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kelebek3

God bless America

di Miguel Martinez

vanitas bruijn.jpgI

Dolce è il sonno del lavoratore, abbia egli poco o molto da mangiare; ma la sazietà del ricco non lo lascia dormire.

Libro dell’Ecclesiaste

Forse vi è arrivata voce della diffusione senza precedenti, della canzone Rich Men North of Richmond, lanciata senza alcun apparato o scopo commerciale da un giovane che canta sotto il nome di Oliver Anthony: del sud degli Stati Uniti, Oliver Anthony ha i problemi di una nazione intera – obeso, sottoccupato, con problemi di salute mentale forse legati anche a un incidente quando si fece male alla testa in un incidente in fabbrica.

Ho detto diffusione, e non successo.

Oliver Anthony vive in un camper, con moglie e due figli senza corrente elettrica: off the grid.

Dalla parte sua, solo un cane bianco e uno nero e Dio, cui ha promesso di non bere più, se fosse riuscito a comunicare il suo messaggio.

Ne nasce una canzone profondamente rivoluzionaria, come può essere tutto ciò che nasce da dentro, e non per gentile concessione dall’alto.

Chi ama profondamente l’America, odia l’impero americano.

Certo, noto nella canzone una battuta contro quelli che campano di sussidi, che non sorprende in chi li deve comunque mantenere con lavori tremendi, ma va visto nel contesto.

Ho venduto la mia anima lavorando tutto il giorno / facendo gli straordinari per quattro soldi / per potermene stare seduto qui e sprecare la mia vita / trascinarmi a casa e annegare i miei guai.

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lacausadellecose

Il povero cristo è sbottato d’odio

di Michele Castaldo

castaldo foto.jpgIl famoso adagio dice che se il dito indica la luna il fesso guarda il dito. Mai fu più appropriato quel detto alle circostanze attuali, ovvero allo sbottamento di un generale dell’esercito ex Folgore che non le manda a dire, ma che prende carta e penna e diviene un fiume in piena contro quello che non gli garba. Il personaggio ne ha per tutti: per gli omosessuali, per le lesbiche, per i matrimoni gay, per la fecondazione assistita, per gli abortisti, per la doppia genitorialità, per gli immigrati, per gli ambientalisti, per i ladri d’appartamenti, per gli zingari che rubano sugli autobus, per gli occupanti “abusivi” di case e così via. Ha dimenticato i comunisti, forse perché li ritiene ormai estinti, bontà sua.

Ovviamente è stato subito rimosso e ritenuto una variabile “impazzita” all’interno di una istituzione “sacra” come l’esercito, nel tentativo di salvare la faccia della Repubblica democratica fondata sul lavoro. A differenza dei tanti – volutamente – sempliciotti che sposano l’idea che un personaggio come Roberto Vannacci non possa in alcun modo rappresentare una parte considerevole del popolo italiano, chi scrive è meno ingenuo e – per così dire – più smaliziato e cerca di capire cosa muove dal sottofondo sociale che erutta dalla bocca del generale. Per un ragionamento molto semplice: o c’è una forza sotterranea che spinge verso l’alto in cerca di un cratere oppure il vulcano è spento. Come dire: è l’abc della fisica. Insomma «il troppo odio» che questo signore esprime non può essere il frutto di una sola persona e non a caso i fogliacci di destra lo cavalcano ben consapevoli che esprime un sottofondo reale presente nella società dopo 500 anni di dominio coloniale e imperialista.

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sinistra

Il corpo non è mio, e me lo gestisco io

di Paolo Bartolini

femministeSicuramente un pensiero della differenza è ancora necessario, forse mai come prima, data la tendenza del sistema tecno-capitalista a diluire ogni singolarità dentro il brodo indifferente del puro funzionamento (monetizzabile). Recentemente una bellissima intervista di Paola Tavella alla filosofa Adriana Cavarero, uscita per Il Foglio, ha suscitato il mio desiderio di aggiungere qualche nota che possa arricchire il dibattito intorno alla teoria gender. Quest’ultimo, quando non serve come diversivo per distogliere la nostra attenzione dai problemi ecosociali prodotti da un modello di sviluppo ipertrofico e criminale, testimonia nel presente un’urgenza diffusa che riguarda i percorsi individuativi di ciascuna/o. Parliamo di corpi in lotta, di corpi che amano, di soggettività attraversate da un senso drammatico (o talora più pacificato) di distanza tra ciò che si prova e il nostro “corpo ricevuto”. Ricevuto da chi ci ha messo al mondo e, simbolicamente, dall’intera specie che nelle sue occasioni individuali si figura, ripetendosi e variandosi nel corso dell’evoluzione.

La riproduzione sessuale pone innegabilmente la questione di sessi complementari che, nel necessitare l’uno dell’altra per generare una vita simile a sé ma non identica (Aristotele), uniscono le loro differenze per produrre quel Terzo che è il figlio o la figlia. Da questo non segue, per gli esseri umani, alcuna prescrizione “naturale” su cosa significhi essere donne e uomini, né un dogmatico divieto alle innumerevoli (ma non infinite) combinazioni amorose. L’identità di genere e l’orientamento sessuale vivono di quella enorme plasticità che caratterizza homo sapiens.

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labottegadelbarbieri

Diverso parere su Oppenheimer e la bomba degli USA

di Giorgio Ferrari

Sul Caso Di J Robert Oppenheimer Heinar KipphardtDubito che questo ultimo intervento – cfr H come Hiroshima, Oppenheimer e lingue biforcute – di cui non condivido nulla, se non il giudizio su Christopher Nolan, sia attribuibile a Vincenzo Miliucci (*).

Non so se chi lo ha scritto abbia visto il film (io non l’ho visto) e se la trama del film, a sua volta, abbia qualche corrispondenza con il profilo di Oppenheimer che si evince da questo testo, ma limitandomi alle cose che vi sono scritte, lo ritengo diseducativo e fuorviante.

Ci sono due eventi nella storia della II guerra mondiale che hanno segnato dei punti limite nella storia dell’umanità: i lager nazisti e l’uso della bomba atomica da parte degli Stati Uniti.

Del primo è stato detto e scritto praticamente tutto, risultandone una condanna definitiva in quanto rappresentazione del male assoluto.

Del secondo persiste invece una sorta di sospensione di giudizio (da parte degli storici e da una larga schiera di intellettuali) che va lentamente risolvendosi in una assoluzione per mancanza di prove o, secondo il diritto penale americano, per l’esistenza di ragionevoli dubbi.

Perché? Cosa c’è che impedisce di emettere, nei confronti del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, un verdetto analogo a quello applicato ai lager nazisti? Forse perché gli ebrei uccisi sono molto di più dei giapponesi? O forse perché a questi ultimi la morte è giunta istantaneamente, risparmiando loro quelle sofferenze che invece furono inflitte agli ebrei?

Non credo che siano questi i distinguo sufficienti ad impedire il pronunciamento di un giudizio, anche perché sofferenze atroci ci furono eccome per i sopravvissuti di Hiroshima e Nagasaki.

Trattandosi di “strategie di annientamento” viene da chiedersi -cinicamente – se non siano le “tecniche” impiegate a fare la differenza.

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cumpanis

L’origine dell’inferiorità della donna nella dialettica tra natura e cultura

di Alessandra Ciattini*

Immagine per home articolo CIATTININell’articolo si tenta di sciogliere il groviglio formato da fattori materiali e culturali su cui si è fondata l’inferiorità della donna, che nonostante le trasformazioni sociali più recenti non è stata ancora superata. Allo stesso tempo, si tenta di valorizzare la differenza femminile, non annullandola con l’applicazione dei diritti che valgono per l’uno e l’altro sesso. Tale valorizzazione consiste nel pieno riconoscimento della funzione riproduttiva della donna, che dovrebbe essere tutelata con istituzioni ad hoc per permetterle di partecipare in prima persona alla vita sociale, politica e culturale.

* * * *

Introduzione

Credo che oggi, dopo decenni di femminismo di vario genere, si possa affermare che esso nella sua complessità e mutevolezza costituisca ormai un’ideologia ufficiale adottata da tutte le forze politiche, con l’esclusione delle più retrive, che intendono deviare l’attenzione generale dalle questioni strutturali della società attuale (la subordinazione sempre più alienante dei salariati) al problema pur importante, ma non risolutivo, dei diritti umani. Per questa ragione ritengo che occorra concentrarsi sull’origine dell’inferiorità della donna per ricalibrare la sua reale natura politica, mostrando come alcuni aspetti primordiali abbiano continuato a influenzarla e come solo il realizzarsi di certe condizioni consentano la sua effettiva soluzione. Mi muoverò quindi sempre secondo lo schema interpretativo della continuità/rottura.

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lanatra di vaucan

Quando il capitalismo si è messo in quarantena

La crisi del Covid-19 secondo la critica del valore

di Afshin Kaveh

Anselm Jappe, Sandrine Aumercier, Clément Homs e Gabriel Zacarias: Capitalismo in quarantena. Pandemia e crisi globale, ombre corte, Verona 2021, pp. 128

www.mondadoristoreAl momento la prima parvenza di un dibattito pubblico sul Covid-19 – che poi si è a lungo perso polarizzandosi nel tracciare una linea di demarcazione tra chi, di fronte alla nascita, alla diffusione e alla gestione del virus si pretendeva ragionevole, accusando invece di irragionevolezza la fazione opposta e così viceversa – sembra oggi essersi completamente disinteressato di sé, svanendo nel nulla. Di quel poco che ha prodotto ciò che sembra cadere sempre di più nel dimenticatoio è l’accrescimento del livello di coscienza e consapevolezza che, successivamente a quella che riguardandoci indietro viene ricordata come “prima ondata”, sembrava già poter ridisegnare le pratiche necessarie verso vere e proprie rotture emancipatrici: la tragica portata dell’evento aveva illuminato determinati angoli bui della logica del funzionamento del modo di produzione capitalistico tanto che in un primo momento sembrava prendere piede una lettura abbastanza radicale della deforestazione, dell’agricoltura industriale, degli allevamenti intensivi, dell’inquinamento, degli scambi commerciali, della relazione animale umano, animale non-umano e natura e il nesso di questi specifici fattori alla malattia del Covid-19.

A questo proposito il libro Capitalismo in quarantena. Pandemia e crisi globale (ombre corte, Verona 2021, pp. 128) è uno strumento prezioso per poter riaccendere quella luce. Composto a più mani da alcuni dei membri redazionali della rivista francese Jaggernaut ruotante attorno alla corrente internazionale della “critica del valore”, Anselm Jappe, Sandrine Aumercier, Clément Homs e Gabriel Zacarias ne iniziarono la stesura in concomitanza al primo confinamento nel marzo 2020 e poco dopo, verso la fine di agosto, veniva stampato dalle edizioni Crise&Critique col titolo De virus Illustribus. Crise du coronavirus et épuisement structurel du capitalisme, mentre contemporaneamente veniva tradotto ed edito in Brasile come Capitalismo em quarentena, titolo poi ereditato sia dall’edizione uscita in Portogallo che da quella italiana.

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carmilla

La pillola rossa dell’alt-right

di Gioacchino Toni

ALTRIGHT SHITYou take the blue pill, the story ends, you wake up in your bed and believe whatever you want to believe. You take the red pill, you stay in wonderland, and I show you how deep the rabbit hole goes (The Matrix, 1999)

L’assenza di un modello verticistico promessa da internet e l’insofferenza nei confronti dell’establishment e delle ipocrisie di certo politically correct non si sono rivelate, di per sé, prerogativa della sinistra libertaria. Tanti cyberutopisti di sinistra hanno dovuto ricredersi: la forma (reticolare-partecipativa) offerta dal web non si è rivelata garanzia di contenuto (libertario). Nemmeno la logica della “pillola rossa” della “rivelazione” (nientemeno) in alternativa all’anestetica e tranquillizzante “pillola blu” dispensata dall’establishment si è rivelata metafora esclusiva di una sinistra che, piuttosto, in astinenza da piazze novecentesche, deve saper evitare di farsi trascinare da tale logica in un vortice di lacrimogeni complottismi maleodoranti a rischio di riflessi rossobrunastri.

Sebbene sia ormai passato molto tempo da quando, sugli sgoccioli del vecchio millennio, ha fatto la sua uscita nelle sale, The Matrix (1999) di Lana e Lilly Wachowski si rivela ancora un prodotto culturale influente soltanto che, come afferma Mattia Salvia, «è come se il senso del film originale fosse stato ribaltato»; quella che alla sua uscita poteva essere colta come «l’epica lotta di un individuo per uscire dalla gabbia omologante della società dei consumi risulta inattuale»1.

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sinistra

La militarizzazione delle scuole, la cultura della difesa e la forma della guerra

di Serena Tusini*

Militarizzazione delle scuoleL'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole sta registrando un crescendo impressionante di segnalazioni da ogni parte d’Italia: le occasioni di contatto tra student* e militari si moltiplicano e si dispiegano in attività diversificate adattandosi ai diversi ordini di scuola (non manca la scuola dell’infanzia, affiancata da primaria e secondaria di primo e secondo grado).

Questo tipo di interventi non rappresenta una completa novità, ma è innegabile che negli ultimissimi anni il fenomeno sia in netto aumento; la Difesa da tempo sta investendo molto, anche economicamente, nel rapporto con la società civile tutta e il Ministro Crosetto ha recentemente rilanciato con l’istituzione del “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa”. 1

A cosa è dovuto questo imponente investimento da parte dello Stato? In che contesto si colloca e cosa si prefigge?

Sarebbe profondamente sbagliato ascrivere tale implementazione all’avvento del governo Meloni: benché la conquista del governo permetta alla cultura guerrafondaia delle destre di intervenire nel dibattito pubblico con maggiore tracotanza, il fenomeno inizia precedentemente ed è assolutamente bipartisan. La “cultura della difesa” infatti non è un artificio della politica politicante, ma è un’esigenza strutturale che ha le sue radici nell’attuale fase del capitalismo e nello scontro tra imperialismi oggi in atto.

Per rispondere infatti alle domande sopra formulate, occorre focalizzarsi sul cambiamento che ha interessato la forma guerra dalla caduta del muro di Berlino, tenendo presente che essa è sempre espressione dei rapporti sociali e permea di sé la relazione che le classi dominati stabiliscono con i subalterni sia a livello nazionale che sovranazionale.

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lavoroesalute

Giovani challenge

di Alba Vastano

cellulare follaUna Lamborghini sfreccia ad alta velocità mangiando la strada di CasalPalocco, frazione del X municipio della Capitale. Nella lussuosa e luccicante fuoriserie, presa a noleggio, ci sono dei giovanissimi youtuber. Sono conosciuti su Tik Tox come i The borderline, appellativo che si confà allo stile di vita intrapreso dalla giovanissima gang. Stavano portando avanti da ore una ‘challenge’, che si sarebbe dovuta concludere al termine delle 50 ore, tempo stabilito di permanenza nel bolide azzurro. Era il loro obiettivo per completare la challenge. Ben 50 ore senza mai scendere dal Suv. In diretta Tik tok, per la gioia delle migliaia di followers, attratti dalle sfide dei loro beniamini fuori di testa.

Quel 14 giugno la Lamborghini, gasata al massimo dall’euforia dei viaggiatori, caracolla con un impatto forte, troppo forte, su un’utilitaria, che, malauguratamente, intreccia il percorso del bolide. La challenge si trasforma in tragedia. La vittima è un bambino di appena 5 anni. Vittima della stupidità e della follia. I borderline, di nome e di fatto, perdono quota, soldi, credibilità fra i loro followers. Per loro finisce il tempo dell’immortalità, quel tempo di follie, di sfide estreme che li induce a prendersi gioco della vita propria, ma anche di quella degli altri.

 

Palermo, gennaio 2021

Una bimba di 10 anni viene ricoverata in condizioni critiche in rianimazione all’ospedale “G. Di Cristina” di Palermo. La bambina è arrivata in ospedale, accompagnata dai genitori, in arresto cardiocircolatorio dovuto a un’asfissia prolungata. Secondo una prima ricostruzione, per partecipare a una sfida social estrema, la “Black out challenge”, si era legata una cintura alla gola. La piccola non ce l’ha fatta. Espianto degli organi disposto dalla famiglia.

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doppiozero

La comprensibile furia delle sommosse francesi

di Andrea Inglese

42c9e956 0371 4ccb 94d1 b82022c364e7Solipsismo collettivo

Nelle pagine più intense e terrificanti di 1984, in una pausa tra le varie sessioni di tortura, a cui Smith, il protagonista del romanzo di Orwell, è sottoposto, avviene una cruciale conversazione tra lui e O’Brien, il dirigente del partito che si occupa della sua “rieducazione”. “We control matter because we control the mind” (Noi controlliamo la materia perché controlliamo la mente). Qualche paragrafo dopo, O’Brien lo definisce il metodo del “solipsismo collettivo”: se tutti dicono che una cosa non esiste, e sono convinti che quella cosa non esiste, nulla può far sì che collettivamente, che socialmente, quella cosa esista. Nella distopia orwelliana, è il partito che attraverso la manipolazione delle coscienze e il terrore impone ai suoi membri il solipsismo collettivo: è vero solo quello che esiste nelle coscienze, nella testa delle persone. Nulla conta di ciò che esiste in una pretesa realtà al di fuori di esse. Nelle democrazie attuali non sono escluse simili forme di solipsismo collettivo, ma esse hanno un valore rassicurante, fungono da allucinazione orchestrata, ma attraverso una concertazione a cui ognuno liberamente partecipa. I ministri dicono certe cose, i portavoce dei ministri le ripetono, e così pure i giornalisti della stampa e della televisione, e poi gli opinionisti, e infine la gente intervistata per strada: continuando a ripetere una cosa o negando la sua esistenza nel discorso, si fa in modo che essa appaia o scompaia secondo il flusso concertante.

 

Piano Macron per le periferie: Quartieri 2030

Nel 2016, in un incontro pubblico nei quartieri popolari a nord di Parigi (Seine-Saint-Denis), il candidato alla presidenza Emmanuel Macron evoca un progetto per le periferie, affinché i giovani possano emanciparsi e acquistare una libertà d’iniziativa, che appare congelata in quei territori.

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sinistra

Generazione Z e social

di Vittorio Stano

I parte

APERTURA NEWS DEF… Tempora mutantur et nos mutamur in illis

I social media hanno poco meno di 20anni di vita, eppure hanno già rivoluzionato e ribaltato i paradigmi della comunicazione a livello planetario.

L’evoluzione è stata rapida e i cambiamenti radicali, al punto che oggi vivere senza queste piattaforme sembra impensabile.

Internet è diventato il luogo in cui ogni singolo individuo può condividere le proprie idee e conoscenze, postare le proprie foto e depositare le esperienze di vita più o meno rilevanti dentro un database, sapendo che altre persone faranno altrettanto. Il vecchio e caro diario, dove si annotavano i pensieri al fin di ricordare e far chiarezza su ciò che capitava, è stato sostituito dai social network che, attraverso le numerose e sempre nuove funzionalità, sono in grado di creare un vero e proprio diario dell’utente.

È evidente una sostanziale differenza riguardo alla privacy. Il contenuto del diario cartaceo era custodito gelosamente con chiave & lucchetto, per tenere alla larga i curiosi; sui social network, invece, la vita del singolo è sotto gli occhi di tutti.

Neppure l’allora giovanissimo Mark Zuckeberg era a conoscenza della portata rivoluzionaria della sua creazione. L’avvento di Facebook nel 2004 ha cambiato il mondo.

I social network stanno avendo un impatto forte nelle nostre vite attraverso la rete di servizi che consente agli utenti di scambiare messaggi, informazioni e contenuti attraverso i vari canali. Nella società attuale l’utente digitale non è uno spettatore inattivo, ma diventa potenziale produttore di contenuti. Visivamente i social media possono essere immaginati come dei nodi.

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poliscritture

Androidi, Bombe e Sciami: la scienza in piazza senza ombrello

di Paolo Di Marco

golestoricheNon è possibile scordare l’emozione che ti afferra quando leggi la storia descritta da Braudel; già nella sua prima grande opera, ‘Civiltà e imperi nel mediterraneo all’epoca di Filippo II’ tutto il primo libro è dedicato alla geografia fisica del Mediterraneo, a come questa faceva nascere popoli e abitudini di vita e commerci e rotte. Ma così facendo costruiva anche una sorta di paesaggio di cui questi erano gli elementi costitutivi, i parametri di uno spazio a molte dimensioni lungo cui scorreva la storia, le gole che indirizzavano il percorso obbligato degli accadimenti. Alla fine la politica e le scelte erano il risultato di questo percorso; come succede nei fiumi reali ci sono lanche e punti di svolta legati a piccoli elementi, a inciampi occasionali, ma come in tutte le scelte vere emergono là dove le possibilità si riducono, quando i numerosi parametri liberi si riducono a uno o due.

Con Hiroshima tutto questo finisce.

La potenza distruttiva di una bomba che rade al suolo città intere annulla tutto il paesaggio storico, la sua ricchezza di parametri e determinazioni, lasciando il destino intero dell’uomo alla mercè di un idiota col cappello da cowboy (come ci racconta Kubrick). Certo, i canyon, le cascate, le gole rimangono, ma son diventate diafane e fragili. Le allodole continuano a cantare, ma a volte si interrompono, tengono il fiato sospeso.

La scienza, quel semplice E=mc2 ci ha fatto questo.

In quali altri guai (o promesse) di dimensioni planetarie è implicata?

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coku

La scuola: un porto di mare

di Eugenio Donnici

amelia 1220x6001Il MIM, con il Decreto Ministeriale N.63 del 5 aprile 2023, ha istituito, nelle scuole superiori, le figure del docente tutor e del docente orientatore, con gli obiettivi di personalizzare la didattica, di contrastare la dispersione scolastica e di favorire l’incontro tra le competenze degli studenti, l’ulteriore offerta formativa e il mercato del lavoro. Un esercito di circa 41.000 docenti per circa 70.000 classi. Precisando che ogni scuola, in base all’autonomia scolastica e ai vincoli di dimensionamento e di aggregazione, può decidere di affidare a ciascun docente tutor da un minimo di 30 a un massimo di 50 studenti, mentre il tutor orientatore è uno per ogni istituzione educativa e in genere coincide con il tutor PCTO, dando luogo a una sovrapposizione di incarichi, così come accade nelle altre istituzioni private e pubbliche.

La figura del docente esperto, designata dal precedente Governo, non ha fatto in tempo ad entrare in gioco, se non per vie traverse, come nel caso dei progetti PON, essa, infatti, è stata messa nel ripostiglio, ma il suo fantasma continua a imperversare e a minare la conoscenza.

A dire il vero, la sovrapposizione o scissione delle funzioni riguarda anche i docenti tutor, in quanto giova ricordare che coloro che hanno presentato domanda continueranno, con gli evidenti appesantimenti del percorso lavorativo, a essere coinvolti nella didattica curricolare, speciale o di potenziamento

A ciò si aggiungono tutti gli incarichi per il funzionamento della macchina scolastica e remunerati con il FIS e dai quali non ci si può sottrarre, nonché la nomina dei tutor della cosiddetta alternanza scuola-lavoro, fortemente voluta dal Governo presieduto da Renzi, nota come PCTO, senza dimenticare i mille rivoli della didattica progettuale, una prassi molto diffusa che consolida la strada delle esternalizzazioni.

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eticaeconomia

Greed? No, thank you

di Maurizio Franzini

Schermata del 2023 07 09 17 46 12Maurizio Franzini riflette sul tema dell’avidità e dei suoi effetti, partendo dalla notissima affermazione ‘greed is good’. Franzini, richiamando anche alcuni studi recenti, considera la possibilità che l’avidità sia ‘brutta e cattiva’ (bad and ugly) e, dopo aver cercato di darne una definizione analitica, enuncia alcune conclusioni (provvisorie) tra cui quella che nel contesto istituzionale contemporaneo e date le caratteristiche di molte transazioni, l’avidità è facilmente ‘brutta e cattiva’.

“Greed, for lack of a better word, is good”, cioè, traducendo, “l’avidità, in mancanza di parole migliori (e, aggiungo, forse ve ne sarebbe bisogno) è una cosa buona”. Questa è la frase che Michael Douglas, nei panni dello spregiudicato finanziere Gordon Gekko, pronuncia a metà del film ‘Wall Street”. Siamo nel 1987 e la frase, come si direbbe oggi, è destinata a diventare virale. Ventidue anni dopo, all’inizio del 2012, Michael Douglas, interpretando solo se stesso, dichiara, sostanzialmente che ‘Greed is not good’. Lo fa in occasione del suo impegno per una campagna dell’FBI contro l’insider trading e le frodi delle società finanziarie, forse preoccupato (e stanco) di apparire lui stesso, e non solo Gekko, come il difensore di quelle pratiche truffaldine che la frase del 1987 voleva giustificare. Ma la frase del 2012 – e di certo non c’è da sorprendersi – non diventa virale.

Forse, in un’epoca nella quale l’avidità sembra – quanto meno – trovare forme nuove per manifestarsi (è interessante che si parli, rispetto all’inflazione di greedinflation riferendosi all’aumento dei profitti) vale la pena riflettere sulle due contraddittorie affermazioni di Gekko-Douglas magari ampliando l’orizzonte.

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gasparenevola

L’informazione non è solo ‘informazione’

di Gaspare Nevola

Polittico su infodemia, infopenia, potere e libertà nella società dell’informazione

informazione societaPremessa sul concetto di informazione: una definizione

Oggi viene correntemente sostenuto che viviamo in gran parte immersi in un’enorme e vorticosa massa di informazioni, più che in ogni altra epoca del passato. Se prendiamo per buono questo ritratto della società in cui viviamo, la situazione così dipinta, come un po’ tutti riconoscono, ha una serie di risvolti positivi, utili e graditi. Nondimeno, detta circostanza è anche generatrice o amplificatrice di problemi: per un verso, rende difficile identificare le “informazioni che contano” (quelle rilevanti o significative); per un altro verso, rende complicato distinguere le informazioni di “specchiata qualità”, accurate e ben vagliate dalle così dette “informazioni spazzatura”. Insomma: informazioni che contano e di specchiata qualità, dicerie, fandonie e rumors, per così dire, viaggiano insieme e spesso sullo stesso treno rubano l’un l’altra il posto a sedere. Ma che cos’è l’informazione? O meglio: come possiamo definirla?

Non è facile definire con poche parole cosa significhi “informazione”. Il termine deriva dal verbo latino in-formare, vale a dire “dare forma alla mente”, “mettere in forma qualcosa”, mettere in ordine. Insomma, si riferisce al modo in cui facciamo conoscenza, ovvero prendiamo contezza delle cose che incontriamo nel mondo e le “discipliniamo” (verbo ereditato dal latino discere, imparare). Detto in altri termini, le informazioni sono tali in quanto ci mettono a conoscenza delle “cose presenti nel mondo” (eventi, situazioni, fenomeni, problemi).

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acropolis

Chi finanzia il movimento LGBTQ

di Silvia Guerini

LGBTQ headerA livello internazionale stiamo assistendo a una saturazione mediatica delle rivendicazioni trans ed LGBTQ+, ma è davvero una questione di diritti per una molto piccola anzi piccolissima parte della popolazione globale o c’è un’agenda più ampia e più profonda? La causa LGBTQ+ si trova oggi tra i primi posti nell’agenda dei potenti e i suoi sostenitori sono ai vertici dei media, del mondo accademico e soprattutto del Big Business, della Big Philanthropy e del Big Tech.

I finanziamenti del movimento transfemminista LGBTQ provengono da determinate fondazioni e organizzazioni, come la Open Society Foundations (OSF) di George Soros, per citare la più conosciuta. Meno conosciuta, ma particolarmente significativa è la Terasem Movement Foundation del transumanista Martine Rothblatt, “transessuale MtF”, ceo di United Therapeutics, multinazionale farmaceutica e biotecnologica, impegnata in nuove tecnologie biomediche e xenotrapianti, nel cui consiglio di amministrazione siede il noto transumansta Ray Kurzweill. Rothblatt possiede la più grande azienda per la clonazione di maiali per xenotrapianti in un progetto di ricerca in partnership con la Synthetic Genomics, multinazionale che opera nel campo della biologia sintetica del noto Craig Venter[1]. Rothblatt è anche membro della National Academies of Science, Engineering and Medicine, finanziato dal DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency[2]).

Rothblatt, come altri transumanisti impegnati anche in opere divulgative, ha scritto svariati libri per il largo pubblico in merito alla mappatura del DNA, screening genetici, riproduzione artificiale dell’umano.

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carmilla

La silenziosa coazione verso il baratro

di Fabio Ciabatti

Søren Mau, Mute compulsion. A marxist theory of the economic power of capital, Verso Book, London 2023, edizione kindle, pp. 511, € 8,36 (edizione cartacea p. 340, € 24,29)

Marx 4Il modo più comune per spiegare la riproduzione delle relazioni sociali capitalistiche fa riferimento al potere delle classi dominanti di fare leva sulla forza e sull’ideologia. L’importanza di queste dinamiche non sarà certo negata da chi scrive su una rivista che parla di immaginario e che da tempo insiste sulla deriva bellica del nostro presente. Se però vogliamo dare una spiegazione storicamente determinata di queste due dimensioni del dominio, esse devono essere messe in relazione con i fondamenti materiali del nostro mondo e dunque con un altro tipo di potere che Marx definisce la “silenziosa coazione dei rapporti economici”, vale a dire con il potere economico del capitale. Quest’ultimo, contrariamente a quanto accade con la forza e l’ideologia, si rivolge ai soggetti solo indirettamente, riconfigurando in continuazione le condizioni materiali, le attività e i processi necessari per la loro riproduzione sociale e per assicurare la continuazione dell’esistenza della vita collettiva.

Potrebbe sembrare fuori luogo fermare l’attenzione su questo aspetto in un momento storico caratterizzato dall’esplosione della violenza statale nella sua forma più estrema, la guerra, e dall’assordante volume della fanfara ideologica connessa alle vicende belliche. Ma ci troveremmo a questo punto se il sistema capitalistico non fosse in grado di esercitare un potere astratto, impersonale, semiautomatico che spinge i soggetti, anche al di là delle loro convinzioni, a mantenere immutati i comportamenti quotidiani legati alla loro riproduzione materiale nonostante questi ci stiano portando con ogni evidenza sull’orlo del baratro?

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giubberosse

Robot, prega per me. Postumanesimo, IA e derive tecnologiche

di Gavino Piga

IA 1Il primo servizio di culto officiato da una IA, durante il congresso annuale dei luterani tedeschi, non fa che portare alla ribalta mediatica un fiorente filone teologico finora noto prevalentemente agli specialisti. Il calderone della tecno-teologia è piuttosto vivace e variegato, oltre che inquietante, e dal mondo protestante – il cui ruolo è ormai stabilmente quello di tradurre in teologia i dogmi del neoliberismo materialista e consumista – minaccia di entrare nel sempre meno fortificato territorio cattolico

«L’intelligenza artificiale manterrà la produttività in Germania» ha ribadito recentemente la sociologa Jutta Allmendinger. Parole che hanno un loro peso, nel vasto coro del globalismo europeo, vista quantomeno la posizione della studiosa, che vanta un curriculum di studi prestigioso fra Germania e USA, ma soprattutto una carriera snodatasi fra importanti istituzioni scientifiche, dal Max Planck Institute for Human Development di Berlino al WZB Berlin Social Science Center, passando per la Harvard Business School, l’Institute of Employment Research presso l’Agenzia federale per l’impiego di Norimberga e l’Associazione Sociologica Tedesca. Più ancora, però, è interessante il palco da cui la Allmendinger – a fianco del segretario di Stato parlamentare presso il Ministero federale delle Finanze, Katja Hessel – ha riproposto il ritornello: quello del Congresso della Chiesa Evangelica Tedesca tenuto nei giorni scorsi a Fuerth. Un appuntamento ancora in grado di attrarre una certa partecipazione e termometro piuttosto indicativo degli umori dell’opinione pubblica protestante. Quest’anno il meeting si è svolto all’insegna di parole d’ordine incoraggianti: dal motto Jetzt ist die Zeit (“Ora è il momento!”) a quel Kein Grund zur Sorge! (letteralmente: “Non c’è bisogno di preoccuparsi!”) con cui la rivista luterana Chrismon riassume il panel su IA e lavoro.

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carmilla

Quando il sogno tecnomodernista si rivela un incubo

di Gioacchino Toni

rdiscarica informatica 55 e1685797079501Nel volume 24/7. Il capitalismo all’assalto del sonno (Einaudi 2015) Jonathan Crary, docente alla Columbia University e tra i fondatori delle edizioni indipendenti Zone Books, ha argomentato come attraverso le innovazioni tecnologiche digitali il capitalismo sia giunto a inediti livelli di dissoluzione della distinzione tra tempo di lavoro e tempo di non-lavoro. In continuità con quanto esposto in 24/7, Jonathan Crary, Terra bruciata. Oltre l’era del digitale verso un mondo postcapitalista (Meltemi 2023), evidenzia come le disuguaglianze e il dissesto ambientale siano correlati al capitalismo digitale, da lui indicato come fase terminale del capitalismo globale votato alla finanziarizzazione dell’esistenza sociale, all’impoverimento di massa, all’ecocidio e al terrore militare.

Ritenendo assurda la pretesa di poter perseguire il cambiamento sistemico ricorrendo ai medesimi apparati che garantiscono la sottomissione a concessioni e regole imposte da chi detiene il potere, lo studioso denuncia come, a differenza di quanto sostenuto da alcuni ambienti di tecno-attivismo1, lungi dal poter essere strumento di cambiamento radicale, l’universo di internet sia del tutto incompatibile con una Terra abitabile e con le relazioni umane di stampo egualitario.

Ritenendo del tutto illusoria «l’idea che internet possa funzionare indipendentemente dalle dinamiche catastrofiche del capitalismo globale», lo studioso sostiene che la dissoluzione di tale sistema non possa che comportare «la fine di un mondo guidato dal mercato e modellato dalle odierne tecnologie in rete».

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luogocomune

La falsa singolarità tecnocratica contro la vera singolarità tecnologica

di Roberto Quaglia

visionetv2Quando si profila una tempesta mai vista all'orizzonte, hai voglia a chiuderti in casa e nasconderti sotto le coperte: la tempesta arriverà comunque perché la natura ha deciso così. Abbiamo messo in moto quel vortice di algoritmi che chiamiamo intelligenza artificiale e il turbine ora sta rapidamente montando alle dimensioni di uragano, ed è una tempesta che ci travolgerà inevitabilmente perché ormai così è nella natura delle cose. Buona fortuna a tutti!

Bene, dopo questa umile premessa, in effetti una promessa, proviamo ad affrontare uno degli argomenti più ostici di questo tempo ossia la creazione da parte nostra di una intelligenza artificiale in grado di risolvere tutti i nostri problemi, oppure - chi lo sa - di distruggerci e magari anche estinguerci.

Purtroppo, in gran parte delle discussioni a riguardo si dicono un sacco di scemenze, frutto del fatto che nessuno sa di che cosa si stia parlando. Probabilmente, nemmeno io lo so bene. E ad ascoltare gli stessi progettisti di queste intelligenze artificiali scopriamo con sconcerto che neppure loro lo sanno con esattezza. Ma il problema vero non consiste tanto in ciò che non sappiamo, quanto piuttosto in ciò che non sappiamo di non sapere. È riguardo a questo che ovunque si esagera.

A beneficio degli ultimi arrivati sull'argomento, facciamo quindi un breve riassunto delle puntate precedenti. Già nel 1950 Church e Turing formularono l'ipotesi che una macchina calcolatrice relativamente semplice sarebbe in grado di emulare un cervello umano, a patto di disporre di tempo e memoria infiniti. Ovviamente, questi non sono infiniti, per lo meno dalle nostre parti, quindi, è ovvio che dobbiamo scordarci la semplicità.

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blackblog

La catastrofe climatica e la «libertà dei consumatori»

Sulla miseria dei «discorsi di libertà» (tardo-borghesi)

di Thomas Meyer

OIP1.

Come scrive il filosofo Slavoj Žižek (Žižek 2022, 285), non mancano più Cinque Minuti a Mezzanotte, ma è già Mezzanotte e Cinque! Oramai, perfino l'ultimo degli imbecilli dev'essersi reso conto che il cambiamento climatico è un dato di fatto (per quanto i dettagli possono essere discutibili), e che esso rappresenta una seria minaccia per l'umanità [*1]. Così come è anche evidente che le emissioni di CO2 e degli altri gas serra vanno radicalmente e rapidamente ridotte, se non vogliamo che la catastrofe climatica assuma delle proporzioni ancora più catastrofiche. Ciò implica una completa ricostruzione delle infrastrutture e un completo adeguamento, vale a dire, un rivoluzionamento del nostro modo di produzione e di vita. È pertanto all'ordine del giorno un programma di abolizioni e di cancellazioni. Nel suo percorso, la "locomotiva" dello sviluppo delle forze produttive sta bruciando tutti. Per dirla con Walter Benjamin, a meno che non si voglia rischiare di trovarsi di fronte alla morte dei "passeggeri", è diventato inevitabile tirare il "freno d'emergenza" (cfr. Böttcher 2023). Senza affrontare la questione di come possa essere abolito il modo di produzione capitalistico, di come si possa creare un corrispondente «movimento di trasformazione», con quale «società di transizione» (?) si debbano fare i conti (anche nel caso che il "convoglio" dovesse essere solo fermato), rimane comunque il problema del rifiuto emotivo, da parte di molte persone, nei confronti di tutti questi fatti. La consapevolezza - la quale potrebbe essere realmente acquisita, e che dovrebbe portare a ripensare e a "reagire" - viene invece rimossa emotivamente.

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left

Il feudalesimo digitale, quando il potere va a nozze con l’algoritmo

di Andrea Ventura

Gli esiti della competizione internazionale sull'intelligenza artificiale e il modo di utilizzare le potenzialità delle nuove tecnologie avranno ripercussioni profonde su chi eserciterà il potere nel prossimo futuro, su quale modello di società potrà affermarsi e su quali diritti saranno garantiti

Foto Left12112Nel 1950 Alan Turing, celebre per aver decifrato il codice di comunicazione dei nazisti nel corso della guerra, affermò che in futuro le macchine potranno conversare come gli esseri umani. La prova di ciò sarebbe venuta nel momento in cui un essere umano non sarebbe stato più in grado di distinguere se teneva una conversazione con una macchina o con una persona. Il problema del linguaggio è sempre stato uno dei più difficili da trattare, e il test di Turing è rimasto uno scoglio non superabile, ma Chat GPT rappresenta un indubbio avanzamento verso il superamento della differenza tra un testo prodotto da un essere umano e quello prodotto da un programma. Come si è arrivati a questo? Possiamo affermare che presto le macchine potranno sviluppare capacità cognitive pari o superiori a quelle umane? Gli sforzi per approdare ai risultati attuali datano diversi decenni. Dapprima si è tentato di fornire alle macchine le conoscenze del mondo e le regole della sintassi, ma presto si è visto quanto questo compito fosse irrealizzabile. Le informazioni necessarie, infatti, erano così tante da superare qualsiasi possibilità di catalogarle e di inserirle nei programmi. Con l’avvento dei big data si è passati ad un approccio statistico. Fornendo alle macchine testi, traduzioni e conversazioni, grazie a metodi di apprendimento automatico (machine learning) esse hanno cominciato a registrare delle regolarità nelle sequenze delle parole, poi nella formulazione e delle frasi, riuscendo a generare testi sempre più complessi e privi di errori. In futuro, grazie all’uso che faremo tutti noi, si potranno raggiungere risultati sempre più raffinati.

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medicinaesocieta

Il liceo Pilo Albertelli, il PNRR, il digitale e la scuola della Costituzione

di Anna Angelucci*

Le nuove tecnologie ti stanno dando la libertà di non dover scegliere.
Spot televisivo TIM, 2016

albertelli osa conferenza stampa 3La vicenda del liceo Pilo Albertelli (con il suo consiglio d’istituto che rifiuta i progetti di scuola digitale finanziati coi fondi del PNRR) sta assumendo una dimensione molto ampia ed offre a tutti noi – genitori, docenti, studenti, esperti, studiosi – la preziosissima occasione di riflettere sul tema delle trasformazioni implicate nella coazione al digitale imposta massicciamente dal PNRR, a scuola e oltre.

Se il dibattito sollevato trascende il dato concreto e investe questioni politiche, come è stato giustamente osservato, direi che questo non costituisce un limite. Mi permetto di sottolineare che molte nostre scelte di vita trascendono il dato concreto e rimandano a questioni politiche. Comprare un libro nella libreria di quartiere o su Amazon; utilizzare su Internet piattaforme proprietarie o pubbliche; segnare nostro figlio in una scuola piuttosto che in un’altra; invitare a un dibattito un relatore e non un altro; approfondire in classe o in famiglia un certo argomento e tralasciarne altri; indossare una maglietta di un brand noto, di una cooperativa equa e solidale oppure anonima; comprare il latte al supermercato o al negozietto sotto casa: sono tutti gesti concreti che implicano scelte di natura politica, ove politica rimanda a polis, politiké, ovvero al nostro modo di essere cittadini e di vivere nel mondo.

A maggior ragione, nella scuola e nella dimensione didattica e pedagogica che le appartiene costitutivamente, ogni nostra scelta è e deve essere “politica”.

Del resto, tutto il PNRR – nel suo modo di declinare per l’Italia i fondi europei del Next Generation Eu – sottende una visione politica della società che si risolleva dopo la crisi della pandemia facendo una precisa scelta di campo che orienta gli investimenti economici: imboccando la strada della transizione digitale in tutti gli ambiti dell’organizzazione sociale.

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giap3

Fanghi velenosi e narrazioni tossiche: sulle alluvioni in Emilia-Romagna

di Wu Ming

sillaro«Le acque stan via anni e mesi, poi tornano ai loro paesi.»
«L’acqua rosica anche il ferro.»
(Proverbi delle terre del Delta padano)

Mentre, dopo lo shock, ci si rende conto della gravità fuori scala di quel che è accaduto e sta accadendo in Emilia-Romagna, è necessario mettere in fila e smontare le retoriche a cui è ricorsa la classe dirigente della regione dai primi di maggio, fin dalle prime ore di alluvione.

Qui useremo l’espressione «classe dirigente» in un’accezione ristretta, per riferirci ad amministratori e amministratrici del PD.

Certo, in Emilia-Romagna non governa solo il PD, ci sono anche giunte di destra dichiarata, caratterizzate da politiche, superfluo dirlo, bieche. Nello specifico, spargono cemento quanto Bonaccini, Lepore o De Pascale. Del resto, basta vedere la situazione in Lombardia e Veneto, dove governano quasi ovunque. Su quel piano, la sola differenza è che la destra agisce con meno ipocrisia, meno lavaggi-in-verde.

Ad ogni modo, la destra dichiarata in Emilia-Romagna è ancora l’eccezione, mentre il PD è la regola. Oltre a essere forza di pregresso – discende in linea diretta dai partiti (PCI, PDS e DS) che hanno amministrato il territorio per una sessantina d’anni – il PD governa la Regione, il capoluogo di regione con la sua Città metropolitana, sette capoluoghi di provincia su nove con le relative Province, e la maggior parte dei più di trecento Comuni.

Il PD è dunque, senza alcun dubbio, il principale referente politico dell’economia reale emiliano-romagnola. Rappresenta precisi interessi economici, gli stessi che hanno devastato ambiente e territorio con le conseguenze che abbiamo sotto gli occhi.

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lacausalitadelmoto

Lettera aperta a “Spirit of May 28th”

e al nuovo spirito rivoluzionario dei neri, meticci e bianchi che si sono sentiti parte della ribellione di George Floyd del 2020

vassily kandinsky 1913 composition 6Quella che segue è la traduzione in italiano della lettera aperta originale rivolta dal sottoscritto a questo gruppo o organizzazione informale degli Stati Uniti denominata Spirit of May 28 (SM28.org), un gruppo consolidatosi in conseguenza del movimento di ribellione generale del proletariato giovanile nero e di tanti proletari meticci e bianchi successivo all’assassinio di George Floyd. L’originale inglese della lettera aperta è già presente sul blog la causalità del moto qui.

Questo gruppo composito di militanti, già aveva prodotto diversi e preziosi contributi circa quegli avvenimenti durante quei mesi estivi ed immediatamente dopo, sia sotto forma di articoli pubblici che come contributi di anonimi (molti di questi tradotti in italiano sono presenti su questo blog, sul sito dell’Internazionale Vitalista, e recentemente anche raccolti nel libro “RIOT! George Floyd Rebellion 2020” curato da Calusca City Lights e Radiocane.info). Recentemente SM28.org ha pubblicato sul loro sito un bilancio della loro esperienza ed insieme a quello del movimento di George Floyd, nonché le ragioni per le quali hanno deciso il loro dissolvimento come gruppo organizzato informale. A breve verrà fornita la traduzione in italiano del loro bilancio proprio per l’importanza generale che il movimento spontaneo di George Floyd costituisce nonostante il suo inevitabile riflusso.

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Riconoscere che un movimento è nato, si è sviluppato e poi è rifluito è una grande saggezza, oltre che determinismo nel suo stato “latente” (avrebbe detto Lenin), cioè inconsapevole come concezione teorica ma corretto approccio ai fatti.