Lavoro produttivo e classi
di Ascanio Bernardeschi
La distinzione fra lavoro produttivo e improduttivo è importante per l’individuazione della fonte del plusvalore, ma occorre individuare altri criteri per definire la classe lavoratrice, quale soggetto contrapposto al capitale
Pubblichiamo questo articolo al fine di aprire una discussione sul tema. Saranno quindi benvenuti altri contributi, non necessariamente concordi con il presente. Il collettivo de “La Città Futura” si riserva di dibattere questo argomento e di produrre una propria sintesi finale.
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1) La definizione di lavoro produttivo
Marx definisce il lavoro produttivo all’inizio della quinta sezione del libro I del Capitale intitolata Produzione del plusvalore assoluto e del plusvalore relativo, (p. 556 nell’edizione degli Editori Riuniti del 1964). Il passo è molto breve e vale la pena di riportarlo quasi interamente.
“Col carattere cooperativo del processo lavorativo si amplia necessariamente il concetto del lavoro produttivo e del veicolo di esso, cioè del lavoratore produttivo. Ormai per lavorare produttivamente non è più necessario por mano personalmente al lavoro, è sufficiente essere organo del lavoratore complessivo e compiere una qualsiasi delle sue funzioni subordinate […] Ma d’altra parte il concetto di lavoro produttivo si restringe. La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore. L’operaio non produce per sé, ma per il capitale. Quindi non basta più che l’operaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. È produttivo solo quell’operaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve all’autovalorizzazione del capitale […]