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clashcityw

Odio il lunedì

Un racconto del dopo elezioni

Clash City Workers

Varie-Elezioni-europee-2014Chi normalmente visita il nostro sito sa che difficilmente pubblichiamo commenti a caldo. Di solito preferiamo aspettare e analizzare le cose in modo scientifico. Se non si fa così si rischia di andare “a sensazione”, di rappresentarsi in testa tutto un mondo a misura del pezzo di realtà che si conosce… Questa volta però facciamo un’eccezione e abbiamo voglia di buttare giù anche noi qualcosa rispetto all’esito delle elezioni. Perché non ci convincono molte cose che abbiamo letto. Perché sentiamo che forse il pezzo di realtà che conosciamo da vicino ci può permettere di capire cosa è successo domenica…

A questo proposito, iniziamo con l’ammettere una cosa. A differenza di chi afferma che aveva già previsto tutto, noi non abbiamo problemi a dire che non avevamo alcuna certezza su quale sarebbe stato l’esito delle votazioni. Anzi: per noi il risultato è stato francamente sorprendente. Ma non per questo ci sentiamo stupidi: anche la stessa borghesia, che qualche strumento in più ce l’ha, sembrava abbastanza incerta. E se oggi è tanto tronfia è anche perché un exploit del genere non se l’aspettava.

Per noi svegliarci e trovarci difronte al trionfo del PD è stato veramente duro e ha reso questo lunedì di gran lunga peggiore degli altri. C’è da rimanere sconcertati nel vedere più del 40% dei votanti dare la preferenza al partito che ha storicamente iniziato, e in questi mesi sta conducendo, uno degli attacchi più violenti al mondo del lavoro che il proletariato italiano possa ricordare.

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znet italy

Il disastro italiano

di Perry Anderson

italiandisasterL’Europa è malata. Quanto gravemente è questione non sempre facile da giudicare. Ma tra i sintomi ce ne sono tre di cospicui, e interrelati.  Il primo, e più familiare, è la svolta degenerativa della democrazia in tutto il continente, di cui la struttura della UE è a un tempo la causa e la conseguenza. Lo stampo oligarchico delle sue scelte costituzionali, a suo tempo concepite come impalcatura di una sovranità popolare a venire di scala sovranazionale, nel tempo si è costantemente rafforzato. I referendum sono regolarmente sovvertiti se intralciano la volontà dei governanti. Gli elettori le cui idee sono disdegnate dalle élite rigettano i governi che nominalmente li rappresentano, l’affluenza alle urne cala di elezione in elezione. Burocrati che non sono mai stati eletti controllano i bilanci dei parlamenti nazionali espropriati del potere di spesa. Ma l’Unione non è un’escrescenza di stati membri che, senza di essa, sarebbero in buona salute. Riflette, tanto quanto aggrava, tendenze di lungo corso al loro interno. A livello nazionale, virtualmente ovunque, dirigenti addomesticano o manipolano le legislature con crescente facilità; partiti perdono iscritti; elettori perdono la fiducia di contare considerato che le scelte politiche si assottigliano e le promesse di differenze durante le campagne elettorali si riducono o svaniscono una volta in carica.

All’involuzione generalizzata si è accompagnata una corruzione pervasiva della classe politica, argomento su cui le scienze politiche, parecchio loquaci a proposito di quello che nel linguaggio dei contabili è definito il deficit democratico dell’Unione, solitamente tacciono.

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Elezioni europee

(segue...)

megachip

Il boom di Renzi riorganizza il blocco conservatore

di Pino Cabras

Il PD renziano rafforza la propria funzione: riorganizzare efficacemente il blocco sociale conservatore mentre crolla l'analoga funzione berlusconiana

L'Anna Karenina di Lev Tolstoj inizia con il ricordare che «tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo». L'Europa uscita da queste elezioni continentali è più che mai una realtà estremamente variegata, e probabilmente infelice. Il regime dell'austerity ha colpito in modi diversi i popoli europei, provocando reazioni molto differenziate. Queste reazioni sono state influenzate dalla maggiore o minore velocità della crisi, dalla diversa tenuta dei partiti tradizionali, dalla capacità di rassicurare gli elettori da parte dei partiti nuovi e di rottura, dalla traiettoria dell'azione dei rispettivi governi. In certi importanti paesi (come nel Regno Unito e in Francia) si sono affermati in modo clamoroso come primi partiti delle forze di netta rottura.

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militant

Tristi elezioni

Militant

Tutto, più o meno, come previsto. La centralità della nuova DC appariva probabile, sebbene non in questi termini, che non possono che peggiorare le nostre aspettativa per il futuro. Un sistema che si stabilizza, che si cementa attorno all’uomo forte e al partito asse del sistema politico-istituzionale. Niente di buono per le speranze antagoniste in Italia, che ora avranno di fronte un nemico molto più coeso dal risultato, che andrà avanti a spron battuto tacitando, con la forza se necessario, chiunque osi opporsi al suo liberismo europeista. Un M5S che, come ampiamente previsto, riduce i suoi voti, anche se meno di quanto potessimo aspettarci.

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aldogiannuli

Un risultato molto chiaro. Ma non definitivo

di Aldo Giannuli

Risultato netto e di non ardua interpretazione: Renzi ha vinto, il M5s ha perso, il centro non esiste più, la destra è in via di dissoluzione, piccole ma significative affermazioni di Lega e Lista Tsipras. Inutile cercare attenuanti o giustificazioni: i numeri parlano chiaro. Ora cerchiamo di vedere cosa c’è “dentro” questi numeri, cercando di tener presenti percentuali e voti assoluti anche se non completissimi (mancano solo 60 sezioni, per cui possiamo ritenere i dati definitivi, salvo piccolissimi discostamenti finali). In primo luogo, va detto che la forte astensione prevista c’è stata, ma si è distribuita in modo molto più disomogeneo del passato: è stata molto alta nel sud e nelle isole, mentre, al contrario i risultati più favorevoli  alla partecipazione si sono avuti nei due collegi settentrionali ed, in parte, al centro.

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francescosantoianni

Grillo, e ora che si fa?

Francesco Santoianni

In fondo, questo calo elettorale del Movimento Cinque Stelle  (pur facendo la tara con la relativa crescita del PD, che ha trasformato questo calo in una débâcle) era facilmente prevedibile. Per carità, nessun link a miei precedenti articoli. Sarebbe bastato riflettere sul suo progressivo calo nelle varie elezioni amministrative; alle sempre più asfittiche sue iniziative, al progressivo disimpegno dei suoi “militanti” (nonostante l’aumento degli “Attivisti certificati” che nessuno ha visto mai ma buoni per votare in Rete qualche candidatura o espulsione).

Il tutto comincia a ridosso delle elezioni febbraio 2013 quando, il riversarsi di una fiumana di persone cariche di speranze e aspettative, verso il Movimento Cinque Stelle fu visto da Grillo non come occasione per strutturare un Movimento democratico e articolato con il quale interagire con la società bensì come una minaccia alla sua Chiesa che avrebbe dovuto portarlo oltre la soglia del 51%”.

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ilsimplicissimus

Europa, i conti non tornano

di ilsimplicissimus

Ciò che sta accadendo è confuso, caotico, ma al tempo stesso chiarissimo: l’Europa del trattato di Roma, delle speranze germogliate nel dopoguerra, è definitivamente defunta. In due grandi Paesi storici ,Francia e Gran Bretagna ha vinto la voglia di andarsene da un consesso sempre più a guida bancario tedesca.  In altri, Grecia, Spagna, Portogallo, Austria, Danimarca, Polonia vincono o aumentano fortemente le forze critiche sia di sinistra radicale che di destra o di protesta. Dappertutto, salvo che in Svezia e in Portogallo dove ci sarebbe anche la possibilità di un governo tutto a sinistra, perdono le socialdemocrazie colpevoli di essersi appiattite sulla politica dell’austerità e dei massacri e in qualche caso di esserne divenute persino protagoniste.

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altri

Ha vinto Renzi. Il berlusconismo è risorto, più forte e più bello che pria. Grazie. Prego

Lanfranco Caminiti

L’astensionismo non ha sfondato. Più di metà degli elettori che non votano non è certo un “dato fisiologico” (sarebbe come dire che la disoccupazione giovanile al 45 per cento è fisiologica), ma non è un valore sufficiente per parlare di delegittimazione del parlamento europeo.

L’affluenza europea è nella media delle votazioni precedenti, sempre in calo, cioè, ma benché in alcune nazioni importanti (Olanda, Gran Bretagna) ci siano state punte notevoli di non-voto, in altrettante nazioni importanti (Germania, Francia) c’è stato addirittura un aumento dei votanti. La sovrapposizione fra voto europeo e voto “nazionale” non è stata solo una prerogativa italiana: vale per la Francia, la Germania, la Spagna, la Gran Bretagna, la Grecia (a proposito, auguri a Tsipras). E non poteva essere altrimenti, è uno dei “sensi” del voto di cui l’elettore si riappropria ed esercita: protestare, approvare, investire, ritirare.

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contropiano2

L'avanzata del populismo di regime

redazione Contropiano

Uno sconfitto clamoroso, nelle elezioni italiane per il parlamento europeo, sicuramente c'è: gli exit poll. Mai come questa volta la rilevazione a campione fuori dai seggi elettorali ha fornito dati fantasiosi, in contrasto aperto cone la realtà del voto. Chi fosse andato a letto intorno alla mezzanotte si è addormentato “sapendo” che Renzi veniva dato poco sopra il 30%, mentre Grillo viaggiava poco sotto. Riaprendo gli occhi ha appreso che Renzi aveva “trionfato sfiorando il 41%, mentre il comico genovese retrocedeva intorno al 21%, parecchio sotto i risultati di appena un anno fa. In via di dissoluzione il blocco berlusconiano, trasmigrato nel bacino elettorale “democratico” (il Nordest...) in misura molto più consistente che in quello alfaniano, salvatosi per il rotto della cuffia (appena sopra la soglia del 4%, come anche la lista Tsipras).

I dati definitivi sono comunque questi:

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micromega

Plebiscito Renzi: e se fosse un voto in maschera?

di Pierfranco Pellizzetti

L’imprevisto plebiscito nazionale pro Renzi, balzato fuori dall’urna elettorale europea, ha indotto all’immediata autocritica molti commentatori della mia parte (ammesso che io una parte ce l’abbia; se non quella di voler stare dalla parte della gente seria, dunque capace di autocriticarsi). Sicché – pur trovando insopportabili certe autoflagellazioni di ex cerchiobottisti pentastellari – condivido l’opinione severa di Gomez e Padellaro sui toni sovreccitati della campagna grillesca. Cui aggiungerei una deleteria (autolesionistica) esposizione dell’impresentabile Casaleggio, nell’inquietante ruolo de “la cosa venuta dallo spazio”.

Certo, il Beppe Grillo urlante e il Gianroberto Casaleggio sibilante hanno terrorizzato non poco. Ma il trionfo renziano non può essere spiegato solo con un eccesso di decibel e un difetto di icone nella comunicazione avversaria.

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minima&moralia

Motivi per cui ha stravinto Renzi

di Christian Raimo

Nessuno si aspettava un risultato così clamoroso per il PD. Figuriamoci io, che scrivevo due giorni fa un articolo in cui dicevo che era spompato. Nessuno tranne Matteo Renzi stesso che nel 2012, nella corsa alle primarie contro Bersani, dichiarava: “Il mio Pd può arrivare al 40%, il loro al massimo al 25”. Ha avuto ragione, e altri – molti, mi ci metto nel mucchio – hanno avuto torto. Ma i motivi (i meriti e le fortune, del resto occorre essere golpe et lione) per cui Renzi ha stravinto sono molteplici, proviamo a elencarne solo i primi che saltano all’occhio.

1. Gli 80 euro. Mossa elettorale? Elemosina? Primo timido tentativo di una redistribuzione economica dalle rendite al reddito? Fatto sta che a me venerdì, ossia due giorni prima del voto, nella scuola dove lavoro mi hanno fatto firmare un foglio su cui dovevo autocertificare se ero nelle condizioni di beneficiare del bonus.

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sollevazione2

Hanno vinto loro. Per adesso

Segreteria nazionale del MPL

26 maggio. Ci vorrà tempo per svolgere un’analisi non grossolana delle elezioni del 25 maggio. Lo faremo, come siamo abituati a fare, quando disporremo di tutti i dati. Solo allora si potranno decodificare i segni che stanno dietro allo sfondamento del Pd di Matteo Renzi e al flop di M5S di Beppe Grillo. 

Come c’era da aspettarsi, un simile responso delle urne, sta facendo esultare le classi dominanti e, in particolare, l’aristocrazia finanziaria.

Il Sole 24 ore per descrivere il clima euforico che regna a Piazza Affari, fa parlare i pescecani. Lo squalo n.1 esordisce: 

«È il risultato migliore che si potesse ottenere per i mercati finanziari, l'Italia è stato l'unico Paese a esprimere un voto europeista fra i fondatori e, contemporaneamente, ha ottenuto dopo anni un risultato di stabilità politica».

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linterferenza

Moriremo (neo) democristiani?

Riccardo Achilli

Il risultato del PD è oltre ogni possibile dubbio analitico. Rispetto alle politiche di febbraio (anche se non è del tutto corretto metodologicamente confrontare le due scadenze) il PD ha preso 2,6 milioni di voti in più. E’ presto detto: ha recuperato un pezzo dell’elettorato PD che a Febbraio era fuggito verso il M5S, composto, essenzialmente, da piccoli imprenditori, artigiani, in breve quella piccola borghesia che, come bene ci illustra Marx, oscilla sempre, in funzione dei suoi interessi, fra ribellismo e conformismo. E che in un PD a guida Bersani, e dominato ancora dagli ex Ds, vedeva un ostacolo, sia pur in effetti molto blando, ai suoi interessi, perché la sua segreteria era ancora targata di un qualche residuo di socialdemocrazia che la rendeva ostica a smantellare lo Stato e la funzione pubblica, ed a trasformare il Paese in quella prateria dove il piccolo borghese italiano sogna, da sempre, di correre come il Generale Custer (salvo poi tornare da Mamma Stato per chiedere protezione, se le cose vanno male).

Questi elettori in fuga sono tornati non appena hanno visto che il PD era in grado di abolire le province, smantellare i sindacati, distruggere ciò che resta del sistema pubblico, e promettere soldi e regalie.

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sinistra

Il programma di Tsipras

Ovvero come fare concorrenza a George Romero

di Paolo Giussani

lista-tsipras-sinistra-europeaNell’immondo bordello in cui l’Europa è precipitata si sentiva proprio il bisogno di altre anime belle, di qualcuno candido e ingenuo, che portasse sulla scena un po’ di calore umano e di spirito da educanda. Ed ecco venire in soccorso la lista Tsipras per le elezioni europee, nella quale i pii desideri si mescolano mirabilmente con l’ignoranza delle cose del mondo e con un dolce spirito da agnello sacrificale, differente da quello di una certa parte dei popoli di oggi, certo sempre volti al sacrificio ma più come recalcitranti pecore nevrotizzate.

Il programma di Tsipras, diffuso anche in milioni di volantini distribuiti nelle abitazioni, si compone di dieci punti, tutti di carattere economico. Una solenne novità, questa, perché sino all’altro ieri molti dei sinistri e dei loro intellettuali “di massa” minimizzavano le faccende economiche nascondendole dietro quelle politiche, sia perché di cose economiche normalmente non capiscono nulla sia perché la cosiddetta politica offre l’illusione di maggiore libertà di movimento e quindi di leaderismo.

Sviluppo e Austerity

Anche se la successione dei dieci punti non segue un ordine logico cerchiamo di seguirlo noi in modo da cercare di avere un quadro coerente. Il primo punto riguarda l’austerity:

“1. L’Austerità è una medicina nociva somministrata al momento sbagliato con devastanti conseguenze per la coesione della società, per la democrazia e per il futuro dell’Europa.”

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alternative

La Renzeconomics alla prova dei fatti

di Alfonso Gianni

Renzi Berlusconi MoscaIn un libriccino assai denso di un paio di anni fa, dedicato a Edoarda Masi e Lucio Magri, scomparsi in quel periodo, (1) Riccardo Bellofiore tornava su uno dei suoi temi preferiti, la definizione di “social-liberismo” con queste parole su cui vale la pena di riflettere: “Il social-liberismo è, per certi aspetti, una impostazione ben più liberista del neoliberismo. Lo è, per esempio, nella sua mitologia della concorrenza come regolatore dei monopoli, per quel che riguarda i mercati dei beni e dei servizi. E si è mostrato ben più affezionato agli equilibri del bilancio pubblico – per ragioni certo discutibili, ma meno banali di quelle che gli sono state spesso attribuite dalla sinistra. Ha, d’altro canto, una sua anima sociale, il social-liberismo. Vorrebbe piegare la globalizzazione e la finanza regolate ad una qualche redistribuzione universalistica. Peccato che quella redistribuzione regolarmente svanisca all’orizzonte quando si arriva al governo, per l’ossessione di ripristinare gli equilibri del bilancio pubblico, che sono stati appunto mandati in rosso dai neoliberisti. Così, quando si va al governo la redistribuzione scompare dall’agenda, rimangono i tagli e le politiche di flessibilizzazione e ci si avvita in un ciclo economico e politico sempre più perverso, sino ad una soglia di non ritorno. Per questo, paradossalmente, l’anima sociale del social-liberismo finisce con l’essere più dannosa della sua anima liberista. Che vuole liberalizzare per riregolamentare”.

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Il lato B del "patto del Nazareno"

di Leonardo Mazzei

9 maggio. Il governo Renzi-Berlusconi oggi e domani

a7585fc6cac45666c2dc0c3629d651c9 LSecondo alcuni l'asse Renzi-Berlusconi ha semplicemente un'origine massonica. Una tesi sulla quale scommetterebbero ad occhi chiusi diversi amici fiorentini. Avrebbe dunque ragione Piero Pelù, che ha definito il capo del governo come un «boy scout della P2». Un boy scout tutelato dal Sommo Sacerdote dell'«accordo del Nazareno», quel gran signore di Denis Verdini.

Ora, noi non siamo complottisti. Siamo però attenti ai fatti politici, ed essi bastano ed avanzano per dimostrare due cose. La prima è che le grandi decisioni politiche vengono ormai prese non solo fuori dalle istituzioni, ma anche al di fuori dei partiti. La seconda è che il governo attuale si regge non tanto sulla maggioranza ufficiale, quanto piuttosto su quella informale Pd-Forza Italia, o più esattamente ancora su un patto privato tra i leader di questi due partiti.

Ovviamente non stiamo svelando alcun segreto. Stiamo solo proponendo alcune riflessioni politiche. Tutti sanno che se Renzi è ancora al suo posto lo si deve solo al voto dei forzaitalioti in Commissione Affari costituzionali del Senato. Un voto che ha fatto passare il testo base del governo, dopo che la stessa commissione lo aveva di fatto bocciato approvando un ordine del giorno a favore del Senato elettivo.

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La “dittatura del presente” e l’idealità perduta

Riflessioni in dialogo con Gustavo Zagrebelsky

di Roberta De Monticelli

Poche parole, accese e nette, di critica di metodo e di merito del programma di riforme (e del modo in cui ci si è arrivati) che dovrebbe fare dell’attuale governo un “governo costituente”. Pubblicate sul sito di “Libertà e giustizia”. Vi hanno aderito costituzionalisti di grande rilievo e molti altri cittadini. Perché ha sollevato tanta riprovazione e tanta irritazione, al punto che non si sono lesinate parole sprezzanti e toni ultimativi?

Perché quelle parole implicavano un “discorso sui fini”. Non l’accettazione passiva del discorso sui mezzi, che va sotto le etichette di “governabilità” e “stabilità”, ma la messa in questione dei fini (governabilità di cosa e per cosa?). E non va bene. E’ contro la “dittatura del presente”. Gustavo Zagrebelsky sembrava già prevedere gli episodi di intolleranza alla critica che sarebbero seguiti, e che del resto permeano il dibattito pubblico italiano, quando scriveva la breve, serrata meditazione Contro la dittatura del presente – Perché è necessario un discorso sui fini (Laterza – La Repubblica, aprile 2014).

Vi si legge un’articolata risposta in 11 punti o brevi capitoli, corredata da alcuni testi da Platone, Aristotele, Norberto Bobbio, Tzvetan Todorov, Pierre Rosanvallon, Luciano Canfora e Marc Augé, oltre a una raccolta di dati “I numeri della post-democrazia” e a una “Cronologia degli ultimatum” a cura di Giulio Azzolini).

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Ecco svelato l'imbroglio del DEF

di Leonardo Mazzei

Al liceo "Dante" i compagni lo chiamavano «il bomba». Soprannome azzeccato come pochi. Certo, presentando il Documento di economia e finanza (DEF), il bomba ha dovuto darsi una calmata: niente slide, né sforature dei vincoli europei, ma tuttavia tante balle da far impallidire perfino il ricordo delle performance del suo amico barzellettiere.

Ha torto perciò Massimo Giannini (La Repubblica del 9 aprile) nel ritenere che l'imbonitore fiorentino stia tornando nel «mondo reale». Non ci sta tornando affatto, che le capacità illusionistiche sono il suo unico piatto forte. Se per una volta è apparso meno irreale del solito è solo perché l'imbroglio sta già tutto nel DEF e nelle sue cifre.

Ce ne occuperemo perciò nel dettaglio. Ma prima è necessaria una premessa: a Renzi oggi interessa solo e soltanto una cosa, il risultato che riuscirà a conseguire alle elezioni europee. Questo obiettivo viene prima di tutto, a questo obiettivo tutto è finalizzato. La sarabanda propagandistica è dunque destinata a continuare, con le mistificazioni populistiche su tagli, rottamazioni, costi della politica, semplificazioni, eccetera. Ma al Renzi populista dedicheremo un apposito articolo, qui ci interessa invece andare a vedere come le trovate propagandistiche del bomba vadano ad intrecciarsi con i vincoli europei. E da questo punto di vista il DEF è un buon banco di prova.

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Tumore, metastasi, cellule metastasiche…

di Elisabetta Teghil

La lettura corrente presenta Renzi come un bamboccione , un esperto della comunicazione, un gran imbonitore che racconta bugie e fa false promesse e, magari, un Berlusconi in sedicesimo.

Una lettura riduttiva che non va al cuore del problema.

Non si spiegherebbe, altrimenti, come avrebbe fatto a vincere le primarie del partito e a diventarne segretario nonostante dovesse battere la corrente che fa capo al padre padrone del PD, cioè senza giri di parole, a D’Alema.

Quest’ultimo gli aveva ricordato con un linguaggio cifrato che avrebbe potuto farsi male, ma lui ha fatto spallucce ed è andato per la sua strada.

Questo perché Renzi è l’uomo di fiducia di quelli che genericamente si chiamano poteri forti ma che dovrebbero essere chiamati multinazionali anglo-americane.

Questa sì che è la vera anomalia italiana: il partito di riferimento delle multinazionali anglo-americane, per quanto abbia dalla sua media, finanza, iper-borghesia, Servizi e chi più ne ha più ne metta, non riesce a trasformare questa situazione di forza in un successo elettorale.

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L’argomento di Callicle

Marco Revelli

Contro i professori. Il fascino cupo del carisma ritorna, come extrema ratio, e contrappone l’Azione al Pensiero, il Demiurgo al Riflessivo, il Fare al Pensare. Dall’intellettuale dei miei stivali di craxiana memoria al renzismo di oggi. Un po’ Craxi, un Po’ Berlusconi, con la velocità del prestigiatore

«Certo, Socrate, la filo­so­fia è un’amabile cosa, pur­ché uno vi si dedi­chi, con misura, in gio­vane età; ma se uno vi passi più tempo del dovuto, allora essa diventa rovina degli uomini», tanto più se s’intende ammi­ni­strare la città.

Così dice Cal­li­cle nel Gor­gia, il dia­logo pla­to­nico dedi­cato alla Reto­rica, e aggiunge che «chi si attar­dasse più tempo del dovuto» su quel sapere astratto, e pre­ten­desse di dir la pro­pria sulle cose della Polis, fini­rebbe per infa­sti­dire e intral­ciare, per­ché ine­sperto delle “cose del mondo”: degli “affari” pri­vati e pub­blici, «dei costumi degli uomini nor­mali», tanto da «ren­dersi ridi­colo allo stesso modo in cui si ren­dono ridi­coli i poli­tici quando s’intromettono nelle vostre dispute e nei vostri astrusi ragio­na­menti». E’, il suo, il primo esem­pio – un arche­tipo – di quel disprezzo per la cono­scenza e per i“sapienti” (per gli intel­let­tuali, appunto) che ritor­nerà infi­nite volte nelle zone gri­gie della storia.

Su chi fosse Cal­li­cle si hanno poche infor­ma­zioni. Com­pare come una meteora in quest’unico dia­logo, e poi scom­pare. Di lui si sa solo che era un gio­vane (più gio­vane di Socrate e anche di Pla­tone) molto ambi­zioso. Che mili­tava nel par­tito oli­gar­chico. E che era un sofi­sta nel senso prag­ma­tico del ter­mine, cioè un fau­tore di quell’intreccio tra sapere e affari che si pra­ti­cava nella scuola di Gor­gia (sorta di Cepu dell’età clas­sica), e di quell’idea della Reto­rica come arte della per­sua­sione altrui che teo­riz­zava il pri­mato del Discorso sulla Giu­sti­zia, sfor­nando schiere di pri­mi­ge­nii Ghe­dini ate­niesi.

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Riforme: si scrive Renzi si legge JpMorgan

di Franco Fracassi

Due cene organizzate per convincere Renzi a seguire i consigli di Blair, oggi consulente della JpMorgan. Obiettivo: disfarsi della Costituzione antifascista

Una cena per decidere, una per confermare le decisioni. Primo giugno 2012, primo aprile 2014. Due protagonisti sempre presenti: il presidente del consiglio Matteo Renzi, l'ex premier britannico Tony Blair. Un terzo (presente con suoi rappresentanti) è l'organizzatore, il vero beneficiario dei frutti degli incontri: la banca d'affari JpMorgan. Scrive il quotidiano britannico "Daily Mirror":

«Renzi è il Blair italiano non solo nelle intenzioni politiche, ma anche nelle alleanze economiche. Un esempio? La JpMorgan».

Riforma delle Provincie, riforma del Senato, riforma del lavoro, riforma della pubblica amministrazione, riforma della Giustizia, riforma del consiglio dei ministri, riforma elettorale. La Costituzione italiana, quella votata dopo la vittoria sul fascismo e la fine della seconda guerra mondiale, quella pensata per impedire una futura svolta autoritaria nel Paese sta per essere stravolta. Così ha deciso il presidente del consiglio Matteo Renzi. Così ha suggerito la JpMorgan.

I fatti. Il primo giugno 2012 la banca d'affari statunitense organizza una cena a palazzo Corsini a Firenze. Il padrone di casa Jamie Dimon (amministratore delegato della JpMorgan) invita l'allora sindaco della città Renzi e il già ex primo ministro, e da quattro anni consulente speciale della banca, Blair. Il primo aprile 2014 la scena di sposta Oltremanica.

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fatto quotidiano

Le riforme di Renzi? Ecco perché sono una schifezza

di Andrea Scanzi

Tutti vogliono il “cambiamento”, ma non tutti i cambiamenti sono positivi. Gran parte delle riforme di Renzi sono false quando non disastrose. Se gli italiani le conoscessero nel dettaglio, non sarebbero certo così entusiasti come sembrano. La fredda cronaca.

1) Abolizione delle Province. Falso. Il ddl Delrio ingarbuglia ulteriormente le cose, crea 25mila nuovi consiglieri e 5mila assessori in più. Non abolisce le Province, ma crea casomai nuove Città Metropolitane. Delrio parla di 2 miliardi di risparmio. Falso: la Corte dei Conti ha stimato il risparmio al massimo in 35 milioni di euro.

2) Lotta alla mafia. Renzi si è laureato in Giurisprudenza per tributo a Falcone e Borsellino, ma non sembra. Come ulteriore favore ad Alfano e dunque a Berlusconi, sta operando per annacquare il 416ter del codice penale, quello sul voto di scambio politico/mafia. Renzi intende eliminare la sanzione per il politico che si mette a disposizione delle cosche e lasciando unicamente la sanzione per lo scambio voto/denaro o voto/altra utilità. Renzi si sta così limitando a riproporre una norma che è risultata sinora del tutto inutile al contrasto degli accordi politica/mafia.  

3) 80 euro in busta paga a chi prende meno di 25mila euro annui. Falso. Renzi lo aveva promesso nel corso della conferenza stampa con le slide dell’Esselunga, ma quell’aumento mensile da maggio sembra già diventato un bonus una-tantum.

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minimamoralia

Dov’è la legalità?

A proposito dello sgombero dell’Angelo Mai e delle occupazioni abitative ieri a Roma

di Christian Raimo

Ieri mattina 19 marzo, alle 6 e mezza, a Roma, è successa una cosa anomala. La polizia – parecchia polizia (blindati, camionette) – si è messa a sgomberare tre luoghi molto connotati di Roma. Due sono occupazioni abitative: una è quella della scuola Hertz, l’altra è quella di via delle Acacie (entrambe sono organizzate secondo un modello di autogestione collettive con l’aiuto del Coordinamento della Lotta per la Casa). Il terzo è l’Angelo Mai, che per chi è di Roma è un posto stranoto (facile che ci sia almeno andato a ballare un sabato sera, o a portare i bambini una domenica mattina per qualche attività organizzata nel parco davanti), e per chi non è di Roma è un centro culturale, che si trova vicino a Caracalla, gestito da un gruppo di artisti (musicisti e teatranti soprattutto): da anni uno degli spazi dove, con tutta evidenza, si vedono (si vivono) tra le cose più interessanti che si possono trovare in una città asfittica e in definitiva paesana come Roma – per capirlo, basta andare sul sito e scrollare quelli che sarebbero dovuti essere gli appuntamenti prossimi venturi: i Massimo Volume, i Motus, il Teatro delle Apparizioni, l’Accademia degli Artefatti etc…

Il motivo degli sgomberi è l’ipotesi accusatoria – pesantissima – che si sia creata un’associazione a delinquere che gestiva le occupazioni delle case estorcendo soldi. Da cui: ventuno perquisizioni, decine di persone indagate.

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Ce la farà lo spaccone Renzi?

di Leonardo Mazzei

Lo show del premier e i vincoli dell'euro

Com'è nello stile del personaggio, per ora siamo agli annunci, anzi allo show. Vedremo poi cosa seguirà. Occorre una certa prudenza nel giudicare il senso complessivo delle scelte comunicate ieri dal presidente del consiglio. Tanti gli interrogativi che non hanno ancora una risposta, dato che per ora si conoscono i titoli ma non il contenuto dei singoli provvedimenti. Limitiamoci dunque ad alcune considerazioni di carattere generale.


1. Il piccolo Berlusconi cresce

Lo stile non è tutto, ma ha la sua importanza. Dopo aver incassato alla Camera un sì assai risicato alla super-truffa della sua legge elettorale, Renzi ha deciso di giocare immediatamente all'attacco sul terreno fiscale e del lavoro. Lo ha fatto in maniera smaccatamente elettoralistica, promettendo mille euro di sgravi fiscali ai 10 milioni di lavoratori con un reddito netto inferiore ai 1.500 euro mensili. I primi effetti in busta paga dovrebbero arrivare a maggio, il mese delle elezioni europee...

Manterrà questa promessa? Non lo sappiamo, ma ancor meno sappiamo sui meccanismi tecnici che dovrebbero portare a questo risultato, probabilmente un mix di maggiori detrazioni e ricalibratura delle aliquote Irpef. Da dove arriveranno questi 10 miliardi ancora non si sa, ma di certo i tagli di spesa di Cottarelli non saranno sufficienti. L'imprecisione è tale che Berlusconi, quello vero, ha parlato di una manovra che fa apparire la famosa "finanza creativa" di Tremonti come una cosa da ragazzi. Una valutazione che probabilmente nasconde una certa invidia per il suo clone in salsa piddina...

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Ma quanti governi contiene il governo Renzi?

nique la police

È noto che Max Weber sostenesse come la sete di lucro, di guadagno immediato e spropositato, non avesse molto a che fare con il capitalismo. Ci sarebbe quindi da domandarsi se, secondo la visione weberiana, Warren Buffett o il messicano Carlos Slim siano dei capitalisti. O pensare che, in fondo, Steve Jobs era davvero quello che credeva di far credere di essere: il fidanzato segreto di Joan Baez che creava prodotti magici. Il punto è che, secondo questi schemi weberiani, Matteo Renzi è davvero un politico capitalista: non riesce infatti a creare le condizioni per i guadagni spropositati di nessuno. Nonostante qualcuno, da Londra a New York (dove i prospetti di Goldman Sachs consigliano di comprare Bot, Btp e Cct), lo abbia evidentemente sostenuto per questo. Certo l’ambizione di Renzi, e del ceto politico provinciale e rapace di cui è espressione, sarebbe altra. Ma il capitalismo e la politica hanno leggi spietate che non si superano con le conferenze stampa messe in piedi, con tanto di slides, per coprire il fatto che i decreti annunciati non sono stati emanati dal governo. Ma andiamo per gradi.

Come si sa, a meno di non essere in preda ad una delle tante forme esistenti di complottismo, non esistono governi organici. Ogni governo è, dal punto di vista politico, un incrocio di complessità e di instabilità, di imprevisti che ritroviamo, in sottofondo, anche nelle dittature. Il governo Renzi sembra proprio, nonostante il marketing, essere fin troppo attraversato da complessità e instabilità, per non parlare degli imprevisti.