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L'interesse nazionale

di Pierluigi Fagan

“Noi siamo da secoli - Calpesti, derisi - Perché non siam Popolo, - Perché siam divisi”, recitava il Mameli in quel del ’47. Va ricordato che l’Italia giunse a farsi stato unitario quattro secoli dopo Portogallo, Francia, Spagna ed Inghilterra (la storia dell’Inghilterra è un po’ più complicata ma insomma, diciamo “più o meno” così). Da Machiavelli e Gramsci, molti hanno spiegato questo ritardo come dovuto all’interesse convergente tra lo Stato Pontificio e le potenze straniere. Questo dello Stato Pontificio è uno dei tanti “unicum” che fanno la nostra storia diversa e speciale, nel bene e nel male.

Arriviamo così tardi a farci stato (anche i tedeschi, ma per altri motivi) e come molti hanno notato, in maniera del tutto imperfetta visto che stretti e lunghi in latitudine, tra Sud, Centro e Nord, avevamo da amalgamare parti di un territorio assai vario, geo-storicamente parlando. Interpretato decisamente sopra le righe l’interesse nazionale nel fascismo, venne definitivamente seppellito nel dopoguerra visto che diventammo una colonia americana o quantomeno un paese ad evidente sovranità limitata.

Al minuto 12:35, F. Rampini, a proposito del commento politico sulla visita di Xi Jinping, parla di “partito dello straniero” a sottolineare questa tipicamente italica attitudine ad usare posizioni oggettivamente concorrenti all’interesse nazionale, per polemica politica interna.

Da altre parti, nel gradiente “sinistra” dello spettro politico, si parla del tormentato rapporto col concetto di “nazione”, un inestricabile pasticcione concettuale dove c’è “nazionalismo”, “sovranismo”, “comunità immaginata”, “cosmopolitismo”, “europeismo”, “patria”, “patriottismo costituzionale”, “populismo”, “immigrazionismo”, “cittadinanza”, fino al controverso rapporto tra “globalizzazione” e “democrazia”.

Interesse nazionale ha poco a che fare con questa sequenza di “-ismi” e soprattutto è una postura razionale che non concede nulla al sentimento che qualcuno potrà provare e molti altri no (io ad esempio, per lo più no ma se altri sì, per me va benissimo, non è quello che qualifica il concetto). Interesse nazionale prende semplicemente atto che la modernità occidentale si fonda su stati ed ogni stato compete con altri stati per assicurarsi le migliori condizioni di possibilità. Vivendo nello stato “x” è assai contro-intuitivo ci si batta a favore dell’interesse concorrente di uno stato “y”. Purtroppo, la stratificazione concettuale tende a sovrapporre i concetti di “stato” e di “nazione” (che non sono coincidenti) e così l’interesse diventa “nazionale” evocando per simpatia tutto il coacervo problematico di cui sopra, sebbene in realtà significhi solo “l’interesse del nostro esser Stato giuridicamente distinto da altri stati”.

Negli anni ottanta, per aggirare il problema, si parlava di “sistema Italia”, cioè la nostra difficoltà a pensarci come un sistema dove un sistema ha sempre una coerenza interna maggiore di ciò che gli è intorno e dove ogni sistema ha sempre chiusure ed aperture. Chiusure perché è questo perimetro confinario che distingue “questa cosa qui” dall’indistinto. Tutta la vita terrestre viene da una prima cellula e la prima cosa che pare fece la prima cellula fu la membrana in cui si racchiuse. Altresì, ogni cellula e per lo più tutti i sistemi non ideali, hanno aperture ed osmosi con ciò che è loro fuori. In termini di sistema, si tratta sempre e solo di capire cosa, quanto e quando aprire e cosa, quanto e quando chiudere o socchiudere.

Dovremmo renderci conto che noi siamo l’unico paese al mondo ad aver così grande imbarazzo a sentirci una entità unica e coesa, in grado di pensare al proprio interesse comune salvo poi ovviamente dividersi su come ripartircelo, come fa qualunque altro paese. Siamo l’unico paese in cui c’è il “partito dello straniero”, il che, soprattutto per i tempi che vengono, non è affatto una buona cosa.


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