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sinistra

Azzurro

di lorenzo merlo

Schermata del 2022 11 12 14 24 52Il potere della comunicazione permette a chi lo detiene di pensare di guidare il mondo. È sempre stato così, ma l’epoca digitale e la relativa capacità tecnologica consentono ai potentati privati di realizzare un’uniformità dell’informazione che permetterà loro di dirigerlo verso lidi che non potremo scegliere, navigando su barconi di cui saremo sguatteri.

Qualche considerazione relativa a La Grande Narrazione, l’ultimo libro di Klaus Schwab, e al linguaggio con il quale espone le idee del Great Reset. Che fa della trasparenza il suo cavallo di battaglia, anzi, il suo vischio per catturare le ignare e innocenti mosche che, in grande maggioranza, siamo.

 

L’intento

Incalzante. Quattro libri (1) in sei anni. Dedicati a come è opportuno – secondo loro – dirigere il mondo. Loro sono i potentati della terra. Quelli in prima pagina su tutti i giornali dei complottisti. Sono entità potenzialmente volatili, ma ferree quando radunate intorno al miele a causa di un comune intento: dirigere il mondo appunto. Intento che ha tutti i riflessi sociali e filantropici possibili immaginabili – possiedono la comunicazione, è normale li realizzino quando, quanto e come utile all’abbacinante scopo diversivo per il quale sono messi in circolazione – ma che è mosso dalla soddisfazione del potere. La stessa che rende creativo e vivace l’aguzzino finché la vittima non lo supplica di smettere.

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lacausadellecose

Sul movimento internazionale di Halloween oggi

di Michele Castaldo

2022 morti halloween 1200I nodi stanno venendo al pettine tutti insieme, pochi se n’avvedono realmente per stupidità, mentre quelli che difendono assurdi interessi di “classe”, si ostinano a non volerli vedere.

A Seul nel quartiere di Itaewon si erano dati appuntamento per festeggiare la festa di Halloween circa centomila giovani. Si tratta di un quartiere simile a Trastevere in Roma con viuzze come veri e propri budelli. Nella calca generale, giocando a spingere per poter procedere perché si stazionava, tanta era la folla, si sviluppa una ressa e nel fuggi fuggi generale muoiono 154 persone, quasi tutti coreani, 97 donne e 57 uomini. Dopo qualche giorno Seul annuncia di aver lanciato un missile nello spazio in risposta a quello della Corea del nord di qualche mese prima. Una festa finita in tragedia e l’attenzione si sposta sul missile. Cose dell’altro mondo? No, cose di questo mondo.

Dopo il disastro ci si interroga sulle responsabilità e fra tante chiacchiere inutili si scopre che ben 7500 poliziotti erano stati dislocati in altri punti della città a controllare “facinorosi” estremisti di sinistra, una manifestazione di lavoratori dei trasporti, alcune sigle sindacali. E il capo della polizia che dice: « non siamo preparati a gestire eventi che nessuno organizza », quelli della baldoria, mentre sono ben attrezzati, come in ogni altra parte del mondo, a reprimere chi protesta per necessità primarie come il lavoro, la casa, la salute ecc. Dunque teniamo distinti i due scenari: da una parte si tenta di operare un controllo capillare, dall’altra parte di lasciar fare. C’è libertà dell’individuo da garantire. Se scoppia un fuggi fuggi e muoiono nella ressa 154 persone si portano bare, fiori e lumini, e la giostra continua a girare.

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Dissenso informato

Pandemia: il dibattito mancato e le alternative possibili 

Introduzione di Niccolò Bertuzzi, Elisa Lello

AA.VV.: Pandemia: il dibattito mancato e le alternative possibili, a cura di Elisa Lello e Nicolò Bertuzzi, Castelvecchi, 2022

maxresdefaultnhygfvInformazione: “somministrare” con prudenza

«Bisogna trovare delle modalità meno […] democratiche […] nella somministrazione dell’informazione»; «In una situazione di guerra […] si accettano delle limitazioni alla libertà». Queste parole, già ricordate nella prefazione di Vittorio Agnoletto e che suonerebbero inquietanti persino se pronunciate da un comune cittadino, sono state utilizzate il 27 novembre 2021 da Mario Monti, in prima serata durante la nota trasmissione In Onda, su La7. Si riferivano – è doveroso precisarlo a qualche mese di distanza – all’emergenza Covid-19, e non a più recenti scenari bellici. Il ragionamento offerto dal professor Monti in quella sede era piuttosto articolato e, nonostante i tentativi del senatore a vita di ricalibrare il tiro con comunicati stampa riparatori, è difficile imputare la sua esternazione a un fraintendimento. Per cinque minuti abbondanti, attorniato da statue antiche e calici di vetro (una scenografia effettivamente molto adatta), Monti presentava la sua tesi autoritaria di fronte agli sguardi attoniti dei conduttori in studio.

Le frasi di Monti hanno provocato un certo dibattito, e le critiche non sono mancate. Vogliamo fermarci brevemente su due aspetti. In primo luogo il parallelo bellico. Nei giorni in cui Monti pronunciava queste parole eravamo nel pieno della recrudescenza del virus, con la variante Omicron che spopolava in Italia e nel resto d’Europa. Le sirene del conflitto fra Russia e Ucraina erano relegate a chi si interessasse di relazioni internazionali e geopolitica. Nessuna guerra si affacciava realmente nel dibattito pubblico.

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sinistra

Dissenso informato

Pandemia: il dibattito mancato e le alternative possibili 

Prefazione 

di Vittorio Agnoletto

AA.VV.: Pandemia: il dibattito mancato e le alternative possibili, a cura di Elisa Lello e Nicolò Bertuzzi, Castelvecchi, 2022

maxresdefaultnhygfv«Non in televisione e non in prima serata, professore». Con queste parole Beppe Severgnini interrompe il prof. Andrea Crisanti che, la sera del 26 novembre 2021, durante la trasmissione Otto e mezzo, espone le sue perplessità sulla vaccinazione anti-Covid per i bambini; perplessità dovute alle limitate informazioni allora a disposizione della comunità scientifica. Severgnini insiste: «Ci sono i convegni e i congressi per dire certe cose; se voi le ripetete in prima serata, la gente si spaventa e non capisce più niente, mi creda».

27 novembre 2021. Il senatore a vita Mario Monti, durante la trasmissione In Onda, dichiara: «È una guerra, ma non abbiamo minimamente usato in nessun Paese una politica di comunicazione adatta alla guerra e forse oggi non si riesce più, anche se ci fosse una guerra vera, ad avere una comunicazione come quella che si aveva nel caso di guerre…»; «… La comunicazione di guerra significa che c’è un dosaggio dell’informazione […] bisogna trovare delle modalità meno, posso dire democratiche secondo per secondo…»; «In una situazione di guerra […] si accettano delle limitazioni alla libertà». La conduttrice Concita De Gregorio gli domanda chi dovrebbe decidere come dosare l’informazione; la risposta è netta: «… Il governo, ispirato, nutrito, istruito dalle autorità sanitarie».

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kamomodena

«Un po’ di ansietta, ragazzi?»

Per una lettura politica della condizione giovanile

di Antonio Alia

Di ansia individualizzazioneStare in pace con sé, oggi, vuol dire entrare in guerra con il mondo».

Mario Tronti, Dello spirito libero.

Un bel mondo di merda, non c’è dubbio. Che la guerra sta portando sull’orlo della crisi di nervi. O viceversa.

Guerra. Crisi. Nervi. Dei primi due abbiamo già parlato. Il mondo di domani e il destino della globalizzazione; i figli della crisi e la scuola di oggi. Era giunta l’ora di parlare di nervi. Ansia, angoscia, sofferenza mentale. Un vissuto sempre più diffuso, quasi pandemico. Che sembra attanagliare soprattutto i giovani. O che essi – grazie alla loro età, unita a una maggiore consapevolezza e a una meno pressante assuefazione – riescono a far emergere in modo più radicale. Perché loro necessità, bisogno. Chi ci ha raggiunti, nonostante la stanchezza, le pressioni e l’ansia di un quotidiano senza tregua già a sedici anni, lo ha fatto non a caso, evidentemente.

Abbiamo voluto provare a costruire un punto di vista di parte. Il metodo che sempre ci muove: mettere in prospettiva, produrre discorso politico, stimolare formule organizzative. Ma prima di tutto, inchiestare. Individuare le domande, saper ascoltare. Tentare di trovare le risposte nel processo. Ci interessava una lettura politica dell’ansia, legata alle trasformazioni produttive, all’individualizzazione del disagio, alle nuove logiche del comando. Andare dallo psicologo va benissimo, ma non può essere una soluzione per problemi politici. Denunciare la catastrofe siamo capaci tutti, il difficile è capire con chi dobbiamo prendercela. Invece di diventare specialisti del malessere, rendere un’arma il punto di vista – lo sguardo parziale di chi, come militante politico, può rovesciare il proprio destino.

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jacobin

La società piatta

di Vincenzo Scalia

L'ultimo stadio dell'ideologia della sicurezza è la delazione di massa: gli individui competono tra di loro in un conflitto orizzontale per guadagnarsi lo status di vittime e chiedere protezione

esercito jacobin italia 1320x481Negli ultimi trent’anni, la questione della sicurezza, ha colonizzato l’agenda pubblica italiana, fino a culminare nella vittoria, nelle due ultime tornate elettorali, di forze politiche e schieramenti che fanno di legge e ordine la loro bandiera. In realtà, dietro il securitarismo, allignano questioni molto più complesse delle manette facili, che portano a interrogarsi sui fondamenti e sulla solidità degli assetti sociali e politici attuali. L’ultimo lavoro di Tamar Pitch, Il malinteso della vittima. Una lettura femminista della cultura punitiva (Edizioni Gruppo Abele, Torino, 2022), costituisce un valido strumento attorno al quale articolare una riflessione demistificatoria delle tematiche della sicurezza.

Sin dalla metà degli anni Ottanta, assistiamo allo slittamento di significato del termine sicurezza che, dall’indicare una condizione sociale, passa a essere focalizzato sull’incolumità individuale, compiendo la traslazione che Alessandro Baratta definiva «dalla sicurezza dei diritti al diritto alla sicurezza» (Alessandro Baratta in Anastasia, S., Palma, M., La bilancia e la misura, Franco Angeli, Milano, 2001): l’Italia assimila con un decennio di ritardo questo cambiamento, che in Gran Bretagna, sin dai primi anni del governo di Margaret Thatcher, ha avviato progetti di prevenzione situazionale, ovvero mirati a rendere asettico l’ambiente esterno attraverso illuminazione pubblica e arredi urbani contro le «classi pericolose». In Francia, il governo socialista, ha promosso progetti ad ampio raggio di ristrutturazione urbana delle banlieues, senza tenere conto della questione  sociale. Oltreoceano, il processo di securitarizzazione, è stato molto più marcato: da un lato, attorno alla privatizzazione della sicurezza, si è gradualmente sviluppato un mercato di polizie private e gated cities, ovvero le città fortezza dove i condomini votano addirittura se consentire alla madre di uno dei residenti di entrare nel complesso residenziale .

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ilrovescio

Giudizio universale senza pause (e senza appelli)

di Il Rovescio

Giudizio universale 1Anche il Giudizio Universale ha le sue pause.

Christian Friedrich Hebbel, Diari (1835-1863)

L’appello di rado evita di cadere nel missionario; e v’è chi se ne turba. Certo, tutti sanno quanto siano rudi e per nulla pensosi di sé e degli altri gli edili e i villici; dubito, tuttavia, che se andremo ad avvertirli che la guerra atomica fa male, quelli si metteranno a scuotere le teste dialettali, chiosando: «Be’, se lo dicono quelli, qualcosa di vero ci deve essere». […] Certo, a firmare o compilare codesti documenti «si ha ragione»; ma non v’è una qualità corruttrice, qualcosa di stranamente degradante nell’«aver ragione», quasi quanto nel vincere una guerra?

Giorgio Manganelli, «Alcune ragioni per non firmare gli appelli», in Lunario dell’orfano sannita, 1973

«Mai mettere in gioco la propria sorte se non si è disposti a giocare con tutte le proprie possibilità». Il vecchio adagio non vale solo per i poveri e per i rivoluzionari, ma anche per gli Stati, i capitalisti e i tecnocrati. Quando i dadi sono tratti, e oggi lo sono, si possono pagare care tanto le avventure della potenza quanto la titubanza delle mezze misure. Le prime possono diventare la classica fine nell’abisso, le seconde l’altrettanto classico abisso senza fine.

La mossa da parte della Federazione russa di annettere i territori di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporož’e alza drammaticamente la posta in gioco, rendendo, come noto, eventuali attacchi dell’esercito ucraino oltre i nuovi confini una «minaccia esistenziale» per lo Stato russo, minaccia che consentirebbe l’uso di ogni mezzo, comprese le armi atomiche “tattiche”. La concomitante «mobilitazione parziale» di trecentomila riservisti è stata accompagnata da due fenomeni interni opposti: da un lato, il riaccendersi delle proteste (e delle azioni dirette contro i centri di reclutamento) nonché la fuga di migliaia di giovani dal Paese; dall’altro, gli inviti dei settori più bellicisti a schiacciare le forze ucraine una volta per tutte.

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ospite ingrato

«Parole usurate, prospettive aperte»

Massimo Cappitti e Irene Conti intervistano Guido Viale

2022.9.19. CAPPITTIMassimo Cappitti: Il tuo libro (Slessico familiare. Parole usurate prospettive aperte. Un repertorio per i tempi a venire, ed. Interno4, 2017) si mantiene su un doppio livello: c’è una tesi portante come ipotesi teorica che lo regge, che si compone di più voci – poi le possiamo ovviamente vedere – ma c’è anche un aspetto pragmatico, il tentativo di non chiudersi in una sorta di rifugio, una teoria che ci metta al riparo dai problemi del mondo, perché i problemi del mondo vanno affrontati.

Guido Viale: È quello che cerco sempre di fare quando scrivo un articolo, cioè di mantenere la dimensione operativa, nella misura in cui si riesce a capire che cosa si potrebbe fare o pensare di fare. La teoria pura che non abbia una dimensione operativa a me non interessa, mi sembra un esercizio inutile.

 

MC.: Mi sembra un po’ il filo che attraversa tutti i tuoi lavori, un’attenzione alle esperienze e non solo alle ipotesi teoriche. Questo è già un primo punto, che in qualche maniera riesce a cogliere un tratto comune in una situazione di così difficile interpretazione. Mi sembra comunque un’acquisizione importante.

Poi ero partito da questa riflessione sulla naturalizzazione dell’esistente, ovvero una sorta di insuperabilità del sistema capitalistico, che si presenta come l’incarnazione del senso della storia. Il capitalismo chiude la storia – e noi con lui – e si presenta come una sorta di fenomeno naturale insuperabile. Questo mi sembra che emerga in più voci del tuo libro.

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comidad

Emergenza pandemica. Un’analisi epistemologica

di Tommaso Palmieri

Riceviamo e volentieri pubblichiamo

coronavirus ricerca kouB 258x258Quotidiano Sanita WebIntroduzione

A marzo 2022 si è istituzionalmente conclusa l’emergenza pandemica dichiarata a marzo 2020, la cui gestione (e il meccanismo emergenziale in generale) non ha sicuramente concluso le sue istanze, dato che evidentemente e per ammissione delle stesse istituzioni i procedimenti di allerta e in generale tutta una serie di misure e pratiche persevereranno, mostrando fin da ora le ampie istanze di “normalizzazione” sviluppatesi. Nonché le perduranti modalità di “emergenza permanete” che trapassano prontamente dall’ambito medico, a quello bellico, terrorista, energetico o ambientale, con ampie possibilità di applicazione. In tutto questo le criticità in ballo durante la gestione sono molte. Due anni in cui si è pubblicamente evitato di affrontare qualsiasi argomento di critica, mostrando disinteresse o andando a screditarne la fonte, tramite l’utilizzo di pregiudizievoli etichette.

Un (non-)dibattito pubblico che vorrebbe negare una enorme serie di contraddizioni manifeste nella gestione pandemica, dove il complesso scientifico appare diviso, lontano dalla narrazione di un sistema mediatico e istituzionale che batte senza sosta la campana del “lo dice La Scienza”. Il fatto è che “La” scienza non esiste, esistono semmai il metodo scientifico e le teorie scientifiche: sempre rivedibili e dipendenti dal contesto nel quale sono calate e si sono sviluppate e che più volte hanno fatto danni.

 

Il (non)dibattito scientifico: La scienza non come metodo ma come istituzione

Sarebbe sciocco considerare il sistema scienza come avulso dal complesso storico-sociale; in tal senso l’interdisciplinarietà e la valutazione dubbiosa sarebbero sempre d’obbligo.

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osservatoriorepressione

Schedare per dominare

di Mediapart

Una storia critica della schedatura di polizia in particolare in Francia

schedatura di polizia 270x200La campagna di azione collettiva contro la tecnopolizia si conclude tra poche settimane. La nostra denuncia contro il Ministero dell’Interno prende di mira in particolare due enormi fascicoli statali: il fascicolo TAJ e il fascicolo TES. Attraverso di loro, attacchiamo gli strumenti onnipresenti e strutturanti di sorveglianza della polizia. Perché archiviare è organizzare il controllo e il dominio dello Stato sulla sua popolazione. Come si spiega che queste pratiche hanno potuto emergere, persistere e radicarsi così profondamente nel funzionamento dell’amministrazione francese al punto da sfuggire ora a qualsiasi controllo reale?

Se possiamo ovviamente trovare una moltitudine di spiegazioni, proponiamo di tornare qui, senza pretendere di essere esaustivi, sull’evoluzione nel tempo della registrazione in Francia.

 

La creazione della conoscenza statale

Il desiderio dello Stato francese di identificare formalmente la sua popolazione iniziò nel XVIII secolo[1]. Lo scopo originario era formalmente quello di “combattere contro la criminalità, l’accattonaggio o il vagabondaggio” richiedendo ad alcune persone la registrazione e il possesso di “carte” contenenti il loro cognome[2]. Molto rapidamente, questa pratica è stata utilizzata principalmente in ambito giudiziario al fine di identificare le persone accusate che avrebbero fornito false identità, impedendo così al sistema giudiziario di ripristinare la loro precedenti penali. È quindi il perseguimento e il riconoscimento dei recidivi – una giustificazione che si troverà molte volte nel corso della storia – che incoraggia il miglioramento delle pratiche di identificazione e in particolare la creazione di polizie scientifiche[3].

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lafionda

Il futuro dell’energia

di Fabrizio Russo

energia elettrica e elettricita sono la stessa cosaNessun politico vuole raccontarci la vera storia: la disponibilità di combustibili fossili si sta esaurendo. Siamo infatti già a corto di petrolio, carbone e gas naturale perché i costi diretti e indiretti di estrazione stanno raggiungendo un punto in cui il prezzo di vendita del cibo e di altri beni di prima necessità deve essere fissato ad un livello talmente alto, ed inaccettabile, da compromettere l’operabilità del sistema economico globale, nel suo assetto attuale. Allo stesso tempo, l’energia eolica, solare e altre fonti di “energia pulita” non sono ancora in grado, neppure in misura parziale ma tale da consentire un funzionamento “sui minimi” del sistema, di sostituire la quantità di combustibili fossili perduta.

Il problema economico, che ha per protagonista l’energia, è essenzialmente un problema di fisica. L’energia pro capite e, di fatto, le risorse pro capite (qualsiasi produzione richiede infatti energia), devono rimanere sufficientemente elevate in presenza di una crescita della popolazione a cui fa capo una determinata realtà economica. Quando ciò non accade, come la storia ci dimostra, le civiltà tendono a – o perlomeno rischiano di – crollare.

I politici non possono però ammettere apertamente che l’economia mondiale possa oggi essere diretta verso il collasso, come peraltro già accaduto a molte/tutte le civiltà precedenti. Devono dare invece l’illusione di essere al comando, di avere la situazione sotto controllo. Ciò spinge i politici a dare al pubblico, in qualche modo, motivazioni per cui i cambiamenti futuri potrebbero essere o desiderabili, (ad es. per evitare il cambiamento climatico) o, perlomeno, che le difficoltà sollevate siano temporanee/condizionate (ad es. a causa delle sanzioni contro la Russia).

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giubberosse

Analisi di laboratorio negli studi clinici dei vaccini COVID-19: missing in action?

di Marco Cosentino

Aver omesso durante le sperimentazioni gli esami di laboratorio e continuare a ignorarli oggi, impedisce la corretta valutazione degli effetti avversi e più in generale il razionale impiego dei vaccini. È, invece, urgente valutare i profili dei parametri di laboratorio e strumentali che si verificano nei soggetti sia prima che dopo la vaccinazione

coronavirus 5174671 1920 1Nella maggior parte dei paesi occidentali, le campagne di vaccinazione di massa contro la malattia da Coronavirus-19 (COVID-19) in corso dalla fine del 2020 si basano su due vaccini mRNA contro SARS-CoV-2 (BioNTech/Pfizer BNT162b2 e Moderna mRNA-1273) [1,2]. Entrambi i prodotti hanno ricevuto l’autorizzazione all’uso di emergenza (EUA dalla FDA negli Stati Uniti) e l’autorizzazione all’immissione in commercio condizionale (CMA dall’EMA nell’UE), sulla base dei risultati di studi clinici che hanno sollevato molte polemiche [3,4]. In particolare, la sicurezza del prodotto in quegli studi è stata valutata solo attraverso la segnalazione di eventi avversi (EA) da parte dei partecipanti e non è stata presa in considerazione alcuna valutazione clinica di laboratorio se non nella piccola parte di fase I del programma di sperimentazione, in cui sono state arruolate solo poche dozzine di partecipanti. Tuttavia, anche un campione così piccolo è stato sufficiente per identificare diversi alterazioni di parametri di laboratorio: ad esempio, lo studio di fase I BioNTech/Pfizer ha registrato diminuzioni clinicamente importanti tra l’8,3% e il 33,3% nella conta dei linfociti in ciascun gruppo di dose e neutropenia in altri due partecipanti [5]. Nonostante questi risultati, nessuna valutazione clinica di laboratorio è stata successivamente inclusa nello studio di fase III.[1]

Secondo le linee guida del Consiglio internazionale per l’armonizzazione dei requisiti tecnici per i prodotti farmaceutici per uso umano (ICH), le valutazioni cliniche di laboratorio sono una parte fondamentale della valutazione complessiva della sicurezza di qualsiasi nuovo farmaco. In particolare, secondo il Common Technical Document (CTD) Efficacy (M4E),[2] che descrive la struttura e il formato dei dati clinici ai fini della documentazione di una domanda di autorizzazione di nuovo farmaco, una specifica sezione dovrebbe descrivere i cambiamenti nei test di laboratorio con l’uso del nuovo farmaco, con confronti appropriati tra i gruppi di trattamento e di controllo.

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effettoseneca

Il Problema della Scienza sono gli Scienziati

di Steve Templeton

Un articolo di Steve Templeton, dal suo blog "Fear of a Microbial Planet" (L'avevo già postato un anno fa, ma mi sembra sempre attuale, e quindi è il caso di ripostarlo. Tanto per ribadire certe cose) [UB]

mad science clipart free mad scientist clipart hdCinque anni fa l'astrofisico e divulgatore scientifico Neil deGrasse Tyson ha twittato un testo davvero memorabile e degno di una citazione:

La Terra ha bisogno di un paese virtuale: #Rationalia, con una Costituzione a una riga: tutte le politiche devono essere basate sul peso dell'evidenza

Il mondo ideale di Tyson era attraente per molti a causa della politica istintiva e guidata dalle emozioni e della guerra politica tribale che aveva invaso ogni arena della vita pubblica, inclusa la scienza. Ha attirato molti dei suoi colleghi scienziati, persone addestrate a pensare in modo obiettivo e testare ipotesi basate su osservazioni sul mondo naturale.

L'unico problema: l'enorme peso delle prove dimostra perché il paese virtuale "Rationalia" semplicemente non esisterà mai.

Questo perché, per gli umani, pensare razionalmente richiede un'enorme quantità di energia e sforzo. Di conseguenza, la maggior parte delle volte non ci preoccupiamo di farlo. Invece, nella stragrande maggioranza dei casi, il nostro pensiero è guidato completamente dalla nostra intuizione e dai nostri istinti, senza che entri in gioco quel fastidioso pensiero razionale che interferisce sulle nostre decisioni.

Questa dicotomia è magistralmente spiegata nei minimi dettagli dal premio Nobel Daniel Kahneman nel suo libro Thinking Fast and Slow, ed è anche trattata con un focus sulle divisioni politiche nel capolavoro di Jonathan Haidt, The Righteous Mind. Entrambi sono opere interessantissime come tali e forniscono spiegazioni affascinanti sul perché ognuno di noi ha punti di vista diversi e perché è così difficile cambiarli.

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gasparenevola

Pane e libertà. O della cugina povera rimasta vedova

di Gaspare Nevola

Pane e libertà: la cugina povera rimasta vedova. Questa è la storia o, meglio, il tema che vorrei qui vivificare in tempi di campagna elettorale

pane e libertà folla«Per sei famiglie italiane su 10 il tema del carrello della spesa o del caro bollette è prioritario rispetto a qualsiasi altra questione», in cima ai pensieri dei cittadini ci sono i timori dell’inflazione e del razionamento dell’energia. Così rilevano i sondaggi di opinione[1], i quali, come è noto, al di là della loro perizia tecnica nel descrivere le opinioni della società, contribuiscono a costruirle[2]. Simili timori del cittadino comune non dovrebbero essere trattati con supponenza, ma, d’altra parte, è bene che siano considerati nel contesto di una società che suole dirsi democratica e difendersi come tale. E qui il discorso pubblico non può banalizzare il tema della libertà, anche a costo di rimettersi a viaggiare in quel mare aperto e insidioso evocato dalla parola “libertà”: tanto quella degli antichi, quanto quella dei moderni, sia essa “libertà di” o “libertà da”, “libertà positiva” o “libertà negativa”[3]

Ben sappiamo quanto la libertà di ciascuno abbia dei limiti: limiti dati dalla libertà degli altri e dal danno che la libertà di ciascuno può procurare agli altri, come è stato teorizzato in modo esemplare, già a metà Ottocento, da un liberale classico come John Stuart Mill, padre di quell’utilitarismo che pure riconosceva in cima alla sua dottrina che “nessuno è miglior giudice di se stesso nel definire i suoi interessi di libertà”[4]. Ma il principio di Stuart Mill, tanto invocato (e strumentalizzato) dai sapiens  e dai minus sapiens dei nostri giorni, costituisce l’inizio e non la fine del discorso sulla libertà, specie in una società che si vuole democratico-pluralistica, fatta di maggioranze e minoranze, di costituzioni e di culture che intendono tutelare proprio il pluralismo (delle idee, degli interessi, dei valori), i diritti e le libertà; una società dove la tutela è posta anzitutto a difesa delle minoranze, temendo la “dittatura della maggioranza”, ovvero il fatto che the winner takes all – anche se pare che per molti tale timore valga solo nei giorni dispari, dato che lo si dimentica o respinge nei giorni pari.

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ilrovescio

Tabula rasa, o della scuola digitale

di Il Rovescio 

Pubblichiamo volentieri questo testo a proposito del «Piano Scuola 4.0», il quale prosegue le riflessioni cominciate con PNRR: Piano Nazionale di Radiazione di ogni Resistenza (umana), uscite su questo sito nell’ottobre scorso (https://ilrovescio.info/2021/10/21/pnrr-piano-nazionale-di-radiazione-di-ogni-resistenza-umana/)

tabulaScuola: dal greco skholé, «tempo libero», dedicato allo svago della mente, e in seguito (XIII secolo) «luogo ove si attende allo studio».

Scuola quindi come ambito politico, cioè che riguarda le relazioni tra «i molti», legato all’educazione in senso letterale, che idealmente rappresenta l’occasione per i “nuovi nati” di ricevere da parte del mondo degli adulti (nella lingua giapponese il termine sensei, tradotto con quello di «maestro», significa «colui che è nato prima») cure (spazi e tempi caratterizzati dall’agio) e quel nutrimento che deriva dalla trasmissione delle conoscenze, indispensabile per l’espressione delle potenzialità autentiche di ogni individuo.

Scuola che, come tutti gli altri ambiti della realtà, è specchio delle tendenze in atto all’interno della società che la produce e in tal senso ambito di interesse generale. Interesse ancor più evidente se si considera che l’animalità della specie umana dovrebbe evidenziarsi anche nell’istinto di tutelare i nuovi venuti come prosecuzione di un sé collettivo e come aspirazione a qualcosa di meglio.

La distanza tra il significato e la concretizzazione dell’istituzione-scuola è talmente marcata e radicata da indurre a pensare che si tratti di oggetti differenti; ma la riflessione sul senso delle parole, nonostante il capitalismo si spenda sistematicamente per adeguarle alle sue esigenze, di questi tempi rappresenta un’opportunità per attingere da visioni capaci di orientare i passi (un riferimento alle origini a volte aiuta a ricordare un futuro).

In questi giorni sono state pubblicate dal ministero dell’Istruzione – che si occupa di organizzare le nuove leve rendendole idonee all’inserimento sociale – le linee guida del Piano scuola 4.0; si tratta della “risposta forte”, condivisa nel suo complesso da tutte le forze partitiche, alle criticità palesi in questo comparto (lo definiamo tale poiché siamo purtroppo abituati a considerare la realtà come un insieme di comparti stagni).

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COVID. I vaccinati si ammalano più degli altri: cosa cambia con la “scoperta” dell’ISS

di Mariano Bizzarri

Variante Omicron 5, reiterazione dei vaccini, efficacia di quelli a mRna, eventi avversi: gli ultimi studi sul Covid stanno smontando molte tesi ideologiche

coronavirus covid vaccino 19 lapresse1280 640x300È quantomeno curioso che nessuno in Italia – né enti istituzionali, né l’Accademia e tantomeno i politici – avvertano l’esigenza di promuovere un momento di riflessione pubblica su quanto è successo in Italia con la comparsa del Covid dai primi del 2020 in poi.

Eppure, tanti sono gli interrogativi sospesi – da come è iniziata l’epidemia alla tempestività e appropriatezza delle misure predisposte – e che oggi tornano ad incombere a fronte dell’incertezza delle prospettive che si profilano al nostro orizzonte. Ci sarà una recrudescenza della pandemia? Quali vaccini dovremo utilizzare? Non dovremmo sviluppare una strategia diversificata? È pronto il nostro sistema sanitario a farvi fronte?

Non sono questioni di scarsa irrilevanza ed è scandaloso che l’informazione debba limitarsi a riportare le esternazioni – spesso strampalate, quando non addirittura ispirate ad una visione catastrofista priva di qualunque fondamento – di un manipolo di esperti, invero conosciuti ormai più per le loro intemerate televisive che per le ricerche che realmente conducono in laboratorio o nei reparti.

Proviamo noi a formulare – quantomeno – le domande fondamentali.

Punto primo: è cambiato non solo il profilo epidemiologico ma anche il quadro clinico, dato che l’attore prevalente è ormai Omicron, parente alla lontana del Sars-CoV-2 che– con le sue varianti principali Alpha e Delta – ha alimentato i primi due anni di epidemia. Omicron – a prescindere dall’efficacia dei vaccini – ha considerevolmente ridotto l’impatto sul sistema sanitario perché, anche se più contagioso, si accompagna ad un ridotto tasso di occupazione dei reparti di medicina e di terapia intensiva.

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chefare

La società automatica secondo Bernard Stiegler: lo stato della mutazione

di Igor Pelgreffi

Schermata del 2022 08 15 16 14 16Il nostro corpo sta mutando, anche qui, ora, mentre scriviamo o leggiamo, per effetto degli automatismi, per esempio del nostro essere ora esposti a uno schermo, o all’esserlo stati così a lungo negli ultimi mesi, o anni… Che sia una sorta di mutazione antropologica – legata al digitale, ai processi generali di automatizzazione della società e ai dispositivi connessi a tali processi – dal sapore neo-pasoliniano? Forse. Vero è che anche Stiegler, come Pasolini, fa una critica alla società dei consumi dove, però, il consumo è oggi digitale, reticolato, quindi meno evidente, ma non per questo immateriale: il punto fermo è che il consumo algoritmico investe la psiche umana, dunque i corpi. I quali, appunto, si consumano in rete. Non si tratta più di un soggetto che consuma un oggetto (la merce). E non si tratta neppure di un soggetto egli stesso merce di consumo. Nella società automatica, quel che si attua è il processo definitivo e storico di auto-consumazione dei corpi, processo che paradossalmente, in definitiva, consuma la materia vivente su cui esso si sostiene.

Sarà allora la psicosomaticità diffusa, di cui ampiamente argomenta Stiegler, quella zona intermediale, cioè di inter-mediazione tra i differenti livelli del problema, la leva teorica maggiore in una riflessione sul pharmakon. Perché, indubbiamente, quel che occorre oggi è una nuova, inedita, forma di mediazione, che possa configurarsi, almeno, come rimedio minimo. Questo significa però anche che, per Stiegler, l’innesco possibile di una critica alla società automatica non potrà che transitare dal piano psico-corporeo, unica sede in cui possa aver luogo la triangolazione tra a) il tema ecologico e il “problema della natura”, b) il tema dell’automatizzazione post-industriale e c) il tema antropologico.

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sinistra

C’era una volta la FIAT di Bocchigliero

Dagli operai idraulico-forestali ai tirocinanti

di Eugenio Donnici

01 Fiat 3 1 2 HP 1899 1900"Era na vota e mo' chest'è 'a realtà” - cantano i 99 Poss - per sottolineare che il tempo andato non torna più, non sarà più come prima, il tempo non può essere fermato e gli avvenimenti si succedono con un ritmo che ricorda il pulsare della vita. Ciò che resta nelle nostre menti e nei nostri corpi sono gli odori che si associano alle emozioni, le espressioni visive di teste parlanti, la dimensione onirica di soggetti che si muovono e interagiscono in un determinato spazio fisico, le tracce mnestiche della memoria semantica e ovviamente i segni e i simboli del linguaggio scritto.

Ed è proprio su questo sentiero che mi appresto a indagare ciò che è accaduto, il divenire dei contrasti dialettici in un determinato contesto

La dimensione diacronica del racconto, della narrazione, mette in evidenza che una serie di relazioni e interazioni reciproche non esistono più. Esse sono state trasformate, hanno subito una modifica, una variazione che ha imposto un cambiamento nella gerarchia dei valori sui quali si fonda la base riproduttiva di una determinata comunità.

Qualcosa del genere è accaduto in un piccolo Comune della Sila, ma il suo raggio d’azione ha riguardato l’intera Calabria ed è collegato a variabili esogene così come alle caratteristiche peculiari di quest’area regionale.

A cavallo tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso, nel piccolo Comune dell’Altopiano silano, le cose non potevano andare diversamente: si seguiva il flusso delle lotte e delle rivendicazioni del movimento operaio, il quale era riuscito a spostare l’ago della bilancia a favore dei lavoratori.

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clarissa

Scienza e dibattito sui virus

Bertini Galileo Galilei Doge e1659972475691Non abbiamo titoli per entrare nei dibattiti scientifici. Tuttavia, normalmente dotati di buon senso, interessati alla ricerca della corretta informazione, stanchi di esaltazioni e demonizzazioni, crediamo giusto evidenziare le voci che si levano dal mondo scientifico nell’intento di andare alla radice di un problema: la definizione di virus in questo caso – una cosa non da poco, visto quanto accaduto negli ultimi due anni, ma tranquillamente potremmo dire negli ultimi decenni.

La scienza, come la storia, devono almeno ogni tanto avere il coraggio di mettere in discussione le proprie verità date per scontate, rivedendo se del caso le opinioni correnti: la scienza, quella vera, è sempre progredita così facendo. Il dibattito, a questo scopo, è essenziale. Drammaticamente pericoloso accusare di revisionismo quelli che la pensano diversamente: rivedere le opinioni correnti non può e non deve essere considerata una colpa. Altrimenti il principio della libertà di pensiero si dissolve.

Una delle opinione date per scontate è appunto che i virus siano entità indipendenti, dotate di proprie caratteristiche specifiche. Essi sono concepiti, dagli scienziati che hanno maggiore audience 1, come dei potenziali aggressori del corpo umano, come tali da combattere come può esserlo un nemico che invade uno Stato sovrano.

Una visione bellicista della medicina che è alla base anche delle strategie vaccinali di questi anni: tant’è che alla fine in Italia la loro messa in opera è stata affidata ad un alto ufficiale delle Forze Armate!

Ci sembra giusto dare quindi ampio spazio ad un punto di vista diverso: che ha il pregio tuttavia di non mettere solo in discussione la vulgata corrente, ma di suggerire una sperimentazione scientifica indipendente che la possa verificare, secondo l’impostazione galileiana (di cui troppo spesso la scienza si dimentica), coerente anche con i criteri a suo tempo enunciati da Robert Koch (anch’essi forse troppo spesso accantonati).

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linterferenza

Disagio psichico e democrazia

di Antonio Martone

297889282 430389229150193 493835484380497330 nIl disagio psichico ha raggiunto vette record nel mondo occidentale. Già negli Stati Uniti, punta di diamante del capitalismo consumistico globale e patria del consumismo, è considerata un’ “emergenza”, benché tutto sommato “normalizzata”, l’overdose da pain killer (farmaci antidolorifici su base oppioide). A questo, si aggiunge l’iperconsumo di psicofarmaci. Probabilmente, il fenomeno ancora più rilevante non si è ancora del tutto manifestato: riguarderà le dipendenze tecnologiche, la cui gravità sono le meno misurabili e anche le più sistemiche e, in quanto tale, difficili da affrontare.

Le cause sono tante e quelle politiche, sociali ed economiche sono ovviamente fondamentali. La ECity (città elettronica) globale è costantemente attiva nell’erodere lo spessore delle identità e potenziare la dimensione del precario e del contingente. I processi di sradicamento globali procedono senza sosta nella direzione di un iper-individualismo nel quale i vincenti sono pochi e i perdenti masse sterminate e, a volte, interi paesi. Non credo occorra sottolineare in quale misura la dimensione del precario e del contingente (o dell’eccezione elevata ormai a norma), e la logica della competizione neoliberista, possano incidere sulla coscienza dell’uomo e sui processi di formazione della personalità.

Peraltro, e rimanendo all’interno dei paesi occidentali, sembra che la situazione sia fuori controllo anche per professionisti e benestanti. Non è certo che le persone si rendano conto dello sforzo psicofisico necessario per correre verso standard professionali che permettano di stare sul mercato. La verità è che questa nuova schiavitù sta producendo dei veri e propri disastri psichici.

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kamomodena

«I figli della crisi». Studenti e scuola al tempo della guerra

di Gigi Roggero

Senza titolo 1 1536x865Il filo rosso che abbiamo seguito, il punto di vista che abbiamo voluto costruire.

Con la prima presentazione che abbiamo organizzato, (Transizione ecologica e territorio: quale futuro per Modena?, 11 dicembre 2021) volevamo capire come sarebbe cambiato, dopo la pandemia, l’uso capitalistico del nostro territorio, Modena e l’Emilia, attraverso il Pnrr, il piano di investimenti europeo che grossomodo è stato presentato come un nuovo New Deal. Non ci siamo limitati a statistiche sull’occupazione, ma abbiamo cercato di anticipare delle traiettorie, per esempio guardando a quello che gravita intorno alla “transizione ecologica”, vale a dire il passaggio, la ristrutturazione, verso un certo tipo di produzione e ai suoi effetti per il nostro territorio: è da poco l’approvazione di una direttiva dell’Unione Europea che fissa nel 2035 la data dell’ultimo anno in cui verranno prodotti motori a combustione interna, e immaginate cosa può voler dire per una zona come la nostra, denominata Motor Valley, in cui si costruiscono automobili, veicoli e soprattutto componentistica. Ecco, quel sabato avevamo provato a ipotizzare come potrebbe cambiare il nostro territorio soprattutto per chi lo abita, chi ci lavora, chi ci vive.

Con il secondo incontro (Dentro e contro il «modello Emilia», 5 marzo 2022) siamo passati invece dal presente alla storia del “modello emiliano”, delineando quali sono stati i processi che hanno portato Modena e l’Emilia a quello che sono oggi. Nel ripercorrere i punti nodali dal dopoguerra, passando ovviamente per gli anni Sessanta e Settanta, abbiamo riletto quelle traiettorie alla luce delle lotte operaie e studentesche, in particolare quelle impulsate dall’operaismo e dagli operaisti locali poi divenuti Potere Operaio, che hanno interessato la nostra città e tutta la provincia in un modo inedito.

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clarissa

Scuola, la vera emergenza italiana

di Gaetano Sinatti

vecchia scuo 2 e1659265820374In Italia si erogano mediamente in un anno scolastico 990 ore per alunno della scuola dell’obbligo. Il totale di ore lungo tutto il percorso è tra i più alti al mondo. Lo stesso vale per la durata dell’anno scolastico: l’Italia – con 200 giorni di lezioni per le scuole elementari, medie e superiori – è il Paese col maggior numero di giorni di scuola in tutta Europa, alla pari con la Danimarca.

Invece, l’abbandono scolastico in Italia è al 13,1% nel 2020 – vale a dire che in media più di 10 ragazzi su 100 lasciano la scuola. Situazione peggiore in Europa la troviamo solo a Malta (16,7%), in Spagna (16%) e in Romania (15,6%). In termini di business potremmo dire quindi che, a fronte di un servizio labour intensive, la “clientela” della scuola è sempre più disaffezionata.

Quanto agli insegnanti, essi hanno perso il loro residuo prestigio professionale e, invece di educatori e portatori di conoscenza da ascoltare con rispetto, sono sempre più considerati degli impiegati pubblici poco produttivi. Nonostante il fatto che il loro impegno contrattualmente prescritto non si esaurisca nelle 36 ore settimanali: la didattica, per gli insegnanti coscienziosi, non finisce né in classe né a scuola, ma si prolunga a casa e spesso anche nel fine settimana.

Il tutto in un quadro di soffocanti adempimenti burocratici, che mediamente portano sul tavolo di un docente almeno una circolare al giorno: da leggere, interpretare, applicare. Oltre ovviamente alle email con cui oramai si comunica in qualsiasi ambiente di lavoro.

In media ogni insegnante si trova 20,34 alunni per classe, nonostante in termini assoluti gli studenti di tutti gli ordini scolastici siano andati diminuendo dai 7.714.557 dell’anno scolastico 2005-2006 ai 7.507.484 del 2019-2020.

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sinistra

Dissociazioni vaticane

di Mauro Armanino

Dissociare: V. tr. [dal lat. dissociare, der. di socius «compagno», col pref. dis-1] (io dissòcio, ecc.). – 1. Separare, scompagnare idee, cose, o anche persone, che stanno o si pensano comunemente insieme: d. il concetto di solidarietà da quello di patria; d. le forze; d. le proprie responsabilità, dichiarare di non condividere le opinioni e le azioni di qualcuno del proprio gruppo; nel rifl., staccarsi, dividersi da altri, soprattutto in questioni ideologiche: dissociarsi da un’organizzazione (di cui si faceva parte); dissociarsi dalle opinioni, o dalle proposte, della maggioranza; mi dissocio dalla tua iniziativa, non intendo farne più parte. (Dalla Treccani in linea)

Diab61. La moneta vaticana

La serie è composta da 8 monete, sul rovescio ci sono le caratteristiche tecniche uguali per tutti i paesi aderenti alla moneta unica europea. Sul dritto è raffigurato lo stemma di Papa Francesco, Sovrano dello Stato del Vaticano, la scritta “Città del Vaticano” e dodici stelle. La serie è disponibile in due versioni: la prima con la moneta da 20 euro in argento e la seconda con la moneta in oro da 50 euro. La moneta in argento da 20 euro, opera di Chiara Principe, è dedicata ad un argomento attuale che sta molto a cuore a papa Francesco: le cure per contrastare la pandemia e la necessità di vaccinarsi. Sulla moneta sono raffigurati un medico, un infermiere e un ragazzo che è pronto a farsi iniettare il vaccino. Il Santo Padre ha più volte sottolineato l’importanza della vaccinazione, ricordando che la cura della salute è “un obbligo morale” ed è importante “proseguire lo sforzo per immunizzare anche i popoli più poveri”… (https://www.ilsussidiario.net/news/nuova-moneta-da-20-euro-del-vaticano-medico-e-infermiere-iniettano-vaccino-covid/2361854/)

Ecco come è introdotta la moneta vaticana. L’immagine mi era stata segnalata da Martin Steffens, giovane filosofo francese, critico dell’attitudine ufficiale della gerarchia ecclesiastica sulle politiche riguardanti la gestione dell’epidemia Covid. (https://www.republicain-lorrain.fr/culture-loisirs/2021/07/06/martin-steffens-philosophe-alerte-sur-les-risques-d-une-societe-masquee).

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lacausadellecose

«L’altra metà del cielo» e la questione dell’aborto oggi

di Michele Castaldo

per laltra metà del cielo 2019 e1574356469641Lo diciamo per i nati degli ultimi decenni e che non hanno conosciuto la fascinazione per il maoismo come per alcune generazioni precedenti: “l’altra metà del cielo” per indicare l’universo femminile, era l’espressione del presidente della Repubblica popolare cinese Mao Zedong o Mao Tse-tung.

Che succede negli Usa, ma anche nel resto dell’Occidente e in Oriente sul problema della maternità? E cosa sta succedendo di riflesso sulla questione specifica del problema dell’aborto? « Si infiamma la protesta negli Usa dopo la sentenza con cui la Corte suprema ha riconosciuto il diritto di vietare l’aborto, mentre si profila uno scontro tra poteri, legislativo ed esecutivo da una parte e giudiziario dall’altra » tuonano gran parte delle testate giornalistiche e dei mezzi di informazione.

Discutiamo di una questione molto delicata, in una fase molto complessa, dove si intrecciano troppe e complicate questioni, sicché sbrogliare la matassa richiede una pazienza certosina e l’ancoraggio a un punto di vista rigorosamente materialistico. La protesta non è scoppiata in un paesino di provincia, ma nel paese della massima espressione del liberismo e della cosiddetta autodeterminazione individuale della persona, il capofila dell’Occidente. Insomma qualcosa di grosso sta veramente sconvolgendo gli Usa per un diritto ritenuto ormai acquisito da 1973 e che viene messo in discussione dalla Corte suprema per alcuni Stati prevalentemente conservatori. Dunque con una spaccatura del paese inimmaginabile fino a qualche giorno fa.

Gloria Feldt, una delle voci storiche del femminismo americano dice « non c’è diritto più importante per le donne che decidere cosa fare con il proprio corpo », in netto contrasto col principio che regola la questione dell’aborto, ovvero con quel « “ diritto alla riservatezza” che protegge la libertà di una donna incinta di abortire il suo feto … e che deve essere bilanciato con l’interesse del governo ».

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ilpedante

L'ignoranza è speranza

di Il Pedante

Caravaggio San GerolamoNel cosmo immaginario de Il Signore degli anelli, il capolavoro narrativo di John R. R. Tolkien pubblicato tra il 1954 e il 1955, i palantíri sono sfere di cristallo fabbricate dagli Elfi di Valinor «in giorni così lontani che il tempo non può misurarsi in anni» per osservare e comunicare a distanza. Le sfere potevano collegarsi tra di loro (esisteva anche un «server» centrale che le controllava tutte, il palantír custodito nella Cupola di Stelle, a Osgiliath) e persino mostrare eventi lontani nello spazio e nel tempo, da cui il loro appellativo di «Pietre Veggenti». Dei molti esemplari realizzati e poi perduti o distrutti nel corso dei secoli, all’epoca in cui si svolgono i fatti narrati ne risultavano attivi soltanto tre, rispettivamente al servizio di Sauron, lo spirito malvagio che minaccia i popoli liberi della Terra di Mezzo, lo stregone Saruman e l’umano Denethor, sovrintendente del regno di Gondor. Tra gli oggetti magici che appaiono nel racconto, i palantíri occupano un ruolo preminente nello sviluppo narrativo. È proprio dopo avere scrutato in una di queste pietre che il saggio Saruman si allea con l’Oscuro Signore e il valente Denethor rinuncia a combattere contro le truppe del male, finendo suicida.

Il palantír è anche letteralmente una televisione. In Quenya, la lingua elfica immaginaria di cui Tolkien ha composto una grammatica e un vocabolario, palan significa «lontano» (come il greco τῆλε) e tír «guardare» (come il latino vīsĭo). Per la sua versatilità può anche apparentarsi con le più moderne webcam, i videotelefoni e le altre applicazioni della rete internet che permettono appunto di «vedere lontano e trasmettersi i pensieri» da distanze inaccessibili ai sensi. Le sue stesse presunte proprietà divinatorie anticipano l’ambizione di prevedere gli eventi raccogliendo e analizzando in tempi rapidi enormi quantità di dati messi a disposizione dalle reti informatiche.