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essere comunisti

Il teatro delle bugie

di Pietro Ancona

L'articolo di Repubblica di ieri mattina con la notizia della perplessità del Presidente della Repubblica sulla ratifica della legge 1167 era stato accolto come un raggio di sole in una plumbea giornata di pioggia. L'articolo era talmente circostanziato e documentato da fare ritenere assolutamente attendibili le critiche formulate dal Quirinalle all'impianto della legge anti art.18. Subito dopo tutto il fronte dei fautori della legge si è messo in movimento per pressare il Quirinale e fargli capire che non deve tergiversare sul bottino più sostanzioso che il padronato è riuscito a scippare ai lavoratori dopo la legge Biagi. Sacconi, il Ministro della "complicità sindacati-padronato" ha emesso acutissimo strillo di protesta ed ha malignamente rinfacciato al PD e alla stessa CGIL il fatto che la legge ha subito ben quattro passaggi d'aula senza suscitare particolari contrarietà ed opposizioni.

Insomma ha fatto sapere a Napolitano che il fronte anti art.18 è bipartisan. Chiamato in causa, il PD, con una nota di Damiano e Berretta, si limita a chiederne una modesta limatura per rendere meno brutale il tritacarne dell'arbitrato. Contemporaneamente Sergio D'Antoni, ex segretario della Cisl ed autorevole esponente del PD, interviene per spezzare la sua lancia a favore dell'arbitrato.

Anche la CGIL è intervenuta, ma, a differenza della CISL che ha preso posizione ufficiale a favore con la sua segreteria, si è limitata ad un commento di Fulvio Fammoni. Giudizio negativo e basta. Non si chiede niente al Presidente, non si invitano i lavoratori a protestare, a creare nei posti di lavoro un movimento di contestazione. Il grande pitone a più teste del sindacalismo italiano inghiottirà la 1167 come ha inghiottito la legge 30 e quant'altro si è fatto con il governo ed il padronato per cancellare diritti o restituire miglioramenti ottenuti.

Cazzola, grande coautore della 1167, già segretario della CGIL in quota sinistra socialista, chiede bon ton. Non bisogna premere sul Quirinale specialmente se si chiede di bloccare il misfatto e rinviarlo agli autori. Ichino, furbissimo e scaltrissimo, cerca di stornare l'attenzione, di minimizzare: "non vi preoccupate, tanto la legge è incostituzionale e non sarà applicata", scrive! Ma anche la legge Biagi è incostituzionale ed è una miniera di elusione e di evasione della Costituzione, eppure è in piena opera, ha già fatto milioni di vittime ed altre ne continuerà a fare. Non solo, ma continua ad essere celebrata dal mondo accademico come una delle pietre miliari del nuovo giuslavorismo. Dal 19 marzo e per tre giorni l'Università di Modena è impegnata in un seminario di studi sull'opera di Biagi. Osservo con amarezza che tanta attenzione non è mai stata dedicata all'opera di Brodolini ed al suo Statuto dei Diritti accolto dalla borghesia italiana di malagrazia e con malcelata ostilità come peraltro viene accolta dai potenti ogni cosa riguardante la giustizia sociale e l'eguaglianza. L'establishment non gradisce la diffusione dei diritti.

La Repubblica fondata sul Lavoro si accinge a celebrare come un grande eroe del pensiero, come un grande riformatore, l'autore di un libro bianco definito da Cofferati dal contenuto "limaccioso". La riforma Biagi consiste essenzialmente nel prevedere un numero quasi infinito di rapporti di lavoro dal cocopro alla prestazione a partita iva, una miniera inesauribile di possibilità di elusione dei diritti delle persone. Infatti, tutti gli infelici che prestano la loro attività sub specie legge trenta non soltanto hanno perso quasi tutti i diritti, ma si debbono accontentare di retribuzioni meschine. Una ragazza due volte laureata, master, tre lingue, adibita al lavoro di segreteria guadagna non più di 700 euro al mese.

Cinque e forse più milioni di lavoratori biagizzati vivono nella precarietà e, se licenziati, non possono fruire di nessun ammortizzatore sociale. Questo governo ha fatto qualcosina per alcuni di loro che però non deve costare più di duemila euro annui. L'entusiasmo con il quale tantissimi ragazzi e ragazze hanno raggiunto la laurea è stato spento da una imprenditoria disumana che riesce ad imboscare centinaia di miliardi di euro all'estero. La laurea non é più strumento di promozione sociale e di qualificazione. La legge Biagi l'ha totalmente stroncata ed ha stroncato le speranze nutrite per tutta una vita dalle sue vittime. Quello che conta è il censo, la famiglia, Se sei avvocato e tuo padre è contadino puoi solo andare a servizio per pochi soldi da un altro avvocato il cui padre era avvocato. Lo stesso per tutte le professioni. I laureati figli di poveri sono stati brutalmente riproletarizzati e la legge Biagi li ha rimessi al loro posto.

Sacconi conta di portare a Modena al convegno su Biagi lo scalpo dell'art.18. La porta della precarizzazione universale è spalancata!

Intanto si comincia a costruire un nuova volgata dopo le tante "modernizzazioni" che hanno devastato e ridotto in macerie i diritti. Qualcuno comincia a parlare della bellezza della privatizzazione del diritto. Se sono le parti sociali e non la legge a regolare il conflitto non è forse meglio? Qualcuno si infila nella porta aperta dall'arbitrato per cancellare le tutele stigmatizzate come privilegi, ingessature, lacci e lacciuoli.

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