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La secessione reale: perchè molti enti locali italiani hanno la capitale a Londra e non a Roma

Nique la Police

Mentre la comunicazione politica si occupa di spettri, figure esangui che rilasciano dichiarazioni frammetarie e fugaci ai telegiornali e alla stampa, è utile concentrarsi sullo scenario aperto dalla profonda crisi economica e finanziaria che sta attraversando il continente europeo.

Da questo scenario isoliamo un particolare: in Italia una secessione è già maturata. Ma non tra la Lega e Roma, come temuto dalla grigia vestale del tricolore che si chiama Napolitano, ma tra molti enti locali italiani (sia a nord che a sud del paese) e il potere centrale. Questi enti locali una loro capitale, intesa come riferimento ineludibile di interessi, l'hanno già eletta. Si chiama Londra, e più precisamente la City, e il fatto che anche questa capitale attraversi una seria crisi economico-finanziaria non fa altro che aggiungere ulteriori tinte fosche ad uno scenario già di per sè plumbeo. Vediamo, per gradi, di intenderci sul tema che stiamo trattando.

 

Interessi italiani diversi nello stesso caos europeo

Cominciamo da come funziona la comunicazione politica: mentre tg e stampa sono pieni di particolari sull'ultima conferenza bon chic bon gendre di Fini, di faticose traduzioni dell'ultimo rantolo di Bossi o di frasi da buon senso del commesso coop di Bersani, nei giorni scorsi si svolgevano a Bruxelles due drammatiche riunioni. Una dell'Eurogruppo, i rappresentanti economico-finanziari della zona euro, e una dell'Ecofin che riguarda i ministri dell'economia e delle finanza dell'intera Unione Europea.

La particolare natura di queste riunioni, codificate da procedure e da linguaggi tecnico-amministrativi e della governance, rende ai media particolarmente facile l'operazione di opacizzazione delle tensioni e di neutralizzazione comunicativa dei conflitti che si svolgono al loro interno.

Tra l'altro questi linguaggi sono elaborati proprio per sfuggire alla loro traduzione in termini generalmente comprensibili. Altrimenti i loro temi entrerebbero nella sfera pubblica politica, effetto che sia i media che il ceto politico intendono evitare. D'altronde la tecnicizzazione del linguaggio è una strategia adoperata non solo per motivi di specializzazione ma anche di impermeabilizzazione rispetto ai conflitti: più un linguaggio è "tecnico", e meno è "politico", più ha possibilità di essere accettato e legittimato senza opposizioni o conflitti.
In questo caso si arriva quindi al paradosso per cui i sospiri di un signore di salute malferma, che fa il ministro delle Riforme, su un progetto formalmente campato in aria detto federalismo vengono amplificati secondo regole di comunicazione barocca mentre la feroce discussione, aperta a Bruxelles, dalla Germania sulla costituzionalizzazione del debito nei singoli stati viene appena accennata nei lanci di agenzia.

Immaginiamoci se Bossi (peggio ancora Berlusconi) avesse proposto di fissare le quote del debito pubblico entro la costituzione del '48. Sarebbe successo il caos. Lo fa il cancelliere tedesco, in una riunione drammatica sullo stato dell'euro, e tutto quello che le televisioni italiane riportano da Bruxelles sono le dichiarazioni di Tremonti sulla manovra che sarà pagata "dai falsi invalidi". Populismo dozzinale, ad uso tranquillizzante per una popolazione che non si deve allarmare sulla prossima finanziaria, mentre il dibattito politico vero si svolge in linguaggio codificato per gli addetti ai lavori.

Ma a Bruxelles non si è parlato solo di questo, e già non era poco, e la drammacità dei vertici nella capitale belga non sta solo nel fatto che i paesi europei si sono divisi su questa proposta tedesca. La Germania ha infatti avanzato un'altra proposta: quella di regolamentare i fondi speculativi e i titoli derivati sulle piazze europee. Si tratta (solo) di una parte degli eserciti e delle munizioni a disposizione della speculazione per arricchirsi a spese dell'euro e dei bilanci della Ue.

La Gran Bretagna, alla riunione Ecofin, si è fermamente opposta a questa misura. Il motivo è fin troppo ovvio: buona parte della City, la borsa londinese, prospera proprio su questo genere di fondi e su questo tipo di titoli derivati. E' emersa quindi una contraddizione tra Germania e Gran Bretagna, e con molta forza, a una riunione chiave sulle politiche finanziarie della Ue. Ma è anche emersa, e questo non possono raccontarlo nè il tg1 nè il Tg3, una contraddizione tutta italiana. Piuttosto seria e potenzialmente devastante. Mettiamola in questo modo: qualcuno al ministero dell'economia del nostro paese si sarà preoccupato del veto inglese alle misure proposte dalla Merkel, mentre qualcuno, in molti enti locali italiani, avrà tirato un sospiro di sollievo vedendo che il comportamento del nuovo governo Cameron pagava in termini di ostruzione delle politiche antispeculative.

Al momento, dopo anni di ciarlatenesco protagonismo leghista, sono queste le cronache della vera secessione italiana. Silenziosa, non dichiarata nemmeno in potenza ma già reale.
Ma di cosa stiamo parlando? Facciamo un salto indietro di otto anni e le idee si faranno più chiare.

 

Interest rate swap, altro che Lega nord: un motore della secessione reale italiana

Citiamo dalle conclusioni di uno studio del 2002, ad una conferenza della Società di Economia Pubblica, sulle possibilità di utilizzo da parte degli enti locali italiani degli Interest Rate Swap (una categoria dei titoli derivati che possono essere anche altamente "tossici" cioè a rischio di devastazione speculativa):

"L’utilizzo degli Interest Rate Swap sembra avere potenzialità ancora inesplorate nella realtà degli enti locali. A tutt’oggi, pochi sono gli enti che abbiano in concreto fatto uso di tali strumenti derivati, spinti sia da incertezze legislative [...] sia da difficoltà di carattere pratico o da mancanza di professionalità".

L'estensore della ricerca si premuniva però, sempre nella conclusione, di ricordare che all'epoca le reticenze all'uso di questo genere di derivati non erano solo legate dall'incertezza del quadro legislativo o alle carenze di professionalità dell'amministrazione.

"D’altra parte, la possibilità di incorrere in perdite, anche elevate, assieme alle relative responsabilità cui possono andare incontro i dirigenti [degli enti locali, ndr] non ne ha certo invogliato l’utilizzo".

fonte: Unipv
 
Nel 2002 quindi l'uso degli Interest Rate Swap per ammortizzare gli enormi debiti degli enti locali era quindi classificato come possibile ma, allo stesso tempo, a forte rischio. E si parla di rischi quantificati, per le casse pubbliche, nell'uso di ogni titolo derivato di questa tipologia in cifre certamente molto molto più elevate del risparmio accreditabile con il ritiro di qualche pensione ad un falso invalido di Cosenza o di Isernia. Cifre tali da sinistrare, in modo letale, decine e decine di enti locali di questo paese.

Di fronte a queste opportunità offerte dai derivati, in termini di dilazione e di finanziamento del debito degli enti locali, e a questo genere rischi cosa è accaduto negli ultimi otto anni?
Arriviamo ai giorni nostri, maggio 2010, e leggiamo le allarmate dichiarazioni di un pm della procura di Milano, Alfredo Robledo.
Vediamo come le riporta Yahoo Finance: "Derivati: Robledo, Italia ha problema UNICO (le maiuscole sono nostre) in Europa".

Se il titolo non vi sembra confortante, allora leggete queste frasi:

"L'Italia e' una caso unico in Europa per quanto riguarda la stipula di contratti con derivati perche' e' IL PAESE CHE VEDE UN AMPIO E DIFFUSO USO DI QUESTI STRUMENTI NELLE AMMINISTRAZIONI LOCALI.  [..] Il pericolo, ha spiegato Robledo, e' concreto ma non immediato. L'Italia e' l'UNICO Paese in Europa che ha tante amministrazioni che hanno fatto questo tipo di contratti. Sono tante bolle in capo ai Comuni, alle Regioni e alle Province prima o poi SCOPPIERANNO e nessuno sa che cosa succedera'. Comunque e' un problema diverso da quello greco ma data la diffusione, spero di sbagliarmi, forse IL PROBLEMA E' PIU' GRANDE DI QUELLO DELLA GRECIA"

la fonte: it.finance.yahoo

Queste parole fanno subito venire a mente uno dei tragici buffoni che affollano la politica italiana: tale Pierluigi Bersani che da giorni sta giocando la parte di colui che chiede a Tremonti di informarlo su quale sia l'effettivo stato dei conti pubblici di questo paese. Ora i fatti sono due: o Bersani, di fronte a questa situazione, tace giocando il ruolo di colui che non sa o è profondamente incapace di intendere e di volere. Perchè uno che è stato presidente di uno degli enti locali più importanti del paese, la regione Emilia-Romagna, e ministro dello sviluppo economico, e non denuncia questo esplosivo stato di cose negli enti locali, non può che ricoprire due ruoli: quello del connivente o quello dell'incapace. E comunque di quello che non ha mai visto i viaggi di Bassolino e di Del Turco, e di tantissimi altri amministratori del centrosinistra (come del centrodestra) negli uffici della City londinese. Dove i derivati delle regioni e delle amministrazioni italiane si trattano con grande profitto da oltre un quinquennio (con l'assenso di due governi Berlusconi e dell'ultimo governo Prodi, quello con le sinistre "noglobal" all'interno).

Come abbiamo capito dal 2002 al 2010 l'uso dei derivati come gli Interest Rate Swap negli enti locali italiani, trattati a Londra, non solo è cresciuto ma è arrivato a costituire una vera anomalia in Europa. Portando con sè, amplificandolo, tutto il carico di rischio già intravisto otto anni fa nell'analisi di una sola tipologia di titolo. Ma comportando anche un enorme carico di profitti nella City londinese. Tutto a spese della popolazione italiana, of course.

Si comprende come, nei conflitti tra stati della Ue sul tema della regolazione dei mercati finanziari, si giochi quindi una secessione di interessi reale che è pienamente italiana.

In termini semplificati: da una parte abbiamo quegli enti locali che sono tenuti in vita dai mercati dei derivati che hanno Londra come piazza principale in Europa;  dall'altra il bilancio dello stato centrale che dalla compressione del mercato dei derivati, che è capace di agire allargando il debito pubblico di questo paese, ne guadagna innegabilmente benefici. Chissà forse un giorno, ma non a breve viste le cifre, questa contraddizione sarà risolta oppure forse esploderà sinistrando le amministrazioni locali italiane e bloccando a lungo servizi di primaria necessità.

Nel frattempo, a secondo di quale posizione si occupa nell'amministrazione di questo paese, centrale o locale, si seguono quindi gli interessi portati avanti dalla Merkel oppure quelli dell'avversario Cameron. Più che un acido di Bossi questa situazione sembra una sorta di ritorno di Metternich, dell'epoca degli interessi italiani frammentati e determinati dal gioco delle potenze europee.

Lasciamo agli storici il compito di capire quanto siano state le politiche del centrodestra, e quanto del centrosinistra, a determinare questa sitazione. Sappiamo che entrambi gli schieramenti sono responsabili in solido e tanto basta. Le percentuali di responsabilità, su questa secessione finanziaria del paese, serviranno solo ai futuri candidati alla presidenza del consiglio per accapigliarsi e in modo surreale.

Resta solo da farsi qualche domanda: per esempio, la Germania e l'Austria in queste ore hanno proibito un certo tipo di vendita di derivati nelle proprie borse. Saranno rimasti più contenti in qualche ufficio del ministero dell'economia o più dispiaciuti in qualche assessorato di provincia o regione nel nord o nel sud del paese?

E l'ennesimo, ultimo tonfo dell'euro quanto è un problema per i conti dello stato centrale e quanto un sollievo per gli enti locali visto che rappresenta una vittoria dei detentori di derivati della piazza londinese?

Le risposte a queste domande possono essere molto complesse e piene di soprese per chi le vuol vedere. Di sicuro su questi temi sono di rigore la discrezione, il depistaggio e l'omertà. Ci pensa il circuto dei media ufficiali a tutto questo.
Si tratta infatti di questioni che riguardano il funzionamento del capitalismo e in questi casi, ricordava l'immenso Marx, all'ingresso di queste problematiche spicca sempre un cartello "Vietato l’ingresso agli estranei - No admittance except on business".
Quindi cari italiani il messaggio del sistema politico è chiaro anzi cristallino: fatevi petizioni per moralizzare il paese, le marce per la pace che non hanno mai bloccato nessuna guerra, invocate fantasiose ed ardite primarie, appassionatevi per qualche personaggio che sullo schermo si indigna per qualche ladro di polli preso in flagrante. Ma soprattutto ricordatevi: non aprite quella porta.

ps. nel 2009 si stimavano come vittime (testuale) dei derivati il 10% dei comuni italiani e una foltissima schiera (testuale) di provincie e regioni.

Già nell'agosto del 2008, prima del crack finanziario di Lehman Brothers, la Corte dei conti denunciava i forti rischi dell'uso dei derivati da parte degli enti locali.

Nel maggio 2010, come abbiamo visto, la situazione è deteriorata.

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