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 Note
1 Al punto che Marx non parla di “capitalismo” bensì di “modo di produzione capitalistico”.
2 Michele Dal Lago, Marxismo e antispecismo. Un incontro possibile ma non inevitabile, in “Animal studies” 6/2014, pp. 37 e sgg.
3 M. Maurizi, Al di là della natura. Gli animali, il capitale e la libertà, Novalogos, Aprilia 2011.
4 Per una critica del moralismo identitario animalista e vegano cfr. M. Maurizi, Cos’è l’antispecismo politico, Per Animalia Veritas, Roma 2012; Id., Le parole e le cozze. Sogni, deliri e speranze del movimento animalista, Lulu 2012; Id., La filosofia dei cani. Animalismo o antispecismo?, Lulu, 2015.
5 Benché la burla abbia anche il suo risvolto tragico. Ho visto anarchici ignorare con un’alzata di spalle la cancellazione dei diritti sindacali dei lavoratori perché “il sindacato è una struttura di potere”, ecologisti non solidarizzare con i metalmeccanici perché “in un mondo liberato le automobili non dovrebbero esistere”, antispecisti considerare i bambini che crepano sotto le bombe degli “assassini” al pari dei criminali che li bombardano ecc. ecc.
6 M. Maurizi, Antispecismo e individualismo metodologico, in “Animal Studies. Rivista italiana di antispecismo”, n. 6, Economie della natura, a cura di M. G. Devetag, 2014.
7 Una concezione idraulica del fatto sociale, erede di una Lebensphilosophie, di una filosofia della vita, che scorre strisciante in parecchia storia del pensiero novecentesco. Cfr. M. Maurizi, L'io sospeso. L'immaginario tra psicoanalisi e sociologia, Jaca Book, Milano 2012.
8 Th. W. Adorno, Dialettica negativa, Einaudi, Torino 2004, p. 171.
9 G. W. F. Hegel, Fenomenologia dello Spirito, Rusconi, Milano 1995, p. 185.
10 L. Gallino, Finanzcapitalismo, Einaudi, Torino 2011.
11 K. Marx - F. Engels, Manifesto del partito comunista, Editori Riuniti, Roma 1996, p. 9.
12 “Una volta cancellata la limitata forma borghese, che cosa è la ricchezza se non l’universalità dei bisogni, delle capacità, dei godimenti, delle forze produttive ecc. degli individui, creata nello scambio universale? Che cosa è se non il pieno sviluppo del dominio dell’uomo sulle forze della natura, sia su quelle della propria natura? Che cosa è se non l’estrinsecazione assoluta delle sue doti creative, senza altro presupposto che il precedente sviluppo storico, che rende fine a se stessa questa totalità dello sviluppo, cioè dello sviluppo di tutte le forze umane come tali, non misurate su di un metro già dato? Nella quale l’uomo non si riproduce in una dimensione determinata, ma produce la propria totalità? Dove non cerca di rimanere qualcosa di divenuto, ma è nel movimento assoluto del divenire? Nell’economia politica borghese [...] questa completa estrinsecazione della natura interna dell’uomo si presenta come un completo svuotamento, questa universale oggettivazione come alienazione totale, e la eliminazione di tutti gli scopi determinati unilaterali come sacrificio dello scopo autonomo a uno scopo completamente esterno. Perciò da un lato l’infantile mondo antico si presenta come qualcosa di più elevato; dall’altro esso lo è in tutto ciò in cui si cerca di ritrovare un’immagine compiuta, una forma, e una delimitazione oggettiva. Esso è soddisfazione da un punto di vista limitato; mentre il mondo moderno lascia insoddisfatti, o, dove esso appare soddisfatto di se stesso, è volgare”. K. Marx, Lineamenti fondamentali della critica dell'economia politica (1857-58), La Nuova Italia, Firenze 1997, vol. I, pp. 112-113.
13 M. Maurizi, Per la critica dello stalinismo, in ERRE, n. 14 e sulla rivista Liberazioni .
14 Cfr. il tentativo di interpretazione della New Left in senso marxiano da parte di Marcuse e le sue relative critiche: H. Marcuse, La fine dell'utopia, Laterza, Bari 1968; Id., Saggio sulla liberazione, Einaudi, Torino 1969; Id., Controrivoluzione e rivolta, A. Mondadori, Milano 1973. Per una considerazione a posteriori dell’esperienza della New Left cfr. l’intervista del 1976 con Ivo Frenzel e Willy Hochkeppel.
15 Passata la spinta propulsiva del ‘68 l’ala “creativa” del movimento giunse progressivamente a trovare una stabilità economica da classe media e una facile integrazione nell’establishment (ad es. nel mondo della pubblicità, della comunicazione politica ecc.). Cfr. L. Boltanski - È. Chiapello, Il nuovo spirito del capitalismo, Mimesis, Milano 2014.
16 In genere, gli antispecisti e vegani sono i più interessati a che questa scansione venga riconosciuta come valida, per poter poi inserire la discriminazione di specie come ultimo tassello a suggello dell’intera serie. D’altronde, lo stesso Singer metteva le mani avanti scrivendo che il titolo della sua opera più fortunata - Animal Liberation - poteva sembrare “una parodia di altri movimenti di liberazione”. P. Singer, Liberazione animale, Saggiatore, Milano 2003, p. 17.
17 È il caso del femminismo di seconda generazione, che tentava appunto di saldare la prospettiva di genere con rivendicazioni tipiche della lotta operaia. Diverso è il caso dell’ecologia che sorge a partire da differenti matrici ideologiche: una borghese (il Club di Roma), un’altra anarchica (dall’eredità di Kropotkin all’ecologia sociale di M. Bookchin) e una marxista (i Verdi tedeschi, ad es., furono vicini all’opera del filosofo H. Marcuse). Perfino le tematiche lgbtq, che non potevano che essere politicamente trasversali, trovarono nuovo slancio negli anni ‘60 e furono spesso vicine alle organizzazioni politiche radicali (anche per via della pesante eredità conformista e eterosessista dei partiti e dei sindacati della sinistra tradizionale). Ancora differente è il caso dell’ultimo arrivato, il movimento di liberazione animale, che ha radici più composite: una borghese-protezionista, una anarchico-liberazionista, e una più intellettuale e filosofico-morale, nata dalla svolta accademica di Peter Singer e Tom Regan tra la metà degli anni ‘70 e i primi anni ‘80 e che fornì il terreno teorico più diffuso e ancora oggi dominante.
18 Per una visione non unilaterale del rapporto Marx-Foucault cfr. Richard Marsden, The nature of capital: Marx after Foucault, Routledge, London 1999.
19 Cfr. J. Derrida, Spettri di Marx. Stato del debito, lavoro del lutto e nuova Internazionale, Cortina, Milano 1994. Cfr. anche J. Derrida (et al.), Marx & Sons. Politica, spettralità, decostruzione, Mimesis, Milano 2008, in particolar modo il contributo di F. Jameson, La lettera rubata di Marx, pp. 33 e sgg.
20 Cristian Loiacono, Incroci pericolosi: femminismo critica post-coloniale, critica omosessuale, Atti del convegno: In teoria & pratica: laboratorio queer intorno al Manifesto di Beatriz Preciado, p. 76.
21 Il ricorso alla categoria di “dominio” nei teorici dell’intersezionalità non deve essere confuso con la nozione francofortese di Herrschaft. Pur essendo di derivazione hegeliana, anzi probabilmente proprio grazie a ciò, la nozione francofortese di “dominio” ha un significato filosofico molto più specifico e meno astrattamente descrittivo della sua controparte liberal. In particolare in Adorno esso allude alla complessa dialettica dei rapporti tra Ragione e Natura. Cfr. M. Maurizi, Al di là della natura, cit., e Id., Chimere e passaggi. Cinque attraversamenti del pensiero di Adorno, Mimesis, Milano 2015.
22 K. Marx, Lineamenti, cit., p. 83.
23 Ibid., p. 73.
24 Ibid., pp. 95-96.
25 “La produzione capitalistica partorisce dal suo seno, con la necessità di un processo della natura, la propria negazione. È la negazione della negazione. Essa ristabilisce non la proprietà privata, ma al contrario la proprietà individuale basata sulla conquista dell’età del capitale, sulla cooperazione e sul possesso collettivo del suolo e dei mezzi di produzione prodotti dal lavoro stesso”. K. Marx, Il Capitale, Newton & Compton, Roma 1996, p. 548.
26 John Holloway, Cambiare il mondo senza prendere il potere, Napoli, Carta-IntraMoenia, 2004, pp. 42.
27 Ibid., pp. 43.
28 Nonostante Holloway affermi che “il fare è intrinsecamente sociale”, il suo essere-sociale è associato all’immagine del “flusso”, dell’“intreccio”, del “coro”. Ibid., pp. 40-41.
29 Ibid., p. 106.
30 Ibid.
31 Ibid., p. 118.
32 Dunque anche in ciò che quella totalità lascia sussistere al suo “esterno”: il capitale ha strutturalmente bisogno, come insegnava la Luxemburg, di un “fuori” da aggredire, colonizzare, integrare nella sua dinamica autovalorizzatrice; lo Stato esiste in rapporto - non sempre e solo dialettico - con il suo “altro”, sia il diritto statuale altrui che il diritto statuale esterno, quello delle istituzioni transnazionali ecc.
33 John Holloway, Cambiare il mondo, cit., pp. 246-247.
34 M. Maurizi, Rosa Luxemburg: l'auto-costruzione di una democrazia rivoluzionaria
35 Già Marx, non a caso, ammoniva nel Capitale a non scambiare le caratteristiche personali dell’individuo che occupa il posto di capitalista e proprietario terriero con queste medesime funzioni sociali. K. Marx, Il capitale, cit., p. 43.
36 Non è forse un caso che molte teorizzazioni queer prendano a prestito il pensiero di J. Butler la cui la nozione di “performatività” mi sembra in buona parte sovrapponibile alle sociologie anarco-vitalistiche qui criticate (o, perlomeno, non mi sembra offrire ad esse la necessaria resistenza). Non solo è qui sempre la “ripetizione” di atti singolari a produrre le strutture sociali, ma perfino il “potere nella sua persistenza” non esiste di per sé bensì è, di fatto, “un agire ripetuto”. J. Butler, Corpi che contano, Feltrinelli, Milano 1996, p. 169. Cfr. anche la critica di Nancy Fraser alla confusione concettuale prodotta dalla sovrapposizione tra eterosessismo e sfruttamento capitalistico in N. Fraser, Fortune del femminismo Dal capitalismo regolato dallo Stato alla crisi neoliberista, Ombre corte, Verona 2014, pp.
37 Intervista a Beatriz Preciado, El Espectador, 6 febbraio 2014, tr. it. in www.abbattoimuri.wordpress.com
38 Beatriz Preciado, Noi diciamo rivoluzione
39 Un modo banale di attaccare a questa concezione è quello tipico di Fusaro che identifica ogni concetto post-moderno con l’ideologia “neo-liberista” passando per l’identificazione tra atomizzazione sociale e nominalismo filosofico, per cui la “fluidificazione” delle identità e la dissoluzione delle essenze stabili sarebbe sempre e solo al servizio della riorganizzazione del capitale (salvo poi cadere anche lui nel vitalismo quanto contrappone a ogni pie’ sospinto la “reificazione capitalistica” ad una presunta intensità delle comunità e delle relazioni premoderne). In questo modo, ovviamente, non esiste alternativa tra Unione Europea e Sovranismo Nazionale o tra Preciado e Adinolfi. Il punto decisivo è invece proprio tentare di articolare quell’opposizione tra essenzialismo e anti-essenzialismo riguadagnando il punto di vista di Marx che, lo ribadiamo, non è un punto di vista ontologico bensì storico e dialettico, volto alla decifrazione delle dinamiche strutturali della società moderna.
40 Non va ovviamente sottovalutata l’influenza delle riletture di Nietzsche degli anni ‘60-’70. Cfr. J. Rehmann, I nietzschiani di sinistra. Foucault, Deleuze e il postmodernismo: una decostruzione, Odradek, Roma 2009. 

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Maurizio Enzo lazzer
Monday, 08 May 2017 13:17
Io credo di essere d'accordo con le sue tesi dopo aver a fatica analizzato il testo; le difficoltà dipendono dai miei limiti di formazione.
In più mi sento di di aggiungere che sia coerente col marxismo considerare che attualmente il capitale (che appunto deriva da caput capo come vertice del comando, ma anche capo come mente), ha spostato la matrice del plusvalore dalla produzione al consumo di massa; voglio dire chela uniformazione della vita entro i ritmi produttivi-che coinvolge l'uomo ed suo contesto di natura e cultura-ha condizionato la matrice del plusvalore, ha condizionato in maniera irreversibile la mente nella maggioranza delle persone-esclusi i monaci e gli eremiti-a dipendere dal plusvalore prodotto con tutte le conseguenze dirette che fanno capo alla follia ed alla infelicità ed indirette che danno luogo alle guerre, alla distruzione dell'ambiente e della stessa coscienza sia individuale che sociale, .L'individuo è diventato alienato da quello che egli stesso produce;la conseguenza è la svalutazione accelerata del lavoro in sè, della sostanza fisica ed intellettuale del lavoro, della conoscenza e creatività teorico-pratica spostata dall'uomo alla macchina produttiva; produce quindi la sua stessa alienazione ; l'atto del conoscere finisce anche esso per essere un elemento del consumo alienato che alimenta l'atto produttivo chiudendo il circuito della formazione del plusvalore.
I sintomi sono evidenti:per esempio le varie forme patologiche di dipendenza,la perdita di soledarietà entro ed oltre il gruppo di appartenenza,la perdita della conoscenza della natura, lo svuotamentodel senso concreto del discorso filosofico,lo smarrimento della disciplina e dei codici interpretativi del testo scritto,l'ignoranza e la aggressività che connotano rapporti interpersonali,il teatro dell'assurdo a cui è ridotta la nostra vita quotidiana, l'invadenza dei media ecc. ecc.
Ma come lei mi insegna dal contesto nascono gli elementi che si sono mimetizzati che sovvertono la realtà, anzi che rivelano la realtà.........
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