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Published: 04 August 2023
Created: 01 August 2023
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operaviva

Dopo il Novecento. Verso le istituzioni del comune

Peppe Allegri intervista Toni Negri

AngelsWithDirtyFacesA chent’annos!

È impossibile in poche righe riuscire a sintetizzare l’importanza di un lavoro teorico-politco che ha attraversato tutta la seconda metà del XX secolo e i primi due decenni del nuovo millennio, facendo di Antonio Negri – oltre che un protagonista della storia italiana contemporanea ‒, uno dei pensatori più influenti nel mondo e uno dei nomi della filosofia italiana che rimarranno nel tempo. Negri è un dispositivo, una macchina del pensiero che ha attraversato le rivolte della classe operaia italiana e internazionale, senza mai arrendersi e senza acquietarsi nelle comodità delle cattedre accademiche pur avendole occupate fin dalla più giovane età. Un «cattivo» maestro, senz’altro – come solo possono essere i maestri (Socrate docet) – che ha insistito sempre su una idea del sapere come arma e pratica collettiva di liberazione, lontanissimo da qualsiasi idea di conoscenza come esercizio del potere e forma di oppressione, o come sterile esercizio accademico (c’è grande differenza?), e che proprio per questo ha conosciuto la galera e l’esilio (titolo del secondo volume della trilogia «Storia di un comunista» che racconta la sua biografia intellettuale e politica). Maestro che dalla teoria del diritto e dello Stato alla filosofia politica, dalla storia del pensiero politico all’ontologia, dall’estetica all’arte contemporanea, dalla letteratura al giornalismo culturale (Negri è anche, forse pochi lo sanno, uno straordinario critico letterario, basterebbe qui ricordare i suoi interventi su Bachtin, Dostoevskij, Barthes e Balestrini, per non citarne che alcuni), dalle fabbriche alla società globale, ha sovvertito le logiche del potere insegnando a tutti noi a leggere Machiavelli, Spinoza, Marx (ma anche Cartesio e Leopardi, passando per la nascita e la fine della modernità e le sue alternative) e a pensare e lottare collettivamente per un mondo concretamente più ricco e più libero.

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Published: 03 August 2023
Created: 31 July 2023
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iltascabile

La fine del neoliberismo?

di Cesare Alemanni

Perché la Bidenomics è in perfetta continuità con gli obiettivi statunitensi di rinsaldare il proprio potere

shutterstock 85699915 cropIl 27 aprile scorso, al Brookings Institute di Washington, è stato pronunciato uno dei discorsi più commentati di questi anni. L’oratore non era nessuno di celebre, né un Presidente, né un leader di partito, né un Papa. Il suo nome era – è – Jake Sullivan e nella vita fa “soltanto” parte dello staff dell’amministrazione Biden. Nello specifico il discorso di Sullivan presentava le linee guida della presente e futura politica economica degli Stati Uniti (da alcuni ribattezzata Bidenomics) e tra le altre spiccavano frasi come:

La visione di investimenti pubblici che aveva dato energia al progetto americano negli anni del dopoguerra – e in effetti per gran parte della nostra Storia – era svanita. Aveva lasciato il posto a una serie di idee che sostenevano il taglio delle tasse e la deregolamentazione, la privatizzazione rispetto all’azione pubblica e la liberalizzazione del commercio fine a sé stessa

E ancora:

Ora nessuno – certamente non io – sta scontando il potere dei mercati. Ma in nome di un’efficienza di mercato eccessivamente semplificata, intere catene di approvvigionamento di beni strategici, insieme alle industrie e ai posti di lavoro che li hanno realizzati, si sono spostate all’estero. E il postulato che una profonda liberalizzazione del commercio avrebbe aiutato l’America a esportare beni, non posti di lavoro e capacità, era una promessa non mantenuta

Queste parole hanno spinto numerosi commentatori, anche molto autorevoli, a definire l’intervento di Sullivan come una “pietra tombale” sul neoliberismo, la “dottrina” economica a cui si imputano i problemi di (in)giustizia sociale e ridistribuzione della crescita emersi nei paesi avanzati negli ultimi decenni.

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Published: 03 August 2023
Created: 03 August 2023
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sinistra

Pecorismo cerimoniale

di Salvatore Bravo

accademia d ungheria a roma in mostra la pittura classica ungherese 01Ci sono filosofi intramontabili, perché hanno testimoniato e vissuto la filosofia della prassi. L’appellativo di filosofo in un’epoca di “pecorismo cerimoniale” è inflazionato. Si elargiscono generosamente titoli onorifici, in modo che gli “intellettuali incoronati” possano far cadere le loro parole sulla massa come ambrosia. Si tratta di una tecnica per consentire il silenzio dei sudditi, i quali devono nutrirsi dei dogmi degli intellettuali organici al capitalismo assoluto. Si tratta di figure che reiterano con le loro parole il sistema, lo consolidano fino a rendere il “capitalismo assoluto” una divinità totemica a cui niente e nessuno può sfuggire. Il pecorismo cerimoniale (oratores nel linguaggio di Costanzo Preve) ha il compito di annichilire la prassi e la speranza. Gli oratores sono i testimoni di un’epoca astratta, quasi dei neoplatonici, in quanto rappresentano il tempo contemporaneo come aspaziale e atemporale. Tempo che non passa, pertanto resilienza e libero adattamento coercitivo sono la ricetta per integrarsi e sopportare l’insopportabile. Il fatalismo è il figlio degenere del pecorismo cerimoniale.

Costanzo Preve non fu tutto questo. Il filosofo del capitalismo assoluto e della deduzione sociale delle categorie fu un resistente in perenne esodo dalle asfissianti categorie ideologiche del nostro tempo. Dove vi è filosofia vi è il coraggio del nuovo. Il rischio è grande, i risultati non sono assicurati, ma non vi è filosofo che non abbia il coraggio etico e veritativo di intraprendere un percorso autonomo.

Il dominio marginalizza i pensatori liberi, poiché essi dimostrano che è possibile uscire dai binari del politicamente corretto nel rispetto della natura umana razionale ed etica.

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Published: 02 August 2023
Created: 31 July 2023
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ospite ingrato

Tre lezioni sulla storia

recensione di Luca Lenzini

Sergio Fontegher Bologna, Tre lezioni sulla storia (Milano, Casa della cultura, 9, 6, 13 febbraio 2022), presentazione di V. Morfino, Milano-Udine, Mimesis, 2023

Tre lezioni sulla storia Sergio Fontegher Bologna“the shop floor”: the area in a factory where the goods are made by the workers
The Oxford Learner’s Dictionary

Sembrerà bizzarro e forse fuor di luogo parlare di un libro così ricco di spunti e di contenuti come Tre lezioni sulla storia di Sergio Fontegher Bologna partendo dalla sua forma, cioè dal modo dell’esposizione e dell’organizzazione della materia trattata; ma è un aspetto, questo, che balza agli occhi del lettore e non può essere messo tra parentesi o maneggiato come secondario, in primo luogo e precisamente in relazione ai contenuti stessi, si potrebbe dire alla loro natura. L’orizzonte temporale del libro va dai primi anni ’60 all’oggi, quello culturale e interpretativo ha le sue radici nella costellazione additata in esordio in Tre croci. Un ergastolo, un suicidio, una fucilazione (pp. 24-25), cioè nella triade Gramsci (Quaderni dal carcere), Benjamin (Über den Begriff der Geschichte), Marc Bloch (Apologie pour l’histoire ou Métier d’Historien); ed è proprio dalla sua maniera di mobilitare e rinnovare questa nobilissima lignée di “resistenti” che originalità e taglio del testo traggono una singolare legittimazione e, insieme, una forza altrettanto tangibile, una spinta o choc conoscitivo quali derivano da una alterità nativa, irriducibile alle forme “istituzionali”. Tanto avvince la lettura, così, che si è tentati di impiegare, per il libro, un termine come page-turner, di solito applicato alla narrativa: c’è in queste Lezioni non solo un discorso fluido e diretto, ma un solido ancoraggio narrativo, legato al vissuto ovvero al percorso biografico ed intellettuale di chi parla, un percorso in cui le due componenti (biografia e cultura) fanno tutt’uno, inscindibilmente; di qui, anche, la totale assenza di aura accademica e di cerimoniali.

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Published: 02 August 2023
Created: 26 July 2023
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blackblog

Il tabù dell'astrazione e la sinistra: il contributo della teoria della dissociazione del valore

di Perro

Con questo testo - che costituisce la trascrizione dell'intervento tenuto a Parigi il 12-14 2023 maggio nell'ambito del convegno Crise & Critique - si cerca qui di presentare la teoria della dissociazione del valore, così come è stata proposta dalla teorica tedesca Roswitha Scholz

Scholz«Inoltre, in questo momento sto anche studiando Comte, visto che gli inglesi e i francesi stanno facendo un gran parlare di quest'uomo. Ciò che li attrae è il suo lato enciclopedico, la sua sintesi. Ma è patetico rispetto a Hegel [...]. E questa robaccia positivista è stata pubblicata nel 1832!»
(Karl Marx, lettera a Friedrich Engels del 7 luglio 1866).

Osservazioni introduttive

A seguito della visita a Parigi di Roswitha Scholz - la principale teorica tedesca della teoria della dissociazione-valore – avvenuta nel fine settimana del 12-14 maggio 2023 [*1], ci proponiamo di dare un resoconto sintetico del suo pensiero, trascrivendolo in maniera succinta, e collocandolo nel panorama intellettuale-militante francese e, più in generale, in quello dell'Europa francofona. Questo approccio inedito, ci sembra particolarmente fertile per quel che riguarda sia la teoria che la pratica della totalità concreta. Superando le aporie, Roswitha Scholz e la corrente di teoria della dissociazione del valore - che lei rappresenta - riporta sulla Terra le "teorie" in voga, relegandole, nel migliore dei casi, a quello che è il loro stadio pietosamente analitico, e per nulla filosofico, di "sociologismi"; e, nel peggiore, denunciandole assolutamente, segnalandone pertanto la loro immediata pericolosità. L'obiettivo di questo breve testo è aprire dei varchi nella doxa teorica - così come essa viene definita o inconsapevolmente messa in pratica - che finisce sempre solo per raschiare la ruggine, senza mai arrivare a indicare quali siano le catene da tagliare; oppure limitandosi a fare risplendere le fondamenta, senza però mai vederle. Saremmo quindi grati ai lettori di questo testo se volessero prendere in considerazione la misura completa della proposta, e non indignarsi e/o invocare pietà per la teoria.

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Published: 01 August 2023
Created: 30 July 2023
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giubberosse

Due guerre

di Enrico Tomaselli

photo 2023 07 18 02 09 57Guerra guerreggiata e guerra cognitiva sono due aspetti della guerra ibrida in corso, che non sempre sembrano in connessione tra loro. Ma la grande partita a scacchi che si sta giocando ridisegnerà il mondo ed i suoi equilibri di potenza. Ogni mossa falsa può contribuire a far cambiare tempi e modi dello scacco matto.

 

La percezione occidentale del conflitto

Apparentemente, sono in atto due guerre: una guerreggiata che si combatte sul campo di battaglia, l’altra cognitiva, destinata alle menti di ogni angolo del mondo. In un contesto in cui tutti i soggetti convengono sul fatto che quella in atto è a tutti gli effetti una guerra ibrida e che, quindi, queste due guerre sono in realtà solo due facce della stessa medaglia, potrà forse suonare strano leggere che esistono due guerre distinte.

È interessante notare che l’Occidente parla di guerra dell’informazione e lo fa nella convinzione che la stia vincendo (il direttore della CIA William Burns si è rivolto al Senato degli Stati Uniti dichiarando che “la Russia sta perdendo la guerra dell’informazione sull’Ucraina”). Sul versante opposto, Andrei Ilnitsky, un importante stratega consigliere del Ministero della Difesa russo, parla invece di guerra cognitiva (mental’naya voina). Ad un primo sguardo, può sembrare che dicano la stessa cosa, solo con termini diversi, ma non è esattamente così.

Burns pone infatti il focus sul come tale battaglia viene portata avanti, che è appunto – e ben lo sappiamo – un esercizio totalizzante di propaganda: censura delle fonti nemiche, criminalizzazione del dissenso, costruzione di una narrativa distorta. Dal canto suo, Ilnitsky si focalizza invece sul cosa, sull’obiettivo che si vuole conseguire, ovvero la capacità di distinguere e comprendere.

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Published: 01 August 2023
Created: 31 July 2023
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lacausadellecose

L’incubo e il sogno di una notte di mezza estate

di Michele Castaldo

John Henry Fuseli The NightmareChissà cosa pensava William Shakespeare mentre scriveva Sogno di una notte di mezza estate, di sicuro, nonostante la fase storica fosse ascendente, sarà stato meno sognatore di certi personaggi dei nostri giorni, mentre l’umanità vede e vive l’approssimarsi della catastrofe e si contorce intuendo che non c’è soluzione ad essa. Ci sbagliamo? Proviamo a ragionare.

Sul Corriere della sera, l’11 luglio, Maurizio Ferrara in Green Deal, Il clima e la posta in gioco, annota genuinamente un concetto di una donnetta che va per la maggiore in questo periodo, che da grande “sorella d’Italia” è americana che più di tanto non si può, e che dice, a proposito di allarme climatico e necessità di trasformazioni radicali: «Non possiamo smantellare la nostra economia e le nostre imprese», alla maniera Pirandelliana: «Così è (se vi pare!)».

Dal momento che la donnetta che si atteggia a grande statista, e parla prendendo dalla tasca le parole, c’è chi in modo più “responsabile” cerca di riflettere cosa comporterebbe – ammesso e non concesso che la cosa fosse possibile – una sorta di riconversione industriale generalizzata, definita de-carbonizzazione, quali rischi per i livelli occupazionali, il welfare e via dicendo.

Antonio Polito – sempre sul Corriere della sera - dedica due articoli, il 13 luglio, Per l’Europa il nuovo confine è la “questione verde” e il 19 luglio con “Apocalittici “ e “Indifferenti” L’impossibile dialogo sul clima, arrampicandosi sugli specchi suggerisce una razionalità tra il negazionismo e il catastrofismo. Insomma per la prima volta nella storia del modo di produzione capitalistico, in Occidente, e non solo, si parla di approssimarsi alla catastrofe per l’azione dell’uomo e il suo rapporto con i mezzi di produzione.

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Published: 31 July 2023
Created: 28 July 2023
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crs

In difesa dell’umano: corpo e intelligenza artificiale

di Luciano De Fiore e Roberto Finelli

corpo 2 1536x927L’essere umano accede alla rappresentazione attraverso il sentire corporeo ed emozionale, perciò la nostra è una mente incarnata. Contro i tecno-profeti dell’IA che annunziano un futuro liberato dai limiti della materialità del corpo bisogna riaffermare il fondamento biologico-animale della vita umana e la funzione ineliminabile del linguaggio. Conversazione con Roberto Finelli.

* * * *

Luciano De Fiore (LDF) – L’intelligenza artificiale generativa sembra basarsi del tutto sul nutrimento che riceve dal web: anche i computer quantici mimano l’intelligenza elaborando quantità insondabili di dati e ricavandone modelli. Così, ChatGPT è in grado di scrivere un saggio di livello passabile su quasi ogni argomento, anche in ambito medico-sanitario, come DALL-E 2 è in grado di produrre immagini alla Picasso avendo analizzato e metabolizzato qualcosa come l’intera storia dell’arte. Più le macchine si allenano, più appaiono intelligenti. Di cosa mancano perché le si possa considerare soggetti a pieno titolo, magari dotati di una psiche e moralmente imputabili?

Roberto Finelli (RF) – La differenza di fondo tra una macchina e un organismo vivente è che la prima è costituita da un assemblaggio di parti, da un insieme di pezzi che vengono collegati tra loro uno dopo l’altro, dopo essere stati concepiti e costruiti come ciascuno a sé stante, mentre un organismo vivente è un corpo profondamente unitario, fin dalla sua nascita. L’organismo umano nasce da una sola cellula, l’ovulo fecondato, che si sviluppa moltiplicandosi e differenziandosi, mantenendo come scopo primario della sua attività la riproduzione e la salvaguardia della sua unità.

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Published: 31 July 2023
Created: 24 July 2023
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giap3

L’Emilia-Romagna: da illusorio «modello» a «hotspot della crisi climatica». Quale futuro immaginare?

di Wu Ming

maltempo ciribella emilia romagna 3 1200x900 1 1024x768Pochi giorni fa si è svolto a Cesena il convegno di Energia Popolare, la «non-corrente» (sic) bonacciniana del Partito Democratico. Tra gli ospiti Romano Prodi, che ha parlato della necessità, da parte del PD, di un «radicalismo dolce». Numerosi gli articoli e i servizi tv – per non dire delle photo opportunities su Facebook e Instagram – dedicati a quest’ennesimo pseudoevento politicante, ovviamente svoltosi in una sala con l’aria condizionata.

Mentre i notabili di Bonaccini – tutti con curriculum ominosi: alfieri della cementificazione, difensori di un’economia ecocida, favorevoli ai rigassificatori e quant’altro – se la cantavano e se l’applaudivano, nel mondo si batteva ogni record di temperatura e aumentava la frequenza di fenomeni estremi e disastri. L’Europa cuoceva a fuoco rapido. Le foreste canadesi bruciavano da mesi. Il fumo faceva tossire persone a migliaia di chilometri di distanza.

In capo a poche ore, sulla stessa Romagna che ospitava il convegno si sarebbe abbattuta, di nuovo, la furia degli elementi. Ma l’aria condizionata dà sollievo, aiuta a non pensare, a continuare col tran tran anche se fuori, letteralmente, si crepa di caldo e le città sono sempre più roventi… anche a causa dei condizionatori.

 

La mente condizionata della classe dominante

Quello che chiamano «mercato» è un circolo vizioso di stupidità e brevimiranza. Il mercato ha una mente bacata: se gli chiedi la soluzione al problema dell’afa, ti venderà macchine che aggravano il fenomeno, pompando aria calda all’esterno e aumentando consumi di elettricità ed emissioni climalteranti.

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Published: 30 July 2023
Created: 27 July 2023
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laboratorio

La dialettica di globalizzazione e deglobalizzazione nello scontro tra USA e Cina

di Domenico Moro

DeglobalizzazioneRecentemente sono avvenuti dei fatti riguardo ai quali i mass media italiani non hanno dato il giusto risalto e che dimostrano, da una parte, l’estendersi del contrasto tra Usa e Cina e, dall’altra parte, l’emergere di contraddizioni interne, che investono l’Occidente, in particolare gli Usa.

Il confronto competitivo tra Usa e Cina, che è la vera cifra delle relazioni internazionali odierne insieme alla guerra in Ucraina, si estende sempre di più nel campo economico. Si tratta di una vera e propria guerra economica, che vede protagonisti i due colossi mondiali. Poco tempo addietro, gli Usa avevano bloccato le esportazioni di microchip alla Cina, che, per ritorsione, aveva bloccato l’esportazione di materie prime come il gallio e il germanio decisive per la fabbricazione di prodotti ad alta tecnologia, tra cui anche i microchip.

Ora il conflitto si estende alla rete dei cavi sottomarini che rappresentano un aspetto decisivo delle comunicazioni e quindi dell’economia mondiale. Infatti, attraverso, una rete di 1,4 milioni di chilometri di cavi poggiati sul fondo del mare passa il 96% del traffico di dati e voce.  Senza questa rete di cavi non ci sarebbe globalizzazione. Pertanto, il controllo su questi cavi è fondamentale per controllare l’economia mondiale. Dal momento che la posa di questi cavi è portata avanti soprattutto da società statunitensi, qualsiasi intromissione di società cinesi viene vista come potenzialmente pericolosa e quindi da contrastare.

Un esempio è rappresentato da SeMeWe6 un cavo da 19.200 km di fibra che entro il 2025 dovrà connettere Singapore a Marsiglia passando per l’Egitto. La commessa era stata vinta dalla ditta cinese HMN Tech, che per i suoi servizi chiedeva 475 milioni di dollari.

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Published: 30 July 2023
Created: 26 July 2023
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conness precarie

Rifiutare la guerra, scommettere sul transnazionale

Giorgio Grappi intervista Raúl Sánchez Cedillo

20230712PHT02701 original 768x512Pubblichiamo un’intervista a Raúl Sánchez Cedillo, autore del libro Questa guerra non finisce in Ucraina, che sarà prossimamente disponibile anche in traduzione italiana. Con lui abbiamo discusso dell’impatto della guerra in Ucraina sulla situazione politica complessiva e sulle possibilità dei movimenti. Il confronto prende le mosse dall’analisi proposta da Raúl nel suo libro e dell’esperienza dell’Assemblea Permanente Contro La Guerra (PAAW) organizzata dalla Piattaforma per lo Sciopero Sociale Transnazionale (TSS). Le nostre visioni evidentemente non coincidono su ogni punto. Tuttavia condividiamo l’urgenza di mettere la guerra al centro della discussione, di fronte all’evidente tentativo di gestire la socializzazione dei suoi effetti per renderla un elemento naturale e indiscutibile della nuova fase politica. Rifiutare la guerra e la sua normalizzazione sono allora punti di partenza per poter elaborare ed immaginare possibilità politiche nuove. Questo dialogo è un momento utile in questa direzione e verso il meeting transnazionale Rompere la barriera: Affrontare la Dimensione Transnazionale in programma dal 27 al 29 ottobre a Bologna (clicca qui per maggiori info e il modulo di registrazione). Riteniamo infatti che nell’intervista emerga chiaramente la necessità di riconoscere come decisiva la dimensione transnazionale, tanto come problema per le forme attuali dei movimenti, quanto come possibilità per riconquistare prospettive di lotta che possano incidere sul presente. Uno dei temi della discussione è perciò come abbandonare visioni nostalgiche per pensare un nuovo internazionalismo, una politica transnazionale costruita sulle condizioni del presente. Questo dialogo si è svolto in larga parte prima delle elezioni spagnole del 23 luglio ma affronta ampiamente l’impatto della guerra nella situazione politica in Spagna, paese dove Raúl vive, e contiene nelle conclusioni alcune valutazioni che tengono conto dei risultati del voto.

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Published: 30 July 2023
Created: 23 July 2023
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carmilla

La pillola rossa dell’alt-right

di Gioacchino Toni

ALTRIGHT SHITYou take the blue pill, the story ends, you wake up in your bed and believe whatever you want to believe. You take the red pill, you stay in wonderland, and I show you how deep the rabbit hole goes (The Matrix, 1999)

L’assenza di un modello verticistico promessa da internet e l’insofferenza nei confronti dell’establishment e delle ipocrisie di certo politically correct non si sono rivelate, di per sé, prerogativa della sinistra libertaria. Tanti cyberutopisti di sinistra hanno dovuto ricredersi: la forma (reticolare-partecipativa) offerta dal web non si è rivelata garanzia di contenuto (libertario). Nemmeno la logica della “pillola rossa” della “rivelazione” (nientemeno) in alternativa all’anestetica e tranquillizzante “pillola blu” dispensata dall’establishment si è rivelata metafora esclusiva di una sinistra che, piuttosto, in astinenza da piazze novecentesche, deve saper evitare di farsi trascinare da tale logica in un vortice di lacrimogeni complottismi maleodoranti a rischio di riflessi rossobrunastri.

Sebbene sia ormai passato molto tempo da quando, sugli sgoccioli del vecchio millennio, ha fatto la sua uscita nelle sale, The Matrix (1999) di Lana e Lilly Wachowski si rivela ancora un prodotto culturale influente soltanto che, come afferma Mattia Salvia, «è come se il senso del film originale fosse stato ribaltato»; quella che alla sua uscita poteva essere colta come «l’epica lotta di un individuo per uscire dalla gabbia omologante della società dei consumi risulta inattuale»1.

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Published: 29 July 2023
Created: 15 July 2023
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pierluigifaganfacebook

Poco di nuovo sul fronte orientale

di Pierluigi Fagan

356193180 10229029093727612 6621813324758059211 nNei primi giorni del conflitto russo-ucraino, poco meno di un anno e mezzo fa, scrivemmo il nostro punto di vista sulla questione delle intenzioni americane. Ritenevamo che il conflitto ruotasse intorno a queste poiché erano gli americani ad aver progressivamente influito sui già precari equilibri interni della disgraziata Ucraina, già a partire da Euromaidan nel 2013.

Avevano continuato con una lenta e inesorabile penetrazione costante in termini di consiglieri militari e finanziari, think tank e varie propaggini tentacolari che arrivarono a prendere il coniglio scappato dal cilindro Zelensky, a suo tempo eletto su onda populista stanca di corruzione, malaffare e continua tensione con la Russia sgradita ai più di quel Paese, quantomeno i residenti della parte centro-orientale, trasformandolo in Capitan Ucraina. Ma non c’era solo questo. C’era una più ampia strategia di pressione sul confine orientale e caucasico russo e c’erano stati diversi segnali di ritiro da trattati internazionali sui missili a medio raggio ed altro relativamente il bilanciamento atomico. Già a dicembre e poi a gennaio del ‘22, i russi richiesero perentoriamente un tavolo di confronto a Ginevra per chiarirsi su questo che rappresentava la più minacciosa rottura degli equilibri tra le due potenze atomiche planetarie dalla fine della IIWW (a cui s’era aggiunto un fallito tentativo di rivoluzione colorata in Kazakistan a gennaio), equilibrio che aveva retto anche lungo tutta la Guerra fredda. i russi non ricevettero risposta e ne trassero le conseguenze a fine febbraio.

Tutto ciò è stranoto a qualsiasi analista non sia arruolato negli effettivi della propaganda atlantista, inclusi i pochi “realisti” americani che ogni tanto ed invano vengono da qualcuno postati per mostrare ai propri contatti che c’è ancora qualcuno col barlume della ragione. Il fatto è che la politica internazionale o geopolitica (non sono la stessa cosa per quanto si occupino della stessa cosa) è un campo di studi come un altro, con le sue convenzioni, le sue scuole, i suoi metodi, la sua storia, una vasta e complicata serie di informazioni che i più non conoscono affatto.

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Published: 29 July 2023
Created: 20 July 2023
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crs

L’industria e oltre

di Alessandro Montebugnoli

Scandagliando tre settori industriali fondamentali, Vincenzo Comito nel suo ultimo libro ci offre un quadro delle linee di sviluppo e di competizione globali, stimolandoci a guardare la materialità del presente per pensare con radicalità al futuro

comitoLa recente pubblicazione dell’ultimo libro di Vincenzo Comito – Come cambia l’industria. I chip, l’auto, la carne, Futura Editrice, 20031 – offre una nuova, preziosa occasione per provare a riflettere sui dati immediati della realtà economica con la dovuta larghezza di riferimenti. Per un verso, siamo di fronte a una serie di percorsi affatto interni agli ambiti che l’opera prende in considerazione, e senza dubbio, a questo suo carattere, si connette un peculiare e cospicuo motivo di interesse. Si tratta di ricostruzioni puntuali, vivaci, ricche di particolari: a leggerle, si ha la precisa e grata sensazione di imparare una grande quantità di cose. Ma nulla, al tempo stesso, vieta di accedere a un secondo piano di lettura, sul quale gli itinerari interni, proprio perché seguiti fino in fondo, si aprono a considerazioni di diverso genere – mettono capo a esiti alla cui altezza il ‘discorso dell’industria’, per così dire, non basta più a se stesso.

Delle tre, la parte del libro nella quale la possibilità di questa duplice lettura risulta più evidente è quella dedicata al settore automobilistico, soprattutto i paragrafi che descrivono l’avvento dei veicoli elettrici. E in omaggio al principio ‘meglio meno ma meglio’, a essa è riservato il grosso di questa nota di commento. D’altra parte, la conclusione alla quale arriveremo è abbastanza generale da poter essere riferita anche agli due settori citati nel titolo, dei quali, magari, avremo modo di occuparci in prossimi interventi.

Innanzi tutto, nel limite che ho detto, vale senz’altro la pena provare a restituire qualcosa del panorama che, pagina dopo pagina, si viene a formare sotto i nostri occhi.

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Published: 29 July 2023
Created: 19 July 2023
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doppiozero

Bouvard e Pécuchet

di Andrea Giardina

Calvino diceva che i classici sono quei libri di cui di solito si sente dire "sto rileggendo..." e mai "sto leggendo...". Abbiamo chiesto ai nostri collaboratori quali classici stanno rileggendo ora

8qs7eqnm7h0qdqoo6a6c5l7k95“La stupidità consiste nel voler concludere. Siamo un filo e vogliamo conoscere la trama”. Flaubert lo scrive in una lettera, condensando la direzione – già la parola senso equivarrebbe a fraintenderlo – che prende Bouvard e Pécuchet, il più ardito dei suoi progetti, il meno romanzo dei suoi romanzi. Leggerlo o rileggerlo oggi (ma quante riletture sarebbero necessarie per afferrarne intenti, retropensieri, obiettivi polemici?) significa fare i conti con un’intera maniera di stare al mondo. Che se da un lato è ancora la nostra, dall’altro, in termini più stretti, è quella degli uomini di due secoli fa – metà del XIX secolo – nel mondo occidentale. Uomini di città e di provincia, uomini della borghesia e del popolo, accomunati dall’incrollabile convinzione di stare – in qualche modo, anche quando si è ai margini – ben saldi dentro al proprio tempo, padroni di sé, con il proprio gruzzolo più o meno consistente di nozioni, con la propria visione delle cose, con la propria soluzione ai problemi del presente e del futuro, con la propria personalissima ma in realtà condivisissima idea del passato, con la propria formidabile certezza che le cose vanno concluse, che bisogna arrivare al punto, che è indispensabile dare forma definitiva al nostro essere qui, tutti convinti di conoscere la trama, pochi con l’umbratile paura di essere solo un filo. È contro questo immenso cumulo di parole, pensieri, oggetti, è contro questo soffocante kitsch della vita, manifestazione e causa del male supremo e onnivoro, la bêtise, che Flaubert parte all’assalto. Accogliere tutto per fare a pezzi tutto. Percorrere ogni abitudine per evidenziarne il non senso.

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Published: 28 July 2023
Created: 02 July 2023
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acropolis

La Great Recession e la teoria delle crisi di Marx

di Andrew Kliman

Da Countdown vol. V/VI Studi sulla crisi, ed. Asterios

decontrol uwe fuhrmann phenomenal world jain family institute1. Introduzione

Perché si è verificata la Great Recession? Che cosa potrebbe, al limite, prevenire in futuro lo scoppio delle gravi crisi economiche del capitalismo?

La risposta alla prima domanda è semplice e piuttosto prosaica e sottolinea le diverse carenze di lungo periodo che hanno portato la crisi finanziaria del 2007-2008 ad innescare una profonda recessione nell’economia “reale” e ad un rallentamento prolungato una volta terminata ufficialmente la Great Recession.

Il saggio di profitto delle corporation statunitensi ha registrato una tendenza al ribasso per quasi tutto il periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale. Il declino persistente della profittabilità ha portato ad un calo persistente del tasso di accumulazione del capitale (tasso di crescita degli investimenti nella produzione).

Ciò non deve sorprenderci; la creazione di profitto è ciò che rende possibile l’investimento produttivo di quest’ultimo e l’incentivo ad investire viene ridotto se la profittabilità diminuisce e le imprese non prevedono un futuro più roseo. Il declino del tasso di accumulazione ha portato, a sua volta, ad un calo del tasso di crescita della produzione e del reddito, ed il rallentamento della crescita è stato la causa fondamentale dell’aumento dell’onere del debito pubblico e privato (vale a dire, il debito come percentuale del reddito).

Un’altra causa importante della Great Recession è dovuta al fatto che il governo degli Stati Uniti e la Federal Reserve hanno tentato ripetutamente di gestire o invertire la caduta della profittabilità, degli investimenti e della crescita attraverso politiche fiscali e monetarie di stimolo che hanno avuto successo a breve termine ma che hanno esacerbato il problema del debito facendone aumentare l’accumulo.

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Published: 28 July 2023
Created: 28 July 2023
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sinistra

La militarizzazione delle scuole, la cultura della difesa e la forma della guerra

di Serena Tusini*

Militarizzazione delle scuoleL'Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole sta registrando un crescendo impressionante di segnalazioni da ogni parte d’Italia: le occasioni di contatto tra student* e militari si moltiplicano e si dispiegano in attività diversificate adattandosi ai diversi ordini di scuola (non manca la scuola dell’infanzia, affiancata da primaria e secondaria di primo e secondo grado).

Questo tipo di interventi non rappresenta una completa novità, ma è innegabile che negli ultimissimi anni il fenomeno sia in netto aumento; la Difesa da tempo sta investendo molto, anche economicamente, nel rapporto con la società civile tutta e il Ministro Crosetto ha recentemente rilanciato con l’istituzione del “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa”. 1

A cosa è dovuto questo imponente investimento da parte dello Stato? In che contesto si colloca e cosa si prefigge?

Sarebbe profondamente sbagliato ascrivere tale implementazione all’avvento del governo Meloni: benché la conquista del governo permetta alla cultura guerrafondaia delle destre di intervenire nel dibattito pubblico con maggiore tracotanza, il fenomeno inizia precedentemente ed è assolutamente bipartisan. La “cultura della difesa” infatti non è un artificio della politica politicante, ma è un’esigenza strutturale che ha le sue radici nell’attuale fase del capitalismo e nello scontro tra imperialismi oggi in atto.

Per rispondere infatti alle domande sopra formulate, occorre focalizzarsi sul cambiamento che ha interessato la forma guerra dalla caduta del muro di Berlino, tenendo presente che essa è sempre espressione dei rapporti sociali e permea di sé la relazione che le classi dominati stabiliscono con i subalterni sia a livello nazionale che sovranazionale.

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Published: 27 July 2023
Created: 23 July 2023
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giubberosse

Di qua e di là del fronte

di Enrico Tomaselli

photo 2023 07 17 12 08 27bisMentre sulla linea di combattimento emergono, in tutta la loro evidenza, i limiti tattici e strategici della NATO, preludio ad una sconfitta che è già nei fatti, ed a cui manca solo la sanzione formale e finale, all’interno della Federazione Russa si gioca un’altra partita, non meno importante, soprattutto per gli europei; ed a cui proprio gli europei dovrebbero prestare attenzione, giacché da lì dipende il futuro del vecchio continente nei decenni a venire.

* * * *

Sulla linea di combattimento

Come era facilmente prevedibile – ed infatti previsto – il tentativo di passare ad una postura offensiva da parte delle forze armate ucraine, cercando di replicare i successi della scorsa estate, non solo non ha dato i risultati sperati, ma si è trasformato in un vertiginoso incremento delle perdite.

Se infatti l’offensiva dell’estate 2022 consentì a Kiev di riprendere Kharkiv (approfittando del fatto che i russi avessero lasciato quel settore quasi sguarnito) e la parte di Kherson sulla riva destra del Dniepr (da cui però i russi decisero di ritirarsi senza neanche combattere, per una scelta strategica del Generale Surovikin), stavolta per l’esercito ucraino si è trattato di andare all’attacco di forze considerevoli, ben fortificate e largamente superiori in alcuni ambiti fondamentali: artiglieria, aviazione d’attacco, guerra elettronica.

Il risultato di sei settimane di controffensiva è semplicemente devastante per Kiev, tanto che ormai in occidente si comincia (sia pur malvolentieri) ad archiviare questa storia e tutte le aspettative ad essa connesse. Dopo il sanguinoso tritacarne dell’ostinata resistenza a Bakhmut, contro ogni logica militare, il salasso di sangue pagato in queste ultime settimane rende le cose davvero complicate per il governo di Kiev.

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Published: 27 July 2023
Created: 18 July 2023
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paroleecose2

Torniamo a parlare di lavoro. Facciamolo collettivamente

di Gianluca De Angelis

grandidimissioniCon Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita (Einaudi, 2023), Francesca Coin dà voce a un dibattito di cui in Italia c’è un tremendo bisogno e lo fa in modo intelligente e comprensibile, senza lasciarsi naufragare dalla riflessione teorica o statistica da cui parte e centrando nel vivo la questione: arrivat3 a questo punto, perché lavoriamo?

È un libro per tutt3, che parla a chi un lavoro lo cerca, perché sappia cosa attendersi, a chi ce l’ha, perché possa trarne di meglio, e a chi sta pensando di lasciarlo, perché possa sentirsi meno sol3. È un libro che parla soprattutto attraverso le voci di chi il lavoro l’ha mollato, questo ne fa un volume a tratti duro da leggere. Le dimissioni sono infatti liberatorie, arrivano dopo le sofferenze, le discriminazioni, l’impotenza. Sono l’atto finale di una storia di costrizioni, che danno potere a chi se ne va togliendone al padrone, che spesso nemmeno lo sarebbe davvero – padrone, ma che ugualmente “gioca a fare dio” con l3 dipendenti.

Le storie prendono forma nei contesti lavorativi più esposti alla fuga de3 dipendenti in Italia: la sanità, la ristorazione, la grande distribuzione. Spesso sono storie di lavoratrici. Perché è quello di genere il terreno sul quale le contraddizioni del lavoro in Italia si manifestano più acutamente: l’induzione all’amore incondizionato che è ancora oggi la base dell’educazione delle fanciulle[1] si riorienta verso il posto di lavoro, dove, come nelle case, soffoca ogni barlume di emancipazione. Il lavoro femminile vale meno di quello maschile. Non si tratta solo di gap salariale, ma anche dello spazio che il lavoro può rivestire nella vita di una lavoratrice quando è anche madre e figlia.

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Published: 26 July 2023
Created: 23 July 2023
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ilpungolorosso

“Dobbiamo radicalizzarci”

La Izquierda Diario intervista Ricardo Antunes

Riprendiamo da La Izquierda Diario un’interessante, molto lucida intervista di Ricardo Antunes, in cui Antunes non si limita a trattare con la nota competenza i temi dello sfruttamento del lavoro salariato e a ribadire la critica senza appello delle teorie della “società post-industriale”, del “capitalismo digitale” o del “capitalismo della conoscenza”, ma esprime con nettezza l’impossibilità di riformare il capitalismo e la necessità urgente (oggi l’alternativa è “il socialismo o la fine dell’umanità”) di formulare una prospettiva rivoluzionaria radicalizzando il proprio pensiero al modo dei rivoluzionari russi del 1917. Ecco perché abbiamo modificato il titolo dell’intervista che ci sembra troppo limitativo ridurre al tema, pur assai rilevante, della riduzione drastica dell’orario di lavoro privilegiato dai redattori del blog argentino. (Red.)

ricardo antunesAbbiamo intervistato Ricardo Antunes, professore di Sociologia del lavoro presso l’Istituto di Filosofia e Scienze Umane dell’Università Statale di Campinas, Brasile. Autore di diversi libri, tra cui I sensi del lavoro, Trabajo y Capitalismo, Addio al lavoro?; ha curato anche la pubblicazione di Riqueza e miséria do trabalho no Brasil, Vol. I, II e III (Boitempo). Coordina le Collezioni Mundo do trabalho (Boitempo) e Trabalho e emancipação (Ed. Expressão Popular). Collabora a riviste accademiche nel suo paese e all’estero, ed è membro del comitato consultivo della rivista Herramienta.

In questa intervista facciamo un quadro della situazione attuale della classe operaia di fronte alle vecchie e nuove teorie del post-capitalismo, della società post-industriale e della “fine del lavoro”. Analizziamo la crescita esponenziale della precarietà, di pari passo con l’esternalizzazione imposta dal neoliberismo, la cui versione più moderna si può vedere nel cosiddetto “capitalismo delle piattaforme”. Di fronte a questa situazione, Antunes offre la sua visione della lotta per la diversa distribuzione del tempo di lavoro in chiave anti-capitalista e si esprime su quale progetto e quale strategia dovrebbe avere una sinistra autenticamente rivoluzionaria a fronte di sinistre considerate progressiste che salgono al potere con un discorso di cambiamento per poi finire ad essere semplici amministratrici del capitalismo attraverso l’apparato statale.

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Published: 26 July 2023
Created: 22 July 2023
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conflitti e strategie 2

Guerra e scienza politica

di G. P.

43f08805db943b3147e9589c26d29ea5 860x280L’informazione pubblica sulla guerra continua a essere ridicola, in Italia più che altrove. Lo schema antinomico, teso a polarizzare estremisticamente le posizioni, eliminando qualsiasi gradazione intermedia, non è politico ma teologico. Il guaio è che sono i sedicenti esperti e professori ad avvallare questa deriva religiosa. Se prima c’era un aggredito e un aggressore, ora ci sono solo i buoni contro i cattivi, i santi contro i diavoli, la lotta del bene contro il male. In questa battaglia della stupidità la scienza politica va a farsi fottere eppure il suo sguardo non umorale è l’unico a consentirci una minima comprensione dei fenomeni. Dobbiamo tornare alla semplificazione degli argomenti che non è la banalizzazione di cui è infarcito il dibattito dicotomico mediatico ed editoriale.

Se restiamo ai duri fatti sappiamo che gli Ucraini, sostenuti dagli occidentali, stavano per invadere il Donbass ormai indipendente dal 2014. Non ci importa in questo caso di sapere altro, anche rispetto al conflitto che va avanti da dieci anni. I russi dovevano scegliere tra farsi aggredire o prevenire l’invasione. Hanno fatto quello che dovevano perché è sempre meglio anticipare le mosse dell’avversario, in politica come in guerra.

Scrive Botero che:

“Nobilissimo modo di tener l’inimico lontano da casa nostra e di assicurarci dagli assalti suoi si è il prevenirlo, portandogli la guerra in casa, perché chi vede in pericolo le cose sue, lascia facilmente quiete l’altrui. E questo modo tennero i Romani in tutte le loro imprese d’importanza, eccetto che nella guerra contra i Galli e nella seconda guerra punica, le quali però non poterono mai finire, sino a tanto che non trasportarono l’armi oltre il mare et oltre le Alpi. Et Annibale, consigliando Antioco circa il maneggio della guerra contra Romani, disse sempre, che non si farebbe cosa che stesse bene, se non s’assaltavano i Romani in Italia.

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Published: 26 July 2023
Created: 30 June 2023
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materialismostorico

Nietzsche nel laboratorio teorico di Domenico Losurdo. Una proposta di rilettura

di Francesco Fistetti (Università di Bari)

dise1. La critica della modernità coloniale: Domenico Losurdo e i postcolonialisti

È ormai universalmente riconosciuto che uno dei filoni di ricerca che Domenico Losurdo ha fino alla fine coltivato è quello della questione coloniale. Al punto che essa, a suo avviso, può essere considerata il centro focale della Grande Divisione tra marxismo orientale e marxismo occidentale (come Mimmo mostra nel suo ultimo importante libro pubblicato in vita nel 20171). Altrove ho avuto modo di argomentare che la questione coloniale oltrepassa la dicotomia marxismo orientale/marxismo occidentale, dal momento che diviene una griglia epistemologica del tutto inedita attraverso la quale è possibile rileggere l’intera storia della moderna cultura occidentale e, per questa via, cogliere i limiti del marxismo come paradigma scientifico e come guida per l’agire politico. Su questo terreno la convergenza di Losurdo con gli studi postcoloniali e subalternisti è un dato innegabile, anche se finora del tutto sottovalutato e sottaciuto: il terreno comune è la centralità della questione coloniale come ermeneutica della modernità e chiave privilegiata di ricostruzione della sua storia. Per l’uno e gli altri la modernità occidentale non può essere adeguatamente esplorata se non si tiene conto di ciò che il colonialismo e l’imperialismo hanno significato sia per l’affermazione del modo di produzione capitalistico nelle metropoli europee, sia per l’edificazione degli Stati nazionali. Una lettura incrociata di Controstoria del liberalismo (2005), e dei testi più significativi dei postcolonialisti, a cominciare dal testo seminale di E. Said, Orientalismo (1978), fino ad autori come Homi Bhabha, Gayatri Ch. Spivak, Achille Mbembe o a quell’area pluridisciplinare che include molti autori dell’America latina come Enrique Dussel, Anibal Quijano, Walter Mignolo, Boaventura De Sousa Santos, una lettura incrociata, dicevo, evidenzierebbe un’aria di famiglia attorno al ruolo cruciale che la questione coloniale ha giocato nella formazione della coscienza moderna.

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Published: 25 July 2023
Created: 20 July 2023
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sollevazione2

Costanzo Preve: a dieci anni dalla scomparsa

di Federico Roberti*

Costanzo PreveChi nega la natura umana, e lo fa da “sinistra” convinto che si tratti di un concetto conservatore e reazionario (confondendo così l’uso ideologico del concetto, con la sua pertinenza filosofica e ontologica), non capisce purtroppo che proprio il carattere generico della natura umana stessa è il principale fattore di impedimento alla stabilizzazione di una dittatura manipolatrice, non importa se ispirata al materialismo dialettico di Stalin o al fondamentalismo sionista-protestante di Bush. Se l’uomo non fosse un ente naturale generico, in cui la creatività e la reazione all’oppressione sono elementi non solo storici ma radicati nella più intima struttura antropologica, non scommetterei neppure dieci euro sulle possibilità dei movimenti di resistenza.

Costanzo Preve [1]

In Italia la classe dirigente è sottomessa ai poteri forti. E prospera servendoli, fingendo di governare e amministrare la cosa pubblica autonomamente. Forte del fatto che il popolo non ha neppure il coraggio di ammettere chi è che comanda davvero. Va vista come una nobiltà, che è fedele al re, eseguendone gli ordini; è solo divisa in due fazioni che si scontrano per la supremazia a corte:“destra” e “sinistra”, questa includendo anche buona parte della magistratura.

Si scontrano due concezioni dell’essere subalterni e venduti a danno dei cittadini. I “baroni”, la destra, vogliono fare i feudatari, in modo che come vassalli possano avere una certa autonomia sui loro feudi, e taglieggiare il popolo anche per loro vantaggio, oltre che per conto del re. I “mandarini”, la sinistra e i magistrati, vogliono eseguire i voleri predatori dei poteri forti come “saggi” funzionari e ottenere con questo di campare riveriti e forti, senza sporcarsi troppo le mani con ruberie personali.

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Published: 25 July 2023
Created: 18 July 2023
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acropolis

La vera storia della guerra in Ucraina

di Jeffrey D. Sachs

Una dettagliata cronologia degli eventi e un caso per la diplomazia

Schermata del 2023 07 25 18 15 33I leader ucraini hanno accettato l’inganno degli Stati Uniti per ragioni difficili da comprendere. Forse credono negli Stati Uniti, o hanno paura degli Stati Uniti, o temono i loro stessi estremisti, o semplicemente sono estremisti, pronti a sacrificare centinaia di migliaia di ucraini a morte o feriti nell’ingenua convinzione che l’Ucraina possa sconfiggere una superpotenza nucleare che pensa la guerra come una faccenda esistenziale. O forse alcuni dei leader ucraini stanno facendo fortuna scremando le decine di miliardi di dollari di aiuti e armi occidentali.

Il popolo americano ha urgente bisogno di conoscere la vera storia della guerra in Ucraina e le sue attuali prospettive. Sfortunatamente, i media mainstream — The New York Times, Wall Street Journal, Washington Post, MSNBC e CNN — sono diventati semplici portavoce del governo, ripetendo le bugie del presidente degli Stati Uniti Joe Biden e nascondendo la storia al pubblico.

Biden sta nuovamente denigrando il presidente russo Vladimir Putin, questa volta Biden accusando Putin di una “vile sete di terra e potere”, dopo aver dichiarato l’anno scorso che “Per l’amor di Dio, quell’uomo [Putin] non può rimanere al potere”. Eppure Biden è colui che sta intrappolando l’Ucraina in una guerra senza fine continuando a spingere l’allargamento della NATO all’Ucraina. Ha paura di dire la verità al popolo americano e ucraino, rifiutando la diplomazia e optando invece per la guerra perpetua.

L’espansione della NATO all’Ucraina, che Biden ha promosso a lungo, è una mossa degli Stati Uniti che è fallita. I neoconservatori, incluso Biden, hanno pensato dalla fine degli anni ’90 in poi che gli Stati Uniti potessero espandere la NATO all’Ucraina (e alla Georgia) nonostante l’opposizione rumorosa e di lunga data della Russia.

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Published: 25 July 2023
Created: 09 July 2023
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lavoroesalute

Giovani challenge

di Alba Vastano

cellulare follaUna Lamborghini sfreccia ad alta velocità mangiando la strada di CasalPalocco, frazione del X municipio della Capitale. Nella lussuosa e luccicante fuoriserie, presa a noleggio, ci sono dei giovanissimi youtuber. Sono conosciuti su Tik Tox come i The borderline, appellativo che si confà allo stile di vita intrapreso dalla giovanissima gang. Stavano portando avanti da ore una ‘challenge’, che si sarebbe dovuta concludere al termine delle 50 ore, tempo stabilito di permanenza nel bolide azzurro. Era il loro obiettivo per completare la challenge. Ben 50 ore senza mai scendere dal Suv. In diretta Tik tok, per la gioia delle migliaia di followers, attratti dalle sfide dei loro beniamini fuori di testa.

Quel 14 giugno la Lamborghini, gasata al massimo dall’euforia dei viaggiatori, caracolla con un impatto forte, troppo forte, su un’utilitaria, che, malauguratamente, intreccia il percorso del bolide. La challenge si trasforma in tragedia. La vittima è un bambino di appena 5 anni. Vittima della stupidità e della follia. I borderline, di nome e di fatto, perdono quota, soldi, credibilità fra i loro followers. Per loro finisce il tempo dell’immortalità, quel tempo di follie, di sfide estreme che li induce a prendersi gioco della vita propria, ma anche di quella degli altri.

 

Palermo, gennaio 2021

Una bimba di 10 anni viene ricoverata in condizioni critiche in rianimazione all’ospedale “G. Di Cristina” di Palermo. La bambina è arrivata in ospedale, accompagnata dai genitori, in arresto cardiocircolatorio dovuto a un’asfissia prolungata. Secondo una prima ricostruzione, per partecipare a una sfida social estrema, la “Black out challenge”, si era legata una cintura alla gola. La piccola non ce l’ha fatta. Espianto degli organi disposto dalla famiglia.

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  1. Alastair Crooke: Il falò delle vanità
  2. Fabio Ciabatti: Siamo marxisti, oltre il produttivismo c’è di più
  3. Fabrizio Verde: L'UE non riesce a sganciare l'America Latina dalla Russia per portarla nella sua orbita
  4. Damiano Palano: L’ideologia nelle bolle
  5. Redazione: ChatGPT e model collapse. AI che si addestrano su dati generati da AI
  6. Vincenzo Di Mino: Ritorno al futuro (anteriore)
  7. Paolo Tedesco: Alle origini del capitalismo
  8. Alfonso Gianni: Vincere la pace
  9. Gaetano Colonna: Guerra in Europa e “ordine internazionale” NATO
  10. Andrea Fumagalli e Roberto Romano: DIARIO DELLA CRISI | Sulla presunta crescita dell’economia italiana. Guardare la luna o il dito?
  11. Roberto Paura: Filosofie della simulazione: le “più realtà” di Chalmers
  12. Gianandrea Gaiani: Zelensky alle corde ed Europa umiliata: a Vilnius trionfano Erdogan e Biden
  13. Alastair Crooke: Due città, due insurrezioni e la profezia di List che si realizza
  14. Clare Daly: Un anatema per il femminismo
  15. Fosco Giannini: L’insostenibile pesantezza del non essere
  16. M. R.: Cronache marsigliesi /8: la guerra civile in Francia. Un tentativo di bilancio
  17. Alessia Franco: La democrazia dei signori
  18. Francesco Cappello: La diplomazia russo-cinese riporta la Pace laddove gli USA avevano seminato la guerra
  19. Sergio Farris: Come spiegare la guerra in Ucraina?
  20. Giorgio Gattei: “Ur dei Caldei” e il prestito del Tempio. Cronache marXZiane n. 12
  21. Enrico Tomaselli: Una lunga estate calda
  22. Roberto Romano: Capitale e lavoro: un conflitto di struttura
  23. Raffaele Guarino: Ecosistemi cognitivi
  24. Alessandro Barile: «Non più parole ma piogge di piombo». Il labirinto degli anni Settanta in libreria
  25. Tomasz Konicz: Fed e BCE nel vicolo cieco della politica monetaria

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