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Battisti e la cattiva coscienza di certi “sinistri”

di Militant

Se c’è qualcosa che rende più cupe queste ore, sono le reazioni di certa “sinistra” di fronte all’arresto di Battisti, e più in generale rispetto all’uso strumentale che viene fatto di questa vicenda per sciorinare giudizi sommari sull’intero ciclo di lotte degli anni Settanta.

Si va dagli strateghi del senno di poi, quelli che sanno per filo e per segno come si dovrebbe fare una rivoluzione (ma che però, chissà perché, queste informazioni importantissime se le sono sempre tenute ben strette) ai manettari di sempre, pronti ad accodarsi al giudice “progressista” di turno nemmeno fosse il pifferaio magico, fino ad arrivare ai dissociati fuori tempo massimo, a quelli a cui nessuno ha chiesto niente, ma che se non si pentono si sentono in colpa.

Lo ripetiamo ancora una volta (anche perché qualche solerte censore ci ha cancellato il post di ieri sulla nostra pagina FB): a noi del fatto che Battisti sia colpevole o meno dei reati che gli vengono imputati ci interessa poco o nulla. Abbiamo ovviamente le nostre idee al riguardo, sappiamo bene cosa abbia significato il regime emergenziale, ma non crediamo sia questo il piano su cui poggia tutta questa questione. Questo Paese, piaccia o meno, è stato scosso per oltre un decennio da una guerra civile a bassa intensità, un conflitto che ha fatto morti e feriti da una parte e dall’altra. Più dalla nostra, in verità, se proprio volessimo indulgere in questa macabra conta.

Una guerra che ha portato in carcere migliaia di proletari sepolti da condanne pesantissime. Una guerra che, purtroppo, abbiamo perso. Tutti. Compreso chi allora non intraprese la strada della lotta armata. E questa sconfitta la misuriamo ogni giorno nella precarietà delle nostre vite, nei salari che non bastano mai, nella disoccupazione di massa. Oggi, a oltre quarant’anni dalla fine di quella storia, l’accanimento e la vendetta dei vincitori nei confronti dei vinti, la damnatio memorie a cui si vorrebbero ridotti i protagonisti di quella stagione, sono solo il tentativo di arrivare ad una resa dei conti con gli anni Settanta, nonché la cifra repressiva di questo Stato. E’ questo il senso profondo della vicenda Battisti che, di quella stagione, fu tutto sommato un protagonista minore. E chi non lo capisce, per quanto ci riguarda, sta dall’altra parte della barricata.

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