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La matrice psicosociale del soggetto borghese nella crisi

di Leni Wissen

Una lettura della psicoanalisi di Freud dal punto di vista della critica della dissociazione-valore

idegosuperego5Introduzione

Questo articolo si basa su due motivazioni. La prima è quella di determinare la matrice psicosociale del soggetto borghese sulla base di una lettura della psicoanalisi di Freud dal punto di vista della critica della dissociazione-valore. Lo sfondo di questa rischiosa scommessa è la visione secondo la quale la società capitalista è realmente prodotta dalla dinamica oggettiva della forma della dissociazione-valore, ma da questo non ne consegue alcun determinismo dello sviluppo sociale, dovuto alla relazione dialettica fra valore e dissociazione. Ciò significa soprattutto che il pensare, l'agire ed il sentire delle persone non possono essere derivati direttamente dalla forma della dissociazione-valore - e tuttavia l'organizzazione capitalista viene prodotta da persone che riproducono quotidianamente nel loro pensare, agire e sentire le categorie astratte della dissociazione-valore, senza che siano coscienti di questo. Il che solleva la questione di come le categorie astratte vengono interiorizzate nel sentire, pensare ed agire delle persone, o, detto in altre parole, come il soggetto in generale diventa soggetto.

 

Così come la forma della socializzazione capitalista non appare in astratto, bensì mediata con i suoi sviluppi empirici, anche il soggetto e le sue mediazioni psicosociali sono sottomessi alla processualità della socializzazione capitalista. Di qui, la seconda motivazione del testo. Poiché, nel decorso dei processi di crisi postmoderni, i sviluppa ampiamente una nuova formazione psicosociale di narcisismo. Nel gioco delle differenze e sull'onda del decostruzionismo, si può sviluppare magnificamente un tipo sociale narcisista. Il lavoro costante con la sua stessa identità diventa una virtù, quasi una prova della propria flessibilità. Il continuo riproiettare la propria vita è stato fin qui espressione di un carattere narcisista. È ormai chiaro che il diffondersi del tipo sociale narcisista non è così inoffensivo come a volte può ancora sembrare nel colorato movimento (da ballo in maschera) della postmodernità degli anni 1980/1990. L'irrompere della crisi a partire dalla fine del decennio del 2000, ha distrutto ogni illusione di una festa che si pretendeva interminabile, e la realtà della crisi irrompe in maniera sempre più drammatica. Questa situazione urta un carattere sociale narcisista molto suscettibile di indulgere all'offesa e alla minaccia, a causa del suo fragile ego. È insito nel carattere sociale narcisista che egli possa passare immediatamente da una posizione all'altra - in special modo quando si vede minacciato. Ma questo tipo sociale narcisista, per il quale precipitano sempre più le possibilità di mantenere in vita il suo fragile ego, è assai propenso a esorcizzare le sue impotenti paure narcisistiche attraverso "nuove" chiarezze. Il che è esattamente una porta aperta per le idee di antisemitismo, antiziganismo, razzismo, antifemminismo, neofascismo, ecc.. Anche per questa ragione diventa necessaria una critica del carattere sociale narcisista nel contesto della critica radicale del soggetto.

 

La crisi finale e la sua rimozione

Uno sguardo all'imposizione e allo sviluppo della società patriarcale capitalista chiarisce che la storia interna del capitalismo è costellata di crisi. Socializzazione capitalista e crisi non possono essere pensati separatamente. Ma a partire dagli anni 1970 ci si presenta un processo di crisi che indica la questione di un «linite interno assoluto del capitale» (Kurz, 2007). Già Karl Marx aveva indicato la possibilità di un limite interno del capitale; la teoria della crisi della critica della dissociazione-valore vede tale "limite interno assoluto della socializzazione del valore" diventato storicamente attuale con l'aumento dei processi di crisi nel contesto della terza rivoluzione industriale: poiché, per mezzo della rivoluzione microelettronica, nell'insieme della società è diventato superfluo più lavoro di quanto possa esserne compensato per mezzo dell'espansione dei mercati ecc.. Questo contesto è stato spesso sottolineato da parte della critica della dissociazione-volare. È da tempo che si possono osservare gli effetti della tendenza della crisi postmoderna, non solo nella cosiddetta periferia, ma si mostrano chiaramente anche nei centri. I sintomi del progredire della crisi globale in questo paese sono la disoccupazione e la crescita del lavoro precario, l'erosione dello stato sociale e il "ritorno della povertà" associato a questi processi (povertà che, comunque, solo in una piccola parte della storia del capitalismo - e solo per quel che riguarda una piccola parte della popolazione mondiale - potrebbe essere considerata superata) ed ora anche il confronto con il dramma dei rifugiati. Nonostante i fenomeni di crisi che si manifestano chiaramente in tutto il mondo e a vari livelli, la possibilità di una "crisi finale" del capitalismo sembra essere categoricamente esclusa - tale possibilità viene negata e rimossa. Si è venuta così a creare l'assurda situazione per cui, nonostante le catastrofi che si vedono dappertutto e nonostante il ridursi dei margini di manovra, la critica radicale della società capitalista è più che marginale - ed è perfino oggetto della più violenta ostilità.

Riguardo la percezione dei processi di crisi e riguardo il loro trattamento, qui si trovano somiglianze inquietanti fra tutto lo spettro della sinistra - dal partito "di sinistra" fino ai gruppi e alle alleanze che considerano sé stessi come estremamente radicali - e la "società ufficiale", o perfino le voci di destra e i neofascisti. Si può vedere come l'azione immediata rimuova aggressivamente la questione di un'analisi delle condizioni di crisi e di una comprensione di ciò che sta realmente avvenendo, e spinga in secondo piano ogni questione di contenuto. Vale a dire, non ci si chiede quale sia il problema - per non parlare di un'analisi della relazione con la totalità sociale. Si tratta qui solamente di un'espressione della rimozione - che viene esercitata sul piano di tutta la società - del fatto che diventa realtà il "limite interno del capitale", di modo che l'agire immediato, in connessione con l'eliminazione di ogni contenuto, non solo si limiti alla percezione ed al trattamento dei summenzionati processi di crisi, ma, in più, tale rimozione si mostri in tutti i pori della vita sociale. Sembra che non sia importante ciò di cui ci tratta. Se c'è un problema, si deve reagire ad esso immediatamente, senza che un momento di pausa e di riflessione possa infastidire l'azione. Rispetto alle situazioni problematiche complesse, devono essere immediatamente identificati i colpevoli e i responsabili. Facendo in questo modo, si rende gestibile un problema complesso. A quanto pare, così facendo, esso può essere rimosso dal mondo attraverso l'azione immediata contro i colpevoli. Anziché comprendere che non ci possono essere soluzioni ai problemi nella forma della dissociazione-valore, si tenta di esorcizzare l'impotenza risultante da questo fatto per mezzo del feticismo dell'azione. È anche questa la ragione per cui avviene che possono crescere rapidamente i vari "Pegida", "l'Afd", ecc.: essi offrono spiegazioni e soluzioni semplici, che permettono di tirar fuori sentimenti razzisti, anti-musulmani, antisemiti, ecc.( su questo, si veda anche il testo di Daniel Späth in questo numero di Exit!).

Questa rimozione aggressiva delle questioni relative al contenuto avviene sempre in connessione con un altrettanto aggressivo "terrorismo della simpatia" - un concetto elaborato da Daniel Späth. Sembra che ci sia decisamente una mania di armonia, che minaccia di appiattire tutte le ambivalenze e tutte le contraddizioni. Il culto generalizzato della preoccupazione sembra continui ad animare tale tendenza. I contenuti ormai possono essere percepiti ed elaborati solamente in riferimento diretto al proprio io (sé stesso): se si incastrano nella concezione del proprio sé stesso si ha un'identificazione immediata, se non si incastrano vengono annientati, e, se non vengono compresi, questo deve continuare ad essere del tutto dipendente dal mediatore, dal momento che il gigantesco sé stesso comprende tutto e lo fa immediatamente - oppure in questo modo il contenuto viene visto come un'imposizione, un'offesa, o perfino come un insulto, cosa che a maggior ragione sottolinea una corrispondenza con il mediatore. E dal momento che le persone sono "gentili" fra loro, non sarebbe per niente "simpatico" esprimere davanti ad una persona delle idee così tanto complesse, in generale, e questo viene eventualmente considerato come un "attacco" personale. In questo processo, tutte le questioni di contenuto vengono perciò trasformate in questioni personali.

Ora bisogna spiegare perché si sono imposte in maniera così generalizzata l'azione immediata, il culto della preoccupazione, la mania dell'armonia ecc. come modi di reagire e di affrontare le condizioni di vita che diventano davvero sempre più complesse e senza via d'uscita. Tale domanda getta una luce sulla questione di sapere perché incontri così tante difficoltà la critica sociale radicale, che riflette sul limite interno della socializzazione della dissociazione-valore; perché nei fenomeni evidenziati emerge che esiste un "limite della mediazione" che in qualche modo risiede nei soggetti stessi.

Il soggetto postmoderno è soprattutto soggetto di crisi, che è sottomesso ad un processo in cui i fondamenti della soggettività borghese vengono incessantemente e implacabilmente distrutti. Detto in termini semplici: si tratta del soggetto del lavoro che si trova a rimanere senza lavoro. Questo dev'essere digerito. La natura di questo processo, nonostante tutte le differenze individuali, non è semplicemente un'opzione, dal momento che questo processo è in gran parte strutturato dalla matrice psicosociale del soggetto capitalista.

 

Il processo di crisi postmoderno e la formazione di un tipo sociale narcisista

Prima di sottomettere ad un occhio più attento la matrice psicosociale del soggetto borghese, vorrei prima tratteggiare, sotto forma di annotazioni, i fenomeni che sono in connessione con la mutazione, sul piano del carattere sociale, verso il tipo narcisista e che sono stati promossi per mezzo di tale mutazione.

- Sebbene il termine postmodernità sia sorto già alla fine del XIX secolo, con questo concetto ci si riferisce alla fine di un'epoca nella storia interna del capitalismo, che irrompe socialmente insieme alle riforme neoliberiste. Nella postmodernità, Robert Kurz vede «l'insieme di un capitalismo di crisi che viene compreso in maniera equivoca come post-industriale» (Kurz, 1999).

- Con la terza rivoluzione industriale si è innescata la più grande crisi mondiale dopo il 1929: nei paesi capitalisti centrali è tornata la disoccupazione di massa e, nella periferia, «insieme al lavoro astratto, anche l'economia monetaria ha collassato in molti paesi» - scrive Kurz già nel 1999 (Kurz, 2005, prima edizione 1999). Con questo, pertanto, viene descritto solo l'inizio del comparire degli sviluppi postmoderni della crisi. È da tempo che il collasso dell'economia monetaria, insieme al collasso della Statalità, ha raggiunto anche gli Stati europei. La moltitudine di crisi in tutto il mondo, difficilmente può essere raccontata...

- La fuga del capitale finanziario verso il "regno della speculazione" . uno sviluppo che già all'inizio del XX secolo era un chiaro segnale di crisi - è un'indicazione di come gli investimenti reali erano diventati non redditizi. L'accumulazione di capitale si sposta dalle aree reali a quelle speculative e diventa così simulazione. La fragilità di quest'accumulazione simulata di capitale diventa rapidamente chiara quando le bolle cominciano a scoppiare ed improvvisamente avvengono, precipitando giù dal cielo finanziario, catastrofi perfettamente reali.

- Inoltre, i processi di globalizzazione non hanno potuto compensare questa dinamica in sé contraddittoria del modo di produzione capitalista. Tuttavia, la globalizzazione ha avuto un impatto sulla vita sociale: con le nuove tecnologie, soprattutto Internet, sono emerse nuove capacità e funzionalità in rete, che sono meno vincolate a contesti regionali.

- Data l'enorme crescita della disoccupazione nel decennio 1970, ha avuto inizio un processo di tagli sociali che, in particolare, hanno contribuito allo sviluppo del lavoro precario e, in Germania, ha finito per avere il suo culmine provvisorio nelle cosiddette "riforme Hartz".

- Parallelamente a questi sviluppi, ha avuto inizio a partire dal decennio 1980 un processo sociale che è stato descritto dalla letteratura sociologica specializzata per mezzo del concetto di individualizzazione. Questo processo dev'essere visto nell'insieme del contesto delle mutazioni avvenute nelle condizioni e nelle esigenze del lavoro. Con la disoccupazione e l'espansione del lavoro precario si disfano quelle che sono le basi della "biografia normale" borghese: già da tempo la formazione non garantisce un posto di lavoro permanete. Le nuove "libertà", ripetutamente associate al concetto di individualizzazione - come, ad esempio, essere meno dipendenti dalla famiglia di origine e da una biografia definita - pagano il prezzo per cui vengono annullate anche le garanzie e gli orientamenti. Perché la sua biografia abbia successo, viene richiesta all'individuo sempre più responsabilità. Questo, a sua volta, significa per gli individui che ciascuno di essi deve mantenersi pronto, efficiente ed in salute per il mercato del lavoro. Non riuscire a tenere il passo è espressione di un cattivo equilibrio tra lavoro e la vita e non è un problema di dilemma sulle finalità. Il dislocamento delle responsabilità verso l'individuo costringe ad un "centrarsi sull'io" - poiché questo è un prerequisito per poter stare al passo, in condizioni che in generale diventano sempre più individualizzate e flessibili.

- Anche la famiglia nucleare borghese non poteva non subire l'influenza dallo svolgersi dei processi (lavoro insicuro e precario, individualizzato, flessibilizzato). Essa è esposta a processi di enorme dissoluzione. Gli alti tassi di divorzio, il fenomeno generalizzato delle "madri single" e le cosiddette "famiglie estese" sono espressioni di questo processo. La famiglia ha perso importanza per quanto riguarda la socializzazione dei bambini e degli adolescenti, ma senza essere sparita come esempio. Il gruppo dei coetanei, l'onnipresenza dei media e l'equipaggiamento tecnico come gli smartphone ecc., che configurano le nuove forme di relazione con l'ambiente, svolgono nuovamente il ruolo che aveva la famiglia nucleare.

- Inoltre, le strutture familiari si dissolvono dall'interno verso l'esterno: il fatto di assumere relazioni stabili e obblighi e responsabilità connesse a questo sembra che venga percepito su larga scala come una minaccia. Perciò si parla di "compagni temporanei" in modo da chiarire già in anticipo che si tratta di un legame assunto solo temporaneamente. Avere figli è diventata una faccenda complementare della propria biografia: si deve inserire un bambino nel proprio concetto di vita, egli viene messo al mondo in un momento programmato in maniera precisa. Se i bambini non corrispondono alle proprie aspettative narcisistiche, le urla si levano alte ed il bambino viene trascinato dal medico, prima dal pediatra poi dallo psichiatra, per venire marchiato con la diagnosi di "disturbi del comportamento sociale" e/o "disturbo del deficit di attenzione insieme ad iperattività" ed essere poi sottoposto ad una terapia di tranquillanti.

- L'incapacità - che può essere segnalata quasi universalmente - ad entrare in contatto per mezzo di un compromesso con un'altra persona già indica strutture narcisistiche di carattere. Si può osservare, ad ogni passo, come le persone riescono a percepire e digerire il mondo solo facendo riferimento solo facendo riferimento al proprio sé stesso. Questo suggerisce che non si possiede una chiara distinzione fra l'interno e l'esterno. Pertanto, qualsiasi oggetto (una persona o un contenuto differente, fra gli altri) può diventare una minaccia immediata per il proprio suscettibile "sé stesso narcisista".

- Le esigenze postmoderne di "lavorare a sé stesso" e di ottimizzarsi continuamente da "sé solo" difficilmente lasciano fuori un area della vita: il soggetto postmoderno dev'essere sempre flessibile, disposto a lavorare e pronto - sia sul piano fisico che su quello psicologico. Ulrich Bröckling, nel suo libro "Il sé imprenditoriale", fa notare che l'ottimizzazione del sé è un processo interminabile, che ha poche possibilità di successo (vedi  Bröckling 2013 / 1ª ed.: 2007).

- L'espressione di tutto questo è la "carriera della depressione". Scrive Alain Ehrenberg: «La carriera della depressione comincia nel momento in cui il modello disciplinare di controllo del comportamento, che indica alle classi sociali e ad entrambi i sessi il loro ruolo in maniera autoritaria e proibitiva, viene abbandonato a favore di una norma che esige da ciascuno iniziativa personale: obbliga a trasformarsi in sé stesso » (Ehrenberg 2008, 14s.). La depressione è, pertanto, una «patologia della responsabilità», dove prevale un senso di inferiorità.

- Con l'ascesa della depressione sono già definiti dei marcatori che indicano la direzione verso una mutazione sul piano del carattere sociale a fronte dei processi postmoderni di crisi. Sul piano patologico, il passaggio al tipo sociale narcisista si esprime in una dislocazione, dai disturbi nevrotici a quelli depressivi. Per cui, scrive Ehrenberg: «La depressione ci mostra l'esperienza reale della persona, in quanto è la patologia di una società le cui norme di comportamento non sono più basate sul senso di colpa e sulla disciplina, ma sulla responsabilità e sull'iniziativa. [...] Il depressivo è un essere umano con un handicap» (ivi. p.20).

- Le richieste eccessive che accompagnavano le norme di comportamento basate sul senso di colpo e sulla disciplina si riflettevano nella nevrosi, come espressione di un conflitto soggiacente fra il desiderio e la repressione. Tuttavia, la depressione non è si caratterizza per un conflitto, ma esprime l'incapacità narcisista di entrare in contatto con un mondo di oggetti - psicoanaliticamente parlando, la depressione è espressione dell'incapacità di caricare gli oggetti in maniera libidinale. Ma un oggetto può essere caricato libidicamente solo se può essere percepito come oggetto al di fuori dell'universo narcisistico.

- Per Freud, la malinconia - che nei suoi sintomi ha una certa somiglianza con la depressione - era in un certo qual modo una forma clinica (ossia, patologica) del lutto. La distinzione fra lutto e malinconia è chiara nella risposta di Freud alla domanda che chiede di sapere in cosa consista il "lavoro del lutto": «La verifica della realtà ha dimostrato che l'oggetto amato non esiste più, e ora fa appello a che tutta la libido abbandoni i suoi legami con quell'oggetto» (Freud, GW XIII, 430). Questo processo si svolge in maniera cosciente. Ma nella malinconia si tratta di una "perdita sconosciuta". Scrive Freud: «Nel lutto, il mondo diventa povero e vuoto, nella malinconia a diventarlo è il proprio ego» (ivi, 431).

- Quel che Freud ha scritto nel 1917 sulla malinconia è sicuramente valido anche riguardo la depressione. La depressione è espressione di un vuoto che è l'inverso della prolungata eccessiva esigenza di dover lavorare  su di sé ed ottimizzarsi.

- Le continue manifestazioni di preoccupazione sono un'espressione dell'incapacità di designare quale sia "l'oggetto della preoccupazione" - poterlo fare significherebbe presupporre che si percepisce il mondo non esclusivamente a partire dal proprio universo narcisista, e riconoscere il mondo degli oggetti come esistente al di fuori del proprio ego. Insieme all'incapacità di riconoscere il mondo degli oggetti come esistente al di fuori del proprio universo narcisista, spariscono anche le possibilità di riflessione: problemi, tensioni, esperienze confuse ecc. ora non possono più essere denominate, ormai non possono essere più discusse. Tutto rimane diffuso, in nessun modo le cose vanno bene, è tutto troppo per una persona, semplicemente non si ha voglia di fare niente.

- Un altro tipo di processo narcisista, nella sua forma estrema è l'amok. Qui si esprime in una megalomania narcisista che consuma il suo modo di porsi nell'auto-annientamento e nell'annientamento degli altri.

Da tutti questi processi è emerso il carattere sociale narcisista, come figlio della postmodernità. La situazione postmoderna è, soprattutto, espressione della dinamica di crisi oggettiva della socializzazione della dissociazione-valore. E solo considerando questa dinamica di crisi sarà possibile comprendere il trionfo del narcisismo. Poiché la diffusione del tipo sociale narcisista è espressione del soggetto capitalista borghese in decomposizione, che con insistenza scava la propria fossa. Per il soggetto in decomposizione della società della dissociazione valore, il narcisismo è così diventato l'ultima via d'uscita.

 

Critica della dissociazione-valore e psicoanalisi

La critica della dissociazione-valore si focalizza sull'analisi e sulla critica della totalità costituita capitalisticamente. Qui non si opera con nessun contenuto universalista di totalità. La critica della dissociazione-valore parte da una «totalità in sé frammentata» (vedi  Roswitha Scholz, 2009) e, pertanto, tiene conto della dialettica che esercita il suo impulso sul valore e sulla dissociazione. Di conseguenza, nella critica si devono mantenere separati i diversi livelli della "totalità in sé frammentata", in quando non deve essere perduto il riferimento al piano della forma.

Questa comprensione della totalità è il risultato della consapevolezza del fatto che l'organizzazione patriarcale capitalista agisce in tutte le sfere sociali - e quindi anche sulla struttura pulsionale, la quale è promossa, gestita e riprodotta da un "inconscio sociale". Per chiarire il perché le persone riproducono i principi della forma capitalista nel loro agire, pensare e sentire quotidiano, è quindi necessario spiegare diversi piani: il piano della forma, il piano del soggetto in quanto agente del patriarcato produttore di merci, il piano ideologico, culturale-simbolico e psicosociale. Qui, tutti questi piani devono essere ripetutamente messi in relazione con i fenomeni e con gli attuali sviluppi - vale a dire, con la "totalità concreta", che mira ad ammettere il particolare, senza perdere, o senza mettere in discussione il riferimento alla totalità.

La psicoanalisi è indispensabile per poter chiarire il piano psicosociale (e, limitatamente, anche il piano culturale-simbolico). In quanto incide sui processi di mediazione fra la società e l'individuo, e pone la questione della genesi del soggetto. Tuttavia, non è un tema esente da contraddizioni - neppure relativamente alla stessa psicoanalisi di Freud, né in relazione alla storia della sua ricezione. Uno dei punti degni di nota è il fatto che nell'insieme avviene un addomesticamento del pensiero psicoanalitico, evidente nella repressione del concetto di pulsione nel dibattito dentro la psicoanalisi: a partire dal "io" in conflitto di Freud, c'è stato, nell'ambito delle corrispondenti psicologie dell'io e del sé, un "io" senza contraddizioni, che ormai non conosce più alcun conflitto. La "de-libidinizzazione" [o "desessualizzazione"] della psicoanalisi corrisponde agli sviluppi sociali, e ad un focalizzarsi su un "sé", o "io", libero dai conflitti.

Dal punto di vista della critica della dissociazione-valore, però, sarebbe ora necessario rendere fertile proprio la bandita teoria della libido. Con l'aiuto della meta-psicologia di Freud - anch'essa non esente da contraddizioni e che deve naturalmente essere sottoposta ad un esame critico - è possibile descrivere la matrice psicologica del soggetto. Ego, Id e Superio, secondo questa letteratura, sono le istanze centrali che modellano la forma psichica del soggetto. Simultaneamente, sono espressione della dinamica e dei conflitti pulsionali soggiacenti.

 

La teoria della libido di Freud dal punto di vista della dissociazione-valore

Innanzitutto bisogna chiarire in quale situazione storica Freud ha sviluppato la psicoanalisi. Diventa qui subito chiaro che Freud si riferiva al soggetto borghese che si era appena imposto e già si trovava in crisi dopo un periodo di massimo splendore (vedi Freud, Il Disagio della Civiltà). Ora, il soggetto borghese non è caduto semplicemente dal cielo, ma è stato il risultato della brutale storia di imposizione della società patriarcale capitalista, che si è svolta su piani differenti e, alla fine, è stata associata ad una ristrutturazione di tutte le sfere della vita. Elenchiamo qui solo alcuni punti chiave che possono aver giocato un ruolo nel quadro di questa storia dell'imposizione:

- La nascita del sistema di produzione e della fabbrica, come risultato della fame assolutista di denaro derivata dai costi della guerra, in quanto era stato lo sviluppo delle armi da fuoco ad essere qui responsabile del rapido aumento dei costi.

- L'inculcare a forza l'etica del lavoro, sul luogo di lavoro, come condizione per il lavoro in fabbrica.

- Al modo emergente di produzione era associata la separazione delle sfere di produzione e di riproduzione, situazione in cui le donne sono state assegnate all'area della riproduzione. Questa attribuzione costituisce la base per la nascita della famiglia nucleare borghese.

- Questi sviluppi sono stati accompagnati dall'«addomesticamento della donna come un essere naturale» (caccia alle streghe), cosa che a sua volta indica, non in ultimo luogo, come sia emersa una relazione completamente nuova con la natura (dominio androcentrico della natura).

- L'internalizzazione della "etica del lavoro" e l'avvento dei corrispondenti ideologemi, che alla fine culminano nella filosofia illuminista.

Nel contesto di questo processo di trasformazione, il soggetto borghese si è affermato insieme ad un'appropriata matrice psicosociale. Il soggetto borghese e la sua matrice psicosociale qui si basano decisamente sulla dissociazione del femminile, sulla fantasia del dominio della natura e sull'immaginazione  dell'auto-orientamento. Sono anche significativamente associati all'internalizzazione dell'etica del lavoro. Cosa cui corrisponde una dinamica pulsionale nella quale, di fronte al differimento della pulsione, la libido scala le montagne, nella gioiosa attesa di una "ricompensa per il rifiuto". Questo "trucco" della libido per affrontare il rifiuto della pulsione, definisce simultaneamente il percorso che porta al processo di sublimazione della pulsione. La necessità di differire la pulsione nasce con l'imposizione del modo di produzione capitalista e con il dispendio del lavoro astratto che viene richiesto da tale modo di produzione. È chiaro pertanto che anche la formazione della società capitalista non poteva restare fuori dalla struttura della pulsione. Da ciò si può concludere: solo con il patriarcato capitalista nasce una struttura di pulsione in cui l'Ego, l'Id ed il Superio interagiscono come istanze separate, in conflitto le une con le altre, e quindi mediano la dinamica psicologica. Questa forma di mediazione psichica, di conseguenza, è emersa solo conseguentemente alla storia dell'imposizione del capitalismo. Naturalmente, Freud non ha descritto la cosa in questo modo, ma questo fa parte dell'interpretazione di Freud qui effettuata, che si basa su una lettura di Freud nel contesto della situazione storica in cui egli ha sviluppato la sua teoria.

Anche questa lettura della psicoanalisi di Freud è possibile solamente nel contesto di una critica radicale dell'illuminismo e del soggetto - il che significa che anche il concetto di soggetto di Freud, nella sua affermazione dell'illuminismo, dev'essere criticato. Poiché l'illuminismo dev'essere inteso come «ideologia dell'imposizione del sistema produttore di merci» (Kurz 2004). L'illuminismo ha prodotto il soggetto moderno e, allo stesso tempo, ha identificato con tale soggetto tutte le persone che vivono nel capitalismo. Il soggetto come «moderno agente del lavoro astratto e delle sue funzioni derivate» non è nient'altro che la «forma sociale di azione degli stessi individui: forma di percezione, forma di pensiero, forma di relazionamento, forma di attività» (Kurz 2004a, 210). Quindi, il soggetto non è identico all'individuo socio-sensibile, ma semmai «all'agente cosciente (individuale ed istituzionale) del movimento della valorizzazione senza soggetto» (Kurz 2004, 57).

Per la critica della forma psicosociale del soggetto, questo significa che si deve fare qui una distinzione fra soggetto ed individuo. In quanto l'individuo socio-sensibile è realmente messo a confronto con la matrice psicosociale del soggetto borghese, ma non si limita a questo. La matrice psicosociale definisce in un certo qual modo la forma psichica in cui avviene la mediazione psichica.

Tuttavia, il piano psicosociale qui non può essere derivato dal concetto di soggetto. Ciò è vietato fin da subito nel contesto della critica del pensiero della logica deduttiva.- D'altra parte, tuttavia, anche la forma psichica è in un certo qual modo precedente al soggetto, nella misura in cui essa è il presupposto per essere soggetto. Si vedono i processi di genesi del soggetto, o di riproduzione del soggetto come "agente di azione" nell'organizzazione patriarcale capitalista. E ciò si applica tanto sul piano individuale (ossia, in relazione alla questione di sapere perché le persone sviluppano ripetutamente la posizione di soggetto e la riproducono nel loro pensare, agire e sentire) quanto sul piano della formazione della propria forma psichica. Quest'ultima è sorta, come si è già detto, nel contesto dell'imposizione del patriarcato moderno. La matrice psicosociale del soggetto viene qui realizzata o riprodotta non da ultimo da un "inconscio sociale" che è anche il risultato della sottomissione alla pulsione realmente necessaria (vedi sopra) e che viene riprodotta in ciascun processo di "soggettivazione".

 

Evoluzione sessualmente differente della sviluppo psicosociale

La costituzione del soggetto (maschile) va di pari passo con la dissociazione del femminile. In altre parole: la dissociazione del femminile è la condizione tacita del soggetto borghese maschile. Questa relazione fra il soggetto (maschile) e la dissociazione si estende allo "inconscio androcentrico", e si riproduce nella forma del complesso di Edipo nelle storie di vita individuali. In ultima analisi, questa interpretazione si basa sul fatto che lo stesso Freud aveva concepito il complesso di Edipo sia sul piano della filogenesi (cioè, della storia della formazione del soggetto) - in Totem e Tabù, il parricidio viene descritto come "atto fondante" che viene trasmesso di generazione in generazione come eredità (inconscia), ossia, ripetuto nel complesso di Edipo - sia sul piano dell'ontogenesi (lo sviluppo del singolo individuo). Tuttavia, è proprio il concetto di filogenesi di Freud che dev'essere esaminato criticamente nei suoi momenti ontologici. A tal riguardo, qui non si può neanche semplicemente limitarsi a ritornare ai concetti di Freud.

Naturalmente, Freud ha concepito il suo complesso di Edipo senza tener conto della struttura della dissociazione-valore. Tuttavia, Freud non tralascia il fatto di tener d'occhio il diverso sviluppo (in termini di genere) psico-sessuale. Così, egli descrive destini libidinali "maschili" e "femminili" per quanto riguarda il complesso di Edipo.

Prima di parlare dei diversi modelli di sviluppo psichico differenziati per genere, vorrei osservare che quando continua parlando di "mascolinità" e "femminilità" non si tratta di ontologizzare questi termini, ma di considerare la matrice psicologica del soggetto, profondamente segnata dalla bisessualità e assente nella dissociazione del femminile. Nel contesto della matrice psicosociale, mascolinità e femminilità sono dei rivelatori inevitabili dello sviluppo psico-sessuale e, pertanto, devono rientrare anche in questo concetto. Con il modello moderno dei due sessi, sia le donne che gli uomini erano/sono costretti a formare in modo "mascolino" o "femminile" identità di genere sotto forme continue, laddove la femminilità è svalorizzata fin dall'inizio. Femminilità è la mancanza di fallo, la mancanza assoluta. Questo "spazio vuoto", che si mantiene nella femminilità, è appropriato per assumere proiezioni maschili. Il fatto per cui la "femminilità" deve servire come superficie di proiezione - nei ben noti orientamenti di proiezioni madre/sposa e prostituta - è un'espressione della struttura della dissociazione-valore. Queste proiezioni maschili sono immediatamente espressione del fatto che la dissociazione del femminile precede la costituzione del soggetto (maschile). Ma mostrano anche che la dissociazione del femminile non è un atto che viene consumato, ma esige la ripetizione costante. In questa misura la femminilità non è per caso un "continente nero", e deve anche rimanere tale.

Questo ha delle conseguenze per lo sviluppo psico-sessuale femminile e la sua analisi. Così, la "femminilità" deve conformarsi alle esigenze del lato maschile e non deve essere "essa stessa", fuori dall'area di influenza "maschile". In questo senso, è quasi assurdo parlare di una "forma psichica femminile" in generale, dal momento che questa forma consiste soprattutto nel dover essere "senza forma". Questo si riflette anche nel destino libidico "femminile", come lo ha descritto Freud: nello sviluppo maschile, il figlio di sesso maschile, sotto la minaccia di castrazione che proviene dal padre, desiste dal desiderio orientato verso la madre, per sottomettersi, attraverso l'identificazione, alla legge paterna. Nel caso migliore, questo sviluppo porta alla «dissoluzione del complesso di Edipo» (vedi Freud). Al contrario, la figlia di sesso femminile, dal momento che non deve temere la castrazione - perché è già stata consumata - entra nel complesso di Edipo «come in un porto». Lo sfondo di questo movimento è la scoperta della differenza sessuale. Il disappunto per la "propria colpa" viene attribuito alla madre e ciò rende possibile la svolta verso il padre. Da questi la ragazza si aspetta un figlio (maschio) per compensare l'invidia del pene e ripristinarsi narcisisticamente. Così, per il destino libidinale femminile, l'assenza del fallo o la scoperta di esso è determinante. Lo sfondo di questo sviluppo è un "inconscio fallocentricamente androcentrico", che si riproduce ripetutamente nello sviluppo della differenza di genere. In questo modo, il fallocentrismo struttura la forma psichica "senza forma" femminile.

Christa Rhode Dachse critica giustamente il "fondamento patriarcale" della psicoanalisi. In questo, lei si riferisce anche alla «teoria dello sviluppo femminile in Freud» come ad una «teoria della non-individualizzazione [...] che [...] serviva all'adattamento della donna al ruolo sessuale cui era destinata in quell'epoca» (Rhode Dachser 2,003). Quest'affermazione dev'essere accolta in parte; poiché naturalmente lo sviluppo psico-sessuale femminile è sintonizzato con il ruolo destinato alla donna. Ed è anche vero che Freud descrive il destino libidinale femminile in maniera affermativa. Tuttavia, la teoria freudiana non è responsabile del destino libidinale femminile, responsabili ne sono le relazioni sociali della forma della dissociazione-valore. A questo proposito, sarebbe sbagliato anche gettare semplicemente Freud nella spazzatura perché la sua teoria è costruita androcentricamente. È molto più importante sottoporre Freud ad una critica femminista ed in questo contesto chiedersi perché Freud ha descritto il destino libidinale femminile così come lo ha descritto.

Al di là di questo, in Rhode-Dachser traspare un'ipostatizzazione del femminile. Ma la questione non può essere quella di cercare una "femminilità" oltre l'androcentrismo. È nella "femminilità" e nella "mascolinità" che si mostra la stessa struttura della dissociazione-valore. Così, sarebbe completamente sbagliato cercare nella "femminilità" qualcosa in qualche modo "migliore", possibilmente "non-identico" - anche Roswitha Scholz ha ripetutamente richiamato l'attenzione su questo punto. Per una critica della relazione capitalista di genere, ciò significa che "mascolinità" e "femminilità" devono essere visti come due poli dentro la socializzazione della dissociazione-valore e come tali criticati - non dovendo qui, naturalmente, essere occultato né lo statuto gerarchico del "maschile" né la correlativa discriminazione del "femminile". Dal punto di vista della "femminilità" ciò significa innanzitutto che dovrebbe essere sviluppata un'idea che si nasconde nel "continente nero" in generale. In tal senso, si dovrebbe porre di nuovo la questione di una teoria psicoanalitica della femminilità.

Christa Rhode-Dachser non è la sola a tentare di sviluppare una lettura femminista della psicoanalisi. Anche altre autrici hanno affrontato la questione. Tuttavia, non è sicuramente un caso che anche in queste autrici avviene una ipostatizzazione del "femminile". Qui si paga per il fatto che la teoria femminista di orientamento psicoanalitico si è occupata assai poco della critica del soggetto. Invece di mettere in discussione in maniera radicale la forma stessa del soggetto, si tenta di sviluppare una teoria della femminilità al di là del fallocentrismo, che permetta alle donne di essere "soggetto".

 

Processi di crisi e carattere sociale narcisista

Ora, dovrebbe esser chiaro che anche la "matrice psicosociale" del soggetto non potrebbe resistere ai processi di crisi postmoderni. Lavoro e famiglia, come istanze centrali di socializzazione, si disfano sempre più nel contesto dei processi generali di flessibilizzazione ed individualizzazione, e in questo modo cadono dei pilastri che sono stati essenziali per lo sviluppo psicosociale del soggetto borghese. Ma anche qui: la forma di elaborazione psichica non si dissolve semplicemente, ma continua ancora a determinare i percorsi dello sviluppo psicosociale - sotto il segno della postmodernità, questa strada può portare soltanto al narcisismo. Come mostrerò più avanti, il narcisismo è già di fatto creato nella costituzione del soggetto, ma sembra come implodere nelle condizioni postmoderne di crisi. Il carattere sociale postmoderno è profondamente narcisista - e questo varrà, sebbene con sviluppi differenti, sia per il carattere "femminile" che per quello "maschile". Gli è proprio, in una certa misura, l'elevato grado di "auto"-referenzialità come espressione del narcisista.

Quel che potrebbe essere cambiato, nei termini della forma psicosociale del soggetto, di fronte ai processi di crisi postmoderni può diventare chiaro grazie ad una citazione del libro "Il mondo come volontà e Design" (Robert Kurz.)

Scrive Robert Kurz: «La mancanza di relazionamento sociale non significa altro che essere una merce con due gambe; lo "individualismo espressivo" deve trasferirsi all'abbigliamento perché sotto i cenci ormai esiste solo lo spettro di un individuo: Adorno non è mai stato così tanto attuale com'è stato nei tempi postmoderni della "love parade", i cui seguaci commettono davvero una grossolana impertinenza quando dicono "io"» (Kurz, 1999).

Questa citazione può essere interpretata alla luce del concetto di ego di Freud. Scrive Freud, nel testo Introduzione al Narcisimo )1914): «È un'ipotesi necessaria, che nell'individuo non esista fin dall'inizio un'unità comparabile all'Io; l'io dev'essere sviluppato » (Freud). Freud designa il "narcisismo primario" come una forza motrice rilevante nella costituzione dell'io. Poiché questo - così scrive Lilli Gast, interpretando il pensiero di Freud - «inizia un processo di auto-riferimento nell'auto-percezione oggettuale, che finisce per sfociare nella costituzione della soggettività » (Gast, 1992). Nel momento in cui l'ego consegue una sua prima costituzione, è un ego narcisista. Nel concetto di ego di Freud, il narcisismo è saldamente inscritto come motore propulsore. Tuttavia, Freud ha visto il superamento del narcisismo primario come un passo cruciale dello sviluppo dell'io. In relazione alla matrice psicosociale del soggetto postmoderno, ora, si deve partire dal dominio del "ego narcisista" come sostegno della mediazione psichica - un "ego", pertanto, che non può essere realmente designato "ego" nel senso sopra descritto.

Davanti allo sfondo del narcisismo, più tardi diventa anche chiaro come sia possibile il diffondersi in tal modo una simile illusione di immediatezza, come l'ho descritta prima. Poiché questa va di pari passo con una struttura psichica che spinge anche all'immediatezza. Freud descrive la "unità soggetto-oggetto" del narcisismo primario come "disprezzo" o "reinterpretazione della realtà" specifico dello sviluppo. Ciò significa per il mondo degli oggetti che questo può essere incorporato immediatamente solo attraverso la "unità soggetto-oggetto" narcisista, oppure dev'essere respinto e annientato (psichicamente), quando minaccia l'integrità narcisista.

In relazione allo sfondo della formazione e dei cambiamenti immanenti della matrice psicosociale del soggetto, c'è da presumere che le differenti formazioni si sovrappongono e coesistono. Quindi, non è esistito il "carattere autoritario" in forma pura, e, quindi, neanche oggi esiste il "carattere sociale narcisista postmoderno" in forma pura. Gli sviluppi psicosociali non devono essere pensati linearmente, né sul piano della descrizione di una carattere sociale, né sul piano individuale. A questo punto, ancora una volta quel che è cruciale è la considerazione della dinamica pulsionale soggiacente: poiché questa è legata ad una logica temporale specifica, in cui il passato non è semplicemente passato e "l'inconscio" non è semplicemente "inconscio". La dinamica pulsionale esige che il passato e l'inconscio siano portati alla ribalta, quando il presente lo esige e lo permette. Ciò significa, detto in maniera banale, che i conflitti "antichi", in realtà "risolti", possono di nuovo tornare ad essere virulenti sotto l'impatto di una realtà modificata e assumere ora nuove vie di elaborazione o di repressione. Perciò si deve partire dal principio per cui il carattere sociale narcisista può essere osservato non solo fra le generazioni più giovani, ma anche le generazioni più vecchie non vengono risparmiate dall'aspirazione narcisista. Il fatto che sono proprio le "vie narcisiste" ad essere assunte ha a che vedere con una realtà che sollecita le posizioni narcisiste, anche a causa della sua complessità e delle sue mancanze di prospettive.

Proprio il tipo narcisista postmoderno non può essere pensato come una figura rigida di fronte ai processi generali di flessibilizzazione e di individualizzazione, nella misura in cui il soggetto postmoderno è flessibile fino all'autodistruzione. Questo significa anche che il tipo narcisista può passare improvvisamente da un estremo all'altro. L'io narcisista e la corrispondente mediazione dei processi pulsionali sono estremamente "flessibili" ed adattabili nella loro immediatezza, cosa che non in ultimo luogo è dovuta alla mancanza di formazione della libido oggettuale. Questa a sua volta espressione di accesso (narcisista) immediato al "mondo degli oggetti".

Pertanto, non c'è da meravigliarsi che le psicologie dell'ego, del sé e delle relazioni oggettuali riescano ad imporsi contro la teoria della pulsione. L'aver ampiamente ripulito la teoria psicoanalitica dal concetto di pulsione corrisponde agli sviluppi reali di un focalizzarsi sul proprio sé narcisista. Questi sviluppi sono stati inclusi - o anticipati - affermativamente nelle teorie dell'ego, del sé e delle relazioni oggettuali, e in questo modo tali teorie possono essere interpretate come teorie di adattamento alle imposizioni postmoderne. Ciò ad esempio si vede nel fatto che queste teorie - indipendentemente dal fatto che lo desiderino o meno - sono state accolte nella "letteratura della nuova gestione", diventando così anche parte dello sfondo della storia delle idee del "sé imprenditoriale" (vedi  Bröckling 2008).

Ma aver ripulito la teoria psicoanalitica dal concetto di libido, nel contesto delle psicologie dell'ego, del sé e delle relazioni oggettuali, non significa in nessun modo che anche la cosa in sé sia scomparsa insieme alla rimozione del concetto. La "pulsione" o la dinamica da essa messa in movimento non scompare, al contrario, quelle che spariscono sono le condizioni per una sublimazione "con successo" in senso borghese. Ciò significa che la dinamica di pulsione stessa deve modificarsi qualitativamente, e che sono stati bloccati i processi di uno sviluppo dell'io che abbia successo (in senso borghese), in cui l'ego costituisca un'istanza mediatrice stabile fra l'Id (i momenti pulsionali) ed il Superio (la legge "paterna" - patriarcale) (dovendo qui esser chiaro, data la storia della crisi immanente, che non si può più davvero partire da un "ego stabile"). La ritirata o l'auto-referenzialità narcisista è espressione di questa realtà.

 

Sessualità della crisi

Occorre ora interrogarsi sul diffondersi del carattere sociale narcisista, anche nelle sue implicazioni specifiche di genere, alla luce della critica della dissociazione-valore. Qui, bisogna constatare in primo luogo che in seguito agli sviluppi postmoderni descritti - anche favoriti dalla teoria di genere e queer - si è arrivati di fatto ad un avvicinamento fra i codici sessuali "maschile" e "femminile". Sia le donne che gli uomini sembrano essere meno impegnati nei loro ruoli sociali tradizionali. Questo avvicinamento dei "codici" è anche un riflesso del fatto che, a causa dei processi di crisi reale, i ruoli di genere con il marchio della bisessualità perdono sempre più le loro possibilità di realizzazione ed entrano chiaramente in conflitto con «l'individuo forzatamente flessibile» (Roswitha Scholz) postmoderno. La questione riguarda il come tale avvicinamento dei codici differenziati secondo il sesso viene mediata secondo il carattere sociale narcisista. Psicoanaliticamente, lo stadio narcisista primario ancora non conosce nessuna differenza di genere. Così, anche il carattere sociale narcisista non si sviluppa semplicemente secondo i rigidi percorsi "maschili" e "femminili".

Ma sarebbe letale pensare ora il carattere sociale narcisista come sessualmente neutro, o indipendente dalla matrice bisessuale, a causa dell'allentamento rispetto ai confini dei generi. Sebbene i confini fra lo sviluppo "maschile" e quello "femminile" stiano scomparendo, ciò non significa che le differenti forme di genere e la loro gerarchia si stiano semplicemente dissolvendo. Il carattere sociale narcisista si caratterizza proprio per il fatto che esso può passare rapidamente da un estremo all'altro, poiché i suoi legami con l'oggetto - detto eufemisticamente - sono molto vaghi. Anche se lo stadio narcisista primario non conosce la differenza fra i sessi, ne parla bene il "linguaggio". Nella fase narcisista, le ragazze ed i ragazzi si aspettano di avere un "dialogo". Ciò significa che anche il fallocentrismo non è stato superato perché c'è stato un certo avvicinamento fra i codici binari. E, sotto l'egemonia del fallo, anche i codici binari non possono semplicemente scomparire, nel contesto della società della dissociazione-valore. Al contrario, anche qui si verifica un «inselvaggimento del patriarcato» (Roswitha Scholz): I codici "maschile" - "femminile" non scompaiono, ma inselvaggiscono - e non da ultimo questo avviene con sullo sfondo il fatto che i codici hanno realmente perduto "importanza", poiché ormai non corrispondono alla realtà. Per cui non stupisce che anche l'uomo-bravo ragazzo postmoderno oggi festeggi perfino il gioco dei sessi in una "festa queer", e che domani possa scrivere un "Manifesto a favore dell'uomo", in cui lamenta la crisi della mascolinità e difende un fastidioso anti-femminismo. Il presunto avvicinamento dei differenti codici di genere avviene attraverso le differenti forme di genere, in modo che l'avvicinamento apparente possa anche voltare le spalle in qualsiasi momento, a favore di una sessualità essenzialista. Questa svolta estremamente violenta, che finge di colorare il genere per mezzo della sessualità essenzialista, è espressione della sessualità di crisi di stampo narcisista. Insieme al soggetto, anche la sua sessualità arriva alla fine.

L'invasione di genere e queer non solo hanno promosso la diffusione del carattere sociale narcisista, ma hanno anche collocato il femminismo - pur essendo stato improvvisamente evidenziato - in una situazione in cui esso deve lottare ancora una volta per la sua sopravvivenza. Per mezzo della teoria di genere, è stato trasferita sul femminismo la repressione postmoderna di tutti i contenuti e della presunzione di verità, provocando in esso dei danni. Ora è proprio la teoria di genere che non riesce a spiegare per quale ragione, nonostante l'avvicinamento fra i codici binari di genere, non siano scomparse le relazioni gerarchiche di genere, o addirittura si siano risvegliate a nuova vita. A posteriori si vede che genere e queer sono stati veicolo o espressione di una società di crisi in espansione sotto un segno narcisista, e ora non riescono a comprendere il risultato del loro movimento, una volta che i loro strumenti concettuali non vanno al di là del piano culturale-simbolico. Quindi, anche le teorie di genere e queer devono sfuggire allo "inselvaggimento del patriarcato" (Roswitha Scholz), vale a dire, esse non riescono a spiegare i differenti fenomeni che rendono chiara la relazione gerarchica di genere esistente prima e dopo.

In queste circostanze, di fronte all'aggravamento della relazione di genere, ora sarebbe importante per il pensiero femminista affrontare "l'inselvaggimento del patriarcato" e capire come esso si esprime. Uno sguardo al dispiegarsi della crisi a livello mondiale mostra che, nonostante il colorito (ancora) movimento di genere (in questo paese), è da tempo che si è diffusa una mascolinità di crisi, che si esprime in special modo nell'abbrutimento delle relazioni di genere. Ossessione e violenza sono fenomeni quotidiani della soggettività di crisi maschile - un conglomerato che è possibile che abbia svolto un ruolo in Germania, nel corso dell'anno 2015/2016 a Colonia. È sotto gli occhi il fatto che crollano le "possibilità di sublimazione" e, quindi, le barriere che inibiscono le manifestazioni immediate delle emozioni. Questo è espressione del narcisista, come ho cercato di mostrare. Il legame fra la mascolinità di crisi ed il narcisismo diventa particolarmente evidente nell'Amok: l'ultimo atto dell'autodistruzione narcisista maschile è il suicidio allargato, in cui alla fine viene immaginato l'annientamento del mondo.

Dal lato femminile, la socializzazione di crisi si presenta sotto la forma della "doppia socializzazione", sulla quale Roswitha Scholz ha ripetutamente richiamato l'attenzione, nell'interpretazione di Regina Becker-Schmidt (cf. Scholz 2011). Le donne, nella sequenza dei processi di crisi postmoderni, sono costrette ancora una volta al ruolo di amministratrici della crisi, e allo stesso tempo rese responsabili della famiglia e del salario, ma questo sotto il segno di una capitalismo al collasso, dove alla fine si tratta di pura sopravvivenza. (Le "donne delle macerie" erano anche amministratrici di crisi, ma potevano ancora costruire qualcosa). Inoltre, le donne continuano ad essere come prima esposte a proiezioni maschili che, sotto il segno del narcisismo, diventano talmente immediate che possono essere solo scaricate in emozioni (anche violente) in qualsiasi momento. Così, la responsabilità delle mogli per la famiglia e per il salario, cresce e minaccia di trasformarle in vittime della violenza, dell'ostilità, ecc. maschili. Questa prolungata richiesta eccesiva riguardo il ruolo delle donne, non può/non deve, tuttavia, essere menzionata - non coincide con l'immagine della donna emancipata, che riesce a ben gestire con facilità la sua occupazione e i figli. In tale contesto si possono anche spiegare i risultati degli studi che indicano come le donne in Germania soffrono di depressione il doppio rispetto agli uomini. La depressione è espressione delle relazioni narcisiste con le summenzionate richieste eccessive prolungate, che sono anche contraddittorie. La depressione è una variante "femminile" del narcisismo, sebbene anche gli uomini siano sempre più colpiti dalla depressione. In particolare per quello che fa riferimento ad un "narcisismo femminile", qualcosa che deve ancora essere chiarito. Bisognerebbe interrogarsi, ad esempio, sui modi femminili di reazione narcisista alle aggressioni. Sembra che vi sia una certa tendenza "femminile" a liberarsi in maniera abbastanza immediata delle aggressioni, ma in un modo in cui le aggressioni non vengono espresse apertamente. Si tratta, innanzitutto, di qualcosa come un'aggressività narcisisticamente passiva che, in quanto non aperta, fin dall'inizio allontana qualsiasi reazione e confronto, e si mostra così incompetente per il conflitto.

Anche se c'è ancora molto da chiarire per quanto riguarda i più recenti disturbi della relazione di genere sul piano psicosociale, dovrebbe essere più che chiaro che la diffusione del carattere sociale narcisista è espressione di una sessualità di crisi che è visibile tanto sul lato femminile quanto anche dal lato maschile, seppure in maniere differenti. Tutto ciò dimostra che le persone non possono facilmente uscire dalla matrice psicosociale del soggetto, anche se questa matrice si decompone dall'interno all'esterno - perde la sostanza. Il risultato di questa contraddizione è il narcisismo, come ultima tappa del soggetto di crisi: soltanto su questa base il soggetto in disintegrazione può comportarsi ancora come se fosse in grado di agire, di pensare e di sentire.


Pubblicato sulla rivista EXIT! n°14, marzo 2017 -

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fonte: EXIT!
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