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Assad, Trump e gli applausi corali

di Mauro Poggi

È desolante il plauso corale che si è levato dall’Europa a sostegno dell’azione punitiva scatenata contro una nazione sovrana, la Siria, da parte di un’altra nazione, gli USA.

Sono ormai trent’anni che il vezzo americano dell’essere portatori di un “destino manifesto” giustifica politiche che di fatto hanno pregiudicato il ruolo delle Organizzazioni internazionali e precluso la fruibilità del Diritto internazionale.

La discutibile base etica su cui sembra fondarsi l’appoggio occidentale all’ultima iniziativa USA sta nel ragionamento per cui se lo hanno fatto, vorrà dire che hanno le prove che a commettere i crimine è stato l’odiato Assad. Come se in passato non avessimo già avuto ampia esperienza di prove farlocche, non frutto di errore nella ricerca della verità ma conseguenza della volontà di prevaricazione.

E comunque, anche ammettendone l’attendibilità, la vera domanda rimane: stabilire le responsabilità e quali e quante sanzioni comminare non dovrebbe spettare a un consesso internazionale (che so io, l’ONU?) piuttosto che alla superpotenza americana?

In Italia il governo, nelle parole del Primo ministro, con supremo sprezzo del ridicolo prima ancora che del diritto, trasforma l’aggressione a uno stato sovrano in un atto di giustizia: “L’azione ordinata dal Presidente Trump questa notte è una risposta motivata da un crimine di guerra.

Crimine di guerra di cui è responsabile Bashr al Assad. Lo scialbo Gentiloni si adegua alla narrazione americana trascurando un particolare non insignificante: l’ondivago Potus non ha fornito uno straccio di prova a suffragio delle accuse. Gentiloni certifica così – ce ne fosse stato ancora bisogno – il livello di qualità di un esecutivo che in altri tempi avremmo definito a vocazione balneare.

Un’occhiata ai fatti consiglierebbe maggiore cautela. Ma in epoca di post-verità (che poi altro non è che la manipolazione cognitiva per la costruzione del consenso pubblico necessario all’esecuzione dei lavori sporchi della politica) ciò che prevale non sono i fatti ma i fattoidi.

I fatti, come qualcuno ha già osservato, possiedono una loro arcigna durezza; i fattoidi invece godono di proprietà più evasive, e in quanto tali sfuggono alla persistenza della memoria, che già di per sé è altamente selettiva.

La manipolazione cognitiva induce a indignazioni programmate: 100 vittime civili a Idlib, modalità Indignazione-On; 200 vittime civili a Mosul, modalità Indignazione-Off. Migliaia di bambini uccisi dai bombardamenti o a seguito dell’embargo, in Yemen: nessuna modalità in quanto non pervenuto.

Così oggi – come nel 2003 – l’adesione unanime alle pretese buone ragioni umanitarie, sostenute da fantomatiche prove inconfutabili, è un meccanismo acquisito, un riflesso pavloviano che cinque lustri di guerre in Medio Oriente, con milioni di morti e milioni di sfollati, non sono serviti a superare.

Ascoltavo stamattina un’intervista su RaiNews24 al generale Leonardo Tricarico, che faceva notare con una certa amarezza come – nonostante l’Italia schieri in quella regione significativi contingenti militari a fianco degli alleati americani – nessuno abbia ritenuto opportuno avvisarci di quanto stava per accadere.
Anche questo dà la misura dell’insignificanza a cui ci costringe l’appiattimento sistematico della nostra politica estera ai canoni e alle esigenze altrui.

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