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sinistra

Inclusione o emancipazione

di Salvatore Bravo

Lessico unidirezionale

I sistemi di potere proliferano, divengono capillari, strutturano i pensieri diffondendo parole, escludendone altre: censura linguistica-lessicale. La contrapposizione, il polemos (Πόλεμος) linguistico è la condizione della democrazia, della comunità viva che veicola con le parole il confronto concettuale. In assenza di polemos linguistico non vi è che lo scorrere delle parole lungo un asse unidirezionale. Le parole sono apprese, ripetute, formulano rappresentazioni finalizzate a puntellare la caverna dei nostri mondi. Il sole che illumina fuori della caverna, il bene, è la libertà di parlare con cognizione di sé, dei modi di produzioni, la parresia (dal greco παρρησία, composto di pan (tutto) e rhema, ciò che viene detto). Non vi è comunità che con la parola plurale, dialettica, in cui ci si confronta per capire, si studia la storia per evidenziare in modo contrastivo le differenze. Un mondo senza parole dialettiche è unidirezionale, convoglia verso uno spazio ed un tempo eguale per tutti. La forza del sistema è nel ridurre le differenze a simulacro, ad imitazione del loro essere essenziale, della loro natura. Il simulacro è l’immagine allo specchio svuotata di ogni suo contenuto formale, di ogni passaggio alla potenza all’atto. E’ possibile per tutti dichiarare la propria differenza, ostentarla fino al ridicolo, purché non intacchi la struttura dell’economia.

Le differenze simulacro, ombre della forma, una volta devitalizzate della loro carica trasgressiva pensante sono interne al sistema. Possono scorrere all’interno dell’invisibile recinto, la loro differenza è semplice apparenza: l’involucro, il simulacro non cela la verità, è diventato la sostanza seriale del capitale. E’ il regno del dicitur, della chiacchiera (Gerede) senza alcun fondamento (Grund). Le differenze in tal modo non impensieriscono, non ricevono l’ostilità di alcuno, anzi sono trofei ideologici che rafforzano il sistema, il quale si presenta come democratico, mostra a caratteri cubitali ”la libertà seriale”, di cui non si deve avere paura.

 

La sussunzione linguistica

La sussunzione, la sottomissione linguistica, non è riconosciuta, opera attraverso un invisibile guinzaglio lessicale. L’ostilità verso la cultura classica, verso la filosofia teoretica non riposa sono nella presunta inutilità al lavoro, ma essa ha un’eccedenza di ragioni non esplicite: le parole teoretiche, i grandi quesiti della cultura classica e filosofica disorientano, lasciano intravedere la verità del pensiero unico, il fondamento nichilistico, l’integralismo della caverna. Sono eliminati dal curriculum scolastico, ridotte a discipline secondarie, su di esse scorre un giudizio economico: non producono a sufficienza, per cui si invita la popolazione scolastica e non a viverle che come esperienza breve e fugace dell’adolescenza, una breve malattia da cui si guarisce.

 

L’inclusione

Il disprezzo si struttura nella logica dell’inclusione, del “mettere dentro”, del recintare liberamente le vite di tutti. In ogni documento scolastico, in ogni trasmissione televisiva la parola che fortemente è ripetuta è “competizione”. Il trattato di Lisbona del 2007 è esplicito all’articolo 86, l’Europa dev’essere altamente competitiva. La competizione dev’essere inclusiva, la grande novità dell’Europa post 1989 è l’inclusione, l’eguaglianza dei soggetti in funzione del mercato: nessuno dev’essere lasciato fuori del mercato, tutti nelle loro differenze, devono essere accolti nel mercato, ed inclusi: lo scandalo è restarne fuori, per cui ogni resistenza all’inclusione è persino medicalizzata. Un esercito di psicologi e medici scrutano il disagio dei resistente per normalizzarlo, per deprivarlo della capacità creativa-oppositiva e renderlo normale e felice, come gli altri, pronto ad entrare nel recinto dell’inclusione.

 

La formazione come esperienza economica

La formazione dev’essere un’esperienza economica, non si forma il cittadino, la persona, ma l’homo oeconomicus, tutti devono essere inclusi nel processo di governo delle esistenze funzionali all’economia, sin dall’età più tenera, ogni sistema totalitario è attento alla formazione dei più piccoli1 :

Un buon esempio è l'istruzione. Un tempo il crescere non era un processo economico: ciò che un ragazzo o una ragazza imparavano a casa propria non era scarso. Ognuno apprendeva a parlare la sua lingua vernacolare nonché le conoscenze indispensabili per una vita vernacolare. Sarebbe stato impossibile, salvo rare eccezioni, definire la crescita un processo di capitalizzazione della popolazione attiva. Oggi tutto questo è cambiato. I genitori sono diventati insegnanti ausiliari all'interno del sistema didattico. Sono responsabili di quegli input fondamentali di capitale umano, per usare il gergo degli economisti, grazie ai quali i loro rampolli otterranno la qualifica di "homo oeconomicus". E' quindi del tutto ragionevole che l'economista attivo nel settore didattico si preoccupi di come convincere la madre a iniettare la maggior quantità possibile di input di capitale non rimunerato nel proprio bambino. Come ha scritto un economista: ...Quando i bambini entrano in prima elementare, esistono già tra loro differenze rilevanti nelle capacità verbali e matematiche. Tali differenze rispecchiano anzitutto variazioni in termini di doti naturali e in secondo luogo la quantità di capitale umano che il bambino acquisisce prima dei sei anni. Lo stock di capitale umano acquisito rispecchia, a sua volta, differenti input di tempo e di altre risorse da parte di genitori, insegnanti, fratelli e del bambino stesso. Il processo d'acquisizione prescolare di capitale umano è analogo alla successiva acquisizione di capitale umano attraverso la scolarizzazione e la formazione sul luogo di lavoro. Gli input non rimunerati di tempo e di fatica investiti dalla madre nella capitalizzazione del figlio sono qui correttamente presentati come la prima fonte di formazione del capitale umano. E anche chi consideri ridicole queste espressioni, deve necessariamente ammettere la realtà dei loro contenuti in una società in cui le capacità sono ritenute scarse e devono essere prodotte economicamente”.

L’inclusione è nel segno della riduzione della persona e delle differenze ad inclusione per la competizione. Tutti devono essere messi al nastro di partenza pronti ad una lotta darwiniana. La sofferenza, il disagio dei resistenti, gli alunni che devono forzare la loro natura per riorientarla secondo i dettami dell’economia, è un problema mai affrontato. Nelle scuole si spendono risorse contro il bullismo, per proiettare la violenza su pochi adolescenti disagiati e non svelare che l’inclusione è l’istituzionalizzazione del bullismo. L’orientamento scolastico è fortemente indirizzato verso alcune facoltà, mentre l’orientamento verso le facoltà umanistiche è ridotto a presenza burocratica veloce. L’inclusione deve formare all’economia, il neoliberismo esige e caldeggia le libertà delle merci, ma non delle persone che le devono servire: tutti servi, tutti uguali.

 

L’emancipazione

L’emancipazione è parola scomparsa, essa è, invece, costitutiva della nostra costituzione rispettosa della volontà di ciascuno, è la libertà dai condizionamenti, dai recinti sociali e cognitivi in cui le persone sono costrette. Gli articoli 46 e 47 in particolare, per emancipare il soggetto dall’economia, dal suo determinismo, prevedono la partecipazione alla gestione dell’azienda, in modo che vi sia democrazia integrale:

"Art. 46.

Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.

Art. 47.

La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l'esercizio del credito.

Favorisce l'accesso del risparmio popolare alla proprietà dell'abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento azionario nei grandi complessi produttivi del Paese”.

L’emancipazione è libertà implicante coscienza sociale collettiva, nella quale si concretizza la libertà. L’esperienza della libertà è attività, partecipazione, mentre l’inclusione è passività, il soggetto non discute il sistema, è immesso al suo interno senza la possibilità di scegliere. La terribilità della condizione attuale è che malgrado le violenze delle controriforme, i lavoratori, le classi medie non concepiscono minimamente la possibilità di discutere il sistema che li aliena, anzi talvolta sono il veicolo più immediato che puntella il sistema. Naturalmente una delle cause è l’istruzione: essa deve formare l’imprenditore, per cui quest’ultimo è giudicato intoccabile, figura semimetafisica ed astratta. L’istruzione, invece, nel dettato costituzionale è libera dai condizionamenti del mercato, perché deve formare la persona, essa ha il compito di liberare dai condizionamenti, il dettato costituzionale è nell’ottica dell’emancipazione e non dell’inclusione, così recita l’articolo 3:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale [cfr. XIV ] e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso [cfr. artt. 29 c. 2 , 37 c. 1 , 48 c. 1 , 51 c. 1 ], di razza, di lingua [cfr. art. 6 ], di religione [cfr. artt. 8 , 19 ], di opinioni politiche [cfr. art. 22 ], di condizioni personali e sociali.

E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

Spesso si dibatte della crisi della sinistra, forse una sinistra autentica dovrebbe ripartire dal dettato costituzionale, e dall’emancipazione che sostanzia i suoi articoli, mentre le destre economiche si fondano sul regime dell’inclusione che rendono le persone strumenti passivi di forze economiche ipostatizzate. Se la sinistra ha ancora una possibilità ed un senso, dovrebbe ripartire dalla Costituzione, dal suo spirito antieconomicistico e profondamente umanistico, altrimenti saremo consegnati all’inclusione, all’impotenza globale ed alla sua solitudine senza speranza.


Note
1 Ivan Illich Il Genere e il sesso, Per una critica storica dell’uguaglianza Gender 1982 pp. 32 33
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