Print
Hits: 2103
Print Friendly, PDF & Email
ripensare marx

Lettera aperta al quotidiano comunista “Il manifesto”

di Piotr

iran tabriz bazar Amici del Manifesto, vi leggo e conosco fin dalla nascita del vostro esperimento e ancora molto recentemente ho collaborato con voi su questioni internazionali. Vorrei quindi esprimere con tutta franchezza il mio dissenso rispetto alla linea che state tenendo su temi importanti.

Il manifesto del 24 giugno 2009.

1. Apertura sull’Iran. Titolo: “Scelta di sangue”; fondo: “Sfida al potere” ripreso poi a pagina 8.

Cosa succede in Iran?

Qual’è l’ampiezza della supposta rivolta? Qual’è la sua composizione sociale?

E’ vero o non è vero, come si è insinuato, che dietro a Mousavi ci sia Brzezinski, cioè uno dei migliori geostrateghi statunitensi - quello che ha incastrato l’URSS in Afghanistan trasformando quel Paese e soprattutto i suoi abitanti in esca per topi?

E’ vero o non è vero che c’è dietro anche Soros, specialista delle “rivoluzioni colorate”? Perché la Cina ha messo in guardia gli USA dal tentarne una in Iran, nonostante la stampa cinese, anche quella ufficiale, non sia stata renitente a parlare dei brogli elettorali emersi?

Perché Lula ha riconosciuto la validità delle elezioni iraniane? Perché lo ha fatto Chavez?

Perché il ministro della difesa israeliano Ehud Barak ha riassunto il conflitto interno iraniano dicendo che è la conseguenza del “tentativo dell’Iran di imporre la propria egemonia come potenza regionale” (cosa oltremodo invisa sia a Israele che agli USA)? Che cosa voleva dire?

Per nessuna di queste legittime domande nell’articolo di fondo c’è risposta, e questo passi perché a volte la risposta non è semplice o immediata, ma non ce n’è nemmeno traccia. Per il quotidiano comunista l’importante è che ci sia una “sfida al potere”. Perché il problema è il “potere”, senza altre qualificazioni, così come sono privi di qualificazioni (storiche, culturali o “di classe”) i concetti di “democrazia”, “diritto” e “libertà”. Questo, secondo il “quotidiano comunista”, è  proprio l’insegnamento di Marx?

Non è certo necessario né utile ripetere Marx a macchinetta come se niente fosse successo dal 1848 ad oggi. Anzi, proprio al contrario. Ma il nucleo del pensiero marxiano, quel metodo benedetto dell’astrazione determinata, per cui tutti i concetti devono essere dedotti storicamente e socialmente, lo vogliamo difendere o pensiamo di aver raggiunto un’estatica fine della Storia, dove quindi i concetti sedimentati sono ormai assoluti?

Certo, in questo fondo così come nel manifesto di convocazione del sit-in di protesta del 24 giugno scorso sotto l’ambasciata iraniana a Roma, si dice che gratta gratta ci sono giochi di potere poco chiari. Ma l’importante, sembra di capire, è che ci si imbarchi comunque anche con lo screditato Mousavi - già implicato nella sordida vicenda Iran-Contra - pur di lottare “contro il potere”.

Già, l’importante è imbarcarsi, poi dove il capitano intenda dirigere la nave e con che fini non importa. Tanto sulla nave c’è spazio per muoversi, agitarsi, ognuno coi propri desideri, ognuno con le proprie intenzioni, ognuno coi propri ideali. Tanto la nave va.

Non è una posizione personale della giornalista del Manifesto, dato che è la stessa tenuta da Lidia Menapace su Liberazione e quindi riflette un approccio che sembra abbastanza diffuso a sinistra:

Viene fuori una lotta grandiosa per la liberazione gestita insieme tra donne molto diverse tra loro. E da tutto il popolo giovane e consapevole. Lasciare che possa spegnersi o che venga violentemente spenta una tale primavera politica del mondo sarebbe un vero crimine: è dovere di chiunque gridare che non si possono reprimere diritti fondamentali, un simile bisogno di libertà e cammino di liberazione, quando appaiono. Si capisce o no che non si tratta di vedere se Obama ce la fa o se ce la fa l'Inghilterra, secondo logiche imperiali?

Qui l’approccio è chiaro come il sole: chi se ne frega delle logiche imperiali (non ci si pone il problema né in generale, né rispetto al fatto che nella presente crisi sistemica queste logiche sono quelle preponderanti che quindi tendono ad imporre la loro forma a tutte le altre contraddizioni). L’importante, si evince da questo articolo, è sostanzialmente la lotta contro il velo in senso lato, ovvero “per riprendersi il proprio corpo”, come solitamente viene detto,  contro un potere tiranno e oscurantista (se non sbaglio si diceva la stessa cosa anche per il burqa afghano, prima di invadere quel Paese martoriato: accadeva solo pochissimi anni fa e già ce ne siamo dimenticati).

Mi dispiace, cari amici, ma qui sembra di leggere la propaganda di USAID, dell’Einstein Institute, di Radio Free Asia, di The Voice of America.

 Non mi aspettavo nulla di positivo da una signora che sotto l’ultimo governo di centrosinistra aveva votato i crediti di guerra per il proseguimento dell’invasione dell’Afghanistan (ovviamente dopo essere stata eletta al Parlamento per farla smettere) ma devo confessare che sono lo stesso basito.

2. Berlusconi tornato da Washington-Canossa, incontra ufficialmente sul nostro suolo patrio il premier israeliano Netanyau (incontro ufficiale sul quale il movimento non fa una piega, nonostante la vivisezione di Gaza sia di soli cinque mesi fa, così come non l’aveva fatta per la visita ufficiale del fascistoide israeliano Lieberman e di quello sudamericano Uribe: l’importante era aggiungersi a Radicali, IDV, PD, fascisti ed ex-fascisti per aspettare al varco Gheddafi) torna dunque in Italia e, strigliato a dovere negli States, il Papi nella dichiarazione congiunta promette di non fare mai più una mossa autonoma nei confronti dell’Iran ma,  d’ora in avanti, di muoversi solo dopo aver chiesto il permesso a USA e Israele!

Qui sì che ci sarebbe stato da organizzare una manifestazione radicale e decisa di opposizione. Servilismo nei confronti dell’imperialismo americano, nei confronti dell’aggressività sionista, svendita della nostra indipendenza, ..., addirittura fellonia e altro tradimento (ma tant’è: per queste due ultime accuse stiamo ancora aspettando il processo al guerrafondaio e bombardatore D’Alema, col quale - nemesi storica - l’ineffabile Bertinotti ora vorrebbe riunirsi).

Nossignori: tutto tace (oh, povero sciocco, dimenticavo: il capitalismo è unico, mondiale e imperiale, chi se ne frega della sovranità nazionale!).

Già, tutto tace. A nessuno viene in mente di fare la domanda: “Cosa avrà detto San Obama a Berlusconi sull’Iran? Sappiamo che gli aveva già intimato di frenarsi e di non prendere iniziative autonome; gli avrà anche detto quali erano i suoi piani nei confronti di Teheran? Avrà fatto come D’Alema con Lucia Annunziata e lo avrà informato che era in vista uno 'scossone' del regime?”

No: ma che c’entrano queste domande!? Riguardo Berlusconi i problemi sono ben altri! Il problema non è il fatto che torni da Washington facendo atto di sudditanza in politica estera e promettendo che aiuterà la FIAT a prendersi Opel (così che magari c’è da cercare di capire come mai Obama abbia fatto questa richiesta al nostro Berlusca, dopo aver tirato le orecchie anche alla Merkel).

Il problema non è quali altre promesse non spiattellate abbia fatto ai padroni americani.

 Il problema è che “L’Italia è nella morsa di un’emergenza morale”, come dice il “quotidiano comunista” Times di Londra, e come ripete la sfilza di quotidiani nazionali ed esteri citata nella rubrica “gl@bal news” del Manifesto col titolo “Playboy Mansion per Dessert”.

Già, il problema è se c'erano o non c'erano conigliette.

3. D’altra parte, non ci si può porre quesiti più pregnanti se si afferma che la scesa in campo di Obama “rappresenta un tentativo, contro il tempo, di cambiare alla radice (sic!) l’agenda imperiale della precedente amministrazione Bush” nonostante “gran parte della politica di Obama possa essere sicuramente definita 'politica ereditata'.” (“Il cuore spezzato di Obama”, in prima pagina).

Questa affermazione non permette ovviamente di porsi domande che vadano oltre il dubbio se il nostro premier abbia incontrato o meno conigliette baresi. Perché, si dice, se è vero che Obama eredita un pesante fardello, è anche vero che se ne vuole svincolare, e la sua politica è radicalmente altra.

Come no! Certo che è altra! Ha detto chiaro e tondo fin dal principio che considera competitor strategico principale non la Cina, come avevano stabilito quegli incompetenti dei neocons, bensì la Russia (che è poi la linea ribadita  ancora recentemente da Kissinger). Così che il problema grosso diventa l’Afghanistan e, di conseguenza, il Pakistan e - guarda un po’ - l’Iran.

Si riesce a tirare qualche conclusione da queste dichiarazioni del presidente americano?

Sì: che forse il Berlusca ha toccato veramente il pon-pon di qualche coniglietta barese. Una conclusione veramente “comunista”.

Io ne concluderei invece che è vero che la politica di Obama è “ereditata”, ma nell’accezione che aveva previsto il vescovo di Baghdad quando subito dopo il cambio della guardia alla Casa Bianca ebbe a dichiarare: “I presidenti USA cambiano, la strategia USA è di lunga durata”.

Ci è arrivato un vescovo: santo subito! Ci possono arrivare i comunisti?

E’ così difficile da capire che la politica di Obama è la continuazione delle guerre di Bush con altri mezzi (ma spesso anche con gli stessi, vedi il recentissimo bombardamento sul Pakistan)? E che l’Iran è nel bel centro di questa strategia?

No. L'importante è la lotta contro il Potere, senza se e senza ma, senza Nord e senza Sud, senza Est e senza Ovest, senza alto e senza basso, senza ricchi e senza poveri, senza dominanti e senza subordinati.

Senza bussola.

4. Nota finale.

A pagina 10, Vittorio Agnoletto e Raffaele K. Salinari ci ricordano che la crisi è stata “prevista dai movimenti antiliberisti fin da Porto Alegre 2001”.

Complimenti ai movimenti antiliberisti! Il compianto Giovanni Arrighi, tristemente scomparso pochi giorni or sono nella sua casa di Baltimora, ci aveva avvisati fin dal 1994 (cfr. “Il lungo XX secolo”) che la crisi era iniziata nel 1971 e che la finanziarizzazione e il neo-liberismo erano un modo per gestirla (cosa che per certi versi e in un diverso quadro teorico era sostenuta anche da Samir Amin, che Agnoletto e Salinari conoscono bene), non la sua causa.

Che dire? Intanto che se i movimenti antiliberisti hanno previsto qualcosa a Porto Alegre 2001, hanno previsto un processo già iniziato da un pezzo, il che non mi sembra chissà quale previsione. In secondo luogo, che se si inverte il carro con i buoi, se si scambiano le cause con gli effetti, non c'è modo di andare da nessuna parte.

O meglio, si può andare da qualche parte: quella sbagliata.

Tutto quel che ho detto è ovviamente impugnabile, discutibile, contestabile, apprezzabile in toto, a metà o per nulla. Ma credo che valga la pena rifletterci  su. Spero che anche voi lo pensiate.

Con amicizia e un po’ di amarezza.

Piotr

Web Analytics