Print
Hits: 901
Print Friendly, PDF & Email

piovonorane

Non è una spilla, non è un vestito

di Alessandro Gilioli

Avvicinandosi le elezioni - e forse ormai consapevoli dei danni fatti in tutti questi anni - centrosinistra e centrodestra hanno scoperto che esiste in Italia una questione sociale (ohibò) e che è questa (doppio ohibò) il primo booster di ogni "sentimento antisistema", di ogni espressione di rabbia nelle urne.

Di qui una corsa a inventarsi misure d'emergenza, più o meno decenti ma che per ora somigliano molto alla "social card" di berlusconiana memoria. E si affastellano comunque una sopra l'altra, perché ognuna è un annuncio, un titolo di giornale, insomma potenziale consenso.

Di misure sociali si parlerà pure al Lingotto, pare, perché c'è in ballo la proposta di "lavoro di cittadinanza" che Renzi ha deciso di contrapporre alle proposte di reddito minimo e/o universale verso cui ha mostrato sempre avversione. E a leggere il Giornale, perfino Berlusconi sta studiando una serie di misure sociali che dovrebbero costituire l'ossatura programmatica del pistone di destra, quello che dovrebbe riportare a casa anche Salvini e Meloni.

Benissimo, naturalmente. In termini di dibattito e di egemonia culturale, negli ultimi trent'anni il sociale era scomparso. Anzi, sembrava quasi una bestemmia, una roba da nostalgici del muro di Berlino, di Castro e Pol Pot.

Puttanate, naturalmente, ma così è stato per tre decenni.

Nei quali le issue politiche principali erano state solo due: "taglio delle tasse e libertà d'impresa", nella narrazione di Berlusconi; "competizione, meritocrazia e liberazione dei talenti" in quella renziana. E la redistribuzione si era limitata nel primo caso alla pura charity (ma intanto venivano tagliate le imposte di successione per i milionari) e nel secondo agli 80 euro (ma intanto venivano devastati i diritti dei lavoratori e si diffondeva all'infinito il precariato fatto di voucher e gig economy).

Adesso si corre ai ripari, sembra. O almeno si fa credere di farlo.

Benissimo, ripeto. Ma la questione sociale non è un vestito, che ci si mette o si toglie a seconda della bisogna. Non è un adesivo o una spilletta da appuntarsi sulla giacca.

La questione sociale è strutturale e immanente. E la questione sociale è conflitto.

Conflitto tra interessi diversi, tra ceti e classi diverse.

Ed è la linea che attraversa questo conflitto a definire sinistra e destra, molto oltre le etichette che si danno i partiti. È il punto in cui si fissa l'asticella, in cui si decide l'equilibrio tra interessi, ceti, classi. Oggi sbilanciato tutto da una parte, quello dei few rich.

Benissimo dunque, che finalmente si interessino del sociale dopo essersi interessati così a lungo di tutt'altro. Ma che stiano molto attenti, perché se poi si scopre che è un altro bluff, non basteranno gli appelli alla ragione per ricondurre al confronto civile la democrazia a cui tutti teniamo.

Web Analytics