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sinistra

L’epoca della normalità del male

di Salvatore Bravo

7690983Ci sono totalitarismi impliciti e dunque non riconosciuti che agiscono capillarmente con modalità pervasive, difficilmente identificabili. Il problema è il percorso per riconoscere il totalitarismo implicito e l’integralismo in cui siamo immersi, come pesci in acqua. In genere, non si è capaci di discernere la qualità ambientale ed ideologica che si respira e ci trasforma, in una parte di un tutto, poiché la normalità, l’abitudine all’indifferenza come al parossismo del valore di scambio congela ogni attività critica domandante. L’animale è parte integrante dell’ambiente, è specializzato e funzionale al suo contesto di sopravvivenza, non lo cambia, non può trasformarlo, perché in assenza di linguaggio e della rappresentazione non può agire su di esso per riconfigurarlo, e quindi ne è passivamente parte, come il pesce nell’acqua che non può rappresentarsi l’acqua e di conseguenza non può immaginare un altro modo di vivere. La tecnocrazia, nella stessa maniera, sempre più persuade che lo stato attuale è l’unico mondo possibile, dunque siamo come pesci in acqua, senza linguaggio per ripensare l’ambiente socioeconomico in cui siamo gettati.

 

Dialettica spazio-tempo

Non è necessario organizzare squadre di pompieri pronte a bruciare libri ed a proibire la lettura come in Fahrenheit 451, il potere economico ha assimilato il potere politico, oggi utilizza mezzi meno palesi, fa appello all’esemplificazione, ai processi di alienazione, alle miserie dell’abbondanza per lobomotizzare l’essere umano, per sottrarre all’ ente generico (Gattungswesen) le sue potenzialità, il suo essere un animale simbolico. Aldo Capitini definiva il totalitarismo consumista una forma di “americanismo-pompeiano”: l’eccesso, la dismisura è la legge dell’integralismo economico. La spazializzazione contro la temporalità vissuta ed in quanto tale storica e dotata di senso, è la dialettica che sostanzia il totalitarismo economico. Per Kant è il tempo l’intuizione che dà senso allo spazio, per il totalitarismo economico, lo spazio deve assimilare lo spirito (Geist).

 

L’ipostasi merce

La spazializzazione agisce in modo da occupare gli spazi per sottrarre con la stimolazione delle immagini, degli idola-merce ogni possibilità di prassi del soggetto che sottoposto “al bombardamento etico” del libero mercato, abdica ad ogni valutazione critica sul senso e sulla congruità del contesto in cui è disperso. Lo spazio pervade i tempi della mente sottoponendola ad un’accelerazione osmotica di desideri, riducendola ad un porto nel quale le merci sono scaricate e caricate. La spazializzazione della vita è dinanzi ai nostri sguardi, ma come il pesce nell’acqua, non ci rappresentiamo il mondo merce, non lo nominiamo eppure esso c’è , è l’ipostasi e noi siamo l’accidente. Il processo di animalizzazione dell’essere umano, a questo punto, non necessita di squadre di pompieri pronte ad incenerire con i libri, i pensieri autonomi e disfunzionali al sistema capitale, ma agisce riempendo gli spazi di merce sottraendo al libro, alla sospensione della valorizzazione ogni possibilità di diventare reale. Le grandi librerie si riempiono di oggetti di ogni genere, di conseguenza gli imprenditori delle multinazionali del libro, non sono antitetici al sistema capitale, ma complementari, al punto che il potenziale lettore trova in una libreria, non solo libri, ma anche carabattole, stoviglie, mezzi multimediali: la distrazione dal libro, dal pensiero critico, è così organizzato all’interno degli spazi nei quali invece, si dovrebbe organizzare e riorganizzare l’apparato simbolico, il fine è solo vendere, per cui il libro è reso eguale a qualsiasi merce. Non è necessario che vi siano i pompieri ad inibire la lettura, si agisce per la dimenticanza del libro, della coscienza oppositiva e critica, ostruendo i canali nutritivi della temporalità, inaridendo la natura umana generica per definirla nei termini di natura consumante, ed osservante agli obblighi della legge del libero scambio. Il passo ulteriore dell’asfissia merce è l’adattarsi dell’essere umano alle leggi del mercato, al punto che percepisce se stesso come “capitale umano”: una merce un po’ speciale, da immettere nel mercato delle competenze e della competizione previa ostentazione della merce in oggetto. La pornografia di se stessi, la spazializzazione è la messa in vendita sul mercato implicante la cura di sé, che con delusione dell’ultimo Foucault, non è affatto la messa in atto di liberi processi di soggettivizzazione, ma è la cura maniacale del corpo, il tentativo di ridurlo a corpo morto, a pura spazializzazione ben tornita, cartina di tornasole, per rendere più vendibili le proprie competenze comprate nel circuito “dell’offerta formativa”.

 

L’antiumanesimo del sistema capitale

Il modo di produzione capitalistico nega la natura degli esseri umani, pone la persona sullo stesso livello degli animali non umani, questi ultimi si caratterizzano per essere specializzati in una particolare funzione; il capitalismo specializza l’essere umano rendendolo funzione in una particolare attività produttiva. E negata la polisemia simbolica dell’essere umano: nel capitalismo assoluto l’essere umano è sempre più consumatore senza limiti, piuttosto che produttore. E’ opportuno rammentare la lezione di Marx, che a soli ventisei anni, aveva compreso gli effetti antiumanistici del sistema capitale1 :

La creazione pratica d'un mondo oggettivo, la trasformazione della natura inorganica è la riprova che l'uomo è un essere appartenente ad una specie e dotato di coscienza, cioè è un essere che si comporta verso la specie come verso il suo proprio essere, o verso se stesso come un essere appartenente ad una specie. Certamente anche l'animale produce. Si fabbrica un nido, delle abitazioni, come fanno le api, i castori, le formiche, ecc. Solo che l'animale produce unicamente ciò che gli occorre immediatamente per sé o per i suoi nati; produce in modo unilaterale, mentre l'uomo produce in modo universale; produce solo sotto l'impero del bisogno fisico immediato, mentre l'uomo produce anche libero dal bisogno fisico, e produce veramente soltanto quando è libero da esso; l'animale riproduce soltanto se stesso, mentre l'uomo riproduce l'intera natura; il prodotto dell'animale appartiene immediatamente al suo corpo fisico, mentre l'uomo si pone liberamente difronte al suo prodotto. L'animale costruisce soltanto secondo la misura e il bisogno della specie, a cui appartiene, mentre l'uomo sa produrre secondo la misura di ogni specie e sa ovunque predisporre la misura inerente a quel determinato oggetto; quindi l'uomo costruisce anche secondo le leggi della bellezza”.

 

Un mondo senza virtù

Marx descrive un mondo senza virtù, senza aretè (ἀρετή), parola in italiano poco traducibile, perché la virtù per i Greci era la realizzazione di sé, essa è bellezza, perché generativa (Platone Simposio), è l’umano nella forma finalistica: ciascuno ha un’indole, un dono/virtù, cristianamente “i talenti”, che deve affinare e formare, affinché la sua vita sia degna di essere vissuta; divenendo se stesso l’essere umano si stacca dallo stato ferino, dall’immediatezza dei bisogni riordinandoli in una dimensione universale, pertanto Aristotele può affermare2 che lo sviluppo virtuoso dell’intelletto india, rende simili alla divinità. Giustizia e felicità coincidono nella visione greca: la Politeia (Πολιτεία) di Platone presuppone non solo la giustizia, ma anche la felicità, poiché ogni cittadino occupa un ruolo che corrisponde alla propria natura e pertanto è felice. Senza la dimensione temporale, non vi è telos (τέλος) , ma solo il bieco meccanicismo che riduce l’essere umano ad un ente gettato in uno spazio senza tempo e dunque sottratto alla storia. La lotta personale e collettiva è tenere in vita il propria senso, la fedeltà al proprio destino contro l’integralismo economico meccanicistico. Naturalmente non è sufficiente, perché la prassi sia parte del quotidiano, si deve elaborare un progetto collettivo a più voci, ma senza questa prima forma di resistenza non vi alcun inizio, alcun agere, ma solo l’ipostasi mercato che curva le parole, le espressioni dialogiche nella forma merce, e dunque il dispositivo (Gestell) si installa per parlare per noi, i posseduti dall’economia di mercato.

 

Genealogia del Capitale e dello stato presente

L’emancipazione dal capitalismo assoluto non può prescindere dalla conoscenza critica. Massimo Bontempelli filosofico e storico nel suo scritto L’ Agonia della scuola italiana chiarisce che sapere critico è quel sapere capace di mettere in discussione i fini, mentre la tecnocrazia didattica si sofferma sulle abilità tecniche per giungere ai fini già prestabiliti ed indiscutibili. L’emancipazione necessita di una messa in discussione dei fini, mediante i processi archeologici – genealogici della Filosofia. Il metodo processuale tipico della Filosofia e strutturatosi in particolare con Rousseau, Marx e Foucault rimette in discussione l’ipostasi mercato rimappando dati e necessità che attraverso di esso invece, appaiono nella loro umanità, non più un destino senza destinazione, ma potenzialità interne alla storia umana. Un nuovo asse culturale è dunque imprescindibile al fine della prassi, altrimenti si sarà condannati a vivere nell’eterna ripetizione del presente, esposti alla precarietà come al male di vivere come fosse una necessità ontologica. Bisogna, dunque, reimparare a domandare, ed in ciò la Filosofia, è un ausilio non sostituibile3 :

Le domande da porre non sarebbero: Quali tipi di sapere volete squalificare dal momento che chiedete: è una scienza? Quali soggetti parlanti, discorrenti, quali soggetti d’esperienza e di sapere volete dunque <<minorizzare>> quando dite: <<Io che faccio questo discorso, faccio un discorso scientifico, e sono uno scienziato>>? Quale avanguardia teorico-politica volete intronizzare per staccarla da tutte le forme circolare e discontinue del sapere>>?”.

La prima domanda da porre è “Chi parla?”, abbiamo smesso di chiedercelo, i libri come la Storia muovono a questa domanda che desostanzializza i feticci per porre la verità della Storia: lo Spirito umano. Senza la domanda fondamentale “Chi parla?”, il mercato continuerà a parlare, a decidere ad imperare sui sudditi e sugli esecutori. Si narra che l’imperatore che decise la costruzione della grande muraglia fece bruciare i libri tutti, tranne i libri di medicina, a chi gli chiedeva perché avesse bruciato anche i libri di Storia, l’imperatore rispose che sono sempre un pericolo per il governo in corso. Anche oggi libri e Storia sono minacciati dal potere economico che per eternizzarsi deve rimuovere dallo spazio i libri e ridurre la Storia a semplice successione temporale. Si riduce la Storia a semplice presenza nel curriculum scolastico, il potere si sottrae, così, al giudizio, poiché per la Storia insegna a riconoscere il male e dunque non lo rende “normale”, al punto da non riconoscerlo. Lo Spirito del mondo (Weltgeist), la prassi che porta verso l’emancipazione e la libertà si ritira dall’umanità, al suo posto non resta che il tempo privato dalla sua teleologia. La normalità del male, per George Mosse, è la condizione per l’affermarsi dei totalitarismi, e non la banalità del male della Arendt4 :

Non mi pare dunque adeguato parlare della banalità del male, come fa Hannah Arendt. Trovare un’altra espressione è difficile, ma io parlerei della normalità di un male che minaccia in forme estreme il nostro secolo (…) Che cosa c’era nella mente? Innanzitutto questo pensiero chiaramente espresso in un famoso discorso di Himmler: abbiamo visto tutti questi cadaveri, e tuttavia restiamo forti. Ritengo che Hannah Arendt non sia nel giusto parlando di banalità del male.”

La normalità del male è la precarizzazione della vite oggetto dei capricci del mercato e della legge del profitto. Il paradigma del nuovo ordine mondiale è I’utile che si concretizza nell’individuo astratto, avulso dalla comunità che usa tutto e tutti al fine di ottenere il massimo risultato possibile. La condizione della normalità del male è simile allo stato di natura descritto da Hobbes nel Leviatano, ogni individuo nello stato di natura vive perennemente la tensione dell’ostilità predatoria, è come se il cielo minacciasse continuamente tempesta, per cui lo stato di precarietà è presente anche nei periodi brevi di calma5 :

Infatti la guerra non consiste soltanto in una battaglia od in una serie di operazioni militari, ma in un periodo di tempo in cui appare chiara la volontà di combattere, e perciò l’elemento tempo deve essere considerato come compreso nella natura della guerra, così come lo è nella natura delle mutazioni atmosferiche. Infatti come la natura di una burrasca non consiste soltanto in uno o due scrosci di pioggia, ma nella inclinazione al cattivo tempo per molti giorni insieme; così la natura della guerra non consiste nei suoi particolari episodi, ma in un atteggiamento ostile, durante la durata del quale non vien data requie al nemico”.

Libri e prassi sono filologicamente legati, sono il luogo dove lo Spirito dell’umanità prende forma per simbolizzare dialetticamente il tempo. La glorificazione dell’economicismo ha il suo puntello adamantino nella negazione del libro e della lettura. Ogni resistenza deve iniziare dall’attività pratico-teoretica della lettura. Contro il nichilismo economico e dello spettacolo il libro può essere una fenditura nel sistema, un diniego silenzioso dello stato presente, senza la cultura del libro e della mediazione razionale consustanziale ad essa, non resta che l’incultura dell’immediato, la quale, mentre promette e lusinga con le sue aspettative, forgia le catene del nichilismo, il cui tempo è contenuto nella guerra di tutti contro tutti, nella condizione di spettatore dinanzi agli effetti della globalizzazione. Per ricostruire un’azione politica, è necessario lo studio in cui trovare modelli mediati razionalmente nel presente storia: senza modelli, non vi è che l’eternizzazione dell’attimo che ripete se stesso, essi in modo comparativo dispongono al pensiero. La pedagogia del nichilismo, la distruzione dei contenuti, a favore della tecnodidattica che pone i libri in uno stato di minorità è il germe che veicola la tirannia dell’economia sulla politica, è la negazione della cittadinanza. Contro tutto questo, sono possibili soluzioni plurali, ma la centralità del pensiero teoretico/pratico non può essere secondario.


Note
1 Karl Manoscritti economico-filosofici del 1844 paragrafo XXIV
2 Aristotele Etica Nicomachea, X,7, 1177 b30-31
3 M. Foucault Microfisica del potere Einaudi Torino 1977, pag. 170
4 Mosse, Intervista sul nazismo, Laterza Bari, 1997 pp. 72 73
5 T. Hobbes, Leviatano, Utet Torino, pp. 158 159
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