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gliocchidellaguerra

Trump è accerchiato. Ma ha un asso nella manica

di Davide Malacaria

Avremmo potuto avere una “grande relazione” con Russia e Cina, ma le “fake news” del Russiagate hanno distorto le nostre intenzione inserendole in una luce sinistra. Così Trump in un’intervista alla Fox subito dopo esser stato scagionato dal Russiagate. In fondo, tutta la guerra, sotterranea o meno, che scuote il mondo è sintetizzata in questa frase.

 

L’intesa Usa-Cina-Russia

Quando la vittoria di Trump palesò una nuova distensione internazionale, gli ambiti atlantisti (militari, finanziari, culturali) si mobilitarono per impedirla.

Il Russiagate è stato solo uno degli strumenti usati allo scopo, ma certo è stato il più dirompente e simbolico.

Ironico constatare che quasi tutti i media d’Occidente, gli stessi che avevano dato la vittoria della Clinton per sicura, abbiano accreditato senza remore l’accusa, senza mai metterne in dubbio la fondatezza.

Scagionato dall’infamante accusa di collusione coi russi, Trump ha rilanciato quella distensione internazionale che fu obiettivo della sua presidenza.

Ne scrive anche Franco Venturini sul di ieri, che accenna alla riapertura della prospettiva di un “nuovo ordine mondiale” concordato tra Usa, Cina e Russia (non lo valuta positivamente, ma è problema suo).

Progetto arduo, come ben sa il presidente, che per non apparire anti-patriottico non manca di accompagnare tale disposizione con strali contro russi e cinesi.

 

Il contrasto neocon

A contrastare la prospettiva non sono tanto i suoi avversari palesi, cioè i democratici, bensì quel potere che dall’attentato alle Torri gemelle ha preso in mano le chiavi dell’Impero, ovvero i neocon.

Sono questi ultimi a vedere con preoccupazione una de-escalation internazionale, che porrebbe fine alla loro egemonia globale. Uno scontro, quello tra Trump e i neocon, palesato da due cenni significativi.

Anzitutto le critiche che l’ex vicepresidente Dick Cheney – che ha gestito la presidenza di George W. Bush per conto di tale ambito – ha indirizzato a Trump, la cui politica estera seguirebbe le linee tracciate da Obama.

Inoltre il recente attacco frontale di Trump al senatore repubblicano John McCain, l’alfiere neocon da poco defunto, del quale ha ricordato il ruolo svolto nel diffondere il famoso dossier Steele, che innescò il Russiagate.

Trump non è così sciocco da non sapere che la critica a un defunto, per di più illustre, gli avrebbe attirato disapprovazione, come accaduto.

Né l’attacco a rischio era necessario. Se l’ha fatto è stato per additare i suoi veri nemici, ai quali, vinto il Russiagate, ha rilanciato la sfida.

 

Il paradosso neocon e le convergenze parallele

La lotta segreta e intestina tra il presidente e i neocon è destinata a durare. Ciò perché i neocon hanno ancora grande influenza, non solo nell’apparato finanziario e militar-industriale Usa, ma anche nel partito repubblicano e nella stessa amministrazione, dominata dal loro nuovo alfiere, il Consigliere per la sicurezza nazionale John Bolton.

La situazione nasconde un grande paradosso. Se a menare le danze del Russiagate fu tale ambito, è stato lo stesso ambito a salvarlo, mobilitando tutto il suo potere.

Ciò perché i neocon vedono il partito democratico, orfano della loro pupilla Hillary Clinton, in balia di un’Opa a loro ostile lanciata da Obama e Sanders.

Così, per le presidenziali del 2020 hanno deciso di puntare su Trump, immaginando di poter continuare a esercitare l’attuale ruolo anche nella futura amministrazione. E di poter continuare a sabotare la distensione con Cina e Russia.

Ma la vicenda del Russiagate insegna che il nuovo orientamento del partito democratico è variabile nuova in questo gioco al massacro (da leggersi in senso letterale). E aiuta Trump.

Tanto che Steve Bannon, l’ideologo del presidente, ha parlato di una possibile convergenza tra Trump ed esponenti democratici legati a Sanders.

La distensione Usa-Cina-Russia avrebbe come effetto la fine del binomio Guerra infinita – Terrore infinito.

Prospettiva impervia, appunto, ma più che auspicabile. Anche per l’Europa, che ha tutto da guadagnare dall’uscire dal ristretto ambito clientelare Usa per divenire crocevia di rapporti tra Est e Ovest. Era il sogno dai padri fondatori, che ne immaginarono un ruolo di ponte tra i due blocchi.

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