Il "fascismo buono" degli antifascisti
di Luca Cimichella - L'Indispensabile
Una importante docente e intellettuale di Sinistra come Donatella Di Cesare ha scritto oggi su "La Stampa":
«La battaglia contro il Green Pass è una battaglia reazionaria, una battaglia di destra (se non di estrema destra). E lo è sotto un profilo filosofico, politico, etico. Non ha assolutamente nulla di emancipatorio - non è una lotta di liberazione. In tal senso spiace che voci filosofiche, un tempo punto di riferimento della sinistra critica, abbiano finito per dare la stura ai covidscettici e che storici come Alessandro Barbero abbiano firmato l'appello contro il Green Pass. (....) La battaglia contro il Green Pass nasce da un contesto di negazionismo complottistico e da un immaginario politico ultraliberista, antiegualitario e reazionario. Ha fra l'altro il demerito di averci distolto dagli obiettivi di una politica di sinistra: togliere i brevetti, dare il vaccino ai poveri, immunizzare il mondo. Questo infatti avremmo dovuto imparare dalla Resistenza: il mutualismo e la solidarietà».
Ora, a prescindere dalle posizioni politiche personali di ognuno, si sta obiettivamente palesando un paradosso: una grandissima fetta di quelli che si dicono da sempre antifascisti stanno oggi unanimemente (e spesso con totale tranquillità) dalla parte del potere costituito, sempre pronti in prima linea a sacrificare la libertà, la coscienza critica e direi il respiro del popolo in nome di qualche istanza intoccabile.
Spesso, anche laddove siano in buona fede, non sono mai davvero disposti a concedere uno spazio di libera discussione e confronto equanime. Pretendono di avere ragione, senza se e senza ma, magari dicendo una marea di menzogne.
Anche a prescindere da chi abbia ragione o torto, si percepisce ovunque ormai una rigidità crescente, un clima di intimidazione, di colpevolizzazione e demonizzazione sistematica di qualsiasi forma di dubbio o pensiero alternativo: un fenomeno che veramente ricorda da vicino la dinamica di certi vecchi regimi.
Io personalmente, da cittadino adulto laureato, non mi sento affatto tranquillo a esprimere le mie perplessità e posizioni personali. Mi trovo realmente ad avere paura delle reazioni di chi mi sta vicino, anche tra i familiari.
Stanno veramente riuscendo a metterci uno contro l'altro, ci rendiamo conto almeno di questo?
Se andiamo infatti a leggere il tanto pericoloso Manifesto dei 300 professori contrari al Green pass, troviamo in conclusione una sola e semplice richiesta molto basilare: «Auspichiamo che si avvii un serio dibattito politico, nella società e nel mondo accademico tutto (incluse le sue fondamentali componenti amministrativa e studentesca), per evitare ogni penalizzazione di specifiche categorie di persone in base alle loro scelte personali e ai loro convincimenti, per garantire il diritto allo studio e alla ricerca e l'accesso universale, non discriminatorio e privo di oneri aggiuntivi (che sono, di fatto, discriminatori) a servizi universitari. Chiediamo pertanto che venga abolita e rifiutata ogni forma di discriminazione» (https://nogreenpassdocenti.wordpress.com/ )
Con tutta onestà, voi qui ci leggete seriamente una minaccia fascista o ultraliberista-reazionaria contro i principi fondamentali della nostra democrazia? Sarà invece il contrario? Mi sembra che chi fa un discorso simile voglia mantenere una lucidità e uno spirito autenticamente moderati, contro gli obblighi indiscriminati, in favore di un ragionamento pubblico e pacifico su temi estremamente delicati quali i vaccini, la salute pubblica e lo stato di emergenza, all'ordine del giorno ormai da mesi. E' davvero da estrema destra pretendere qualcosa di simile nella circostanza non proprio normale in cui versiamo? O forse si tratta del minimo, ma proprio il minimo di ragionevolezza possibile e auspicabile?
Viceversa, molto più inquietante mi risuona il commento di Gian Carlo Avanzi - rettore dell'Università del Piemonte Orientale - intervistato in merito all'adesione di Alessandro Barbero al manifesto contro il pass: «Mi auguro sia solo una dichiarazione di principio e il comportamento rispetti la legge adeguandosi alla presentazione del Green Pass per entrare in università (...). Diversamente applicherò le sanzioni previste fino alla sospensione senza stipendio».
Lo sentite il tono di esplicita minaccia? Solo a me pare che la violenza non venga soltanto dalle piazze, come ci dicono tutti tutto il tempo, ma anche e soprattutto dai mezzi di informazione, dalle istituzioni o dagli intellettuali che - con lo scudo imperforabile e inattaccabile dell'antifascismo - si sentono liberi di umiliare, ridicolizzare, dichiarare illegittima o peggio pericolosa e criminale la posizione altrui, condivisa per altro da una larga fetta di popolo?
E' normale che i sedicenti antifascisti stiano quasi tutti oggi dalla parte dei potenti CONTRO il popolo stesso, misconosciuto nel suo disagio e nella sua legittima rabbia, continuamente accusato di populismo e violenza da coloro la cui missione di vita sembra ormai quella di suscitare tale violenza, foss'anche solo con un'ipocrisia senza pari?
Tanto per la cronaca, alla lettura - quella sì veramente estremista - della Di Cesare vorrei affiancare quella di un altro insospettabile intellettuale di Sinistra, Tomaso Montanari, il quale in un'intervista a Fanpage - pur dichiarando di non condividere i contenuti del Manifesto - mantiene sempre una linea assolutamente equilibrata, mostrando inoltre un chiaro rispetto verso coloro che invece hanno deciso di firmare:
«Capisco la critica al Green Pass, soprattutto sul piano delle discriminazioni e delle disparità di trattamento. Credo ci sia un clima troppo pesante verso chi avanza dubbi, mentre le critiche argomentate sono molto utili, specialmente in situazioni come questa, che presentano larghe aree di contraddizioni». (https://www.fanpage.it/.../montanari-non-condivido.../)
In sintesi, il problema mi pare essere ancora una volta squisitamente antropologico e filosofico. Lo stato eccezionale di questi due anni ci sta mettendo di fronte ad una domanda di primaria importanza: come può reggere un concetto di bene e sicurezza collettiva che pretenda di conseguirsi rinunciando alla coscienza libera e al rispetto del singolo? Non è questa un'idea tipicamente fascista e - aggiungerei - perfettamente propria anche dei regimi socialisti-collettivisti, dei quali oggi vediamo ancora un notevole esempio in Cina? Rivendicare l'indipendenza di idee e di pensiero critico equivale - secondo costoro - ad essere degli individualisti irresponsabili. Ma che succede se questa è una pura e semplice menzogna? Ci è ancora lecito dissentire da questa narrazione profondamente unilaterale, oppure vogliamo aspettare direttamente che proclamino una nuova censura sulla libertà di pensiero e di espressione, col solito vecchissimo pretesto di farlo per "il nostro bene"?
Credo che in una fase oscura e difficile come questa la riscoperta di un coraggio, di una vitalità, di una ostinazione serena e creativa possa radicarsi solamente sul terreno di una libertà molto più originaria, quella dello spirito.
La libertà della nostra mente, del nostro cuore e del nostro gusto per la verità è quanto di più prezioso ci sia dato in assoluto, proprio perché è garanzia di una vera sovranità e autorità, che nessun potere visibile o invisibile potrà mai toglierci.
-si può limitare la libertà (presupposto ovvio, usato in modo strumentale per estenderne la portata, il punto da discutere è quale sia il limite, quali siano gli interessi sacrificati etc)
-la decisione non è maggioritaria (rifiuto del principio democratico)
-la scienza non è democratica (rifiuto della politica e della democrazia come mezzi di decisione, con l'errata convinzione che siano le evidenze, scientifiche oggi, religiose o ideologiche ieri, che impongano le decisioni).
Contrariamente a quanto erroneamente si ritiene. Ma da dove viene fuori che la scienza non è democratica?