoritmo di Google permette di mostrare tra i suoi risultati notizie sfavorevoli alla Ur, o direttamente critiche. È inaccettabile. Quello che vuole il Commissario per la sicurezza Ue è che Google “aggiusti” il sistema, assicurando che le notizie che si discostano dall’agenda Ue non vengano mostrate tra i risultati.

Ora, se pensate che questa suoni come censura, non preoccupatevi, perché [grassetto nostro]:

“Quello che cerchiamo di fare non è censurare internet. Non stiamo suggerendo che noi – o chiunque altro – dovrebbe diventare l’arbitro che decide quali siano i contenuti dei quali gli utenti debbano o non debbano usufruire online. Si tratta di trasparenza, non di censura.”

L’Ue vuole che Google rimuova certi siti web dai suoi algoritmi, ma è una questione di trasparenza, non di censura. Quindi, tutto ok.

 

Conclusioni

Per riassumere.

Le due figure più importanti della Ue sono entrambe a favore di un esercito Ue.

La bandiera dell’Ue è stampata su un veicolo militare che reprime le proteste anti-governative in Francia.

L’Ue sta stanziando 5 milioni di euro per “aiutare le persone a riconoscere la disinformazione”.

L’Ue vuole mettere pressione alle società di social media perché “chiudano” gli account che diffondono “fake news”.

L’Ue vuole che Google modifichi i suoi algoritmi per promuovere le notizie che elogiano la Ue e declassare i siti che la criticano.

L’Ue vuole che capiamo che tutto questo è una questione di “trasparenza” e assolutamente NON è censura.

Vi sembra un’organizzazione della quale dovremmo voler far parte? Dovrebbe forse piacerci la “forza di difesa” multinazionale proposta dalla Ue che reprime le manifestazioni anti-Ue nelle strade di Barcellona o di Roma? Dovremmo rallegrarci all’idea che l’esercito Ue possa essere mandato negli stati membri che non cooperano, per rimuovere “pericolosi” leader eletti perché rappresentano un pericolo per l’”uguaglianza”?

Non potremmo nemmeno arrivare alla verità su queste questioni, perché la Ue fornirà liste di account che diffondono “fake news” sui social media a Twitter e Facebook, che diligentemente li chiuderanno. Mentre Google modificherà sempre di più i suoi algoritmi per fare in modo che ogni notizia riguardante la repressione della democrazia da parte della Ue venga spinta così in fondo nella pagina dei risultati che sarebbe uguale se non ci fosse.

La stampa britannica, i sapientoni e i commentatoroni si riferiscono continuamente alla “crisi-Brexit”, ma si tratta solo di isterismo e di un tentativo di incutere paura. Ri-negoziare la tua posizione all’interno di un accordo di scambio commerciale NON è una crisi. Una crisi è quello che succede quando una struttura di potere, non eletta e burocratica, improvvisamente si rende conto che sta perdendo presa sul potere, e agisce di conseguenza.

E potrebbe benissimo esserci una crisi all’orizzonte. I segni ci sono, se si vuole vederli.

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