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mondocane

La pagliuzza e la trave

L'informazione, Di Maio, Calabresi

di Fulvio Grimaldi

Libertà come sei invecchiata, quando passi non ti riconosco più!

orsonSì, viaggiare (fuori, dentro, con e contro i media)

Nel primo tempo, quello del Vaffa, i 5 Stelle si astennero dal mescolarsi tra le anime morte, ma esuberantemente ciarliere, dell’informazione-comunicazione-intrattenimento-rintronamento, specie televisivi. Fecero bene a tirare un frego tra loro, che parlavano alla gente nelle piazze e in rete (ahimè solo per chi la frequentava), e coloro che le arrangiavano attraverso i canali consolidati del totalitarismo comunicativo. Nel secondo tempo, maturati, iniziarono a mescolarsi, con un certo occhio alla selezione. E fecero bene, giacchè ovunque apparissero e con chi, disintegravano l’interlocutore. Nei supplementari, oggi, si mescolano con chiunque, vanno dappertutto, anche da Barbara D’Urso. E non so se fanno bene, anche Renzi l’aveva fatto, davanti alle stesse ginocchia nude, d’attrazione e distrazione (che poi se uno le toccasse finirebbe alla garrota) della stessa intervistatrice, celebrante della star di turno. Forse gli tocca, giacché tutti, dappertutto, ne parlano e nel 99,9% dei casi male. E visto che sei al governo e ti ha messo lì la nazione, tocca rispondere. Sennò resta muto anche chi li ha eletti. E questo, in democrazia, non dovrebbe andar bene.

Inesperti e indisciplinati, non avvezzi alle buone regole, come sono tutti quelli che arrivano da fuori e in ritardo, i 5 Stelle a volte rispondono male. Senza neanche coprirsi la bocca. E tutti lo vengono a sapere e siccome quelli che gestiscono l’informazione, da sinistra a destra, li hanno in uggia, potete immaginare lo tsunami di riprovazione e damnatio memoriae, praesentis et futuri che gli arriva addosso. Uno tsunami che ha a disposizione tutti i venti per potenziarne la forza devastatrice: tv, stampa, metà dei social, i chierici, i laici benpensanti, gli amici del bar che guardano la Juve e le comari che festeggiano la gravidanza di Meghan e danno retta a Gramellini.

 

Al contadino non far sapere…

La differenza è che, quando non parlano attraverso i canali che qualcuno ha sancito istituzionali, anche se rispondono a privatissimi magnati del soldo, del mattone, del farmaco, questi formidabili catoni parlano di nascosto. Sono i casi in cui il teleobiettivo, o l’orecchio, o lo sguardo puntati non sono sotto loro stretto controllo. Parlano fitto fitto coprendosi la bocca. E non è per infastidire l’altro con l’alitosi. Qualunque sia il lezzo emanante dalle parole. Lo hanno imparato anche i calciatori che, bisbigliandosi trovate tattiche, o suggerendosi di spezzare le tibie a quello lì, pensano di fregare l’avversario. O magari lo spettatore tv perché non sappia della combine.

Così è successo che Di Maio, quello più cornuto nella coppia di governo, secondo gli illibati che c’erano prima, perché non fa smargiassate, o cose palesemente riprovevoli da ogni punto di vista, ma qualcuna di quelle che questi avrebbero dovuto fare e non si sono mai sognati e per questo sono stati messi dietro la lavagna, ha detto sulla stampa ciò che tutti sanno. Nulla più. Quando è uscito un DEF in tutto e per tutto simile a quelli fatti prima, ma stavolta in odio al babbo UE, alla mamma BCE, alla zia FMI e al curato e con provvisioni non per due dozzine di ricchi, ma per qualche milionata di pezzenti sul divano, al maremoto forza 10 che gli si è sollevato contro, Di Maio è sbottato in “terrorismo mediatico”. Ha addirittura osato riferire che, come i dati ahinoi da tempo denunciano, la carta stampata perde lettori e anche Repubblica. Non sarà mica perché i lettori, più che leggerla, hanno mangiato la foglia? Ma come si permette, il parvenu! Quello delle gazzose allo stadio San Paolo!

Ha preso la per lui inusuale penna, Mario Calabresi e, a nome di tutti i vilipesi, ha vergato su tre paginoni del suo giornale, “la Repubblica”, membro dell’oligopolio “Stampubblica” (Stampa, Repubblica, Secolo XIX e gazzettini associati, più L’Espresso), formatosi in nome del pluralismo e dell’ editoria pura, una catilinaria che, a confronto, quella del povero Cicerone contro il reo difensore delle libertà repubblicane pare la reprimenda della mamma per togliere i gomiti dalla tavola. Prima uno squillo di trombe: “Noi continueremo a raccontare la verità”, Poi un rullo di tamburi: “Quell’ossessione per Repubblica dei nuovi potenti”. Dove per “potenti” non credo abbia inteso né Debenedetti, né Berlusconi, né Cairo, né Caltagirone che, tra loro, hanno per le mani tre quarti dei media significativi di questo paese. Nè è probabile che abbia pensato a chi a Bruxelles, Francoforte, Parigi, Berlino e Washington mette i suoi poveri mezzi e poteri a disposizione della vendetta di coloro che il 4 marzo sono stati spodestati da una banda di barbari. E neppure, come adombra tremando il direttore di Repubblica, dovrebbero essere, Putin e Trump, stavolta in coppia alla Bonnie and Clyde? Quei “potenti” del Calabresi restano l’enigma della fase.

Il resto dell’articolessa, come l’arguto Sergio Saviane chiamava le opere che per lui non meritavano altra qualifica, è un frenetica successione di spazzolate, un vorticoso impazzare di “Folletto”, un ripetuto passaggio in lavatrice della coda, per eliminare il sale che Di Maio gli aveva schizzato sopra. “Campagna con i giornali e contro Repubblica in particolare ogni giorno più ossessiva e più aggressiva…vogliono liberarsi dei corpi intermedi, delle critiche e delle domande scomode… peccato che tu, grillino, possa solo ascoltare, al massimo commentare o votare in un sondaggio e se i voti non sono quelli desiderati in un attimo spariscono…chi insiste nel fare domande (ai grillini) disturba, mette in evidenza contraddizioni, errori e furbizie, deve essere messo fuorigioco… si sono chiesti (i grillini) come possiamo provare a imbavagliarli, indebolirli, mandarli fuori strada?....Hanno preso di mira la nostra pubblicità (i grillini), un trucco delle aziende per comprare i giornalisti, hanno reso immorale la pubblicità… nemmeno Berlusconi arrivò mai a tanto (bum!)… sterilizzare qualunque critica al ministro (grillino). Infatti, nella storia della Repubblica non s’era mai visto nessun governo così indenne da critiche e così universalmente magnificato.

 

Se non basta Hitler, ecco la Stasi

Messo il paese sull’avviso contro la dittatura dei potenti, razzisti, xenofobi e populisti che sprigiona dai primi cinque mesi del governo salvimaio, soprattutto “maio”, chè con il “salvi” in comune già c’erano sensi liberali e liberisti, capannoni lombardoveneti, Saia e Toti, banchette vernacolari varie. Poi il giornale dei Debenedetti dà una sistematina anche alla dittatura d’antan, tanto per far notare l’accostamento. Due pagine dell’illustre storico (?), Pietro Citati, dedicati a Hitler. Cito: “Falsi miti. Non sapeva far nulla, non lavorava, amava smisuratamente la madre, pensava di essere un artista. Poi scoprì di avere una vera passione, l’odio e un unico talento: saper parlare” . Insomma, un Fuehrer mammone, un po’ coglione, in fondo nient’altro che uno spurgo d’odio. Un po’ come i grillini? Il ricorso a Hitler vi pare un po’ scontato, abusato? C’è sempre la Stasi, la CIA cattiva della Germania Orientale, con i suoi spaventosi metodi di coercizione e punizione. La Stasi è’ quella, per Faenza sul “Fatto Quotidiano” , come per Ciccarelli sul “manifesto” (uno resosi icona della credibilità quando ha spernacchiato alcune migliaia di scienziati, tecnici, testimoni, che mettevano in discussione la versione ufficiale delle Torri Gemelle), che stanno copiando i 5 Stelle quando al reddito di cittadinanza uniscono 8 ore di “lavoro forzato” socialmente utile e misure perché i 750 euro vadano a Pinocchio e a Geppetto e non finiscano in bocca al gatto e alla volpe.

 

Libera stampa in libero Stato

Sul “manifesto” Marina Catucci, già scatenata agit prop di Hillary Clinton, nota esultatrice su cadaveri violati, dedica un paginone con fotona a un gruppetto di teenager rivoluzionarie anti-Trump ben individuate, che tutte lamentano la perdita di Hillary e Obama e si dichiarano pronte alla guerra contro l’oppressione delle donne, delle minoranze, dei LGBTQ, contro negazionisti, misogeni, omofobi, razzisti. E anche contro la libera disponibilità di armi che provoca il “mass shooting” nelle scuole americane. Bravissime, Soros esulta.

Legittimo. Legittima la scelta delle notizie da dare e non dare. Forse legittima, ma non deontologica la scelta di NON dare neanche un trafiletto alla Marcia delle donne sul Pentagono nel fine settimana 20-21 ottobre, organizzata da Cindy Sheehan, madre di un soldato ucciso in Iraq, diventata la più nota militante antiguerra degli Usa. Ai tempi di Trump, ma anche di Hillary e Obama. E neanche una notiziola sul convegno internazionale contro la Nato a Dublino dal 16 novembre con la partecipazione di rappresentanti di 120 nazioni e centinaia di organizzazioni anti-guerra. E neanche un accennino alla manifestazion di massa programmata contro il prossimo vertice Nato a Washington il 4 aprile prossimo, per il quale si raccolgono adesioni dal mondo. Legittimo occultamento. Un po’ meno legittimo quando si esibisce la testata “quotidiano comunista”.

Legittima la scelta di Repubblica, del manifesto e di tutti gli altri, di giudicare l’Egitto preda di una dittatura. Legittima, ma sospetta quando si dice di arresti e non di terrorismo Isis dilagante, che uccide civili e funzionari a gogò, brucia chiese copte, tiene in scacco il paese. Legittimo esigere la verità sull’uccisione di Giulio Regeni, ricercatore italiano. Ma legittimo anche, nello sceverare ogni minimo particolare dell’accaduto, occultare che il ragazzo era lì per sollecitare progetti anti-regime, che era stato bruciato da un suo interlocutore e, soprattutto, che era stato alle dipendenze di una ditta di spionaggio angloamericana diretta da ceffi come l’inventore dagli squadroni della morte, Negroponte, l’ex-capo dello spionaggio britannico, McCollin, e il protagonista del Watergate David Young? Un pensierino su chi poteva aver combinato il pastrocchio, chiaramente anti-egiziano e anti-italiano, no? Giornalismo d’inchiesta?

 

Luci intermittenti sulla realtà

Santificare le Ong delle migrazioni e celare che sono finanziate dallo speculatore e destabilizzatore internazionale George Soros? Definirlo filantropo e perdersi il dettaglio (vero “manifesto”?) del furto di miliardi a Italia, Regno Unito e Tailandia (dove, se ci va, lo sbattono al gabbio per sempre), cui in combutta con agenti locali quali la Regina, Draghi e Andreatta, ha demolito la valuta nazionale facendo arrivare sul mercato degli amici una produzione industriale a prezzo di saldo? Non aggiungere che c’è la manina di Soros in ogni porcata fatta a Stati sovrani, tipo golpe e rivoluzioni colorate, da Kiev a Managua? Modello BBC, standard aureo quanto il New York Times delle armi di Saddam, che, dopo aver attribuito alla provocazione dell’IRA la strage della domenica di sangue di Derry perpetrata dai parà di Sua Maestà, solo dopo trent’anni si è rassegnata a un’inchiesta imposta a furor di popolo e di testimoni (compreso il sottoscritto), ma solo per spostare la colpa del crimine, dal governo che l’aveva ordinato, all’ intemperante testa calda al comando dei militari (nessuno dei quali è ancora, 46 anni dopo, è finito sotto processo).

Perché, di Stefano Cucchi finalmente restituito alla verità dalla confessione di un carabiniere che ha denunciato i suoi colleghi nell’Arma nei secoli fedele, quanti dei nostri innumerevoli talk show di approfondimento giornalistico hanno parlato? Nessuno, salvo Porta a Porta. E quanti degli eminenti giornaloni, così arruffati dalle maldicenze di Di Maio, hanno istantaneamente rivelato ai loro lettori che quelli del Ponte di Genova erano i Benetton? Nessuno. Il nome uscito dopo giorni e giorni e nascosto in fondo alla foliazione. E il processo alla trattativa Stato Mafia del PM Nino Di Matteo? E la sentenza che inchioda una classe dirigente al connubio con la mafia nella più orrenda campagna di attentati mai vista in Europa? Tutti zitti tranne il Fatto Q.Fin qui siamo agli occultamenti, detti “legittima scelta delle notizie da dare e non” a un volgo che rischia di essere composto da zotici “deplorables”.

C’è la notizia che non lo è, c’è quella falsa, quella occultata, quella travisata, quella opportunamente collocata. Ma c’è anche il come queste notizie si danno, lasciando da parte i commenti, tutti ovviamente legittimi. Quando le fonti di informazioni che tratteggiano in nero i nemici dell’Occidente sono “anonime, sicure, affidabili, diplomatiche, di intelligence, di organi altrui, sono i “si dice” e sono avvolti in condizionali come parrebbe, avrebbe, sarebbe”, si tratta nel 90% dei casi di propaganda, spazzatura. Tenetevi il 10%, vagliatelo e rovistate piuttosto in rete. Lì qualche barbaglio di luce lampeggia. Per il come basta un esempio. Quello del vilipeso quotidiano di Calabresi-Debenedetti che con grande enfasi titola “Centri impiego flop, 2 milioni di richieste, 37mila posti trovati, ogmni sede va per conto suo, sono falliti i tentativi di coordinamento…” Uno legge e si dice: cazzo, anche su questo i grillini hanno toppato. Bersaglio centrato. Da nessuna parte c’era scritto che tutto il disastroso ambaradan era il frutto di decenni di quelle politiche governative, sostenute da “Repubblica” (Amato, Dini, Prodi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) , in cui il lavoro non lo si doveva proprio trovare. Come si sarebbe fatto, senza disoccupati, a tenere a bada “l’odio” degli occupati a strozzo e a ore/giorni?

E poi ci sono i tempi. A occhio e croce, nel TG del mio ex-collega al TG3 Luca Mazzà, le proporzioni sono queste: 20% a due esponenti del governo, 25% all’opposizione di destra (PD), 25% a quella di destra-destra, con la sfilata sui tacchi di Bernini, Gelmini, Carfagna e le epifanie di Berlusconi e Tajani, richiamati da Mazzà in vita, 10% alle micro-opposizioni di Meloni, Grasso, Fratoianni e Fassina. A ognuno di questi si strappa l’immancabile 1% che corona la politica con Bergoglio e Mattarella. Il quadro statistico è questo.

Dati AGCOM

Autorità per le garanzie nelle comunicazioni

 “pluralismo politico/istituzionale sul servizio pubblico televisivo”

Minutaggio complessivo, tra interviste e notizie date in terza persona, che Tg1, Tg2, Tg3 e Rai News hanno riservato alle diverse forze politiche nel periodo 1 - 30 settembre 2018 .

Partito

Politico

Tempo

dedicato

Quota elettorale

marzo 2018

Movimento 5 stelle

4 ore e 44 minuti

32,7 %

Lega

5 ore e 39 minuti

17,4 %

Partito Democratico

15 ore e 16 minuti

18,7 %

Forza Italia

12 ore e 14 minuti

14 %

Nota Bene: sommando il tempo dedicato alle due forze che compongono la maggioranza di governo si arriva a un totale di 10 ore e 23 minuti, contro le 27 ore e 30 minuti di PD+FI.

Tutto questo fa parte della strategia dell’informazione come concepita ai tempi in cui i voti li danno Reporters Sans Frontieres che dalla Cia ricevono un guiderdone annuale. Poi c’è la tattica, quella delle notizie fieramente false, la famigerate fake news che, per la Boldrini e diversi legislatori d’Occidente starebbero tutti in rete. E qui non c’è che nuotare per non affogare. Vado alla rinfusa, ‘ndo cojo, cojo: troll russi contro Mattarella, penali miliardarie se cancelli il Tav o cacci Autostrade, Foa, neopresidente Rai, ha scritto un libro che spiega come falsificare le notizie a servizio dei governi (vero il contrario), gli amanti della Raggi, il Ponte Morandi è crollato perché il M5S ha bloccato la Gronda, Assad, come si sveglia, spara armi chimiche sui civili, la Casaleggio è tutt’uno con la Spectre….

 

Dalla censura ai tabù

Apoteosi della nostra libertà di stampa, d’espressione, di critica RAI 3 ha coronato quanto con tanta forza ha rivendicato il direttore di Repubblica e, con lui, tutti i paladini schierati davanti al castello delle nostre libertà, minacciate e aggredite dal feroce Saladino. Sabato 13 ottobre, “Le parole della settimana”, programma buonista ultrà di Gramellini. A troneggiare sul proscenio tre sommi sacerdoti della nostra corretta informazione; lo stesso Gramellini, Enrico Mentana (standard aureo del giornalismo tv) e Andrea Vianello. In collegamento skype, Diego Fusaro, filosofo marxista: presenza diversa e divergente, ma di notevole appeal per il feticcio Audience, garanzia di pluralismo e benevola tolleranza pur verso chi ti è odioso. Nei pochi secondi che gli sono stati concessi, Fusaro era subito riuscito a solleticare la sensibilità pluralistica, la fedeltà ai principi costituzionali della libertà d’opinione dei tre luminari del giornalismo democratico, citando Heidegger e, con lui, spernacchiando un’informazione che nasconde la realtà dietro chiacchiere, pettegolezzi, allusioni, fonti mai dichiarate, “si dice”, falsità conclamate. Bufale a gogò, aveva denunciato, tipo gli avvelenamenti dei russi, o le armi di distruzione di massa, cui si sono inchinate, e le hanno propagate, tutti i più prestigiosi media della democrazia occidentale.

Stava per dire che gli hate speech, discorsi dell’odio, attribuiti h24 a chiunque non si trovi a suo agio nei tempi correnti, sono proprio di coloro che accusano l’intero mondo fuori dal loro salotto Luigi XV di non fare che discorsi dell’odio, che in scena si percepisce una certa agitazione. Poi, come fosse un ectoplasma spento da qualcuno, Fusaro sparisce nella foschia dello sfumato. Che peccato, Skype interrotto, ghignano i commensali del pasto nudo dell’informazione. E la Federazione Nazionale della Stampa, con la succursale Articolo 21, presenti in ogni piazza in cui si celebri la verità, da Regeni alle Ong di Soros, il giorno dopo non poteva mancare a denunciare la soppressione della libertà d’espressione perpetrata da…. Luigi Di Maio.

Ci rimane pur sempre la satira. Rai 3 e Tg3, quelli detti “Kabul” quando c’ero io, magari danno solo tre volte lo spazio alle opposizioni di quello che danno al governo (proporzioni invertite rispetto ai governi precedenti), noblesse oblige, perchè stare con gli oppositori oggi fa fico, ma mantengono in vita addirittura Blob. La satira! Quella che graffiava tutto e tutti, senza sconti per nessuno, ma con il piatto della bilancia sempre pencolante dalla parte del più sfigato, di quello fuori dall’ordine perbene delle cose, quello in basso. Con un occhiolino di complicità verso chi disturbava E sui supponenti e protervi rovesciava quell’orrido blob che usciva dal cinemino di Piccadilly Circus. Come è missione della satira. Anche oggi fa così, anche oggi sbertuccia i potenti e accarezza i deboli. Pensate, sulla kermesse del PD in Piazza del Popolo ha messo la canzone “I comunisti della capitale, è giunto alfin il dì della riscossa….”. Ma non era satira, non era ironia. Era l’omaggio commosso del giullare del re ai partigiani della nuova resistenza. A Renzi, Martina, Del Rio, Calenda, Zingaretti e Franceschini. Ecco dove era arrivata la trave di Calabresi per estirpare la pagliuzza di Di Maio.

Diceva quel destraccio di Leo Longanesi: “Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi”. Faceva dire Orson Welles a Humphrey Bogard: Questa è la stampa, bellezza. E tu non ci puoi fare niente' -

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