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teleborsa

Un colpo al cerchio e cento alla botte

di Guido Salerno Aletta

Da Bruxelles arrivano apprezzamenti superlativi per il PNRR ma mazzate da orbi su debito e squilibri

Non ci siamo mai fatti illusioni: dietro il buonismo cartonato del NGUE, la Unione Europea non molla di un millimetro nelle critiche all'Italia.

Ci sarebbe stato da commuoversi, da rabbrividire per l'emozione, di fronte ai complimenti espressi dal Documento di lavoro che ha accompagnato la proposta favorevole della Commissione europea sul PNRR presentato dall'Italia: la valutazione è stata eccezionalmente lusinghiera, visto che ci hanno attribuito la "A" in ben dieci degli undici criteri analitici di giudizio che sono previsti. Solo per la "Definizione dei costi" il voto è stato meritevole di una "B".

Hanno messo su un teatrino entusiasmante, da levarsi in piedi per una interminabile òla collettiva.

E' tutto un compiacimento:

- Con la sua attenzione alle riforme e agli investimenti che favoriscono la crescita, il piano è destinato a migliorare il potenziale di crescita, le condizioni del mercato del lavoro e la resilienza sociale dell'Italia.

- Si rispettano i criteri dettati: le misure incluse nel piano relative alla transizione verde costituiscono il 37,5 % della dotazione totale e quelle relative alla transizione verde costituiscono il 37,5 %.

- Il piano comprende inoltre una serie di riforme, in particolare destinate a migliorare l'efficacia della pubblica amministrazione e promuovere il contesto imprenditoriale.

- Il piano ha il potenziale di apportare cambiamenti strutturali e di avere di conseguenza un impatto duraturo sull'economia e sulla società italiane. A tal fine, sarà fondamentale un'attuazione efficace e rapida.

-La stima dei costi totali del piano è ragionevole, plausibile e in linea con il principio dell'efficienza in termini di costi, oltre ad essere commisurata all'impatto atteso a livello economico e sociale

- L'Italia ha creato un sistema di governance a più livelli per assicurare un'attuazione e un monitoraggio efficaci del piano e ha stabilito un solido sistema di controllo.

Il commento più velenoso, ma non inatteso, lo ha espresso Valdis Dombrovskis, Vicepresidente esecutivo per "Un'economia al servizio delle persone", che ha concluso la sua dichiarazione di vivo apprezzamento con queste parole: "Attendiamo con interesse di toccare con mano i cambiamenti concreti che il piano determinerà sul campo una volta attuato". Insomma, a fronte dei soldi della Unione europea vuole vedere il "cammello" italiano.

Le fanfare finiscono qui, perché il resto del documento riprende con la consueta meticolosità ma con inusitata durezza tutti i rilievi negativi che ci sono stati fatti nel corso degli anni.

Una volta che afferrano un osso, è finita.

Meglio riportarle esattamente come sono scritte, le affermazioni più preoccupate:

- Il miglioramento delle condizioni del mercato del lavoro si è interrotto bruscamente con l'insorgere della crisi COVID-19.

- Nel 2019 la povertà è diminuita ma è probabile che sia peggiorata nel 2020 in ragione della pandemia di COVID-19

- Le finanze pubbliche italiane sono state duramente colpite dalla crisi COVID-19.

- Si ritiene che l'Italia debba affrontare rischi elevati di sostenibilità di bilancio a breve e medio termine.

- L'Italia continua a sperimentare squilibri macroeconomici eccessivi, che non ci si attende miglioreranno a breve termine, mentre non è ancora possibile valutare il pieno impatto della crisi COVID-19. Le vulnerabilità sono connesse all'elevato debito pubblico e alla protratta debolezza della dinamica della produttività, che hanno rilevanza transfrontaliera in un contesto di fragilità del mercato del lavoro e del settore bancario.

- Il divario regionale si stava ampliando prima della crisi del COVID-19 e rischia di persistere nella fase di ripresa.

- L'Italia è entrata nella pandemia con vulnerabilità socio-economiche che potrebbero aggravarsi ulteriormente una volta che le misure di emergenza saranno gradualmente soppresse.

- Negli ultimi due decenni la crescita della produttività ha registrato una stagnazione, in particolare in ragione di un contributo negativo del settore dei servizi, delle piccole imprese e di alcune regioni del Sud.

- Le cause della debole crescita della produttività vanno ravvisate anche negli scarsi investimenti privati e pubblici.

- Il livello estremamente elevato del debito pubblico e la composizione della spesa pubblica hanno limitato gli investimenti pubblici e ostacolato la spesa a favore la crescita.

- Diversi ostacoli strutturali frenano gli investimenti e la crescita della produttività. Il contesto imprenditoriale deve diventare più favorevole alla crescita. La pubblica amministrazione italiana rimane soggetta a carenze strutturali in termini di efficienza ed efficacia. Le inefficienze del sistema giudiziario continuano a pesare sul contesto imprenditoriale. I bassi risultati scolastici, l'insufficiente acquisizione di competenze e il divario regionale che si registra in relazione al livello di conseguimento di istruzione rimangono un ostacolo notevole alla crescita. Il sistema fiscale italiano soffre in ragione di carenze di lunga data in termini di efficienza e facilità di crescita, ulteriormente esacerbate dall'evasione fiscale. Nel settore bancario persistono sacche di vulnerabilità, mentre l'accesso limitato delle imprese ai finanziamenti non bancari le rende vulnerabili agli shock del settore bancario. Il mercato del lavoro continua ad affrontare sfide strutturali che limitano il potenziale di crescita dell'economia italiana.

- La promozione della coesione sociale rimane una sfida che potrebbe incontrare difficoltà persino maggiori in ragione della pandemia.

- La pandemia ha sottoposto a notevole pressione il sistema sanitario e ha messo in luce la sua vulnerabilità agli shock.

Viene da chiedersi che senso abbia questo doppio registro usato da Bruxelles, che ad un bel buffetto sulla guancia destra fa seguire una serie pazzesca di schiaffoni su quella sinistra.

La ragione è chiara.

Ripetetela con me, orsù, per non sbagliare: "Le uniche cose buone e giuste, l'Italia le fa solo se segue alla lettera i criteri e le prescrizioni di Bruxelles. Per il resto è uno schifo".

Da Bruxelles, apprezzamenti superlativi per il PNRR e mazzate da orbi su debito e squilibri

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