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sinistra

Poveri ma armati. Il Paese di sabbia si trova a metà classifica

di Mauro Armanino

Niamey, aprile 2019. Siamo ultimi ma non dappertutto. Nel recente rapporto stilato dal sito statunitense Global Fire Power, Potere Globale di Fuoco, il Niger è classificato al numero 25 su 34 Paesi africani esaminati. Il sito americano, che prende in considerazione 50 parametri, classifica la capacità militare dei paesi esaminati, tenendo conto dell’appartenenza al primo, secondo e terzo mondo. Tra le altre cose prende in considerazione la diversità di armi, sospetta presenza di ami nucleari (con un bonus), la capacità logistica, il numero di militari in funzione e le spese militari. In Africa ce la caviamo abbastanza bene e ci troviamo non lontano da metà classifica. Poveri ma armati, consacriamo un buon 25 per cento del nostro bilancio statale per la difesa. Per il Presidente la sicurezza non ha prezzo. L’unico dubbio che permane è quello di sapere per chi è la sicurezza di cui si parla e per la quale si investono miliardi di franchi. In effetti, niente che il mese scorso, secondo un rapporto di OCHA, agenzia ONU che coordina gli aiuti umanitari nel Paese, i morti di civili sono stati 88. A questi si aggiungono i caduti delle Forze Armate e le persone scomparse senza lasciare traccia. Legittima dunque la domanda sul per CHI viene assicurata la sicurezza. Non certo e non sempre per i comuni cittadini o i contadini che vivono alle frontiere. Come per il Paese anche la sicurezza è di sabbia.

Il rapporto citato prende in considerazione una lista di 137 Paesi. Il Potere Globale di Guerra vede gli Usa al primo posto, seguiti dalla Russia, la Cina e l’India. Segue la Francia che appoggia il generale Hafthar nel creato caos libico, il Giappone, la Corea del Sud, il Regno Unito del Brexit senza fine, la Turchia del dittatore Orban, la Germania e, undicesima, l’Italia militarista. Per quanto riguarda l’Africa il primato dell’Egitto si conferma, seguito dall’Algeria rivoluzionaria di queste settimane, il Sudafrica, la Nigeria e l’Etiopia. Ci piazziamo al 25simo posto mentre la Liberia del pallone d’oro ormai presidente, George Weah, è l’ultima della classifica. La sicurezza non ha prezzo e intanto nel paese, come altrove nel Sahel, si continua a sparire senza lasciare traccia. E’ della settimana scorsa la notizia dell’attacco di persone con la cintura esplosiva nella città di Diffa, nel lontano sud-est del paese, con morti e rapiti nella regione. La promessa presidenziale di consacrare il 25 per cento del bilancio all’educazione non è stata finora mantenuta. L’università è chiusa da un paio di mesi e proprio questa settimana la capitale Niamey è stata presa in ostaggio dagli studenti medi che rivendicavano migliori condizioni educative. Per quanto riguarda la sanità, oltre lo sciopero sospeso di sindacati per facilitare le trattative col governo, la migliore politica, non sempre realizzabile, è quella di non ammalarsi. In cambio esistono ospedali di lusso e cliniche, alla portata di una minoranza.

Per onestà c’è da rilevare che abbiamo perso qualche posto rispetto all’anno scorso. 4 caselle a livelllo africano e ben 7 a livello mondiale, ci trovavamo infatti al numero 21 in Africa e alla casella 109 sul piano mondiale. Precediamo comunque paesi come il Congo, il Madagascar e la Somalia delle milizie salafiste Shebab. Una classifica onorabile, almeno rispetto all’indice dello Sviluppo Umano dove, per ora, ci troviamo all’ultimo posto al quale teniamo con un certo pudore. Ciò che invece si sviluppa in modo considerabile nella capitale è la mendicità. A tre mesi dall’atteso summit dell’Unione Africana à Niamey, non è considerato ammissibile esibire tale spettacolo agli illustri partecipanti dell’Assemblea. Il decoro della città, ormai arricchita da nuovi palazzi, ponti, alberghi di lusso e strade di eccellenza, nuocerebbe al prestigio dei dirigenti della settima Repubblica del Niger. In effetti, malgrado l’interdizione della mendicanza e le pene previste di detenzione da 3 a 12 mesi secondo le categorie, l’attività si sviluppa come non mai. Bambini, giovani, donne, uomini adulti, validi e invalidi, tutti hanno trovato il loro spazio anche grazie alla circolazione caotica che obbliga gli autisti a pazientare in lunghe code a semafori inesistenti. Per meglio assicurare i propri legittimi interessi i mendicanti hanno formato un’associazione che potrebbe, alla lunga, trasformarsi in ONG. Ciò non dovrebbe comunque far cambiare la classifica del Paese.

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