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linterferenza

Gli interessi convergenti di Lega, FI e PD

di Fabrizio Marchi

Non bisogna lasciarsi ingannare dalla vicenda del “salvataggio” di Salvini da parte degli iscritti alla “piattaforma Rousseau” che si sono espressi a maggioranza contro l’autorizzazione a procedere del Tribunale di Catania nei confronti del ministro dell’interno sul caso della nave “Diciotti”.

L’esito della consultazione era peraltro scontato dal momento che l’indicazione ufficiosa dei vertici del movimento era quella di votare in tal senso. E sappiamo bene – al di là della retorica – che le indicazioni dei gruppi dirigenti dei partiti vengono sempre osservate dalla base (in tutti i partiti). Proprio in virtù di questa considerazione, quel 40% circa di votanti che hanno invece votato in modo contrario alle indicazioni dei vertici, è una percentuale tutt’altro che irrilevante e dimostra che in quel movimento c’è una certa vitalità e anche una pluralità di posizioni.

Del resto, in questa fase il gruppo dirigente “grillino” non aveva scelta. Votare per l’autorizzazione a procedere nei confronti di Salvini avrebbe significato rompere con la Lega e aprire ufficialmente la crisi di governo. Un’ ipotesi al momento non contemplata dal M5S e che allo stato attuale delle cose avrebbe portato ancora più consensi alla Lega e un ulteriore ridimensionamento dello stesso M5S. Non che procrastinare l’inevitabile rottura porti a risultati migliori per il movimento, per lo meno se le cose continueranno ad andare così come sono andate fino ad ora.

E’ evidente – come abbiamo già spiegato in questo articolo http://www.linterferenza.info/editoriali/m5s-deve-separarsi-dalla-lega/ – che la Lega ha ottimizzato la sua partecipazione al governo (oggi data dai sondaggi addirittura al 37% rispetto al 17% che aveva ottenuto alle ultime elezioni del 4 marzo dello scorso anno, contestualmente al M5S dato in netto calo, intorno al 25%). Era ampiamente prevedibile e i fatti lo hanno confermato. Andare al governo con la Lega è stato un suicidio politico per il M5S. per tre ragioni fondamentali.

La prima.

Per attuare il programma di governo del M5S ci vogliono tanti soldi e tanto tempo. Non ci sono né gli uni (a meno di non entrare in rotta di collisione con l’UE che non è nei programmi dell’attuale governo, al di là della chiacchiere) né l’altro, perché ormai gli elettori vogliono vedere dei risultati in tempi brevi e non hanno più voglia di aspettare. Al contrario delle politiche antimmigrazione e securitarie di Salvini che sono a costo zero e hanno un impatto mediatico enorme.

Tutto ciò, nonostante le poche cose concrete (quello che poteva essere fatto in pochi mesi), pur con tutte le loro contraddizioni che abbiamo spiegato in questi articoli (http://www.linterferenza.info/attpol/reddito-cittadinanza-dalle-mirabolanti-promesse-al-varo-un-sussidio-bifronte/ http://www.linterferenza.info/in-evidenza/decreto-dignita-un-primo-timido-passo-controtendenza/ http://www.linterferenza.info/editoriali/riders-maio-superamento-del-precariato/ http://www.linterferenza.info/editoriali/chiusura-domenicale/ ed altri) fatte da questo governo (reddito di cittadinanza, “decreto dignità”, chiusura domenicale degli esercizi commerciali ecc.) siano state frutto dell’iniziativa del M5S (e mal digerite, ovviamente, dalla Lega). Ma, un po’ per la debolezza e la contraddittorietà intrinseca di tali provvedimenti (che vanno invece incontro ad esigenze sociali più che legittime), un po’ per l’ incapacità di comunicarli, e un po’ (tanto…) per l’abilità dell’alleato-competitor di governo di offuscarli mediaticamente in virtù di una incredibilmente più efficace e potente capacità mediatica (soprattutto del suo leader), l’azione di governo del M5S è apparsa (ed in effetti è stata) opaca, debole e subalterna a quella del suo partner di governo. Una debolezza e una subalternità che potrebbe portare il M5S alla totale rovina se non ci sarà un cambio di passo radicale nella sua strategia politica.

La seconda.

Il “patto di governo” fra Lega e M5S è una finzione. I programmi dei due partiti sono inconciliabili, per la semplice ragione che i due partiti sono inconciliabili, nonostante la vulgata mediatica li abbia entrambi accomunati sotto la voce “populismo. Per ragioni diverse si sono ritrovati a governare assieme ma è evidente a tutti che si è trattato di una soluzione dettata da ragioni puramente contingenti, di realpolitik, possiamo dire. Entrambi hanno cercato di utilizzare il governo come un’opportunità per accrescere i propri consensi e prepararsi alle mosse successive. Questa strategia è risultata vincente per la Lega e del tutto fallimentare per il M5S. Lo dicono i fatti, non il sottoscritto.

La terza.

La Lega ha cominciato fin da subito – nonostante la finta lealtà di Salvini – a scavare la fossa al M5S. Anche in questo caso per ragioni molto semplici che sono quelle a cui ho fatto cenno poc’anzi. La Lega non è affatto un partito “antisistema”, come millanta, essendo una forza reazionaria, liberista, filoatlantica di destra che punta a ricostruire una coalizione di centrodestra (decisamente più spostata a destra rispetto alle precedenti guidate da Berlusconi) dove essa è ovviamente la forza di gran lunga egemone. E da questo punto di vista non incontrerà particolari ostacoli. Del resto, non sono certo le politiche e i programmi della Lega a spaventare le oligarchie finanziarie dominanti, se non fosse per il suo legame con l’attuale amministrazione americana. Ma non è certo l’appartenenza della Lega all’asse Trump-Bolsonaro-Netanyahu-Orban che può impensierire Bruxelles, Berlino e Parigi dal momento che non è certo la Lega in grado di condizionare e tanto più determinare le relazioni fra UE ed USA (e NATO) che marciano su tutt’altri binari. Il centrodestra a guida leghista sarebbe anzi un fattore di stabilità (né più e nemmeno di quanto non lo sia il centrosinistra a guida PD, chiunque ne prenda le redini) e non certo di rottura rispetto all’UE. Il ceto sociale trainante della Lega è costituito infatti da una media borghesia imprenditoriale del nord che non solo non ha nessuna intenzione di andare ad una rottura traumatica con l’UE ma ha tutto l’interesse – per ragioni economiche e commerciali – a rafforzare il legame con quelle regioni dell’Europa centrale con le quali da sempre è in affari. Il SI risoluto alla TAV (che vede la convergenza con il PD) e la battaglia da sempre sostenuta (fu la ragione per cui nacque) per dare una autonomia “differenziata” (e anticostituzionale) alle regioni più ricche del nord e di fatto a separarle dal resto dell’Italia, entra oggettivamente in rotta di collisione con il programma e con gli interessi sociali obtorto collo rappresentati dal M5S.

Non solo. Anche e soprattutto la politica estera – vedasi il sostegno al fantoccio golpista venezuelano Guaidò spudoratamente e vergognosamente sostenuto da tutti i governi occidentali con l’eccezione di quello italiano (grazie al M5S che ci ha messo una pezza…) – vede una sostanziale convergenza con il PD e naturalmente con Forza Italia il cui leader, Berlusconi, ha suo malgrado accettato la leadership di Salvini anche se gioca furbescamente su più tavoli. Ma il vero avversario di Berlusconi – così come del PD – non è certo la Lega, come è evidente, bensì il M5S, sia pure per ragioni in parte diverse. Quest’ultimo rappresenta tutto ciò che Berlusconi, da liberista qual è, da sempre combatte. Stesso discorso, in fondo, anche per il PD con l’aggravante che il M5S è quello che gli ha sottratto una gran parte del suo elettorato mettendolo così nell’angolo.

Per queste ragioni abbiamo assistito alle reazioni trionfalistiche dei vari leader sia di centrodestra che di centrosinistra (nonostante quest’ultimo sia stato sconfitto e il PD abbia raccolto un ben magro 11%) in seguito al crollo del M5S nelle elezioni regionali in Abruzzo. L’obiettivo è tornare a quella finta dialettica che oppone (si fa per dire…) centrodestra e centrosinistra, di fatto del tutto intercambiabili, togliendosi dai piedi il M5S, cioè quella forza politica che, pur fra mille contraddizioni che abbiamo spiegato tante volte e in tanti articoli (il M5S non è certo una forza socialista) si trova per ragioni oggettive e anche al di là della volontà del suo gruppo dirigente, a costituire un elemento di disturbo rispetto all’attuale ordine politico continentale. Gli attacchi anche personali al premier Conte in sede europea sono in realtà diretti al M5S che rappresenta istanze sociali ma anche politiche (in primis l’essersi rifiutati di accodarsi al coro belante che chiede la testa del “dittatore comunista” Maduro) che rappresentano un fattore di disturbo rispetto a quegli “equilibri” e quelle “compatibilità” che una forza politica “responsabile” è chiamata a garantire (la famosa “governance”…).

Il fatto, dunque, che Lega e M5S siano tuttora al governo assieme, non deve trarci in inganno. Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e PD hanno lo stesso obiettivo: logorare il M5S e riportare la dialettica politica sui vecchi e più rassicuranti (per i padroni del vapore…) binari che ben conosciamo, tornando quindi alla logica dell’alternanza tra schieramenti solo apparentemente politicamente e ideologicamente alternativi ma in realtà funzionali e organici all’ordine sociale e politico dominante.

La TAV, l’ “autonomia differenziata” delle regioni del nord e il Venezuela saranno il banco di prova per il M5S che non potrà retrocedere di una virgola, pena la sua estinzione. La rottura fra Lega e M5S si avvicina e si consumerà molto probabilmente dopo le elezioni europee.

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