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Una crisi da paura

Andrea Fumagalli

I mercati finanziari sono per loro natura instabili. L'Europa dovrebbe dunque avviare politiche economiche e monetarie per regolamentarli. Gli interventi in soccorso della Grecia dimostrano però che a Bruxelles è prevalsa l'ortodossia che vede nel libero mercato finanziario la soluzione della crisi

      Nelle scorse settimane, le borse hanno avuto un andamento molto altalenante, al punto che molti hanno parlato di mercati «folli»: definizione che non troverebbe d'accordo André Orlean. André Orlean è un economista poco conosciuto in Italia. Nel corso degli ultimi 20 anni, la sua ricerca si è focalizzata sull'analisi e il comportamento dei mercati finanziari. Partendo dalle tesi di John Maynard Keynes, Orléan sostiene che il comportamento degli operatori finanziari non si fonda sull'idea di una razionalità individuale tesa a ottenere il massimo guadagno, bensì sull'interpretazione di quella che può essere definita una razionalità collettiva, intesa come il senso comune espresso da coloro (Banche, operatori finanziari) che sono in grado di condizionare i mercati finanziari.

      La metafora del concorso di bellezza di Keynes è al riguardo illuminante: così come un giudice in un concorso di bellezza non deve valutare l'avvenenza dei concorrenti in base al suo individuale senso estetico ma piuttosto in base a quelli che lui ritiene essere i canoni estetici dominanti, così un bravo «speculatore» crea le proprie aspettative sul valore futuro atteso delle attività finanziarie non in base alle proprie aspettative e convinzioni individuali, ma in base a ciò che lui stesso ritiene essere il senso comune presente nei mercati finanziari. Tale comportamento, lungi dall'essere irrazionale, come sostengono gli economisti ancorati alla visione neoliberista dell'homo oeconomicus, determina il fatto che nei mercati finanziari le regole della concorrenza, e del pilastro su cui regge, la legge della domanda e dell'offerta, non sono valide.

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il grande bluff

Ungheria: si apre un nuovo fronte o meglio...si ri-apre un vecchio fronte

Stefano Bassi

Ungheria: portavoce premier indica situazione economica grave, Bloomberg:
venerdì, 4 giugno 2010 - 13:35
L'economia dell'Ungheria è in una situazione grave. Lo ha detto il portavoce del premier ungherese, Peter Szijjarto, secondo quanto riportato da Bloomberg.
Szijjarto, sempre secondo l'agenzia, avrebbe confermato la manipolazione dei conti dello Stato da parte del precedente governo.

Qualche giorno fa ho usato la metafora della Spagna come linea Maginot dell'Eurozona.
Poco dopo il NYT ha replicato la mia analogia...:-)
Maginot Lines and Illusions
Il riferimento è alla famosa linea di difesa della Francia contro la Germania (e contro l'Italia) durante la Seconda Guerra Mondiale, che avrebbe dovuto essere il baluardo per difendere la Francia dall'invasione e dalla sua caduta.
Invece la linea Maginot non servì a nulla...perchè venne facilmente AGGIRATA:
Una forza civetta si appostò davanti alla Linea, mentre la vera forza d'attacco tagliò attraverso il Belgio e i Paesi Bassi, attraverso la Foresta delle Ardenne che giaceva a nord delle difese principali dei francesi.

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Passaggio per la Grecia

(il punto di non ritorno)

Giuseppe Sottile

Se non fosse tutto vero, apparirebbe uno spettacolo. In realtà, è uno spettacolo del tutto vero, del tipo tragico e dove gli attori sono autentici criminali.

Giorni fa è stato approvato il pacchettone (circa metà del Pil italiano) di crediti a garanzia di tutti i futuri (e presenti) indebitamenti degli Stati dell’Unione Europea e gli indici di borsa sono rimbalzati dal precedente tonfo, ma il giorno dopo l’euforia era già passata.

In realtà il modo presente di “gestire” le risorse è paragonabile ad un incubo senza fine di cui non ci si accorge solo perché se ne è perennemente ubriachi, una ubriacatura che, diversamente da quella ventilata da Schopenhauer come occasione d’essere felici, produce solo un indefinito imbarbarimento.

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Crisi Grecia – Più stato meno mercato

di Vladimiro Giacchè

La crisi attuale è degna di nota da molti punti di vista. Lo è certamente per la sua gravità e per la sua durata. Ma anche per un altro motivo: la sorprendente capacità di tenuta sinora dimostrata dall’ideologia liberistica.

Il confronto con la precedente crisi di entità paragonabile, quella del 1929, è illuminante. Allora la crisi innescò un profondo ripensamento dei rapporti tra stato e mercato, mentre oggi non avviene nulla del genere. Anzi: l’inizio di una seconda fase della crisi, che investe il debito degli stati, ha ridato fiato alle trombe di chi nega che quanto è avvenuto rappresenti una sonora smentita della presunta superiore efficienza di mercati “autoregolamentati”. A leggere certi articoli, sembra di tornare al motto reaganiano per cui “lo Stato è il problema, il mercato la soluzione”. Peccato che la crisi attuale del debito pubblico derivi proprio dal fatto che gli stati hanno svolto in questa crisi il ruolo di prestatore di ultima istanza spendendo migliaia di miliardi di dollari per salvare imprese private, oltre a sopperire per anni alla debolezza della crescita con sostegni di varia natura al reddito e ai consumi.

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Euro: l'ipotesi del peggio

di Jean-Michel Vernochet

La crisi greca del budget, diventata crisi dell’euro, non è la conseguenza fatale di un’autoregolamentazione dei mercati, ma di un attacco deliberato. Per Jean-Michel Vernochet, essa fa parte di una guerra economica condotta da Washington e Londra, secondo gli stessi principi delle attuali guerre militari: ricorso alla teoria dei giochi e strategia del caos costruttore. La posta in gioco è costringere gli europei ad integrarsi in un blocco atlantico, vale a dire in un Impero, all’interno del quale pagheranno automaticamente per il deficit budgetario anglosassone, tramite il mezzo indiretto di un euro dollarizzato. Un primo passo in questo senso è già stato fatto con l’accordo siglato tra l’Unione Europea e il FMI, che concede al Fondo Mondiale una particolare tutela sulla politica economica dell’UE.

L’attacco finanziario lanciato contro la Grecia, a causa del suo debito sovrano e della sua potenziale insolvibilità, si è presto rivelato

essere, nei fatti, un’offensiva contro l’Euro, che ha molto poco a che fare con le tare e i deficit strutturali dell’economia ellenica in sé. Dei “vizi”, del resto largamente condivisi dalla maggior parte dei paesi postindustriali, che hanno preso la pessima abitudine di vivere al di sopra dei propri mezzi, e a credito: da qui un’inflazione galoppante del debito, una “bolla” come un’altra destinata infine a esplodere.

Tutto sembra indicare che dietro la brutalità dell’attacco e al di là della corsa al saccheggio delle economie si profilino altri obiettivi, chiaramente di ordine geopolitico, e a lungo meditati. Poiché in nessun caso gli appetiti degli anonimi predatori finanziari, per quanto acuti possano essere, riescono a spiegare la durata di un’offensiva che, a breve termine, rischia di far saltare in aria la zona euro, l’Unione dei ventisette, e ben altro...

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Passato, presente e futuro dell’Europa  

di Sergio Cesaratto

      La situazione europea quale è venuta emergendo in queste settimane è preoccupante, non solo per la serietà della situazione, quanto per la cocciutaggine dei politici europei che l’han determinata, e della corte di economisti che l’appoggia, nel prescrivere ulteriori dosi di una medicina sbagliata. Gli economisti possono far poco, ma una denuncia intellettuale degli errori che si continuano a compiere sarebbe utile. E’ curioso come gli economisti americani praticamente di ogni orientamento siano consapevoli di dove giacciano i problemi europei, mentre solo il gruppo intellettuale che per comodità definiremo Harvard-Bocconi se ne distacca.

Il (recente) passato

      Che l’Unione monetaria europea (UME) sia alla base dei presenti squilibri è assodato, persino negli studi ufficiali della Commissione Europea (Cesaratto 2010A).

      Possiamo individuare due assi attorno ai quali tali squilibri si generano.

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Perché l’Unione Europea non funziona

di Vladimiro Giacchè

Il caos intorno alla Grecia è la spia di un problema strutturale: si è impedito che l’Europa potesse avere una politica fiscale comune nell’illusione che fosse sufficiente il libero mercato

Il conflitto scoppiato all’interno dell’Unione europea sul caso greco è soltanto l’ultima e più clamorosa dimostrazione dell’assoluta incapacità delle istituzioni europee di gestire la crisi economica in corso. I motivi di questo disastro non sono contingenti, ma affondano le loro radici nel processo di costruzione dell’Europa e nella sua architettura istituzionale. Di cui questa crisi sta mettendo in luce tutti i limiti. La crisi ha in effetti evidenziato, e aggravato, un’accentuata divergenza tra le economie della zona euro: in termini di crescita, di inflazione e di incremento del debito pubblico.

Quello che sta accadendo è l’incubo dei fautori dell’unità economica dell’Europa: il prodursi di choc asimmetrici, ossia di una crisi che colpisce in misura molto diversa i paesi dell’Unione, con i più deboli tra essi ormai impossibilitati ad adoperare la leva delle svalutazioni competitive per raddrizzare le loro economie. E che quindi rischiano di avvitarsi in una spirale drammatica: crisi economica, debito fuori controllo (anche per la riduzione delle entrate fiscali a causa della crisi) e necessità di una terapia d’urto contro il debito che ha l’effetto di aggravare la crisi.

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Attacco al sistema!

Dream Theater

L’Euro è sotto assedio. Ed i motivi della speculazione sono sotto gli occhi di tutti. Come possiamo negare l’evidenza ed accettare ancora una volta l’ennesima truffa montata dal sistema parassita che sta speculando alle nostre spalle?

imperialismo 3Hedge fund, credit default swap e rating: lo scandalo continua

Ormai credo sia noto a tutti il fatto che contro l’Euro ci sia una presa di posizione violenta da parte della speculazione. Ma quanto sta uscendo fuori in questi giorni è la drammatica conferma di tutto quanto noi temavamo da tempo.
Ma andiamo con ordine, e riportiamo i fatti, indiscutibili e testimoni di quanto è accaduto.

Giorno 15 febbraio. Su IntermarketAndMore pubblico un post. Ma non un articolo come molti altri.
L’articolo era questo: si intitolava “Mercato incerto ma l’Euro ha la strada segnata”.

Un titolo come tanti altri, forse un po’ troppo retorico? Non proprio, perché poi, nell’articolo giustifico questa mia definizione. E la giustifico con questa frase: “La pressione è fortemente speculativa contro l’Euro".
Ma non solo. Riporto anche un grafico dove vengono rappresentati gli short speculativi.
Nell’aria c’era puzza di bruciato. Qualcosa evidentemente non funzionava. Mai si erano visti certi attacchi contro la moneta unica.
Oggi, dopo tanti mesi si viene a scoprire la verità.

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e l

Crisi, l’Europa guarda il dito

Rosita Donnini

Il vecchio detto “Il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito” si può applicare alle ricette delle istituzioni e dei governi dell’Unione, che non avranno altri effetti che ostacolare la già debole ripresa. Nulla verso le cause strutturali, la sperequazione del reddito e la mancanza di investimenti

casa pagliaLa crisi che ha colpito l'eurozona nelle ultime settimane - la cosiddetta "tragedia greca" - è stata apparentemente fronteggiata con una manovra che contiene due importanti novità o anomalie: a) l'utilizzazione forzata dell'articolo del Trattato che prevede un soccorso finanziario ad un paese membro solo nel caso di "calamità naturali" o di "eventi che non è in grado di padroneggiare"; b) la caduta del muro che aveva sinora impedito l'emissione di eurobonds, la cui utilizzazione era stata a suo tempo auspicata, fra gli altri, da Prodi e da Tremonti.

 Il fenomeno - peraltro ben lungi dall'essere esaurito - ha dato luogo ad una girandola di interpretazioni, diagnosi e terapie differenti, come quelle di Trichet, De Grawe, Attali e Roubini. Occorre però spiegare preliminarmente un vero e proprio giallo, che ha dato alla vicenda un aspetto paradossale nelle spiegazioni ufficiali; giallo che forse verrà chiarito dalla manovrina o manovrona di quello stesso Tremonti che, un mese fa, la bollava come impossibile. Le motivazioni ufficiali dell'intervento delle autorità dell'Unione sono state due: il pericolo del "default" greco e quello del "contagio". Giustificazioni che lasciano perplessi. L'equilibrio monetario dell'eurozona è ovviamente connesso alla dinamica della massa monetaria. Conseguentemente la pericolosità dei disavanzi e dei debiti pubblici andrebbe riferita al loro rapporto NON con i rispettivi redditi nazionali, ma con quello complessivo dell'eurozona stessa.

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cigno nero

La falange macedone

Leon Zingales

La falange macedone, configurazione ritenuta invincibile, fu sconfitta organizzando un fulmineo attacco ai lati. Durante la Seconda guerra mondiale, le truppe naziste superarono la linea Maginot (che i francesi credevano fosse una resistenza invincibile nei confronti delle armate tedesche) semplicemente aggirandola con un blitz noto come Fall Gleb invadendo Belgio ed Olanda.

La Storia è piena di esempi di come il pensiero creativo e divergente distrugga l’ortodossia rigida che erige dighe che si pensano indistruttibili. La BCE ha stanziato 750 Miliardi di Euro per bloccare i cali dei prezzi (e quindi l’aumento dei rendimenti) dei titoli sovrani dei paesi della moneta unica sotto l’attacco degli speculatori credendo di erigere un fortino invincibile. Poveri illusi pervasi da un dogmatismo senza limiti: la barriera è in procinto di essere raggirata e si sta preparando un altro assalto (che potrebbe essere fatale) contro la moneta unica.

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GEAB 44 (Aprile) Italiano, completo

Tradotto in esclusiva per Informazione Scorretta
A cura di Eleonora, Marco, Marko, Francesco, Martina di Informazione Scorretta

1- Prospettiva

Crisi sistemica globale / USA-UK.
L’esplosiva coppia della seconda metà del 2010: estate 2010
La battaglia della Banca d’Inghilterra / Inverno 2010
La Fed a rischio di bancarotta


Come anticipato da LEAP/E2020 parecchi mesi or sono, e in contrasto con i resoconti dei media e degli “esperti” delle ultime settimane, l’Eurozona ha effettivamente fornito alla Grecia sostegno e credibilità (in special modo riguardo a una buona gestione futura, la sola garanzia di fuga possibile dal circolo vizioso del crescente debito pubblico)[1]. Pertanto non vi sarà alcun default greco, anche se l’emotività riguardo alla situazione greca è un indicatore autentico di una crescente consapevolezza riguardo alla difficoltà di reperire il denaro necessario per finanziare l’enorme debito pubblico occidentale: una situazione ormai “insostenibile”, come sottolineato recentemente in un report della Bank of International Settlements.

Il polverone sollevato sulla Grecia dai media, in particolare inglesi e statunitensi, mirava a nascondere alla maggior parte dei protagonisti della scena economica, finanziaria e politica il fatto che il problema Grecia non era il segnale di una imminente crisi dell’Eurozona[2] bensì, in effetti, una prima avvisaglia del prossimo grande shock della crisi sistemica globale, vale a dire una collisione tra le economie virtuali britannica e statunitense da un lato, fondate su livelli insostenibili di debito pubblico e privato, e dall’altro la combinazione dei prestiti in scadenza dal 2011 in poi e della carenza globale di fondi disponibili per un rifinanziamento a basso tasso degli stessi.

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Se cade anche il muro dell'euro

Alberto Bagnai

La crisi fa emergere il problema originario dell'euro, da sempre ignorato dai politici: una moneta unica nello spazio economico europeo è insostenibile

La levata di scudi dei politici europei contro i “mercati” è prova di ingenuità o di ipocrisia. La crisi dell’euro non dipende tanto dai “mercati”, quanto dal fatto che adottando l’euro la classe politica ha deliberatamente ignorato l’avviso della maggior parte degli economisti, i quali da tempo avvertono che una moneta unica europea non sarebbe sostenibile. Questa scelta politica ha ragioni ideologiche che è necessario individuare per valutare le possibili vie di uscita dalla crisi. Cosa comporta la rinuncia alle monete (e quindi ai tassi di cambio) nazionali? A chi conviene? E perché? Per chiarirlo ripercorriamo gli snodi della crisi greca.


Debito pubblico e debito estero

Il problema della Grecia deriva non tanto dal fatto di avere un grande debito pubblico, quanto dal fatto che il suo debito è detenuto da non residenti, cioè è debito estero. A riprova che col debito pubblico si può convivere citiamo il Giappone, che ha, lui sì, un enorme debito pubblico, pari al 217% del proprio Pil, cioè al 17% del Pil mondiale (quello greco è appena lo 0.7%).

Perché questo debito non preoccupa i mercati? In effetti, in Giappone il settore privato risparmia tanto da prestare all’estero circa 2000 miliardi di dollari, oltre a quanto presta al proprio governo. Il Giappone è il più grande creditore estero mondiale: in caso di problemi potrebbe sempre finanziare la propria economia facendosi restituire i soldi prestati all’estero. Questo la Grecia non può farlo, perché è pesantemente indebitata con l’estero, per più del 100% del proprio Pil. Prestereste più volentieri 10 000 euro a un amico che ha dieci appartamenti, o 100 a un amico disoccupato?

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Ecofin, i risultati

Felice Capretta

Euforiche le borse mentre scriviamo rimbalzano tutte in area positiva.
Il comportamento ricorda il paziente maniaco-depressivo, probabilmente non a caso.

Le borse stanno rimbalzando perchè ieri, nel cuore della notte e dopo 14 ore di riunione, l’Ecofin ha partorito le misure di salvataggio della zona euro.

Si tratta di poco più che una grida manzoniana.

Il programma di salvataggio vale 720 MLD EUR, praticamente un trilione di dollari.

Anche se...guardando nel dettaglio la decisione dell’Ecofin, ci ricorda improvvisamente di qualcosa di già visto su due fronti: da una parte, ricorda molto da vicino il TARP di Hank Paulson, ex Goldman Sachs, all’indomani del crollo di Lehman Brothers. Dall’altra, ci ricorda il salvataggio in extremis delle sponde greche fatto dall’Unione Europea.

Si tratta in pratica dell’impegno da parte degli stati a sborsare 440 MLD EUR, più 220 MLD EUR da parte del FMI, più qualcosina dalla Commissione Europea. Più, l’impegno della BCE ad acquistare titoli di stato dei paesi in difficoltà.

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Fino all'ultimo respiro. Le borse festeggiano lo stadio maturo dell'indebitamento europeo

Nique la Police

Come sanno i lettori di Senza Soste della scorsa settimana, avevamo ampiamente previsto che alla seduta delle borse del lunedì il rialzo sarebbe stato il segno prevalente. Nelle ultime ore possiamo parlare di rialzi persino spettacolari, per chi ama codificare il rialzo degli indici come spettacolo. Al momento, se ci fermiamo allo scenario nazionale, dalla stampa di opposizione alla presidenza del consiglio prevalgono manifestazioni vicine al giubilo. A parte che, in questi casi, l’uso dei media come euforizzante per l’opinione pubblica è la norma (crollerebbero altrimenti consenso politico e fiducia nel risparmio), gli stati stanno facendo speculazione al rialzo per difendere i propri titoli e per questo servono tutti i mezzi e tutte le strategie di comunicazione. Poi c’è l’elettore del centrosinistra che guarda il Tg3, e magari legge Repubblica, e si convince che è in atto una strategia efficace di salvataggio dell’Europa. Ma non è oggetto di questo articolo occuparsi di fenomeni di credulità popolare né di chi ne abusa (come hanno fatto i Ciampi, i Veltroni, i Prodi imponendo negli anni ’90 dei “sacrifici per l’Europa” che oggi rivelano tutto il loro tratto di tragica inutilità).

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Le cause della crisi del debito sovrano Ue e dell'Euro

Domenico Moro

L'attacco alla periferia debole di Eurolandia appare come un tentativo di indebolire, disarticolandola, l'area euro, in funzione di una difesa degli Usa come centro finanziario mondiale, e può avere solo due sbocchi. O una accelerazione della Ue verso una integrazione politica o uno sfaldamento dell'area euro stessa

grecia riseupRicordano i lettori quella cena a Manhattan dell'8 febbraio,
quando negli uffici di un piccolo broker si ritrovarono gli uomini
del Soros Fund, di Sac Capital, di Greenlight Capital, di Brigade C.
e forse di Paulson? Tutti quei gestori si riunirono per studiare
un attacco combinato all'euro.

W. Riolfi, il Sole24ore 5 maggio 2010

Il piano di aiuti alla Grecia varato dalla Ue non sembra avere raggiunto i suoi obiettivi, cioè la messa in sicurezza dell'euro. L'euro è crollato sotto l'1,30 contro il dollaro, mentre, come titolano i quotidiani oggi in prima pagina, l'effetto contagio si estenderebbe alla Spagna. Si tratta un Paese molto più grande e importante, le cui difficoltà possono avere un impatto molto più pesante sull'area euro della piccola Grecia.

1. La crisi dell'economia è alla base della crisi del debito sovrano
La crisi di sovraccumulazione di capitale e merci, manifestatasi nel 2008 come crisi finanziaria, ha cambiato faccia e si presenta nella forma di crisi del debito statale, ovvero sotto forma di crescita incontrollata del debito e del deficit pubblico, che è aumentato mediamente dal 2,2% del 2007 al 10,1% di fine 2009. Questo perché lo Stato, come ha sempre fatto dinanzi ai fallimenti del mercato autoregolato, è dovuto correre al salvataggio di imprese e banche. Gli aiuti di Stato al settore bancario hanno superato i 14mila miliardi di dollari, una cifra, pari a un quarto del Pil mondiale, che non ha paragoni nella storia.

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comunisti italiani

Lo scontro euro-dollaro dietro la crisi del debito sovrano

 di Domenico Moro

Il debito Usa è un “riparo sicuro” allo stesso modo in cui era considerato un porto sicuro Pearl Harbour nel 1941. Niall Ferguson, Financial Times

Senza stabilità nell’unità monetaria non esistono facilità di credito né sicurezza per chi presta il proprio denaro al principe, né contratti nei quali si possa riporre fiducia. E senza credito non c’è grandezza né superiorità finanziaria. Fernand Braudel, I tempi del mondo

La guerra finanziaria ora è venuta ufficialmente alla ribalta sulla scena della guerra, una scena per millenni occupata unicamente da soldati ed armi con sangue e morte ovunque. Quiao Liang – Wang Xiangsui, Guerra senza limiti

 

1.      La crisi di sovrapproduzione è alla base della crisi del debito sovrano Il mercato autoregolato ha fallito

E ancora una volta, come è sempre accaduto nella storia del modo di produzione capitalistico, il “moderno principe”, lo Stato, è dovuto correre al salvataggio delle imprese e della banche. Gli aiuti di Stato al settore bancario hanno superato i 14mila miliardi di dollari, pari a un quarto del Pil mondiale, una cifra che non ha paragoni nella storia[1]. Tutto questo per evitare un collasso generalizzato del modo di produzione, che avrebbe riproposto i drammi della Grande Depressione.

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il grande bluff

Moral Hazard: anche in Italia tutti si sono fiondati ad investire sulla Grecia

Stefano Bassi

ANCHE IN ITALIA tutti si sono fiondati ad investire sulla Grecia per strappare rendimenti superiori alla media, aggiustare le performances, ottenere bonus e premi di rendimento, insomma per fare soldi dai soldi....il più possibile...

Lo dico da lungo tempo: TUTTO come prima, anzi peggio di prima
E perchè peggio di prima?
- A causa del Moral Hazard indotto dalle politiche monetarie: con il costo del denaro a livelli bassissimi e per un periodo prolungatissimo di tempo (come non mai nella storia) si spinge chiunque a cercare un RENDIMENTO UMANO su assets più rischiosi e dunque più redditizi.
- A causa del Moral Hazard indotto dal "bailout garantito": tutti sono convinti che ormai si salvano tutto e tutti, a qualunque costo.
Ed ecco che i comportamenti rischiosi si moltiplicano...
Le scommesse si fanno ardite nella convinzione che tanto un bailout non si nega mai a nessuno.
Le menti già orientate al gioco d'azzardo di molti "gestori" abbracciano senza esitazione il gioco della roulette russa...convinti (erroneamente) che il proiettile nella pistola non ci sia e che la pistola farà sempre click e mai bang...

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CREDIT DEFAULT SWAP: IL BALLO DEGLI AVVOLTOI!

Andrea Mazzalai

Un oceano di considerazioni e parole ha invaso i mercati in questi ultimi mesi a proposito dei famigerati CDS, Credit Default Swap, un oceano di parole che come spesso accade riesce a confondere l'acqua dolce con l'acqua salata di mare.

Ho più volte sottolineato in passato che non è tanto lo strumento in se stesso da demonizzare quanto l'uso che ne viene fatto, un uso che in questa crisi, nella madre di tutte le crisi, è sembrato più l'addestramento di un branco di avvoltoi che hanno festeggiato sul cadavere dell'economia mondiale, addestramento messo in atto dalla finanza internazionale.

Come è accaduto durante la fusione del sistema finanziario mondiale, durante il collasso di Lehman Brothers, Merrill Lynch e AIG, l'azione combinata degli avvoltoi finanziari, CDS & SHORT SALES, sta tentando di destabilizzare la zona euro, volteggiando sulle carcasse economiche della Grecia oggi e di chissà chi altro domani, un gioco al massacro che vede la Germania assistere dall'alto del suo canyon.

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L'innesco di una crisi sistemica

Pino Cabras

Con il precipitare della crisi greca si confermano le analisi di chi non era compromesso con la propaganda o con i pii desideri. La crisi si colloca nel solco di una crisi molto più vasta, una crisi sistemica. Si poteva comprendere da subito. Chi ha causato la crisi, ossia il sistema bancario ombra, punta ancora ai soliti suoi superprofitti, soverchiando i poteri collocati più alla luce del sole.

I giganti della speculazione di Wall Street sanno che il dollaro, l’architrave della finanza mondiale, dovrà cedere, perché allo stato è impossibile rifinanziare la valanga di titoli del debito pubblico statunitense che verrà a scadere fra pochi mesi. Perciò va fatta crollare l’alternativa monetaria disponibile, l’euro, e creare un bisogno forzoso ed estremo di dollari.

Nel frattempo, con i meccanismi delle "profezie che si autoadempiono", da loro dominati attraverso spaventose entità criminali (le agenzie di rating), gli speculatori decidono i tempi e i modi dei crolli, su cui hanno scommesso montagne di soldi con la certezza – a breve – di vincere.

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La Grecia contro tutti e tutto

Il capitalismo alla resa dei conti

Giuseppe Sottile

Greeks have been living beyond their means”. Sono oramai trent’anni che governi e istituzioni economico-finanziarie ripetono questo motivetto per ogni Paese. L’Europa si dotò di strumenti finalizzati a far fronte a questa presunta opulenza con il trattato di Maastricht, il quale ebbe come scopo principale quello di giustificare tagli alla spesa sociale in ragione di una crisi fiscale sorta a partire da un declino economico che ha la sua origine nei primi anni ’70. E’ chiaro che presunti “eccessi” di spesa hanno senso solo in ragione d’una riduzione relativa delle entrate fiscali. Negli ormai lontani anni ’50 e ’60 nessuno si lamentava della crescita della spesa pubblica e dunque del ruolo dello Stato nel computo del PIL, nel mentre le lamentele iniziano a fare la loro comparsa proprio quando questa crescita rallenta ed addirittura si riduce (esclusa la parte di spesa pubblica che sempre più in forma diretta o indiretta – ossia in uscita o entrata - si è rivolta al sostegno del settore privato).

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MAGNETAR TRADE: ERUZIONE VULCANICA!

Andrea Mazzalai

C'è voluta tutta la forza devastante e spettacolare di un vulcano islandese, per farci comprendere che in fondo il nostro quotidiano e frenetico errare ha bisogno di silenzio e riflessione, che in fondo la nostra vita è nulla in confronto al quotidiano spettacolo della Natura, c'è voluta tutta la rabbia popolare possibile per far esplodere il vulcano della finanza mondiale, un vulcano che promette scosse ed esplosioni da leggenda.

Mentre un squarcio di luce luce nel fine settimana ha perforato la fitta nebbia che ormai da oltre due anni grava sulla palude del sistema finanziario internazionale, il lamento di alcuni fantasmi immobiliari torna ad affacciarsi nelle stanze dei diroccati castelli della finanza mondiale.

Si fantasmi immobiliari perchè le vicende "politiche" sono solo un tassello di quello che in realtà la "nemesi immobiliare" è in grado di creare, ma di questo ne parleremo più avanti.

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Le prossime guerre europee del debito

I paesi dell'Unione Europea sprofondano nella depressione

Michael Hudson

Il debito governativo in Grecia è solamente la prima di una serie di bombe del debito europeo pronte ad esplodere. I mutui immobiliari nelle economie post-sovietiche e in Islanda sono ancor più esplosivi. Anche se questi paesi non si trovano nell’Eurozona, la maggior parte dei loro debiti è espressa in euro. All’incirca l’87% dei debiti della Lettonia è in euro o in altre valute straniere, e il paese è indebitato principalmente con banche svedesi, mentre Ungheria e Romania sono indebitate in euro soprattutto con banche austriache. Quindi i prestiti contratti dai membri non appartenenti all’euro sono serviti a sostenere i tassi di cambio per pagare questi debiti del settore privato alle banche straniere, non a finanziare i disavanzi di bilancio interni come in Grecia.

Tutti questi debiti sono insostenibilmente elevati perché la maggior parte di questi paesi sta avendo dei profondi disavanzi di bilancio e sta sprofondando nella depressione.

Ora che i prezzi reali dell’immobiliare stanno diminuendo, i disavanzi commerciali non sono più finanziati da un flusso interno di prestiti sui mutui immobiliari e da acquisizioni immobiliari in valuta straniera. Non c’è alcun modo tangibile per stabilizzare le valute (ad esempio, economie in buona salute). Nell’ultimo anno questi paesi hanno sostenuto i loro tassi di cambio prendendo a prestito dall’Unione Europea e dal Fondo Monetario Internazionale. I termini di questi prestiti sono politicamente insostenibili: forti tagli ai bilanci del settore pubblico, aliquote fiscali più alte per i lavoratori già tassati in modo eccessivo e piani di austerità che mandano a picco le economie e obbligano altri lavoratori ad emigrare.

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La Grecia, campanello d’allarme per l’Europa

Emiliano Brancaccio

In Grecia il governo trucca i bilanci, si dà alla finanza allegra, manda in pensione i lavoratori troppo presto e poi chiede aiuto all’Europa quando i mercati finanziari lo sfiduciano. In estrema sintesi è questa l’interpretazione della crisi finanziaria greca che in questi giorni va per la maggiore. Gli economisti Alesina e Perotti, tra gli altri, la sostengono apertamente (Sole 24 Ore, 27 marzo). Questa lettura fa indubbiamente parte del senso comune. Essa tuttavia non coglie alcuni problemi di fondo che riguardano non solo il caso della Grecia ma l’intero assetto della Unione monetaria europea.

Le principali difficoltà in seno alla zona euro riguardano più gli squilibri commerciali tra i paesi membri che l’andamento dei conti pubblici di ogni singolo paese. La superiore capacità dei capitali tedeschi di aggredire i mercati esteri è la causa principale di tali squilibri. In Germania l’elevato grado di organizzazione e di centralizzazione dei capitali determina una rapida crescita del valore della produttività oraria del lavoro. A ciò si è aggiunta, soprattutto negli ultimi anni, una politica di forte contenimento dei salari e della spesa interna. Conseguenza di questi andamenti è una dinamica dei costi unitari e delle importazioni molto più contenuta rispetto a quella che si registra in altri paesi europei. L’economia tedesca risulta quindi sempre più competitiva e riesce ad accumulare avanzi commerciali sistematici a fronte della strutturale tendenza al disavanzo estero in cui versano soprattutto Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna. Questi paesi vengono talvolta bollati con il poco diplomatico acronimo di “pigs”.

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Dalla crisi dei mutui subprime alla grande crisi finanziaria

Francesco Macheda*

big world1I. INTRODUZIONE

La crisi finanziaria iniziata nell’agosto 2007 scaturisce dall’interazione di tre forze: la liberalizzazione dei movimenti di capitale, la trasformazione bancaria seguita dall’innovazione finanziaria e le politiche monetarie perseguite nell’ultimo trentennio negli Stati Uniti ma non solo. L’abbondante liquidità convogliata nei mercati statunitensi in seguito alla liberalizzazione finanziaria all’indomani del crollo di Bretton Woods, da luogo a un lungo processo di deregolamentazione bancaria che sfocia nel 1999 nell’abrogazione dello Glass Steagall Act – la legislazione varata all’indomani della Grande Crisi del 1929. Il modello di banking che emerge – denominato ‘originate-to-distribuite’ – getta le basi per lo sviluppo di nuovi prodotti finanziari che, assieme alle politiche monetarie espansive adottate dalla Federal Reserve in seguito allo scoppio della bolla dei titoli tecnologici del 2000, accrescono ulteriormente la liquidità in circolazione.

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Moody's: il debito Usa è già una mina vagante

di Francesco Piccioni

7.000 miliardi di bond scadono nel 2012

«La crisi ci gira intorno», diceva qualche giorno fa il ministro Giulio Tremonti, con la faccia di chi teme sente arrivarsela alle spalle, mentre tutti ancora guardano il suo premier che ripete «stiamo messi meglio degli altri». Questa non è una crisi come le altre. E' iniziata da due anni e mezzo con la bollicina dei mutui subprime e nelle stanze di color che sanno si dice a denti stretti che ne dovranno passare almeno altri quattro. Per chi ci sarà arrivato vivo.

Ma è una strada così lunga che persino gli intoccabili stanno rischiando di andare in serie B. Accade che Moody's - una delle tre agenzie di rating che misurano (con metodi parecchio discutibili) sulla solvibilità del debito di paesi e società private - ha pubblicato ieri un report in cui, senza darlo per imminente, accenna al fatto che il debito inglese e soprattutto quello Usa potrebbero perdere la «tripla A» dell'affidabilità assoluta. Per evitarlo, la ricetta è quella sempre consigliata a paesi più piccoli e punibili, come la Grecia attuale: risanare i conti tagliando le spese.