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sinistra

Il Rapporto di lunga durata tra la classe operaia e gli intellettuali della cultura di sinistra è finito

Bo Rothstein

Vi propongo una traduzione veloce dell'articolo di Bo Rothstein, nella speranza che possa provocare qualche reazione interessante [Antonio Pagliarone]

A volte gli amori finiscono. La fiamma scompare, la coppia si “allontana” o soffre di quelle che vengono chiamate "differenze inconciliabili". Ciò si verifica non solo tra individui ma anche in politica. Il referendum della Brexit nel Regno Unito, la vittoria elettorale di Donald Trump negli Stati Uniti e il successo di tutti i vari partiti populisti-nazionalisti in molti paesi europei (tra cui in Svezia) dimostrano chiaramente che uno dei matrimoni politici più lunghi deve ormai essere considerato dissolto.

L'alleanza, che dura da più di 150 anni, tra la classe operaia industriale e quella che si potrebbe definire la sinistra intellettuale-culturale è finita. I recenti risultati delle elezioni suggeriscono che questi due soggetti attualmente hanno delle opinioni quasi totalmente diverse su questioni sociali e politiche chiave. In generale, la classe operaia tradizionale è favorevole al protezionismo, al ripristino di un tipo di lavoro che lo sviluppo della tecnologia ha inesorabilmente reso obsoleto e alla produzione rispetto alle questioni ambientali; essa costituisce anche una parte significativa della base che ha determinato il recente aumento delle opinioni contro gli immigranti e della xenofobia. E’ anche piuttosto basso il sostegno della classe operaia tradizionale perché vengano rafforzati i diritti delle minoranze etniche o sessuali. La sinistra intellettual-culturale è l'esatto contrario: coloro che la compongono sono internazionalisti, a favore del libero commercio, ambientalisti e fortemente impegnati a sostenere i diritti dei vari gruppi minoritari attraverso le politiche identitarie, sono inoltre positivamente bendisposti nei confronti dell’immigrazione e del multiculturalismo. Oggi è difficile immaginare un intellettuale di sinistra come Olof Palme che possa ispirare le masse degli operai industriali. Invece, stanno prendendo piede i messaggi nazionalisti e xenofobici di Trump, Marine Le Pen e Nigel Farage. Nel dicembre del 2015, un sondaggio fatto in Svezia ha mostrato che il partito nazionalista e xenofobo dei Democratici Svedesi è stato quello che ha sostenuto maggiormente i membri del sindacato rispetto a tutti gli altri partiti, tra i quali i socialdemocratici.

Ciò significa che deve essere anche abbandonata una delle teorie dominanti che pone la questione di quale sarebbe la forza trainante all'origine di un nuovo sistema socioeconomico. La classica idea marxista secondo cui il motore storico fondamentale di una nuova forma socioeconomica di produzione sarebbe la classe operaia, semplicemente non è approdata a niente. Nessuno dei sindacati tradizionali dei lavoratori industriali o di uno dei partiti socialdemocratici in Europa ha prodotto una visione che possa assomigliare a questo nuovo modello. In Svezia, dopo la sconfitta della politica dei fondi ai salariati1 nei primi anni '90, il movimento dei lavoratori ha messo in discussione anche queste cose. La legge piuttosto inefficace sulla co-determinazione è diventata l’obiettivo primario per il movimento sindacale svedese. Se oggi esiste una volontà politica della classe operaia, la maggior parte di essa vuole tornare al passato.

Beh, non dovremmo sorprenderci. Quando nel 1864 a Londra un gruppo di leader sindacali sollecitò Karl Marx ad aiutarli a formare la Prima Internazionale dei Lavoratori, non immaginavano alcun futuro socialista particolarmente radicale. Una delle loro principali richieste era quella di fermare l'importazione dei datori di lavoro britannici di lavoratori francesi a basso costo che venivano utilizzati per ridurre i salari. Con la Brexit, e non ultima la sorprendente inversione di marcia del partito laburista britannico nella decisione di non richiedere più l’accesso al mercato unico e alla sua idea di base di libera circolazione del lavoro, il cerchio si è chiuso.

Come è stato possibile un errore così madornale - designare la classe operaia industriale come motore del cambiamento storico? Da una prospettiva marxista, è facile da vedere. Durante l'era della schiavitù, gli schiavi talvolta riuscirono ad organizzare delle rivolte contro i padroni. Ma gli schiavi non erano la classe sociale che ha creato la nuova società feudale. Allo stesso modo, durante il feudalesimo, i contadini talvolta riuscivano a negoziare forti richieste contro l'aristocrazia e anche organizzare delle rivolte ed alcune su larga scala. Ma non furono i contadini come classe sociale a creare il nuovo ordine sociale che conosciamo come capitalismo di mercato. Questo, di nuovo, richiedeva una nuova classe sociale che era al di fuori delle maggiori contraddizioni della società in quel momento, vale a dire la borghesia. Da questo dobbiamo imparare che in ogni sistema di produzione, la classe sociale subordinata può certamente organizzare, fare richieste e combattere per i suoi diritti, ma la storia mostra anche che la classe subordinata può negoziare solo le sue condizioni all'interno del sistema di produzione esistente, non spingere verso qualcosa di fondamentalmente nuovo. In altre parole, la classe subordinata può lottare su come dividere la torta esistente, ma non può cuocere un nuovo tipo di torta. Nelle nostre società vi sono ancora dei contadini, ma attualmente rappresentano circa lo 0,5 per cento della popolazione attiva. Nelle economie capitalistiche più avanzate, la classe operaia industriale, una volta numerosa, è attualmente al di sotto del dieci per cento della forza lavoro.

La sinistra intellettual-culturale riuscirà a trovare un nuovo partner più legato alle sue visioni politiche? La questione sembra semplice - quando cerchiamo un nuovo modo di organizzazione della società, dobbiamo dare un'occhiata a quello che accade nel settore più tecnico e organizzativo dell’economia. Cosa troviamo allora? Un indizio può essere trovato in un editoriale in svedese: “Di cosa hanno bisogno le nuove imprese", in cui sei giovani imprenditori di grande successo hanno presentato delle richieste per nuove politiche (Dagens Nyheter 2013). La prima cosa che hanno sottolineato era, sorprendentemente, che volevano maggiori opportunità di condividere la proprietà con i propri dipendenti. Gli autori hanno sottolineato che nel paese che una volta ha lanciato i wage-earner funds, era in pratica quasi impossibile trasformare in partner i propri dipendenti partner. La loro logica è che il tipo di attività che praticano dipende così tanto dalla fiducia, dalle capacità e dalla creatività dei propri dipendenti che non possono essere applicati i tradizionali sistemi gerarchici e spesso oppressivi per il controllo di gestione. Rendere i dipendenti co-proprietari risolve abbondantemente questo problema. Molte analisi su come operano le aziende avanzate high-tech e IT danno supporto a questo punto di vista (vedi The Citizen's Share Reducing Inequality in the 21st Century di Joseph R. Blasi, Richard B. Freeman, and Douglas L. Kruse e Beyond the Corporation Humanity Working di David Erdal) .

Questa forma di democrazia economica, che risulta funzionare sorprendentemente bene, può essere applicata a qualcosa di più di una impresa ad alta tecnologia. La sinistra svedese e specialmente il movimento sindacale hanno completamente perso l'opportunità, ad esempio, di trasformare gli asili pubblici, le scuole, i centri sanitari e le case per gli anziani in cooperative di lavoratori quando si è presentata l'opportunità di privatizzare tali attività pubbliche. Fissarsi ciecamente sulla ideologia delle "forme di lotta" basate sulla classe operaia tradizionale sembra aver escluso qualsiasi ripensamento radicale su come organizzare i servizi pubblici in modo nuovo e più democratico. Tuttavia, questa opportunità può ancora ripresentarsi. Un'alleanza politica tra gli intellettuali di sinistra e la nuova economia imprenditoriale potrebbe essere una tale opportunità: nei settori avanzati dell'economia, il capitale oggi dipendente sempre più dalla conoscenza che da altre cose. I proprietari di capitali dovrebbero anche sapere come organizzare la produzione ed avere le competenze e le conoscenze tecniche specialistiche. Questo per la maggior parte di essi non è più il caso. La maggior parte di coloro che possiedono il capitale in una impresa non sono a conoscenza di queste cose, sono invece i dipendenti ad avere la padronanza di quasi tutte le conoscenze e le competenze fondamentali.


Note
1 I “wage-earner funds" sono fondi collettivi che detengono azioni che vengono finanziati da imposte specifiche sui profitti e sui salari. Tali fondi promuovono la "solidarietà salariale" (determinazione dei salari basata sul lavoro svolto piuttosto che sulla profittabilità dell'impresa o dell'industria) e danno ai lavoratori una notevole influenza sulle decisioni aziendali. (NdT)

Comments

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Mario Galati
Sunday, 11 June 2017 17:46
Sono d'accordo con Bernardeschi. Aggiungo che l'analisi dell'autore mi sembra completamente interna alla cultura "socialdemocratica" che sembra voler criticare (la soluzione cooperativa, i dipendenti-soci, ecc. La questione dello stato e dell'organizzazione socialista è elusa, anzi, lo stato borghese e capitalistico non è messo in discussione). La visione è totalmente eurocentrica e ignora la rivoluzione sovietica, lo stato sovietico e i processi storici aperti (decolonizzazione, ecc.). E qui mi pare necessario cogliere le vittorie e i meriti storici, invece di riproporre la solita solfa antistalinista.
Sul distacco tra intellettuali e classe operaia mi sembrano più acute e interessanti le considerazioni di Costanzo Preve: la sinistra, intesa come alleanza tra intellettuali borghesi che criticano l'ipocrisia borghese e classe operaia con le sue rivendicazioni economiche è finita. Gli intellettuali sono ritornati all'ovile, come diceva Gramsci, annusando i nuovi rapporti di forza e contribuendo fortemente a ridisegnarli.
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Ascanio Bernardeschi
Sunday, 11 June 2017 16:21
Sulla scomparsa della classe operaia, Bo Rothstein ripete la solita solfa. Intanto i lavoratori subordinati aumentano di numero in tutto il mondo e non è vero che il settore industriale non è più quello trainante. Non è vero perfino nei paesi più avanzati, in cui molto lavoro classificato come "terziario" è di supporto all'industria e una volta, prima delle esternalizzazioni, faceva parte del comparto industriale ed era classificato "Secondario - Industria". Uno studio interessante dell'attuale composizione delle classi lavoratrici lo troviamo in una pubblicazione dei Clash City Workers, "Dove sono i nostri?". Qui invece potete trovare una sintesi di quel lavoro https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/chi-sono-i-nostri.html
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Claudio
Friday, 09 June 2017 20:19
Correggo, l'analisi non è di Paglierone, bensì di Bo Rothsein. Mi scuso.
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Claudio
Friday, 09 June 2017 20:09
Scusa, ho sbagliato articolo!
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Claudio
Friday, 09 June 2017 20:07
All’inizio, l’analisi di Paglierine è condivisibile, cita di fatto dati reali sull’attuale comportamento opportunistico e a tratti reazionario della classe operaia dei paesi avanzati, di cui le cronache sono zeppe ogni giorno. Ma non si chiede quali sono state le cause politiche e storiche profonde che hanno diviso classe operaia e mondo proletario, non si chiede quali sono stati i comportamenti di quelle frange politiche e partitiche che pretendevano di rappresentarli. Costoro hanno forse fatto qualcosa di veramente tangibile che rinsaldasse l’internazionalismo proletario, lacerato dallo stalinismo e dalla sua concezione borghese della costruzione del socialismo in un paese solo? Queste forze hanno fatto tutto ciò che si poteva fare per creare il partito internazionale della rivoluzione? No! Dopo Lenin, tutti i leader internazionalisti hanno fatto soltanto chiacchiere, atte soprattutto a mettere in luce la propria personalità politica, il proprio carisma, mentre a livello organizzativo hanno attuato separazioni su separazioni, sia a livello interno che internazionale. Ma anche a livello d’analisi materialistica dell’evoluzione del sistema capitalistico di produzione, avvenuto soprattutto nell’ultimo mezzo secolo, le debolezze politiche internazionaliste sono state quasi completamente assenti, ed hanno anche rifiutato di fare tesoro dei rari contributi d’analisi che provenivano da alcuni intellettuali isolati, in quanto non emanavano dal cosiddetto partito. Per non parlare di quelli che lui, probabilmente per autoassolversi, definisce intellettuali internazionalisti in generale, cioè quei benpensanti senz’arte ne parte che di tanto in tanto si mettono in cattedra. Mi sembra , infatti, un po’ troppo facile fare i solidali a parole, nei confronti degli immigrati, dal momento che per ora l’immigrazione non mette a rischiano i loro posti di lavoro altamente qualificati e ben pagati al servizio dell’attuale sistema, cosa che invece i padroni attuano ormai da vari decenni nei confronti dei lavori manuali, attraverso le delocalizzazioni, staccando intere filiere produttive dall’industria madre e dandole in appalto alle cooperative esterne, che praticano ogni forma di supersfruttamento, di falcidia delle retribuzioni e quant’altro. E’ anche facile essere ambientalisti, quando c’è la pancia piena e il proprio domani, o quello dei propri figli, non pare a rischio. Ma essendo stati lasciati soli, gli operai, alla mercé dei capitalisti, e questi li pongono di fronte all’accettare ogni forma d’inquinamento, condizioni di lavoro pericolose e fisicamente dannose, e tanto altro, o de-localizzare la fabbrica, e quindi perdere lavoro e soprattutto il salario, le cose cambiano. Insomma, la classe operaie è andata politicamente indietro, a causa, in gran parte, del comportamento degli intellettuali, che invece di cercare d’organizzarli e di svilupparli politicamente, hanno preferito vendersi al sistema per il classico piatto di lenticchie, e non hanno fatto nulla per ri-creare organizzazioni internazionaliste di lotta politica proletaria, con un programma tendente al superamento dell’attuale sistema.
Iniziavo il commento prendendo atto che l’iniziale analisi dell’articolo è condivisibile,ma tutto il resto proprio no! Il seguito, purtroppo, è una caterva di idiozie, che è difficile immaginare come abbia fatto a metterne tante insieme.
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