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ribalta

Il lavoro nell’era del non lavoro

Cioè lo sfruttamento

di Alessia Fiorillo

Sempre più le persone sono costrette a «formarsi da sé» per accrescere il proprio «capitale umano», e sempre più sono costrette a lavorare a intermittenza, non riuscendo a conseguire quella cittadinanza basata proprio sul lavoro che non c'è più

André Gorz, filosofo e autodidatta di origine austriaca, si forma nel confronto con Sartre e, grazie alla sua analisi del lavoro, diventa un riferimento teorico per il sindacato francese. La sua critica serrata al capitalismo contemporaneo nasce dall’analisi dei cambiamenti del sistema di produzione e consumo. Gorz nel saggio Metamorfosi del lavoro, ci ricorda che il lavoro salariato è un’invenzione moderna: «La caratteristica essenziale del lavoro – quello che noi “abbiamo, “cerchiamo”, “offriamo” – è di essere un’attività che si svolge nella sfera pubblica, è un’attività richiesta, definita e riconosciuta utile da altri che, per questo, la retribuiscono. È attraverso il lavoro remunerato (e in particolare il lavoro salariato) che noi apparteniamo alla sfera pubblica, acquisiamo un’esistenza e un’identità sociale (vale a dire “professione”), siamo inseriti in una rete di scambi in cui ci misuriamo con gli altri e ci vediamo conferiti diritti su di loro in cambio di doveri verso di loro. Proprio perché il lavoro socialmente remunerato e determinato è il fattore di socializzazione di gran lunga più importante – anche per coloro che lo cercano, vi si preparano o ne sono privi – la società industriale si considera come una “società di lavoratori” e, in quanto tale, si distingue da tutte quelle che l’hanno preceduta».

 

Il lavoro immateriale nel capitalismo cognitivo

Nel capitalismo cognitivo, il lavoro diventa prevalentemente immateriale, è un lavoro basato su saperi, conoscenze, competenze e qualità. È un lavoro che esiste come prodotto dell’azione umana e produce prestazioni o merci uniche, variabili e per lo più irriproducibili in serie. Il lavoro immateriale non produce merci materiali accumulabili, ma servizi o merci immateriali. Tra gli esempi di merci immateriali possiamo pensare agli itinerari turistici, agli spettacoli di musica e teatro, alle degustazioni guidate, ma anche ai progetti, alle campagne pubblicitarie, ai servizi alla persona. Tutte queste merci immateriali esistono come prodotto delle capacità intellettuali, performative e relazionali del lavoratore e, pertanto, non possono essere standardizzate.

Gli strumenti del lavoro immateriale sono l’intelligenza, il sapere, l’immaginazione, l’empatia e la relazione affettiva. Sono tutti elementi ontologicamente connessi alla persona e proprio per questo costituiscono il capitale umano. Nel capitalismo cognitivo il capitale fisso risiede nell’individualità stessa del lavoratore, nella sua unità (e unicità) di corpo-mente. Il lavoratore, solo e unico detentore e utente del proprio capitale umano, può aumentarlo attraverso l’accumulazione di competenze e saperi che derivano da esperienze e interessi personali, nonché dalla rete di conoscenze e relazioni che costituiscono la sua vita sociale. Il capitale umano risulta quindi dall’insieme del capitale sociale e culturale accumulati, secondo l’analisi di Pierre Bourdieu, nella propria traiettoria di vita.

 

Il lavoro come pieno sviluppo delle potenzialità dell’individuo

Ne L’immateriale, Gorz afferma che il lavoro coincide con la continua produzione del sé nel qui e nell’ora, in quanto produzione del sé offre all’individuo la possibilità di dispiegare tutte le sue potenzialità. Gli strumenti del lavoro immateriale, sono le competenze cognitive, le competenze immaginative e le competenze relazionali. Tali competenze, che sono trasversali e si sviluppano nella vita quotidiana, corrispondono agli ambiti di sviluppo della persona umana, il lavoro pertanto deriva dalla mobilitazione totale dell’individuo.

Nel lavoro intellettuale (istruzione, formazione, ricerca, giornalismo, etc.) l’accumulazione di saperi, informazioni, titoli istituzionalmente riconosciuti e nozioni specialistiche sono competenze cognitive che aumentano il valore del capitale umano fisso costituito dall’individuo stesso. Nei lavori dello spettacolo (musica e teatro) sono fondamentali le competenze immaginative e performative che costituiscono la qualità immateriale, intangibile ed effimera del prodotto finale. Un concerto o una pièce teatrale, venduti allo spettatore come merce, esistono solo nel momento dell’esecuzione, non sono riproducibili nel senso fordista del termine e non esiste se non come azione del lavoratore.

Musica, spettacolo e arte hanno un ruolo sempre più importante nella pubblicità e nel marketing, ovvero in lavori che si fondano sulle conoscenze del lavoratore ma anche sulle sue capacità creative e d’immaginazione. Se pensiamo al marketing territoriale e agli itinerari turistici possiamo comprendere il processo di costruzione delle merci immateriali, possiamo addirittura arrivare a quantificare una parte del lavoro prodotto dal lavoratore e tradotto in merce semi-standardizzabile. Possiamo anche comprendere come il patrimonio inalienabile possa produrre circolazione di denaro, ma non arriviamo ancora a strutturare un sistema standardizzabile di misurazione del tempo-lavoro. Com’è possibile, si domanda André Gorz, quantificare il tempo-lavoro impiegato da un pubblicitario per ideare un logo e un intera campagna pubblicitaria?

 

La formazione permanente…

L’opera di Luciano Gallino ha dimostrato che le tipologie di lavoro a cui abbiamo fatto riferimento sono attualmente caratterizzate da un’altissima flessibilità, una remunerazione spesso molto bassa, un’oscillazione fortissima tra tempi di lavoro e tempi di attesa del lavoro successivo. Sono lavori caratterizzati dall’oscillazione tra periodi in cui la produttività è altissima e i tempi di lavoro molto serrati e altri periodi caratterizzati da disoccupazione e improduttività. Nel sistema di diritti conquistato con le lotte operaie questo sistema sarebbe classificato come sfruttamento, ma nella metamorfosi del lavoro il cambiamento culturale ha portato a classificare questa tipologia di tempo-lavoro come necessaria e auspicabile proprio in quanto possibilità di pieno dispiegamento delle potenzialità individuali.

Il ribaltamento tra sfruttamento e realizzazione di sé è sottile e tutto interiore, si fonda sull’etica individuale del lavoro e su una visione utopistica della partecipazione sociale. Oggi viene veicolato dall’obbligo al Servizio civile e viene promosso attraverso i concetti di cittadinanza attiva e bene comune. La responsabilità rispetto alla capacità di sviluppare pienamente il proprio potenziale lavorativo è stata totalmente spostata sull’individuo e la società, che determina la forma del sistema di produzione e del mercato del lavoro, ne risulta totalmente deresponsabilizzata.

In questo sistema, i tempi di non-lavoro e di disoccupazione appaiono funzionali al processo di erosione dei diritti del lavoratore che viene progressivamente imbrigliato in una formazione permanente in cui il rito di passaggio al lavoro non è mai compiuto veramente. In alcuni casi la disoccupazione è addirittura richiesta al fine di accedere ad alcune opportunità che sono a tutti gli effetti lavorative ma che non garantiscono nessuna possibilità di stabilizzazione. Un’analisi approfondita dei tempi di non lavoro, inoltre, rivela che per un lavoratore dell’immateriale quei tempi sospesi tra un lavoro e un altro non sono affatto improduttivi: è proprio in quei tempi vuoti che il lavoratore immateriale progetta il lavoro futuro e acquisisce ulteriori competenze attingendo alle proprie risorse private.

 

…un rito incompiuto

Nell’economia dell’immateriale, ampiamente analizzata in www.effimera.org, il lavoratore a intermittenza lavora costantemente per consolidare la rete di relazione aspirando ad un lavoro futuro e spesso prosegue nella propria attività come volontario al fine di non perdere il posto o per costruire il progetto di un lavoro remunerabile. Nella migliore delle ipotesi, il progetto viene sostenuto e il lavoro futuro sarà remunerato; non saranno remunerati né il progetto in sé né il lavoro di relazione che egli compie quotidianamente né tanto meno i percorsi formativi che aumentano le competenze. In molti casi, soprattutto nel lavoro sociale e sanitario, il lavoratore continua a fornire prestazioni volontarie motivato dalla una spinta etica, valoriale e affettiva che è alla base della scelta di contribuire con tutte le proprie forze ad un progetto collettivo. Un progetto collettivo che (forse!?!) porterà in un futuro ad lavoro retribuito per il quale l’accumulazione di saperi, competenze ed esperienze non è mai definitiva.

Il rito incompiuto appare evidente: il lavoratore dell’immateriale è un lavoratore in potenza sempre più specializzato ma senza l’occasione di essere un lavoratore in atto come dispiegamento certo della sua vita quotidiana. In questa condizione a volte viene meno non solo la possibilità di sopravvivenza in base ad un lavoro remunerato, ma anche la possibilità di acquisire valore e identità sociale in base al percorso di vita scelto. Il lavoro perde la sua capacità di conferire identità sociale all’individuo e il sistema di garanzia dei diritti appare definitivamente cancellato.

In Miserie del presente, ricchezza del possibile, edito in Italia nel 1998, Gorz afferma che «non bisogna attendersi nulla dai trattamenti sintomatici della “crisi”, perché non vi è più crisi: si è installato un nuovo sistema che abolisce massicciamente il “lavoro”. Un sistema che restaura le peggiori forme di dominio, di asservimento, di sfruttamento, costringendo tutti a combattere contro tutti per ottenere quel “lavoro” che tale sistema stesso abolisce. Non questa abolizione bisogna rimproverargli: però la pretesa di perpetuare come obbligo, come norma, come fondamento insostituibile dei diritti e della dignità di tutti, quello stesso “lavoro” di cui tale sistema abolisce le norme, la dignità, l’accessibilità ». Il capitalismo cognitivo si configura dunque come essenza della crisi del capitalismo, una crisi da cui si può uscire attraverso due vie: «una barbara e l’altra umana». È una questione di scelta.


Bibliografia minima
André Gorz, Miserie del presente ricchezza del possibile, Manifestolibri, 1998 (Misères du présent, richesse du possible, Editions Galilée, 1997)
André Gorz, L’immateriale, Bollati Boringhieri, 2003 (L’immatériel. Connessaince, valeur et capital, Editions Galilée, 2003)
Christophe Fourel, André Gorz, un penseur pour le XXI siecle, La Découverte, 2009
Pierre Bourdieu, La distinzione. Critica sociale del gusto, il Mulino, 1983 

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