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Lettera di un anticapitalista a Greta Thunberg

di Sebastiano Isaia

Cara Greta,

mi chiamo Sebastiano, vivo in Italia e fin dall’inizio ho seguito con molta simpatia la tua battaglia contro i cambiamenti climatici e la distruzione dell’ecosistema del nostro pianeta. Il tuo discorso alla Conferenza sul Clima (COP 24) di Katowice mi ha molto impressionato e ha ispirato la riflessione che segue, che ti consegno non per convincerti, non ne avrei le capacità, ma per esporti un punto di vista che forse non conosci sulla scottante questione che tanto ci sta a cuore.

Carissima,

chi ti scrive è un anticapitalista al quale, esattamente come te, «non importa risultare impopolare» ma che, a differenza di te, non si batte per la «giustizia climatica e un pianeta vivibile», ma per un pianeta libero da una potenza sociale che ormai da più di due secoli domina, sfrutta e devasta la natura e gli esseri umani: il Capitale. Ho capito pochissime cose di come va il mondo, e tra queste te ne segnalo una: il Capitalismo è necessariamente incompatibile con il rispetto della natura e dell’umanità. Dico necessariamente perché la prassi economica che devasta tanto l’ambiente naturale quanto quello sociale non deriva né dalla cattiva volontà dei decisori politici posti al servizio dello status quo sociale, come si rinfacciano a turno i partiti che si alternano al governo nei Paesi di tutte le nazioni, né dalla malvagità della cosiddetta élite che detiene le leve dell’economia, quanto piuttosto dalla stessa natura del Capitalismo.

Rapporti sociali fondati sul dominio e sullo sfruttamento dell’uomo e della natura in vista del vitale profitto (vitale, beninteso, per la Società-Mondo della nostra epoca) non possono non generare disastri d’ogni tipo: “naturali”, sociali, esistenziali. Se le classi subalterne del pianeta si impossessassero, per un “miracolo” di qualche tipo, di questa eccezionale idea, e provassero ad agire di conseguenza, questa società potrebbe davvero avere i giorni contati, e la tua generazione, facendosi essa stessa speranza, praticando la speranza, potrebbe inaugurare una nuova storia. Sì cara Greta, sto parlando di rivoluzione.

«Per fare ciò dobbiamo parlare chiaramente, non importa quanto questo possa risultare scomodo»: così hai detto qualche tempo fa; è ciò che sto cercando di fare io con te, sapendo d’altra parte benissimo che difficilmente tu e i tuoi coetanei potrete capirmi, visto che da molto tempo un punto di vista autenticamente anticapitalista non trova spazio nella società, è bandito da essa, anche a causa della miserabile fine che hanno fatto i regimi falsamente “socialisti” o “comunisti” in ogni parte del mondo. Avevo pressappoco la tua età, cara Greta, quando studiando la storia del movimento di emancipazione degli oppressi e degli sfruttati, ho capito che ciò che in Unione Sovietica, in Cina e altrove veniva propinato all’opinione pubblica mondiale appunto come “socialismo reale”, non era altro che un reale Capitalismo (più o meno di Stato), per altro una forma particolarmente aggressiva (anche nei confronti dell’ambiente naturale) e oppressiva di Capitalismo. Ti scrivo queste cose perché per me è stato molto importante scoprire improvvisamente che davvero “un altro mondo è possibile”, che non è affatto vero che dobbiamo accontentarci di vivere nella società capitalista, la quale si sarebbe dimostrata migliore di quella cosiddetta “socialista”. Un mondo a misura di natura e di umanità, e quindi, necessariamente, un mondo che non conosce la divisione degli individui in classi sociali, un mondo le cui attività siano tutte orientate a soddisfare i molteplici bisogni umani, bisogni anch’essi umanizzati, cioè a dire liberati dalla coazione mercificante del Capitale. A una mente giovane e aperta come la tua forse potrebbe interessare l’utopia che si esprime nelle mie parole. Cos’è l’utopia? Per me è il mondo umanizzato che ancora non c’è, ma che potrebbe esserci.

Come dici tu, «immaginate cosa potremmo fare tutti insieme, se solo lo volessimo veramente». È dunque possibile immaginare la fine del Capitalismo e la continuazione del mondo? Oggi è più facile immaginare esattamente il contrario, e non a caso i guru del global warming presentano la lotta ai mutamenti climatici come un’assoluta priorità che deve unire gli uomini e le donne di tutto il pianeta al di là di ogni loro differenza di classe, di nazionalità, di religione e così via. È come se la Terra subisse l’attacco di una potenza aliena, extraterrestre! Niente di più falso, e di più strumentale, perché intorno al global warming da anni si gioca una furibonda lotta economica, scientifica e tecnologica tra Paesi, Continenti e imprese. La potenza aliena che tutto sfrutta, mercifica e inquina si chiama Capitale, e gli Stati di tutto il mondo sono al suo servizio.

Tu scrivi: «La civiltà viene sacrificata per dare la possibilità a una piccola cerchia di persone di continuare a fare profitti. La nostra biosfera viene sacrificata per far sì che le persone ricche in Paesi come il mio possano vivere nel lusso. Molti soffrono per garantire a pochi di vivere nel lusso. Noi dobbiamo lasciare i combustibili fossili sotto terra e dobbiamo focalizzarci sull’uguaglianza e se le soluzioni sono impossibili da trovare in questo sistema significa che dobbiamo cambiarlo». La penso esattamente come te, anche se diversamente da te io definisco Capitalismo «questo sistema», il quale, a mio avviso, non va semplicemente cambiato, reso “migliore”, ecologicamente “più sostenibile”, ecc., ecc., come da decenni predicano i “progressisti” di tutto il mondo; esso va consegnato senz’altro alla storia – o preistoria – dell’umanità. Certo, «se solo lo volessimo veramente», si capisce. È praticando l’illusoria e ingenua politica del “male minore” e dei “piccoli passi” che siamo giunti a questo punto, mentre l’umanità ha bisogno di un pensiero davvero audace, giovane, rivolto al futuro.

Cara Greta,

come hai detto a Katowice, nel 2078 festeggerai il tuo settantacinquesimo compleanno, mentre chi ti scrive avrà lasciato questo pianeta già da un pezzo. «Se avrò dei bambini probabilmente un giorno mi faranno domande su di voi. Forse mi chiederanno come mai non avete fatto niente quando era ancora il tempo di agire. Non siamo venuti qui per pregare i leader a occuparsene. Tanto ci avete ignorato in passato e continuerete a ignorarci. Voi non avete più scuse e noi abbiamo poco tempo. Noi siamo qui per farvi sapere che il cambiamento sta arrivando, che vi piaccia o no. Il vero potere appartiene al popolo». Così hai detto quel giorno parlando dinanzi ai “cari leader” mondiali. Sul “potere al popolo” per questa volta sorvolo, magari ne parliamo un’altra volta; adesso ti invito piuttosto a non aspettare il 2078 per chiederti se la mia utopia non sia per caso meno incredibile e campata in aria della “rivoluzione ecologica” che ormai da decenni imperversa, tra alti e bassi, nel dibattito pubblico internazionale, soprattutto nei Paesi occidentali. Forse tra sessant’anni potresti scoprire che un Capitalismo a “emissioni zero”, a “economia circolare”, a “chilometro zero” e quant’altro, dopotutto non è meno disumano di quello che oggi inquina, saccheggia e distrugge mari, fiumi, terre, cieli e rapporti umani. Personalmente penso che “mettere in sicurezza” il pianeta lasciandolo nelle mani del Moloch chiamato Capitale, sia un’idea vecchissima e ultrareazionaria; un’idea che certamente non merita l’interesse e l’energia di una mente giovane, ribelle e sensibile ai problemi dell’umanità.

E qui metto un punto, Cara Greta. Ti ringrazio per l’attenzione che vorrai accordarmi, e ti saluto. Ciao, e buona lotta!

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