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Published: 16 January 2021
Created: 10 January 2021
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bollettinoculturale

Lenin e la dittatura del proletariato contro Stalin

di Bollettino Culturale

unnamed 7876La rivoluzione bolscevica dell'ottobre 1917 può essere considerata fondamentale per la storia del XX secolo come lo fu la Rivoluzione francese del 1789 per il XIX secolo. La Rivoluzione d’Ottobre fu la prima rivoluzione a porsi come obiettivo dichiarato la costruzione del socialismo. Lo scopo di questo articolo è discutere la concezione di Vladimir Ilich Lenin del concetto di dittatura proletaria, confrontandola con la sua battuta d'arresto: la concezione del socialismo di Joseph Stalin. Partiamo dal presupposto dell’attualità del principio leniniano della dittatura del proletariato e della sua indispensabilità per pensare al superamento del capitalismo e la costruzione del socialismo. La negazione e l'abbandono del principio della dittatura del proletariato da parte dei partiti eurocomunisti degli anni '70, in particolare dei partiti comunisti italiano, francese e spagnolo, è un'indicazione della necessità di salvare questa discussione. Nel caratterizzare i paesi dell'Europa Orientale come membri del campo del socialismo realmente esistente, gli eurocomunisti consideravano tali formazioni sociali come socialiste. L'idea difesa dagli eurocomunisti di transizione democratica al socialismo, riduce il principio della dittatura proletaria a una delle possibili strategie di transizione al socialismo, cioè a una possibile via al socialismo. Pertanto, l'abbandono di questo principio è giustificato dagli eurocomunisti a causa della scomparsa di un contesto storico che avrebbe richiesto l'uso di questa particolare strategia: la Russia del 1917.

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Published: 15 January 2021
Created: 11 January 2021
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perunsocialismodelXXI

Quel marxismo ridotto a "terrapiattismo"

di Carlo Formenti

30c9bfa0 8bd2 4f54 bfca 884c38efc9c8 largeHosea Jaffe e Gunder Frank, benché esponenti di rilievo del marxismo (sebbene defilati ed “eretici”), hanno avuto il coraggio di puntare il dito contro l’incapacità della maggior parte dei loro compagni di strada (a partire dagli stessi Marx ed Engels) di emanciparsi da una visione eurocentrica. Basti pensare, in proposito, al disprezzo nei confronti delle culture precapitalistiche (liquidate come arretrate e barbare e destinate ad essere “civilizzate” dal capitalismo) che trasuda da certe pagine del Manifesto, o ai giudizi espressi in molti degli scritti raccolti nell’antologia Cina, India, Russia (con l’eccezione di alcuni testi dell’ultimo Marx, nei quali veniva valorizzato e riconosciuto il potenziale rivoluzionario delle comunità di base dei contadini russi).

Di questo e altri limiti della tradizione marxista occidentale (vedi in proposito gli scritti di Domenico Losurdo) mi sono occupato, assieme all’amico Onofrio Romano, in un recente volumetto pubblicato da DeriveApprodi (Tagliare i rami secchi, 2019). La lettura di un libro di Paolo Perulli (Il debito sovrano. La fase estrema del capitalismo, La nave di Teseo) mi stimola a riprendere il filo di quei ragionamenti. Chiarisco subito che questa non è una recensione, nel senso che il libro in questione – alquanto ambizioso – tocca un ampio ventaglio di problemi che richiederebbero considerazioni più estese di quelle che intendo svolgere in questo scritto, nel quale mi limiterò a esaminare gli aspetti che più hanno sollecitato la mia attenzione critica.

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Published: 15 January 2021
Created: 11 January 2021
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lacausadellecose

Usa gennaio 2021: il dito indica la luna

di Michele Castaldo

02 capitol insurgencyChi pensava ad un passaggio tranquillo da Trump a Biden, nella cosiddetta più vecchia democrazia del mondo moderno, è servito. Si tratta di una ulteriore dimostrazione della illusione di chi osserva i fatti del mondo partendo dai propri desideri. Poveri sciocchi che in Occidente, in modo particolare, abbondano; un modo per esorcizzare la paura per il terreno che si muove sotto i piedi, per il bradisismo del modo di produzione capitalistico ormai in crisi irreversibile.

Ora, che Trump fosse un fenomeno da baraccone, lo si sapeva, ma non si facevano i conti con gli strati sociali di decine di milioni di americani che lo avevano eletto e che lui ben rappresentava sul piano storico, un popolo che credeva che una certa storia potesse durare all’infinito, che si potesse bivaccare comunque e sempre sfruttando e opprimendo milioni di propri simili.

Arriva il giorno che dovrà finalmente sancire sul piano democratico, nel tempio della democrazia rappresentativa, la vittoria del nuovo presidente, e dunque il passaggio dei poteri da Trump a Biden, e che succede? Che il popolo sconfitto alle elezioni, dunque per via democratica, scende in piazza e istigato dal proprio leader dà l’assalto al Campidoglio, non riconoscendo né il voto nè a maggior ragione la sconfitta del proprio presidente. Lo stupore e lo sgomento in tutto l’Occidente, di personaggi che allevati nell’attuale modo di produzione rappresentano la pochezza di quanto si diceva in apertura. Ora di fronte a una rivoluzione i cosiddetti intellettuali e analisti d’alto bordo, rimangono sgomenti proprio perché immaginano il mondo secondo i propri desideri e non riescono perciò a capire e a spiegare i fatti, che invece vanno spiegati partendo dalle cause che li stanno generando.

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Published: 15 January 2021
Created: 09 January 2021
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lantidiplomatico

2021, il risveglio dei popoli dell'America Latina. Sfide e prospettive

di Geraldina Colotti

720x410c50Per la rivoluzione bolivariana, l’anno politico si è aperto con l’assunzione del nuovo Parlamento, a maggioranza chavista, frutto delle elezioni del 6 di dicembre. Una vittoria della democrazia partecipata e protagonista, che continua a scommettere sulla coscienza e l’organizzazione popolare per affrontare le sfide a cui deve far fronte, sia all’interno che all’esterno del paese.

Basta confrontare le immagini convulse e grottesche diffuse dopo l’assalto trumpista al Campidoglio negli USA con quelle corali, sorridenti e piene di dignità dei 277 deputati e deputate della nuova legislatura in Venezuela, per rendersi conto della diversità dei due modelli, della prospettiva e degli effetti divergenti che producono.

Basta confrontare la levatura del discorso di Jorge Rodriguez, psichiatra e poeta, figlio di un rivoluzionario ucciso dalle democrazie camuffate della IV Repubblica, eletto a capo della giunta direttiva, con il semplicismo torvo e minaccioso di Trump e dei suoi accoliti, per capire quale sia la “minaccia inusuale e straordinaria” rappresentata dalla rivoluzione bolivariana per l’imperialismo.

Da una parte, i versi di Pablo Neruda, con i quali Rodriguez ha concluso il suo discorso, dall’altra le urla suprematiste dei continuatori del Ku Klux Klan. Da un lato, le proposte chiare e dirette, aperte al dialogo ma con rispetto, dei deputati chavisti, dall’altra un sistema in crisi conclamata, che affida i suoi piani all’aggressione aperta o a quella nascosta, ma che risulta comunque nefasto per il suo stesso popolo e per quelli che vorrebbe sottomettere.

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Published: 15 January 2021
Created: 15 December 2020
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affari italiani

Vaccino Covid, "Si rischia una reazione avversa fatale"

Monica Camozzi intervista Loretta Bolgan

Su Affaritaliani.it il parere di Loretta Bolgan, Harvard Medical School di Boston. "Alterazioni epigenetiche e infertilità"

Mentre si ascolta Loretta Bolgan parlare del vaccino, la sensazione è quella di una roulette russa. Laurea in chimica e tecnologia farmaceutiche, dottorato in scienze farmaceutiche e research fellow alla Harvard Medical School di Boston, quindi ricercatrice industriale per aziende che producono kit diagnostici e si è occupata di registrazione di farmaci, Bolgan teme, nell’ordine, “un rischio gravissimo di reazione avversa fatale; il pericolo di reazioni autoimmuni, di malattie gravi a carico del sistema nervoso; la possibilità che si verifichino alterazioni epigenetiche, ovvero capaci di modificare l’espressione dei geni. Infine, l’ipotesi che possa essere attaccato il sistema riproduttivo con lo spettro dell’infertilità”.

“Sono sempre stata per la libertà vaccinale e terapeutica, ma questa volta sono assolutamente contro l’autorizzazione del vaccino. Non è stato rispettato alcun principio di precauzione. La popolazione farà da cavia”.

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Published: 12 January 2021
Created: 08 January 2021
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la citta futura

Cento anni di Pci. Riflessioni aperte

di Roberto Fineschi

La crisi e l’ingloriosa fine del Pci sono dipese da trasformazioni storiche epocali del modo di produzione capitalistico; mancarono allora e mancano oggi risposte intellettuali e pratiche all’altezza delle sfide da affrontare. Individuare le semplificazioni teoriche su cui quella politica si basava è un primo necessario passo per cercare risposte alternative

d2c94f18bec6a858c1df8274c0123ad6 XLSe ha ancora senso continuare a dirsi comunisti, cercare di trasformare il mondo per renderlo più giusto, libero, vivibile, le ragioni di una lotta non si possono limitare alla difesa della propria sopravvivenza o a un astratto senso di umanità o al disgusto per il sopruso. A questo fine sembra che oggi sia di nuovo necessario fare il fatidico passaggio dall’utopia alla scienza, o meglio raffinare la nostra scienza. A dispetto di quanto possa pensare il senso comune, infatti, anche la scienza si muove, cambia, sia soggettivamente che oggettivamente: non solo si capisce sempre di più e in forme rinnovate, ma anche l’oggetto della conoscenza si modifica, ha una storia e con lui la nostra comprensione di esso. Anche il modo di produzione capitalistico ha una sua storicità e quindi la comprensione che ne abbiamo deve adeguarsi alle sue fasi. Questo non significa che quanto si credeva prima fosse sbagliato, ma che diventa parte di sviluppi più complessi. Il mancato adeguamento è stata, credo, una delle concause della crisi profonda del marxismo e dei partiti che a esso si ispiravano. Il Pci non ha fatto eccezione.

Che cos’era diventato il marxismo-leninismo del Pci? Procedendo in maniera estremamente schematica e inevitabilmente approssimativa, si possono forse individuare alcuni punti chiave:

1. la classe operaia come soggetto antagonista; l’idea della tendenziale polarizzazione sociale in operai contro capitalisti;

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Published: 12 January 2021
Created: 05 January 2021
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autaut

Re-istituire la soggettività. Il Basaglia che rimuoviamo

di Andrea Muni

franco basaglia 1Quale soggettività restituire? Basaglia e Foucault

Restituire la soggettività significa restituire uno spazio vuoto. Uno spazio fisico, sociale e istituzionale, dove sia finalmente possibile intessere relazioni non alienate e (pre)normate; uno spazio reale dove costruire un’esperienza di sé e degli altri appena un po’ meno progettuale e calcolabile di quella oggi forzosamente inoculata nei corpi umani dalle varie discipline “dolci” del neo-liberalismo. Ma non solo, in un senso più teorico la “soggettività” e la “restituzione” che ci interessano chiamano anche in causa lo spazio, il vuoto, prodotti dall’oscillazione di due operazioni reciproche e fondamentali:

1) Un certo qual masochismo – che Basaglia stesso menziona esplicitamente nelle Conferenze brasiliane – di cui le istituzioni e coloro che le incarnano dovrebbero imparare a riscoprire il gusto. Uno spazio di restituzione della soggettività che interessa quella che potremmo chiamare – con un’espressione a effetto – l’autodistruttività dell’istituizione.

DOMANDA: Io vorrei che lei approfondisse il problema del ruolo dello psichiatra e dello spazio che egli deve dare alla sua autodistruzione, dato che la distruzione della situazione significa rompere con la struttura borghese e con il potere che questa ha sul controllo della salute.

BASAGLIA: Il problema che lei pone mi sembra molto giusto perché il problema della distruzione del manicomio non può avvenire che attraverso gli operatori che lavorano nel campo della salute, e quindi è una situazione effettivamente un po’ masochista, autodistruttrice. […] I movimenti, i partiti e i sindacati che vogliono la trasformazione di una società non possono sopportare che il proletariato e il sottoproletariato siano trattati in questo modo nelle istituzioni dello Stato.

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Published: 12 January 2021
Created: 02 January 2021
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sebastianoisaia

La classe impossibile secondo Nietzsche – e secondo Marx

di Sebastiano Isaia

fnLa “dignità del lavoro” è uno dei più stolti
vaneggiamenti moderni. È un sogno di schiavi.
E questa necessità sfibrante della vita, che si
chiama lavoro, dovrebbe essere “dignitosa”?
(F. Nietzsche).

La dignità dell’uomo e la dignità del lavoro, sono
i miseri prodotti di una schiavitù che vuole
nascondersi a sé stessa (F. Nietzsche).

L’aforisma 206 di Aurora, il saggio pubblicato da Friedrich Nietzsche nel 1881, ha per titolo La classe impossibile. A quale classe sociale si riferisce l’autore, e perché la considera impossibile? Per avere una prima risposta non dobbiamo fare altro che leggere i suggestivi passi che seguono: «Povero, lieto e indipendente! – queste cose insieme sono possibili; povero, lieto e schiavo! – anche queste sono possibili, – e agli operai, della schiavitù della fabbrica, non saprei dire niente di meglio, posto che essi non avvertano in generale come un’infamia, il venir adoperati in tal modo, ed è quel che accade, come ingranaggi di una macchina e, per così dire, come tappabuchi dell’umana arte dell’invenzione!» (1). La classe impossibile di cui parla Nietzsche è dunque quella operaia, e, per essere ancor più precisi, si tratta della classe operaia del Vecchio Continente: «Gli operai in Europa d’ora innanzi dovrebbero dichiararsi come classe un’impossibilità umana». E come singoliindividui? Il tema non è sviluppato dall’autore e certamente non intende approfondirlo chi scrive, ma semplicemente sfiorarlo. Tra poco vedremo che la specificazione geosociale della nietzschiana “questione operaia” ha un preciso significato – e d’altra parte allora solo l’Europa vantava una forte, moderna e politicamente organizzata classe operaia.

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Published: 11 January 2021
Created: 11 January 2021
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materialismostorico

Accumulazione del capitale e crisi

“Vecchi” concetti in un nuovo schema teorico

di Andrea Pannone

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 131-155, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

5 IMG 0479 ok 501x500In un recente articolo su Jacobin Marco Palazzotto (PALAZZOTTO 2019), ha ricordato, in occasione del centenario della morte di Rosa Luxemburg, il fondamentale contributo alla critica dell’economia politica della rivoluzionaria polacca. In particolare, l’autore si sofferma sulla domanda che emerge chiaramente nel libro L’accumulazione del capitale (LUXEMBURG 1913): da dove proviene la domanda continuamente crescente che sta alla base del progressivo allargamento della produzione capitalistica nello schema di Marx (esposto nel secondo libro del capitale)? In questo scritto si prova a fornire uno schema di produzione allargata molto diverso, anche se ispirato, da quello di Marx e che integra, in modo originale, alcuni aspetti del contributo fornito da Augusto Graziani con la Teoria del Circuito Monetario (GRAZIANI 2003). Tale schema permetterà di rispondere alla questione sollevata dalla Luxemburg mostrando come un sistema ‘puramente’ capitalistico possa in effetti, sebbene solo casualmente, generare la domanda di merci prodotte in regime di accumulazione. Ad ogni modo, questa possibilità non mette assolutamente il sistema al riparo da crisi ricorrenti, allontanabili solo con una continua e crescente creazione di mezzi monetari, che però espone il sistema stesso all’innesco ricorrente di bolle speculative, a un aumento esponenziale delle diseguaglianze distributive e al rischio di ulteriori crisi. Il lavoro è articolato come segue: nel primo paragrafo verrà esemplificato lo schema di riproduzione allargata di Marx.

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Published: 11 January 2021
Created: 03 January 2021
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antiper

Sull’universalismo comunista

di Antiper

capitalist globalizationAnche se per molti versi il comunismo moderno si distingue profondamente dai vari “comunismi” precedenti è pur vero che, per altri versi, ne costituisce lo sviluppo.

Ad esempio, l’abolizione della proprietà privata è certamente un elemento distintivo e permanente di una concezione “comunista” [1]; come si potrebbe infatti pensare una società comunista che preservasse la possibilità della proprietà privata [2]? D’altra parte il modo in cui questa richiesta viene avanzata – ad esempio, “abolizione per tutti” o “abolizione solo per una parte” – cambia, e di molto, la situazione.

Quella che la proprietà privata sia uno straordinario elemento di disarmonia e di conflitto sociale costituisce una delle più geniali intuizioni filosofiche di Platone; un’intuizione geniale e precoce in quanto operata in una società ancora molto primitiva dal punto di vista della proprietà.

“Chi segue la strada in discesa si trova di fronte al compito di mostrare a uomini (antropologicamente?) interessati al denaro e al potere che la giustizia è preferibile all’ingiustizia, e che la filosofia ha una utilità politica, in quanto solo i filosofi – con alcuni accorgimenti istituzionali quali l’abolizione della famiglia e della proprietà privata – possono essere i governanti immuni da conflitto di interessi di cui la città ha bisogno” [3]

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Published: 11 January 2021
Created: 10 January 2021
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lafionda

Verso un “socialismo possibile”

di Emanuele Dell'Atti

Note a: Carlo Formenti, Il capitale vede rosso. Il Socialismo del XXI secolo e la reazione neomaccartista, Meltemi, Milano 2020

1573 319Davanti alla sede della borsa di New York, a Wall Street, vi è una grande statua di bronzo che raffigura un toro nerastro, testa bassa, sguardo feroce. Quel toro – scrive Carlo Formenti nel suo ultimo lavoro che compendia e rilancia, ridiscutendola, la laboriosa riflessione che ha svolto negli ultimi anni[1] – è la perfetta raffigurazione degli “spiriti animali” del capitalismo contemporaneo che ha infilzato “con le corna della controrivoluzione neoliberista le classi subalterne e ne ha schiacciato le capacità di resistenza” (p. 8), attraverso un’opera costante di smantellamento del welfare, precarizzazione del lavoro, privatizzazioni sistematiche, depotenziamento dei partiti della sinistra tradizionale.

Come è potuto avvenire tutto questo e in così poco tempo? Evidentemente, scrive l’autore, con il contributo del potere politico: i governi dei maggiori Paesi occidentali, infatti, hanno fatto di tutto per adattare alle esigenze del capitalismo il quadro istituzionale e legislativo, dimostrando, così, che la tesi della “fine dello Stato” è errata. Lo Stato è vivo e vegeto, ma non più come garante degli interessi generali, bensì come strumento per dissodare il terreno ai mercati, privatizzando beni e servizi, deregolamentando i flussi finanziari, riducendo le tasse ai super ricchi, tagliando sulla spesa sociale primaria e sui diritti dei lavoratori. La globalizzazione, infatti, non è stata il frutto di “leggi” economiche, ma “un disegno politico volto a distruggere i rapporti di forza del proletariato americano ed europeo attraverso l’arruolamento di sterminate masse di neo-salariati a basso costo nei Paesi in via di sviluppo” (p. 99).

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Published: 10 January 2021
Created: 08 January 2021
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economiaepolitica

Investimenti, profitti e ripresa: il problema italiano

Un’analisi di lungo periodo

di Leonello Tronti

20202130jpg 326x245La lunga fase di declino economico dell’Italia si può sintetizzare nella “legge del meno uno”: dal 1995 in poi, l’economia cresce ogni anno (in media) un punto in meno dell’insieme dell’Eurozona. In questo deludente risultato quale ruolo svolgono gli investimenti? Per rispondere a questa domanda l’articolo sottopone a un’analisi di lungo periodo (1995-2019) l’indebolimento della funzione di investimento dell’economia italiana. L’analisi empirica è anzitutto comparativa con altri paesi europei, in termini sia di crescita del volume degli investimenti, sia dell’incidenza sul Pil, sia degli effetti sulla crescita. In tutti i casi si conferma il continuo peggioramento relativo della situazione italiana. Un altro aspetto di rilievo è quello della comune tendenza prociclica alla riduzione in rapporto al valore aggiunto degli investimenti pubblici e privati, con un più forte ridimensionamento di quelli pubblici. Nel caso del settore pubblico la riduzione è legata alle politiche di austerità che, in un paese caratterizzato da una spesa corrente elevata, hanno investito in misura crescente la spesa in conto capitale. In quello del settore privato si riscontra invece la compresenza di ragioni opposte: da un lato l’indebolimento della maggioranza delle imprese ad opera delle sfide tecnologiche, di apertura dei mercati globali e della moneta unica; ma dall’altro la creazione di un ambiente interno particolarmente se non eccessivamente favorevole, non solo in termini di costo del denaro e del lavoro (diretto e indiretto), ma anche di politiche contributive e fiscali attuate da governi di varia coloritura politica. In questa situazione, nonostante le fortissime perturbazioni che attraversano il periodo, il saggio di profitto in rapporto al valore aggiunto si è fortunatamente dimostrato notevolmente stabile e resiliente.

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Published: 10 January 2021
Created: 06 January 2021
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Coordinamenta2

“Si tace a se stesse e a se stessi la verità”

di ElisabettaTeghil

vaccini 300x300Il paradiso è promesso solo per quelle che si prestano a tenere nell’inferno la stragrande maggioranza delle altre.

<Quattro passi/Note sul femminismo nella fase neoliberista del capitale>

E’ avvenuto quello che preparavano da tempo. E’ avvenuto. Il potere ha avuto o creato o sfruttato, non importa, con la così detta pandemia, la possibilità di portare a compimento la trasformazione epocale della società che l’ideologia neoliberista aveva teorizzato e pianificato. Le modalità e le logiche utilizzate nei territori coloniali, nei territori da predare, oggi vengono utilizzate nell’occidente capitalista, nei territori metropolitani e non solo. La gestione delle popolazioni occidentali da parte della nuova aristocrazia borghese transnazionale, l’iperborghesia, per mano dei governi locali complici e servi, è di occupazione militare: metodi e modalità sono quelli applicati nelle colonie. Questo due volte: la prima come presa di possesso fisica del territorio da parte di unità militari/poliziesche che si muovono come truppe di occupazione e come tali vengono percepite e subite dalla popolazione, tanto che militari e uomini in divisa si permettono violenze, prevaricazioni con larga discrezionalità e come benefit del loro lavoro, la seconda perché come le popolazioni indigene e native, i cittadini/e occidentali vengono presentati come infantili, irresponsabili, incapaci di autogestione, bisognosi di una guida. Le cittadine/i vengono convinte che sono senza storia e senza memoria e viene propagandato che l’unica strada per loro percorribile è l’assoggettamento volontario. Se questo non avviene si usa la forza.

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Published: 10 January 2021
Created: 01 January 2021
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la citta futura

Dal lavoro a cottimo allo smart working

di Ascanio Bernardeschi

Lo smart working è una forma di lavoro a cottimo che agevola lo sfruttamento. Occorre impedire che anche dopo l’epidemia venga esteso indiscriminatamente e senza il controllo dei lavoratori organizzati

79a0d6a4899b79994a919b2a20690507 XLKarl Marx, nella sezione VI del libro primo del Capitale [1], dedicata al salario, inserisce il capitolo 19 sul salario a cottimo. È interessante seguire alcuni passaggi perché certi contenuti sono riferibili non solo a questa specifica forma di retribuzione ma anche più in generale a una specifica forma del rapporto di lavoro e a una modalità lavorativa di grande attualità.

Una prima considerazione sul cottimo è che “la qualità del lavoro è qui controllata dall’opera stessa, la quale deve possedere bontà media […] Esso offre al capitalista una misura ben definita dell’intensità del lavoro” (p. 605).

Viene meno quindi la necessità di assoldare dei controllori: “siccome qui la qualità e l’intensità del lavoro sono controllate dalla forma dello stesso salario, si rende superflua buona parte della sorveglianza del lavoro. Questa forma costituisce quindi la base […] di un sistema di sfruttamento e di oppressione […] Questo sistema si chiama in Inghilterra in modo caratteristico «sweating system» (sistema del sudore)”.

Ciò nonostante il lavoratore può essere indotto suo malgrado a condividere gli obiettivi di produttività: “Dato il salario a cottimo, è naturalmente interesse personale dell’operaio impegnare la propria forza-lavoro con maggiore intensità possibile, il che facilita al capitalista un aumento del grado normale dell'intensità. Ed è allo stesso modo nell’interesse personale dell’operaio prolungare la giornata lavorativa” (pp.606-7).

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Published: 09 January 2021
Created: 09 January 2021
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sinistra

Il token del ticket

La coppia Joe Biden-Kamala Harris

di Piotr

00058F49 biden e harrisIl Congresso ha dunque certificato la vittoria di Joe Biden che il 20 di questo mese, dopo il giuramento, sarà in office assieme alla sua vice, Kamala Harris.

Il ticket Biden-Harris mi preoccupa e non poco.

Joe Biden dopo una lunghissima carriera spesa ad appoggiare ogni tipo di aggressione imperialistica americana è felicemente approdato alla senile che si sta vivendo con tratti inquietanti. Che abbia con sé una valigetta con la quale poter far scoppiare l'olocausto nucleare è pensiero agghiacciante. Per consolarmi mi ripeto che la storia della valigetta e del “comandante supremo” non sta esattamente come ce la raccontano e che se i generali non vogliono far scoppiare una guerra nucleare il capo della Casa Bianca non può farci nulla.

Kamala Harris è una donna piena di sé che non si capisce a che titolo sia stata scelta come vice presidente, a meno di rivolgersi alla categoria di “token person”, una figura tipica del politicamente corretto.

Come mi spiegò il grande economista statunitense Michael Hudson mentre stavo traducendo la sua autobiografia, un “token” è una sorta di ornamento formale nelle apparizioni pubbliche degli uomini politici negli USA e mi spiegò che “un politico ha sempre dietro si sé un token Nero o Ispanico quando parla”.

La prima funzione della Harris sembra dunque, così d'acchito, essere quella di un token non-bianco, un token non-uomo, un token, insomma, della “diversità” condensata.

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Published: 09 January 2021
Created: 06 January 2021
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marxdialectical

Controversie sull’Ideologia tedesca. Dalla filologia all’interpretazione

di Roberto Fineschi

image66753frCirca un anno fa, su “Historia Magistra”[1] ho cercato di presentare al lettore italiano lo stato filologico corrente del testo noto come Ideologia tedesca dopo la sua ri-pubblicazione nella nuova edizione storico-critica[2]. Gli editori della MEGA2, provocatoriamente, hanno dichiarato che il testo non esiste e questo ovviamente ha dato adito a discussioni e dibattiti perché nella ricezione grande peso è stato dato a questo testo come luogo di origine del “materialismo storico”. A mio modo di vedere, le dichiarazioni degli editori sono fattualmente vere, ma presentano il rischio di fuorviare la comprensione effettiva di che cosa fosse quel testo per gli stessi Marx ed Engels. Riprendo qui alcune delle conclusioni che avevo svolto nel suddetto articolo che sintetizzano il discorso. In una prima parte spiego in che senso gli editori della MEGA hanno sicuramente ragione; in una seconda cerco però di chiarire i rischi che si corrono prendendo troppo alla lettera le loro affermazioni. I fatti sono:

"1) Marx ed Engels non hanno mai scritto un libro dal titolo L’ideologia tedesca. Volevano invece dare alle stampe il primo numero di una rivista trimestrale alla quale dovevano contribuire diversi autori. L’impossibilità di pubblicarlo portò a ipotizzare la realizzazione, pure mai concretizzata, di un volume a sé che includesse solo i loro contributi.

2) A parte che [in una nota occasionale di Marx], nessuno dei due autori ha mai utilizzato “Ideologia tedesca” come titolo generale. In tutte le altre occasioni - lettere, articoli, opere, faldoni in cui il testo era conservato - tanto nel periodo giovanile che maturo non utilizzarono alcun titolo.

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Published: 09 January 2021
Created: 05 January 2021
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codicerosso

La medicalizzazione della società

di Guy Van Stratten

Medicina, bio-politica e spettacolo dal XVIII secolo all’epoca del Covid

medicalizzazioneOggi, nell’epoca del Covid, assistiamo a una medicalizzazione della società pervasiva e diffusa. Lo sguardo medico si allarga sempre di più a vasti strati della società, si intreccia in modo inestricabile con la politica e con le forme di controllo e di polizia. Lo sguardo medico, sotto il nome di “Comitato tecnico scientifico”, decide se e come i cittadini possono esercitare le proprie libertà e i propri diritti. Estendendosi in modo diffuso nei più svariati media, dai social agli organi di informazione, esso finisce per confondersi con la dimensione spettacolare che agli stessi media è sottesa. Medici e virologi popolano in modo pervasivo, ormai, i telegiornali, le discussioni, i salotti televisivi. Dominando territori in cui la politica non riesce ad arrivare, lo sguardo medico si trasforma in un vero e proprio organo di potere: per mezzo dei numeri, dei conteggi, delle statistiche enunciate quotidianamente, in forma spettacolare, su quegli stessi media, esso domina le menti e i corpi degli individui generando ora ansie e paure, ora conforto e sollievo. Il potere politico tace e lascia la parola alla medicina, la quale possiede un potere che, nella mentalità collettiva ormai digitalizzata, assume valenze taumaturgiche quasi come i “re taumaturghi” di cui ha scritto Marc Bloch, che dominavano le mentalità e i corpi degli individui. L’attuale medicalizzazione diffusa assume indubitabili connotazioni bio-politiche: essa, infatti, appare strettamente connessa a un controllo sempre più serrato e pervasivo della popolazione.

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Published: 08 January 2021
Created: 08 January 2021
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perunsocialismodelXXI

La presa di Capitol Hill

L'America non è questo. No, l'America è proprio questo

di Carlo Formenti

231419706 ee85a700 2952 41dc 841a 49a5f4b62b04Ascoltato in un talk show su La 7 dedicato all’assalto a Capitol Hill: l’ineffabile Veltroni rilancia il detto (del cui copyright non ricordo in questo momento il detentore) secondo cui l’assalto al Parlamento di Washington starebbe al populismo come la caduta del Muro di Berlino sta al comunismo, nel senso che entrambi gli eventi segnerebbero il culmine di una parabola, inaugurandone al tempo stesso l’inevitabile curva discendente. Dopo l’articolo di Aldo Cazzullo, che qualche giorno fa si è avventurato a celebrare l’inizio di una fase di “normalizzazione”, questo è un secondo esempio degli sforzi con cui le élite occidentali si impegnano a sostituire le loro speranze alla realtà.

Che il primo populismo (sia nelle varianti di destra che in quelle di sinistra) stesse esaurendo la sua spinta propulsiva era chiaro a chiunque dotato di un minimo di capacità analitica. A sinistra, movimenti come Podemos, France Insoumise, l’M5S (benché in quest’ultimo caso sinistra suoni come una parola grossa) e le ali di sinistra del Labour inglese e dei Dem americani, si sono lasciati irretire dalle sirene liberali, accogliendone l’invito a fare fronte comune contro il pericolo “fascista” (scambiare i populismi di destra con il fascismo storico è stato possibile perché la cultura delle sinistre è succube del pensiero di autori come Foucault, Deleuze e Guattari, i quali hanno de storicizzato il fascismo, derubricandolo a categoria psico-antropologica), perdendo autonomia e capacità egemonica.

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Published: 08 January 2021
Created: 07 January 2021
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carmilla

Il declino dell’impero americano

di Sandro Moiso

Rambo TrumpE’ certamente difficile scrivere nell’immediato per spiegare quanto è accaduto il 6 gennaio al centro dell’impero occidentale. Ma alcune considerazioni si possono trarre fin da ora, naturalmente cercando di andare oltre le vuote formule democraticistiche espresse dai media internazionali e nazionali e, soprattutto, andando oltre la parziale spiegazione dei fatti attribuiti ad un unico deus ex machina: il presidente ancora in carica, anche se è ormai difficile capire per quanto tempo, Donald Trump.

Certamente il piagnisteo democratico, espresso sia da Joe Biden che dai suoi colleghi stranieri, non serve a spiegare i fatti, piuttosto tende ad intorbidirli, rivendicando per gli Stati Uniti un primato nella difesa dell’ordinamento democratico che dimentica il ruolo apertamente controrivoluzionario e reazionario che la capitale dell’impero e i suoi massimi rappresentanti hanno svolto a livello internazionale e interno.

Elencare le decine di azioni militari, poliziesche e golpiste condotte dall’intelligence e dalle armi statunitensi in ogni angolo del globo e del paese sarebbe qui troppo lungo, ma almeno alcuni fatti vanno ricordati: dall’intrusione di inizio Novecento, armi alla mano, negli affari interni del Messico e del Nicaragua per impedire o stravolgere le rivoluzioni in atto alla rimozione golpista di Mohammed Mossadeq in Iran nel 1953 per impedirgli di nazionalizzare il petrolio e rinsaldare sul trono la fedele dinastia Pahlavi oppure dal rovesciamento violentissimo del governo Allende in Cile nel 1973 al colpo di Stato in Brasile del 1° aprile 1964, che instaurò una dittatura militare filo-statunitense che durò ben 21 anni, fino ai più recenti tentativi di rovesciamento del governo venezuelano, solo per fare alcuni esempi.

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Published: 07 January 2021
Created: 07 January 2021
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materialismostorico

La multimodalità del processo di astrazione in Marx nella relazione fra logica formale e dialettica

di Giancarlo Lutero*

Pubblicato su “Materialismo Storico. Rivista di filosofia, storia e scienze umane", n° 1/2020, a cura di Stefano G. Azzarà, pp. 70-130, licenza Creative Commons BY-NC-ND 4.0

unnamed87538gr«La trama nascosta è più forte di quella manifesta» Eraclito, DK I - 162

   1. Introduzione

Uno dei meriti storici della tradizione dialettica moderna è stato indiscutibilmente quello di favorire la transizione da una visione statica ad una dinamica del sapere scientifico e nel cercare di far comprendere come il progresso scientifico e sociale sia un processo travagliato, problematico, e di come esso sia intimamente connesso col pensiero filosofico. Si può sostenere che G.W.F. Hegel, ed i suoi “cattivi allievi” K. Marx, F. Engels e Lenin, siano stati tra i più autorevoli araldi di questa visione dialettica del rapporto fra conoscenza scientifica e visione critica del mondo, favorendo il superamento di quelle concezioni euristiche che interpretavano le verità scientifiche come dato immutabile ed assoluto. Sebbene si siano chiaramente manifestati i limiti a cui sono andate incontro le scienze particolari1, tuttavia, assistiamo in questo frangente al dominio sociale incontrastato dello scientismo e ad un persistente stato di separazione conflittuale e d’incomprensione fra la cultura umanisticofilosofica e quella tecnico-scientifica, nefasto esito della divisione del lavoro e dei saperi. Non si può negare il peso crescente che hanno assunto nel mondo odierno le scoperte scientifiche e le loro applicazioni tecniche: i risultati della ricerca scientifica occupano così un ruolo sempre più preminente, trasmettendo un senso di grande autorevolezza attraverso i principali mezzi di comunicazione di massa e assumendo un ruolo imprescindibile nei centri di produzione del sapere e della ricchezza.

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Published: 07 January 2021
Created: 03 January 2021
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chartasporca

Era digitale, era provinciale

di Eleonora Zeper

imageo986yu5La verità è che la verità cambia
Friedrich Nietzsche

Ho sempre deprecato il proliferare del lessico filosofico nel corso dei secoli, mi è sempre sembrato che la storia della filosofia fosse una storia di incomprensioni lessicali: sarebbe dunque onesto dichiarare, all’inizio di ogni nostro discorso, l’inaffidabilità dello strumento di cui ci serviamo.

Nell’ultimo anno molte delle parole e delle categorie che usavamo per definire la nostra realtà sociale hanno perso ogni consistenza. Ce ne sono state offerte prontamente delle altre quali distanziamento sociale, didattica a distanza, assembramento… Chiedo scusa dunque se quest’articolo procede a tentoni: a me mancano ancora le parole per descrivere tutto questo.

*

Un mio collega e amico si è dichiarato favorevole alla chiusura totale nel periodo natalizio: il problema sono gli ospedali e un “paese civile” non può far morire la gente. L’ha detto con convinzione e io, come con lui mi capita spesso, non ho saputo ribattere in alcun modo.

Qualche giorno fa un altro mio caro amico mi ha detto che non sarebbe passato a casa mia per chiacchierare delle nostre rispettive vite e stare un po’ assieme, così come avevamo concordato da qualche giorno. Mi scrive per dirmi che il giorno di Natale intende vedere i suoi genitori e che dunque, nei giorni precedenti, preferisce evitare ogni rischio di contagio e vedersi all’aperto. Ero dispiaciuta e un po’ irritata.

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Published: 07 January 2021
Created: 02 January 2021
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contropiano2

Geopolitica dell’accordo sugli investimenti tra Unione Europea e Cina

di Giacomo Marchetti

In calce un articolo di di Stuart Lau, Wendy Wu (South China Morning Post)

cina unione europea geopolitica scaledDopo sette anni di negoziati, Cina ed Unione Europea concludono un accordo sugli investimenti, a poco più di tre settimane dall’insediamento di Joe Biden alla Casa Bianca.

Uno smacco per Washington, un’ancora di salvezza per Bruxelles ed un successo per la partita geopolitica di Pechino.

Il China-UE Comprehensive Agreement on Investement (CIA) dovrà essere ratificato dal Parlamento Europeo e potrebbe essere operativo già all’inizio del prossimo anno, quando il mondo potrebbe avere superato questa prova pandemica e gli equilibri tra i maggiori attori geo-politici essere profondamente mutati rispetto a quelli di un anno fa.

È il secondo accordo che la Cina conclude – dopo il RCEP di metà novembre scorso – nel periodo della tormentata transizione politica statunitense iniziata con la conclusione del processo elettorale il 3 novembre scorso.

I colloqui per questa intesa erano iniziati nel 2013.

Un anno chiave in cui la Cina vide rallentare la sua crescita impetuosa e l’amministrazione Obama, in piena strategia di contenimento cinese attraverso il Pivot To Asia, con la cornice del TPP – l’ipotesi di accordo trans-pacifico. da cui Trump si sganciò un anno dopo la sua elezione – e l’esclusione di Pechino dall’accordo tra le sei banche centrali (USA, UE, UK, Giappone, Canada e Svizzera) di fine ottobre, sembrava in grado di determinare un piano politico che consolidasse il proprio ruolo guida.

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Published: 06 January 2021
Created: 04 January 2021
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tempofertile

Spartiacque, il 2020

di Alessandro Visalli

unnamedàèo7ti7Ci sono anni simbolici, nei quali passa la storia e che restano nella memoria come spartiacque. Possiamo annoverare tra questi il 1914, il 1917, il 1929, il 1934, il 1939, la grande tragedia del novecento, e, insieme, la grande promessa di liberazione. Dopo abbiamo il 1945, il 1968, il 1978, l’ampliarsi della promessa, la crescita, la liberazione del terzo mondo, la riduzione delle ineguaglianze in occidente, il grande ciclo di lotte operaie nella secolare continuità con quello ottocentesco. E poi le date del riflusso, il 1980, 1989-1991, 1992 (Maastricht), 1999 (Euro), 2001 (la Cina nel Wto). Le date della crisi, 2007, 2012, 2018.

Qui cade lo spartiacque, il 2020.

Come per ognuno degli anni simbolici elencati ci sarà da riflettere a lungo sugli eventi ed i loro effetti.

Non è accaduto tutto in questo anno, anzi, tutto quel che è accaduto è solo l’esito per certi versi ovvio, necessario ed atteso, di lunghe linee di crisi. Ambientali, economiche, sociali e politiche. Nel secondo decennio del nuovo secolo il mondo si trovava sempre più in una fase di caos sistemico[1] che era tenuto a fatica a freno da potenze politico-militari ormai declinanti e da sistemi d’ordine monetari costretti ad inventare sempre nuovi meccanismi per conservare la gerarchia data[2]. Dalla fine del primo decennio era ormai chiarissima la sempre maggiore fragilità del capitalismo finanziarizzato occidentale, costantemente sull’orlo del crollo, e lo stato di estrema sofferenza di quella dittatura del pensiero di economisti morti da tempo e della legittimazione degli interessi che questi servivano nella quale siamo da decenni.

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Published: 06 January 2021
Created: 02 January 2021
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contropiano2

Criptovalute e crisi del dollaro

di Redazione Contropiano

Di seguito l'articolo di Guido Salerno Aletta

criptomonete crisi dollaroIl mondo delle criptovalute è entrato nelle dinamiche economiche prima come una curiosità, poi come un mezzo per speculazioni (o fregature) eccezionali, fino a diventare una minaccia importante per le monete ufficiali, dietro cui c’è uno Stato o un insieme di Stati.

Nulla più della moneta, infatti, segnalava il potere pubblico, la forza dello Stato, la possibilità esclusiva di “creare denaro dal nulla”, al bisogno. Solo quella forza statuale, infatti, poteva assicurare che lo scambio tra merci e pezzi di carta fosse uno scambio sicuro per entrambi i contraenti.

Ma le criptomonete sono state create da soggetti privati (sono ormai circa 1.500). Fanno a meno anche della forma cartacea e assumono quella di righe di codice. Il loro stesso valore di scambio è altamente incerto, volatile, dipendendo da un “mercato” non regolato da nessun soggetto pubblico.

A complicare la situazione interviene la creazione di criptovalute di Stato che andranno ad affiancare-sostituire quelle ufficiali.

Questo articolo di Guido Salerno Aletta, che parte dalle considerazioni svolte nel “Discorso al mercato” del presidente della Consob, Paolo Savona, illumina sulle molte conseguenze relative alla digitalizzazione delle monete. A partire da quella geostrategicamente più rilevante: la destabilizzazione del dollaro, a questo punto della storia forse la principale arma dell’arsenale degli Stati Uniti.

Per arrivare a quella altrettanto importante della separazione netta tra sistemi di pagamento e sistema finanziario, ossia tra supporto indispensabile all’economia reale e speculazione mirante a “far denaro con il denaro”.

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Published: 06 January 2021
Created: 01 January 2021
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bollettinoculturale

"Il Capitale del XXI secolo di Piketty: una critica

di Bollettino Culturale

the piketty ism a childhood illness for the 21st century a37“Il capitale nel XXI secolo” è uno dei libri più importanti dell’economista francese Thomas Piketty. La maggior parte dei commenti al libro di Piketty finiscono per associarlo, in qualche modo, con l'altro Capitale, di Karl Marx, trovando commentatori che pensano che sia una continuazione o un "aggiornamento" delle proposizioni marxiane. Questa associazione è del tutto sbagliata, anche se, in alcuni momenti, è stata incoraggiata dallo stesso autore (come sembra indicare il titolo stesso). La sua accettazione presuppone la completa cancellazione della teoria sociale di Marx. La critica contenuta nei brevi commenti che seguono si muoverà intorno a questo punto per cercare di evidenziare alcuni dei principali risultati di Piketty, nonché i limiti fondamentali della teoria contenuta nel suo libro, in ciò che dice rispetto alla sua capacità di spiegare la società capitalista contemporanea.

Lo studio di Piketty sull'evoluzione della disuguaglianza patrimoniale (poiché si riferisce alla disuguaglianza dal punto di vista della proprietà dei "beni" in generale) è il più grande mai realizzato, utilizzando un enorme database. I risultati empirici di questo studio sono il principale risultato scientifico raggiunto da Piketty e dal suo team e rappresentano l'aspetto più positivo del loro lavoro.

Proprio per questo motivo, questa è stata la parte del libro che ha ricevuto le recensioni più negative dagli economisti “ortodossi” e dai portavoce dei padroni in generale, assieme alla sua proposta di “imposta sul capitale” e sulle successioni.

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  1. Leo Essen: Centri sociali contro legge del valore-lavoro. Una storia triste
  2. Michele Castaldo: In morte di Agitu Gudeta
  3. Il Pungolo Rosso: A colloquio con Marx e altri maestri sulla questione fiscale
  4. Eros Barone: “Una figura colossale”: Dante Alighieri
  5. Carlo Formenti: Crisi e pericolo giallo
  6. Fabio Vighi: Prolegomeni a un capitalismo francescano
  7. Luca Colaninno Albenzio: La lunga marcia verso la Brexit
  8. Stefano Virgilio: Trincia, Umanesimo europeo. Sigmund Freud e Thomas Mann
  9. Salvatore Bravo: Su Ivan Illich
  10. Giulio Gisondi: Libertà e socialdemocrazia. A proposito del modello svedese di fronte al Sars-Cov-2
  11. Domenico Moro: Keynesismo e Marxismo a confronto su disoccupazione e crisi
  12. Vittorio Pelligra: “La meritocrazia non è un meccanismo di liberazione, ma un’ideologia pericolosa”
  13. Francesca Romana Capone: La storia come chiave per comprendere la pandemia
  14. Leonardo Mazzei: Peggio di un complotto
  15. Carlo Formenti: Filosofia prêt à porter
  16. Mariagiovanna Scarpa: Vaccino Pfizer-BioNTech, cosa sappiamo
  17. Paolo Di Remigio: Una prospettiva filosofica sulla fine della scuola occidentale
  18. Flavio Luzi: Glosse in margine all’epidemia come politica
  19. Giorgio Agamben: Gaia e Ctonia
  20. Alessandro Visalli: Pochi appunti sul ‘femminismo della differenza’
  21. Thomas Fazi: Recovery Fund: manuale di autodifesa contro la propaganda di regime
  22. Stefano G. Azzarà: Liberalprogressismo, liberalconservatorismo e “sovranismo” nella crisi della democrazia moderna
  23. Monica Quirico, Gianfranco Ragona, Roberto Salerno: Prendere parola
  24. Claudio Gnesutta: Se il capitale si concentra
  25. Roberto Fineschi: Violenza, classi e persone nel capitalismo crepuscolare

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