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orizzonte48

Il segreto di Macron e della revanche €uropea? La mosca cocchiera reinventa la ruota

di Quarantotto

mula e mosca1. Questo post cercherà di scavare oltre la mera constatazione di sconquassi sociali, arbitrii plateali dell'oligarchia economica, eversione strisciante (ma anche no) dei principi fondamentali della Costituzione, e, soprattutto, della incessante propaganda antidemocratica profusa dalla grancassa mediatica, impegnata a fare il sicario prezzolato della democrazia del lavoro (come in sostanza ci rivelava Gramsci, invitando a boicottare i media, già negli anni '20).

Vorrei introdurre l'argomento muovendo da una sintesi che ci ha proposto Bazaar, relativamente al "come" l'assetto istituzionale del neo-liberismo, incarnato oggi da L€uropa, avrebbe superato lo stato di crisi, dicono addirittura rafforzandosi, almeno oggi nei giorni dell'esaltazione trionfale dell'elezione di Macron:

"La Terza forza - ovvero il gregge moderato - è la stessa forza che doveva rincorrere la Terza via. Qualla che non è il prodotto di alcun Aufhebung.

Più ordoliberismo per tutti.

Il piccolo borghese - notoriamente - è trasversale a qualsiasi rappresentanza politica: è medio, mediano e mediocre. Dopo la Milano da bere, pure modaiolo. Chic e un po' radical.

Ma sta sempre e comunque in mezzo. Alle classi. Alle palle.

(La superiorità morale ed intellettuale del pensiero hegelo-marxiano è sbalorditiva: ogni citazione di Basso è una conferma del lavoro fatto ab origine in questi spazi. Dialettica progressiva contropposta alla logica liberale e funzionalista degli opposti complementari; logica che si rivela come reazione ideologica, coscienziale e, quindi, politica. Chi parla di capitalismo "funzionale", purtroppo, dimentica Hegel e la vera cultura classica, generalmente non appannaggio degli anglosassoni)."

 

2. Per capire subito meglio la questione, l'attuale fase trionfale dell'oligarchia è fondata, come abbiamo segnalato in varie prospettive, sulla cooperazione degli oppressi con gli oppressori, in base ad una proiezione identificativa degli interessi dei primi in quelli dei secondi; una proiezione che inverte i meccanismi causa/effetto e che è consentita dal condizionamento mediatico tecno-pop.

Volendo trovare una descrizione fenomenologica di questo meccanismo rapportato ai tempi attuali, rammentiamo che Bazaar commenta uno scritto di Lelio Basso, citato da Francesco, sulla "Terza forza" (brano che vale la pena di leggersi integralmente): cioè sulla piccola borghesia e sul suo modo di assumere la propria esistenza all'interno del conflitto sociale innescato dal capitalismo (cioè dalla borghesia titolare effettiva dei mezzi di produzione e del controllo istituzionale), sostanzialmente ignorandolo.

2.1. La logica liberale e funzionalista degli opposti complementari, cioè della conciliabilità di elementi proposti come soluzione ad entrambe le sponde in conflitto, ritenendo che si possa sempre ottenere una combinazione di quelli buoni e l'eliminazione di quelli "radicali" e inconciliabili, viene adottata per vocazione dalla classe media (termine che deriva dal recepimento dell'anglosassone "middle class" che va tradotto come "piccola borghesia", ma risulta meno diminuitivo e, come tale, più politically correct, cioè cosmeticamente accettabile).

E viene adottata credendo che si possa ottenere, da questo sincretismo anticonflittuale, una soluzione non traumatica; cioè che consenta di dare concretezza alla speranza della piccola borghesia di poter condurre una vita tranquilla e felice, risolvendo il problema della "sicurezza sociale", per potersi dedicare al perseguimento di valori "spirituali" e di alti ideali, senza rendersi conto che questi stessi gli sono forniti dalla stessa propaganda mediatica di proprietà della classe dominante, proprio allo scopo di alimentare questa aspirazione illusoria. Illusoria per via delle stesse reali intenzioni e finalità ultime, e implacabilmente perseguite, della oligarchia capitalista (come vedremo nella parte finale del post).

 

3. Per contro, la dialettica progressiva che consente di interpretare correttamente le dinamiche storico-sociali, senza cioè doversi sorprendere in continuazione del subentrare di un qualche stato di crisi, evidenzia, direi in modo quasi automatico, le falle alla base del ragionamento mediatorio su cui si basa l'illusione statica di conciliabilità non conflittuale delle posizioni di oppressore-aggressore e oppresso-aggredito.

Non è ignorando di essere fra coloro che sono aggrediti che si riesce ad ottenere clemenza; e non è appoggiando, nella sostanza, la parte più forte e che promuove l'aggressione, che ci si può auto-attribuire un legittimo incarico di "mediatore" la cui soluzione compromissoria possa risultare accettabile, se non addirittura vincolante per la parte più forte.

Si tratta della sindrome della "mosca cocchiera", complementare a quella di Dunning-Kruger (anche definibile come "incompetenza livorosa"), nell'indurre le classi medie a credere di aver capito e a proporre una soluzione politico-istituzionale di equilibrio, nei momenti (dice Basso) "di relativa tranquillità e prosperità capitalistica", nonché una soluzione di "tregua" nei momenti di crisi, in cui il capitalismo, che ha provocato la crisi stessa considerandola una fase legittima del proprio sviluppo, scarica sulle classi subalterne i costi della crisi (con altrettanta autoinvestitura di legittimità).

Si evidenzia, tra l'altro, come questa illusoria autoinvestitura ultra vires (cioè in assenza di qualsiasi incarico della classe dominante), funzioni, incredibilmente, anche per poter ancora propinare la stravagante idea che, chiunque sia votato e sia vincente, nell'eurozona, intenda e, soprattutto, sia in grado, di promuovere la revisione dei trattati (invariabilmente andandosi a recare dalla Merkel come primo atto significativo di governo).

 

4. Questa idea statica del compromesso è dunque intrinsecamente conservatrice: e quindi è alleata dell'aggressore sia nella fase preparatoria che in quella restaurativa, immancabilmente concretizzata nelle "crisi economiche, cioè dell'attacco aperto alla democrazia sostanziale - l'unica possibile e reale, come evidenziava Mortati: essendo quella formale-liberale (qui p.14.1.) solo una concessione nominalistica e transitoria, legata ai diversi momenti di allargamento del suffragio e all'esigenza oligarchica di controllarne gli esiti (appunto attraverso il preorientamento sistematico delle "classi medie" a favore di interessi ad esse estranei).

Ora, il ripetersi di questo meccanismo di cooperazione autolesionista, nel corso della storia della società capitalista, pone il problema del "perché", lo strumento di condizionamento mediatico da parte delle oligarchie funzioni con questa cadenza incredibilmente costante, sia, appunto, in fase di avvio (relativa tranquillità del ciclo economico) che in fase di restaurazione (aperta crisi e "presentazione" del conto, ignorata contro ogni evidenza da parte della classe media che, al più, si colpevolizza come compartecipe della cause della crisi stessa!) dell'assetto oligarchico.

 

5. Ebbene i fondamenti di questa ripetitività mi pare siano essenzialmente questi.

Il primo è quello della "sfasatura temporale" (qui, p.2) tra effetti dannosi subiti e cooperazione autolesionista:

- il sistema si fonda sulla cooperazione identificativa degli oppressi con gli oppressori: l'identificazione (cioè una "proiezione" in base a cui mi attribuisco qualità e interessi coincidenti con quelli di chi mi opprime) è resa possibile dalla sfasatura (lag temporale) tra gli effetti di tale cooperazione e la condizione transitoria del cooperante, che varia durante le fasi di realizzazione intermedia degli effetti.

L'induzione da parte degli oppressori della proiezione identificativa, sfrutta proprio le variazioni di condizione dei soggetti oppressi, e implica di utilizzarne programmaticamente i tempi di realizzazione. Ed infatti, tale condizione variabile ovviamente peggiora (in termini astratti: decremento di qualità autoattribuibili e perdita degli stessi interessi che avevano giustificato la proiezione identificativa): ma, - strumento saliente della strategia paradossale- il tempo che occorre al compimento del processo viene utilizzato, dagli oppressori, per attribuire la colpa del peggioramento allo Stato.

5.1. Il secondo fondamento è il naturale riflesso dell'assenza di una coscienza di classe, e quindi della predisposizione "esistenziale" ad un visione di mediazione e di tregua tra le parti in conflitto come mezzo di conservazione di un'illusoria "serenità" di vita: l'assenza di memoria storica in chi, non essendo capace di interpretazioni dinamiche della inevitabile realtà ciclica del capitalismo, è propenso a reinventare, con sconcertante cecità, la ruota del compromesso tra le parti in conflitto, credendo, in ogni generazione, di non esservi incluso.

Basso descrive particolarmente bene questo atteggiamento di immemoria storica, materialmente giustificato da recondite aspirazioni alla compartecipazione al potere, che pure avvengono, ma, in realtà, proprio come frutto della costrizione che la lotta della classe lavoratrice impone alla oligarchia capitalista. Si tratta dunque di una "astoricità" indagata da Basso con finezza quasi psicanalitica:

Nell’esercizio di questa funzione il ceto medio, come gli antichi segretari e ministri, tende a farsi un posto per sé, a conquistare un peso sociale proprio, che realizzi quanto più è possibile le sue fondamentali aspirazioni: l’indipendenza e la stabilità di vita. Ma poiché queste aspirazioni appaiono difficilmente conciliabili con il carattere stesso della società capitalistica, spinta all’instabilità dalle sue interne contraddizioni e sviluppantesi verso forme di crescente concentrazione che distruggono o minacciano continuamente ogni margine di indipendenza, il ceto medio è inquietamente proteso nello sforzo di resistere alla pressione degli eventi. E in questo suo sforzo esso si appalesa in ultima analisi, e pur con le sue inquietudini e i suoi … oltre che un fattore di coesione, anche un fattore di stabilizzazione della società borghese, come una specie di cemento che ne unisce e ne rafforza le strutture.

È da questa sua natura e da questa sua funzione che nasce l’esperienza della Terza Forza: si potrebbe anzi dire che la Terza Forza non è altro che la materializzazione estrinseca di questa funzione di coesione, di compromesso e di stabilità, la quale in tempi normali si svolge confusa nel groviglio delle forze sociali diverse e contrastanti, ma nei momenti di crisi, quando la vecchia società appare in procinto di rompersi, si estrinseca e prende corpo per se stessa come una entità nuova in cui s’incarna l’illusione del ruolo politico autonomo spettante ai ceti medi

Nei momenti di crisi, quando i rapporti sociali sono estremamente tesi, quando le vecchie strutture cigolano, quando pare che il vecchio equilibrio stia per rompersi e le tendenze dissolvitrici sembrano prevalere su quelle conservatrici, la Terza Forza nasce… sotto la forma di un incontro fra una grande illusione e una grande frode. La grande illusione è appunto quella dei ceti medi di poter superare le contraddizioni della vecchia società, che hanno provocato la crisi sociale, restando nel quadro della società stessa ma eliminandone semplicemente i “difetti”; la grande frode è quella dei ceti dirigenti che di questa illusione si valgono per impedire l’alleanza del proletariato rivoluzionario con i ceti medi scontenti. Di fronte a una situazione di squilibrio sociale infatti, quale può nascere … da una profonda crisi economica, il proletariato, almeno la parte cosciente del proletariato, reagisce nel senso del superamento della vecchia società e della creazione di un nuovo ordine sociale in cui sia eliminata la ragione delle contraddizioni e delle crisi della società capitalistica, cioè la divisione in classi: in altre parole la classe operaia, di fronte a una situazione obiettivamente rivoluzionaria, reagisce nel senso della edificazione di una nuova società socialista.

Ma i ceti medi non hanno una coscienza di classe; la loro aspirazione, nel seno della società capitalistica, è un’aspirazione alla sicurezza sociale… e la loro reazione a tutto ciò che turba questa sicurezza e questa indipendenza, e cioè praticamente la loro reazione di fronte allo sviluppo delle contraddizioni capitalistiche, non si esprime in coscienza rivoluzionaria, che vuole distruggere la causa delle contraddizioni stesse, ma sotto forma di malcontento perché “le cose non vanno bene” e di una tenace illusione che le cose possano “andar meglio” ma che sia questione soprattutto di avere “idee giuste”…Questo atteggiamento mentale del ceto medio deriva da una valutazione superficiale della realtà.

 

6. Ma c'è una ragione molto pratica per cui ciò non può durare: l'illusione crolla ma la classe media ne prende atto, invariabilmente, con un rovinoso ritardo (per i propri interessi reali).

La "superficiale astoricità" della visione delle classi medie, oltre che dall'identificazione con gli interessi degli oppressori e dalla nascosta quanto irrealistica aspirazione a divenire come questi stessi per "merito" autonomo (accettando persino che la carte siano truccate ma pensando di farla franca in barba a tutti gli altri nella stessa condizione), nasce dalla ignoranza, tipica di chi è affetto dalla sindrome Dunning-Kruger, del pensiero e delle finalità di azione delle elites.

E ciò pur quando questi elementi di conoscenza siano perfettamente accessibili e spiegabili senza particolari sforzi: ma non, direbbe Bazaar, per i semi-colti che, in definitiva, si autocensurano.

 

7. Gli stessi media che infarciscono di elementi tecno-pop la proiezione identificativa delle classi medie, si fondano apertamente su poche idee esplicite e continuamente deducibili dalle loro analisi e editoriali espertologici.

L'idea dell'allocazione efficiente delle risorse scarse, da cui l'importanza della "fiducia" nella stessa (pseudo)razionale conservazione del valore attraverso il "circuito monetario" (sembra un concetto complesso ma è tra i più consolidati a guidare il senso comune del cittadino medio nella direzione voluta dalle elites) e l'idea dell'assenza di crisi imputabili ad inefficienze intrinseche al sistema capitalista e tutte imputabili, semmai, a transitori comportamenti irragionevoli del fattore lavoro.

 

8. Questo il quadro riassuntivo di queste due idee-guida, ridotte all'essenziale ed evidentemente diffuse ma ben idonee a dissimulare ogni "dialettica" conflittuale:

a) "Il "circuito monetario" è già idea di una super-etica che pone la creazione di valore, nello svolgimento di qualsiasi attività socio-economica, (in realtà, ormai, anche del mero atto di"consumo") alla mercé di chi ha accumulato, in precedenza e con qualunque mezzo (senza alcuna esclusione, in termini di, pur mutevole, sua liceità) "oro e terra" e tenderà sempre a farne un uso rafforzativo della sua posizione (di "proprietario" allo stato più puro e tradizionale: cioè esattamente il punto di partenza di Hayek di tutto il resto della sua analisi economica e ordinamentale).

Attraverso l'elargizione della fiducia -che contiene in sé sia il concetto di scarsità di risorse (l'accumulo di oro-terra, per quanto enorme è pur sempre un "dato"), che quello di allocazione "efficiente" delle stesse (il fine conservativo è insito nell'equilibrio micro-economico del singolo affare, che diviene parametro unico dell'equilibrio generale dell'economia)-, decisa dal concedente (la fiducia) - si costruisce in profondità, sul piano etico-sociale, il perno morale (praticamente incontestato) di ogni altro valore concepibile (persino la Chiesa vi si è sempre sottomessa e lo stesso rapporto socio-biologico uomo-donna viene posto su questo piano).

La moneta fiduciaria comunitaria (cioè sovrana) è già in sé una leva scardinante questo modello, introiettato automaticamente da "noi", per via di quel controllo culturale totalitario "di tutti i mezzi" (di comunicazione) che predica Hayek: ed è scardinante sia perché ri-disloca nello Stato la titolarità originaria del potere di concedere la fiducia (cioè di avviare ogni processo creativo di ricchezza senza dover perseguire un equilibrio allocativo intrinsecamente conservativo della "data" distribuzione della ricchezza e del potere connesso),, sia perché inevitabilmente abolisce la legittimazione data dal possesso di "oro e terra" rispetto alla titolarità privata ed esclusiva, del potere di concedere la fiducia.

L'effetto naturale di questa soluzione sovrana, e pubblicistica nella sostanza economica, al problema monetario, è la funzionalizzazione pubblica dell'intermediazione bancaria, come prescriverebbe l'art.47 della nostra Costituzione.

b) Fa sempre bene rammentare che i liberisti di ieri, esattamente come quelli di oggi, credono nella legge di Say e nelle teorie di Ricardo e, poichè ciò che conta, per ESSI, è solo l'offerta (cioè la produzione industriale), che creerebbe di per sè ed inevitabilmente la propria domanda, ritengono un errore l'ipotesi di un "consumo eccessivamente" piccolo, cioè di insufficienza e debolezza della "domanda". Ergo, se non poteva esistere un scarsità di domanda, non potevano esserci, ovviamente, argomenti a favore di un'azione pubblica per aumentare la domanda stessa.

Tolto di mezzo lo Stato come possibile attore di un riequilibrio che, invece, secondo i liberisti, il mercato trova in particolare nella flessibilità verso il basso dei salari - la cui ascesa e successiva rigidità, sempre ingiustificabile, sarebbe l'unica possibile causa di transitorie depressioni economiche -, si finisce direttamente nella proposizione per cui l'azione dello Stato a sostegno della domanda, oltre ad essere inutile, vìola i canoni di una finanza pubblica sana. E, dunque, inevitabilmente, ricalcando fino alla (para)noia gli slogan su cui viene costruito quello che Keynes definisce "l'incubo del contabile", ne deriva che "lo Stato è come una famiglia privata": perciò deve vivere dei "suoi mezzi" (e non "al di sopra") e in "pareggio di bilancio".

Come vedete questo armamentario è, oggi, particolarmente vivo e "lotta insieme ad ESSI", cosa di cui ci accorgiamo leggendo gli editoriali dei giornaloni, ascoltando gli espertoni e "accademici" economisti e i politici di lotta e di governo che si alternano, tutti insieme, a farci questa inevitabile lezzzzzioncina (via slogan pop), che si conclude, inevitabilmente così: "tagliando la spesa pubblica l'Italia tornerà a crescere".

8.1. Il fatto (in parte) nuovo è che l'applicazione autoritaria di questi schemini aveva finora lasciato quasi intatta la Francia, imperversando negli atti di governo italiani: ovviamente in Grecia, Spagna e Portogallo pure, ma lì con una mitigazione che all'Italia non è mai stata consentita, proprio perché l'ital-tacchino era, e rimane, il bersaglio grosso dell'iniziale accordo franco-tedesco alla base dei trattati €uropei. Vedremo se le classi medie francesi subiranno il trattamento-Italia, e in che forme e misura, e se il vantaggio che le oligarchie francesi intendono ritrarre, (a danno principale dell'Italia), sarà sufficiente a contenere lo scontento in dosi digeribili.

Intanto preoccupiamoci del fatto che Macron, piuttosto che infliggerlo tout-court ai francesi, faccia in modo che il prossimo "fate presto!", si verifichi molto più crudamente nella nostra penisola. Basta un accordo con Angelina, subito-subito e, per indovinarne i contenuti, qualche sorrisino condiviso, ai prossimi v€rtici, alle parole del leader italiano pro-tempore.

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