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sinistra

Note critiche sul documento ‘Un patto per la Costituzione’ del dicembre 2017

di Luigi Ficarra*

costituzione 4E’ stato diffuso il documento “Un patto per la costituzione e per la democrazia ”, che riproduco in calce, ed in merito al quale ritengo giusto svolgere alcune notazioni critiche.

Comincio con l’osservare che il non tener conto dei mutamenti intervenuti nella realtà economico-sociale, come mi sembra si faccia nel documento in questione, può essere all’origine di certe posizioni che reputo astratte.

 

1. Va innanzitutto preso atto che la forma parlamentare voluta dalla Costituzione del ’47 è stata già modificata dalla Costituzione materiale vigente.

Infatti, anche limitando l’esame a quest’ultima legislatura, emerge che:

• si è fatto ricorso per ben 95 volte alla decretazione d’urgenza, che la Costituzione ‘formale’ indica nell’art. 77 come del tutto straordinaria, solo per i casi di effettiva urgenza.

• la procedura normale di approvazione delle leggi, indicata dall’art. 72 della costituzione ‘formale’, è stata travolta dal ricorso molto frequente al voto di fiducia, avvenuto per ben 107 volte.

• mentre la Costituzione del ’47 pone nell’art. 76 come eccezione la delega al governo dell’esercizio della funzione legislativa, nella prassi della Costituzione materiale vi è stato, come normale, un ricorso molto intenso, per innumerevoli volte, all’emanazione da parte del governo di decreti legislativi sulla base di leggi delega approvate dal parlamento su proposta del governo medesimo.

Pertanto, si ha che nell’ultima legislatura - e lo stesso può dirsi almeno per le tre precedenti - oltre ¾ della funzione legislativa, compresa quella essenziale delle leggi di bilancio ed elettorali, è stata svolta dall’esecutivo e comunque per sua diretta e assorbente iniziativa, non dal Parlamento, ridotto ad un ruolo del tutto marginale.

Con la conseguenza che la Costituzione materiale vigente è molto lontana da quella formale del ’47, avendosi oggi un Parlamento svuotato di poteri ed un esecutivo notevolmente rafforzato: è stata cioè già modificata di fatto ‘la forma democratica e parlamentare del nostro modello repubblicano’, di cui si parla nel documento qui criticato.

 

2. Non possiamo non parlarne, accantonando il problema come vivessimo nell’iperuranio, in tangibile dagli enti materiali. Dobbiamo al contrario, tenendo conto come detto all’inizio di questa nota di quanto avvenuto nella realtà economico-sociale, partire dalla consapevolezza dei radicali mutamenti intervenuti a favore del capitale e del sistema di produzione capitalistico; del fatto che la lotta di classe, come diceva anche Luciano Gallino, l’hanno vinta negli ultimi quaranta anni i padroni. E che i mutamenti nei rapporti di classe interni ed internazionali si sono necessariamente riprodotti nella sfera giuridica, con inevitabili conseguenze nell’ordinamento costituzionale, materiale e formale (art. 81, art. 118, ultimo comma, art. 122, ultimo comma, richiamato come esempio da seguire da chi propone l’elezione diretta del Presidente del consiglio e-o una Repubblica presidenziale.). Ciò è sotto i nostri occhi e non possiamo far finta di non vederlo. Le proposte di riforma della nostra Costituzione secondo il modello gollista, avanzate come noto anche dalla Goldman Sachs, mirano ad assicurare stabilità e forza al processo di accumulazione in Italia ed alla sua partecipazione non marginale al mercato globale capitalistico. Così si spiega ad esempio l’aumento enorme delle spese militari e la nostra partecipazione alle guerre in Iraq, Afghanistan, Kosovo, Libia, etc. La forte richiesta di un esecutivo forte su un parlamento ridimensionato, coincidono con il restringimento dei centri di direzione economico-finanziaria e con lo sviluppo di una concorrenza intercapitalistica mondiale, che vede, per la prima volta nella storia, attore primario, il capitalismo asiatico: la Cina in particolare. - Il restringimento sempre maggiore dei margini di democrazia sindacale nei luoghi di lavoro, la forte compressione dei diritti di tutti i lavoratori, il rafforzamento, come sopra evidenziato dell’esecutivo, tutto ciò avviene all’interno della crisi capitalistica e della conseguente crisi di ristrutturazione necessaria al capitale per affrontare la concorrenza del mercato capitalistico mondiale.

L’attacco alla stessa democrazia borghese, con la richiesta del suo restringimento tramite la scelta di sistemi presidenziali alla francese, viene da molto lontano: venne teorizzato ancora nel rapporto di Michel Crozier alla Commissione Trilaterale del 1975, dicendosi che lo sviluppo della partecipazione e del controllo democratico a tutti i livelli costituiva un grave inciampo al processo capitalistico di accumulazione (vs. traduz. it.- in “La crisi della democrazia” – F..Angeli ’77 – con prefazione di G. Agnelli).

 

3. Si manifestano oggi due posizioni :

a) Quella difensiva, propria dei giuristi firmatari del documento in calce riprodotto, che, chiudendo gli occhi di fronte alle modifiche sopra accennate della stessa costituzione formale ed all’affermarsi di una opposta costituzione materiale, pone l’obiettivo dell’attuazione della Costituzione del ‘47. Non tenendo peraltro conto o sottacendo che l’art. 3 è reso inoperante dal nuovo testo dell’art. 81: infatti, non potendosi fare spese fuori bilancio, non possono “rimuoversi gli ostacoli di ordine economico e sociale” di cui in esso si parla. Il secondo comma dell’art. 81 prescrive infatti che “il ricorso all’indebitamento è consentito solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali”. Non quindi per motivi sociali, di giustizia. La borghesia ha voluto con tale nuova norma adeguare a quella formale quanto già in gran parte avveniva nella costituzione materiale.

Nel documento in questione non si considera inoltre che il principio della programmazione economica a fini sociali, affermato dall’art. 41, terzo comma - già disapplicato da circa quaranta anni - è reso anch’esso inoperante, pure sul piano formale, dalla nuova formulazione dell’art. 81 ed anche da quella dell’art. 118, ultimo comma, affermante il principio di sussidiarietà, che pone in primo piano l’iniziativa privata e come solo sussidiaria quella pubblica, introducendo in tal modo in Costituzione il principio affermato dal Trattato di Maastricht del febbraio 1992, secondo cui il mercato è l’unico arbitro e regolatore primario dell’attività economica. E’ pertanto rimasto solo un mero ricordo storico il discorso fatto alla Costituente da Dossetti, il quale affermava che « dobbiamo garantire che la politica governi l’economia, ma dobbiamo farlo in modo che ciò che è di pubblico interesse emerga dal confronto parlamentare e non s’imponga per volontà di un duce ». E non si tiene neppure conto che l’art. 41, secondo comma, con cui si prescrive che l’iniziativa privata non può svolgersi in modo da arrecare danno alla dignità umana, è stato di fatto modificato nella costituzione materiale; e ciò dopo le radicali riforme del diritto del lavoro che hanno precarizzato tutti i rapporti, reintroducendo di fatto il lavoro servile, ed hanno eliminato l’obbligo di riassunzione, come regola, in tutti i casi di illegittimità dei licenziamenti.

Il succitato documento tace poi sul fatto che l’art. 33, comma terzo, cost., è stato sostanzialmente cancellato.

E non vede che l’art. 11 può ritenersi ormai lettera morta, tenuto conto soprattutto della nostra adesione alla NATO, che ci impedisce la stessa messa al bando delle armi nucleari di cui il nostro territorio è pieno, e che ci ha conseguentemente portato a partecipare alle guerre cui più sopra ho fatto cenno; e tenuto conto inoltre degli interventi odierni, coordinati con l’UE, in Niger e nel mare libico, per il controllo anche militare dell’emigrazione dopo aver costretto i dannati della terra nei lager.

b) L’altra posizione, propria di chi condivide politicamente le modifiche apportate dal processo capitalistico in corso, diceche bisogna prendere atto delle realtà di fatto e quindi adeguare in tutto la Costituzione formale a quella materiale vigente, con apposite riforme costituzionali.

 

4. C’è una terza posizione, oggi minoritaria, che - sapendo trattarsi di un processo molto lungo e che non si è in presenza di un mero problema tecnico giuridico di ingegneria costituzionale, bensì di un problema eminentemente politico, - propone di lavorare per coerenti obiettivi intermedi economico-sociali di rottura che la lotta di classe riuscirà a conquistare, e, realizzatesene le condizioni, per il superamento rivoluzionario della crisi capitalistica e dello stato borghese e quindi della scissione fra società civile e società politica e per un ordinamento costituzionale radicalmente nuovo, di tipo socialista. Contrastando nell’immediato riforme costituzionali in senso ancor più autoritario.

* PRC Padova – gennaio 2018

* * * *

UN PATTO PER LA COSTITUZIONE E PER LA DEMOCRAZIA

La vittoria referendaria del 4 Dicembre e il rifiuto da parte del corpo elettorale, per la seconda volta, di una riforma verticistica, che avrebbe stravolto natura democratica e modello parlamentare della nostra Carta fondamentale, ridotto gli spazi di democrazia e compromesso il primato della sovranità popolare, impongono un impegno stringente a quanti vogliano rispettare le indicazioni del corpo elettorale e farsi garanti delle ulteriori richieste che da quella vittoria sono scaturite: l’attuazione e la messa in sicurezza della Costituzione.

Per questo i sottoscritti si impegnano a contrastare ogni ulteriore proposta di riforma che miri a modificare, palesemente o surrettiziamente, la forma democratica e parlamentare del nostro modello repubblicano, ovvero a costituzionalizzare principi neoliberisti o a limitare la sovranità popolare, i diritti fondamentali delle persone, i diritti politici e la partecipazione politica degli elettori. Altresì, si impegnano a garantire, nell’ambito del programma elettorale e dell’azione politica della propria Lista o della Lista che sosterranno, la piena e completa attuazione dei principi fondamentali della Costituzione e del dettato costituzionale, con particolare riferimento:

1) All’art. 1 Cost., nell’inscindibile relazione che, nella nostra democrazia, lega l’esercizio della sovranità popolare alla garanzia del diritto al lavoro, e all’inclusione nei percorsi lavorativi delle persone con disabilità, impegnandosi a rendere effettivo tale diritto nella sua accezione più ampia e comprensiva dei diritti assistenziali e pensionistici, parimenti remunerato e tutelato per donne e uomini, per i lavoratori di tutte le categorie e di tutte le generazioni in attuazione del precetto dell’art. 36 Costituzione, per assicurare un’esistenza libera e dignitosa.

2) All’art 3, 2° comma Cost., riaffermando il ruolo della Repubblica, in tutte le sue articolazioni e poteri, nella rimozione delle diseguaglianze economiche, sociali, di genere, generazionali, territoriali che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e la piena partecipazione di tutti i cittadini e di intere generazioni, gruppi sociali, ampie fasce della popolazione alla vita sociale, politica e democratica del Paese. A tal fine è imprescindibile garantire la piena effettività di tutti i diritti civili e sociali e il rilancio del modello universalistico dei servizi, a partire da un alto e uguale livello di tutela della salute, come fondamentale diritto garantito dall’art. 32 Cost., e dell’assistenza sociale su scala nazionale e senza discriminazioni territoriali, dal rilancio e rifinanziamento della ricerca e dell’istruzione pubblica, dal diritto di accesso a una giustizia rapida e certa, parimenti accessibile con pari chance e possibilità per tutti i cittadini a prescindere dal reddito.

3) Alla piena attuazione del Titolo III della Costituzione sui “Rapporti economici” tramite un opportuno e necessario intervento pubblico in economia per la garanzia dei diritti fondamentali e dei diritti sociali, alla cui previa effettività devono essere conformate le scelte di bilancio e l’equilibrio dei conti pubblici.

4) All’interpretazione e revisione dei Trattati europei alla luce dei principi inderogabili dettati dalla Costituzione e della previa e preminente effettività dei principi e dei diritti fondamentali, nonché dell’autonomia politica del Paese, anche nell’ambito di una rafforzata cooperazione nella UE, nelle scelte di governo e nel modello di sviluppo più coerenti con il carattere democratico, personalista, pluralista e solidarista della Costituzione.

5) Agli art. 10 e 11 Cost., tramite la firma e la ratifica dei trattati per la messa al bando delle armi nucleari, la revisione delle politiche sui flussi migratori alla luce della piena effettività dei principi costituzionali sul diritto d’asilo, la cancellazione degli accordi che non garantiscano il pieno rispetto della dignità e dei diritti fondamentali delle persone, dei migranti economici e di quanti a qualsiasi titolo fuggano da regimi totalitari, territori di guerra o colpiti da crisi, carestie, disastri ambientali e violazioni dei diritti umani.

6) Alla piena garanzia, anche giurisdizionale, dei diritti di elettorato attivo e passivo, nonché dei diritti di partecipazione politica, impegnandosi a promuovere una legge elettorale conforme al prioritario rispetto del principio di rappresentanza democratica, dell’autonomia e della centralità del Parlamento e dei parlamentari, tale da sancire il diritto degli elettori a partecipare attivamente alla selezione delle candidature e alla scelta degli eletti, nel rispetto della parità di genere e dell’equilibrio fra generazioni. Di queste tutele è premessa essenziale l’attuazione dell’art. 49 Cost. e la messa in sicurezza dell’art. 138 Cost. da modelli elettorali e composizioni parlamentari che falsino il rapporto di rappresentanza fra elettori ed eletti.

Felice BESOSTRI, Anna FALCONE, Vincenzo VITA, Lara TRUCCO, Gianni FERRARA, Emma IMPARATO, Paolo MADDALENA, Giovanni PALOMBARINI, Antonio ESPOSITO, Antonio CAPUTO, Aldo GIANNULI, Pietro ADAMI, Giovanni SCIROCCO, Aldo FERRARA.
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