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Published: 30 June 2023
Created: 27 June 2023
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perunsocialismodelXXI

Strade senza uscita

Note a margine di tre saggi sulla civiltà tardo-capitalistica

di Carlo Formenti

41WzO5 x2iLIntervengo, senza pretese di esaustività, su tre lavori di altrettanti amici che ho avuto modo di leggere di recente. I temi affrontati dagli autori non sono immediatamente riconducibili gli uni agli altri: Onofrio Romano (Go Waste. Depensamento e decrescita, ORTHOTES, Napoli-Salerno 2023) critica i limiti delle teorie della decrescita e individua nel concetto battagliano di dépense una più efficace alternativa al feticismo della crescita; Lelio Demichelis (La società fabbrica. Digitalizzazione delle masse e human engineering, LUISS, Roma 2023) rilancia la tesi secondo cui il mondo contemporaneo sarebbe completamente sovradeterminato dalla tecnica; infine Roberto Finelli (Filosofia e tecnologia. Una via di uscita dalla mente digitale, Rosenberg & Sellier, Torino 2022) individua nella radicalizzazione dell'umanesimo la possibilità di attribuire un segno positivo alla rivoluzione digitale. Discorsi paralleli più che convergenti, nei quali chi scrive ha però ritenuto di riconoscere alcuni tratti comuni che, come cercherò qui di dimostrare, indirizzano i tre autori su strade senza uscita che non offrono strumenti atti a scalfire le fondamenta della civiltà tardocapitalista.

 

1. Onofrio Romano. Cercando un'alternativa nel pensiero di Bataille

La critica del concetto di decrescita che troviamo nel testo di Onofrio Romano viene dall'interno dello stesso paradigma decrescitista (Romano è stato allievo di Serge Latouche, nonché parte attiva del dibattito interno all'area di pensiero inaugurata da questo autore).

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Published: 30 June 2023
Created: 26 June 2023
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sollevazione2

O sarai ribelle o non sarai!

Francesco Centineo intervista Antonello Cresti

musica crestiD. Antonello allora è uscito il tuo ultimo lavoro IL BELLO LA MUSICA E IL POTERE in collaborazione con il coautore Michelangelo Giordi, però partirei da un punto: c’è un filo conduttore in tutti i tuoi lavori. Tu sostieni che si è smarrito il senso del bello. A mio avviso c’è un genere musicale che incarna questa assenza, questo vuoto. Questo genere è a mio avviso la Trap. Sbaglio?

R. No non sbagli, non sbagli assolutamente. Diciamo che il filo conduttore di questi ultimi tre saggi, è il tentativo di spostare la riflessione sulla Musica da un piano divulgativo ad un piano sociologico, usando la Musica – ovvero una forma d’arte – come cartina da tornasole per indagare sui tempi che corrono, sulla società in cui viviamo e quali sono i processi in atto nella società nell’ambito della veicolazione valoriale, propaganda ed educazione ed il ruolo svolto dalla Musica che è fondamentale. Rispetto alla Trap nel mio libro precedente LA MUSICA E I SUOI NEMICI dedico appunto un capitolo alla Trap che definisco una sorta di avanguardia del pensiero unico.

I Trapper sono dei figuri che si prestano a fare il lavoro sporco rispetto a quella che è la volontà dei centri di potere. La trap si spinge a proporre quei modelli a cui, in realtà, la politica tende, ma che non può sdoganare pienamente per non scandalizzare una fetta dell’opinione pubblica. Per fare un esempio il mito assoluto del carrierismo e del consumismo più feroce e spietato con elementi di pubblicità occulta o manifesta infilata nei brani musicali. Sessualità tossica – alla faccia dei discorsi sull’inclusività – con un uso del corpo come oggetto di mercificazione, di resa monetaria dell’esistenza stessa, un materialismo imperante. Un avvelenamento dei pozzi rivolto ai giovani e giovanissimi.

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Published: 30 June 2023
Created: 24 June 2023
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altraparola

Potenza e impotenza della distopia: due o tre cose su Squid Game

di Alessandro Simoncini

Schermata 2023 06 27 alle 17.54.251. Nella loro introduzione a Squid Game. Società, cultura, rappresentazioni, Simona Castellano e Marco Teti compiono due operazioni meritorie[1]. La prima è quella di sottrarsi, ma solo in prima battuta, al genere del commento. Invece che chiosare i contenuti della famosa serie coreana, citando i lavori di Troy Stangarone, Castellano e Teti ricordano infatti opportunamente la natura di merce cultural-spettacolare di Squid Game sottolineandone il posto di rilievo nel nuovo modo di produzione culturale. I due autori sottolineano infatti che la serie è «l’esempio di massimo successo della strategia» con cui Netflix è riuscita a catturare un pubblico globale investendo in produzioni legate a un ambito locale (facendo leva nel caso specifico sull’effetto nostalgia prodotto dal richiamo ai giochi dell’infanzia)[2]. Specificando che, insieme ad altre produzioni autoctone finanziate da Netflix, nella Corea del Sud Squid Game ha permesso «un notevole incremento del numero di abbonati quantificabile percentualmente in oltre il 120%,», i due autori sostengono che l’obiettivo di Netflix è contemporaneamente quello di «costruire il proprio servizio di sottoscrizione [di un abbonamento mensile] nei [singoli] mercati nazionali stranieri» e quello di usare i contenuti locali attrattivi «per accrescere la richiesta del suo servizio nei mercati di tutto il mondo»[3]. Il secondo merito dell’introduzione di Castellano e Teti è quello di rilanciare un quesito con cui Steven Aoun ha sollevato il rilevante problema teorico intorno a cui ruoteranno le pagine che seguono: Squid Game è «una feroce critica della società capitalistica» e dei suoi peggiori esiti neoliberali oppure è una grande allegoria-parodia degli aspetti «controversi, problematici, persino tragici» della società sudcoreana: della miseria capitalista, cioè, di una società in cui la rabbia crescente e la disperazione che essa suscita vengono convertite in oggetto di consumo e intrattenimento all’interno «del sistema oppressivo del capitalismo globale»[4]?

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Published: 29 June 2023
Created: 29 June 2023
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sinistra

La Russia verso la de-postmodernizzazione?

di Piotr

Prigozhin, Neo-liberal-cons, Bachmut, la Quinta e Sesta Colonna russe e le Bombe Nucleari. Uniamo i puntini

russia prigozhin putin shoigu gerasimov surovikinIn un articolo su Sinistrainrete, Pierluigi Fagan ha affrontato l'affare Prigozhin dal punto di vista della Teoria della Complessità, di cui è specialista, suggerendo la possibilità che l'effimero tentativo di golpe di Evgenij Prigozhin sia connesso a lotte di potere per la successione di Vladimir Putin, il quale, ricordava Fagan, ha annunciato ben prima dell'inizio dell'Operazione Militare Speciale in Ucraina che non si sarebbe presentato alle elezioni presidenziali dell'anno prossimo [1].

In alcuni post personali io ho sostenuto che è difficile pensare che l'apparato di sicurezza russo non sapesse che stava bollendo qualcosa in pentola, anche perché erano mesi che il patron della PMC Wagner stava, diciamo così, dando istrionici segnali, accusando di incompetenza e malafede i vertici militari russi. E anche perché è fuori dal mondo pensare che l'intelligence russa non avesse occhi aguzzi nella e sulla Wagner. Il New York Time, citando fonti anonime, ci informa che ne era “accorta” persino l'intelligence statunitense, aggiungendo che anche Putin ne era al corrente [2].

E fin qui ci siamo.

Manca il resto.

Quindi, lasciando per il momento da parte gli Stati Uniti, la situazione era questa: Prigozhin stava ordendo qualcosa contro un settore chiave del governo russo, il Cremlino lo sapeva ma ha “lasciato fare”. Perché?

Il primo motivo più evidente è che si trovava di fronte una formazione armata fino ai denti composta da diverse migliaia di combattenti con grande esperienza guidati da un gruppo autoreferenziale, il Consiglio dei Comandanti della Wagner, che usava come “avanguardia PR” un signore con un passato criminale, ricchissimo, patologicamente egotico [3].

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Published: 29 June 2023
Created: 24 June 2023
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jacobin

Per una storia in costruzione

di Chiara De Cosmo

Un libro su Marx e il dibattito italiano degli anni Settanta sulla storia antica e il nesso tra ricerca filosofica, pratica militante e storiografia

IMG 0717 1536x560Nel 1974, presso l’Istituto Gramsci di Roma che all’epoca rappresentava una delle più importanti istituzioni culturali del Pci, un gruppo di studiosi di differenti provenienze disciplinari si riunì, sotto la direzione di Aldo Schiavone, per avviare il primo ciclo del Seminario di antichistica. Il suo scopo era quello di riflettere sui metodi e sui contenuti della storiografia del mondo antico. Fu l’inizio di una feconda stagione di dibattito in Italia, che riassumeva al contempo alcuni dei migliori risultati della discussione internazionale di teoria storica e sociologica e accoglieva l’eredità di alcuni studiosi socialisti italiani (in particolare Ettore Ciccotti e Giuseppe Salvioli), che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento si erano proposti di riflettere sulla situazione di stagnazione della penisola a partire dallo studio e dalla riscoperta della struttura economica della Grecia e della Roma antiche. A uno sguardo retrospettivo, l’aspetto che forse oggi più colpisce di questa fase della storia culturale italiana è l’esigenza da cui nacque questa discussione, un’esigenza che era condivisa da tutti i suoi protagonisti: quella di unire la partecipazione appassionata alle vicende politiche, sociali e culturali del paese con la riflessione su questioni di teoria della storiografia, rifondandole a partire da una rinnovata interpretazione del lascito marxiano.

Uno dei meriti di Categorie marxiste e storiografia del mondo antico (Manifestolibri, 2022), in cui Sebastiano Taccola ricostruisce in maniera ricca e articolata le linee di questo dibattito, è quello di riuscire non solo a restituirne la vitalità, ma anche più in generale a individuarne i margini di connessione con le riflessioni marxiste più recenti.

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Published: 28 June 2023
Created: 25 June 2023
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lanatra di vaucan

La luce dell’Illuminismo

La simbolica della modernità e l’eliminazione della notte

di Robert Kurz

tramonto delloccidente 2048x1536Proponiamo qui un breve quanto intenso scritto di Robert Kurz, dal titolo La luce dell’illuminismo. Questo testo funge, per l’occasione, anche come sorta di “anticipazione” della prossima apparizione, per le edizioni Mimesis, del noto pamphlet Manifesto contro il lavoro del Gruppo Krisis, che viene ripubblicato a distanza di 20 anni dalla sua prima uscita in Italia. In questo libro, infatti, oltre al Manifesto vero e proprio, fanno da corollario altri testi, probabilmente altrettanto importanti, tra i quali La dittatura del tempo astratto, sempre di Robert Kurz, all’interno del quale si trova un capitoletto, anch’esso intitolato La luce dell’illuminismo, che riprende in modo sintetico proprio i temi di fondo presenti nell’articolo, più completo, che qui pubblichiamo.

Quest’ultimo risale al 2004 ed è inizialmente apparso sul numero 112 della rivista internazionale Archipel. È stato dapprima meritoriamente tradotto in italiano sul web, in modo forse un po’ sbrigativo e dalla versione francese, da qualcuno che non conosciamo ma che si firma con un simpatico nomignolo, Ario Libert. La versione che proponiamo adesso tiene conto di quella traduzione, ma rivista in base all’originale tedesco e si differenzia in più parti rispetto a quella (per esempio, Ario aveva lasciato il termine tedesco Aufklärung, come già nella traduzione francese, mentre noi, coerentemente con la tradizione delle traduzioni italiane dei testi kurziani, abbiamo deciso di riportarlo con un più netto “illuminismo”, così richiamando anche – come nelle intenzioni kurziane – un preciso momento storico, oltre che un determinato movimento di pensiero).

Questo breve testo può essere considerato come uno dei testi più “filosofici” di Robert Kurz, dove l’autore polemizza ancora una volta con il pensiero illuminista, in questo caso criticandone a fondo l’onnipervasiva metafisica della “luce”.

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Published: 28 June 2023
Created: 22 June 2023
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officinaprimomaggio

Il gig work: lavoro autonomo o dipendente? fatti privati o destini collettivi?

di Bruno Cartosio

gig economy2Nel gig work sono due le flessibilità che si incontrano: quella degli individui e quella del sistema economico. In astratto, dovrebbe essere il felice incontro di interessi convergenti: soldi guadagnati da una parte, prestazione ottenuta dall’altra. Senza strascichi; svolto il compito richiesto e accettato, pagato e ricevuto il compenso pattuito, ognuno padrone di sé come prima. Nella realtà non è così che vanno le cose, né per quanto riguarda i lavoratori, né per le aziende, né dal punto di vista delle leggi che classificano e regolano i rapporti di lavoro. Unica parziale eccezione, anche in termini di potere contrattuale, gli autonomi veri: self-employed o freelancer, meglio ancora se professionisti.  Non c’è dubbio che siano le corporation-piattaforme a trarre i maggiori vantaggi dall’incontro tra precarietà del lavoro offerto e disponibilità dei prestatori d’opera ad accettarla, tra i bassi compensi ricevuti da chi lavora e il minore costo del lavoro per le aziende. Ne sono testimoni i grandi profitti accumulati dalle aziende fino a oggi e il fatto che nessun gig worker risulta essersi arricchito o salito nella scala sociale grazie al lavoro precario-intermittente-connesso. E a cancellare ogni eventuale dubbio sul cui prodest, sta la decisione con cui le aziende si sono opposte finora a qualsiasi tentativo di riclassificare una parte dei gig workers come lavoratori dipendenti invece che autonomi.

Tuttavia i sondaggi dicono che il nuovo precariato “connesso” incontra il favore della maggioranza dei lavoratori che lo praticano. È possibile: il richiamo individualistico della flessibilità, delle possibilità di scelta, dei minori vincoli gerarchici è forte. Tuttavia, altre ricerche mettono le opinioni pro e contro più o meno alla pari.[i]

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Published: 28 June 2023
Created: 28 June 2023
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sinistra

La Cancel Culture come uso politico della Storia

di Gerardo Lisco

nbhjtqaSecondo la definizione data dalla Treccani per cancel culture deve intendersi un «atteggiamento di colpevolizzazione, di solito espresso tramite i social media, nei confronti di personaggi pubblici o aziende che avrebbero detto o fatto qualcosa di offensivo o politicamente scorretto ai quali vengono pertanto tolti sostegno e gradimento.»1. Partendo dalla definizione del concetto di cancel culture, attraverso alcuni fenomeni di cancellazione culturale operata nel corso della Storia e focalizzando l’attenzione sul dibattito in corso proverò a dimostrare come la cancel culture altro non è che uso politico della Storia in funzione dell’egemonia del capitalismo neoliberale e globalista.

 

1) Per una recente ricerca sociologica2la cancel culture sarebbe un fenomeno strettamente statunitense legato a movimenti di protesta propri di quel Paese non presenti ad esempio in Italia. Scrive l’autrice della ricerca

«Se l’origine del termine va rintracciata in film e canzoni, la nascita del fenomeno della cultura della cancellazione è invece stata attribuita nel discorso pubblico al cosiddetto Black Twitter, un movimento cresciuto all’interno dell’omonimo social media, con l’obiettivo di dare agli/alle utenti, per lo più afroamericani, una voce collettiva sull’esperienza di essere nero negli Stati Uniti (…) Tramite hashtag #Black Twitter, queste persone si possono sentire parte di una comunità virtuale ( e non) , partecipando e commentando gli avvenimenti in tempo reale, come in una vera e propria piazza pubblica. ( …) Cancellare, allora, in questa accezione è una forma di boicottaggio (…)»3.

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Published: 27 June 2023
Created: 23 June 2023
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marxdialectical

Appunti su A. Mazzone, Per una teoria del conflitto. Scritti 1999-2012

di Salvatore Tinè

Copertina MazzoneAl centro della riflessione di questi saggi raccolti in un volume significativamente e giustamente intitolato Per una teoria del conflitto è il tema gramsciano dell’egemonia che Mazzone riprende e sviluppa sulla base di una interpretazione della teoria marxiana del modo di produzione capitalistico come «modello di processo», ovvero come base economica e materiale ma anche nello stesso tempo parte e momento per quanto centrale e fondamentale del più vasto e concreto processo storico di quella che lo studioso marxista definisce «riproduzione sociale complessiva». Si tratta di una nozione centrale nella riflessione di Mazzone. A partire da essa, egli riformula infatti in una chiave non più economicistica o materialistico-volgare il rapporto tra base economica e sovrastruttura ideologico-politica su cui si basa la dottrina marxista sia come critica dell’economia politica che come concezione materialistica della storia. Mazzone intende infatti per «riproduzione sociale complessiva» proprio il complesso di tutte quella attività umane vitali non solo lavorative che costituiscono la cosiddetta sovrastruttura, senza le quali non potrebbe realizzarsi la riproduzione di quei rapporti di produzione nel cui ambito soltanto operano e si trasformano le forze produttive del lavoro umano associato. È questo nesso inscindibile, sempre storicamente determinato, tra produzione e riproduzione, questo blocco storico per dirla con Gramsci tra struttura e sovrastruttura, che Mazzone identifica con la stessa egemonia, intesa perciò sempre come lotta per l’egemonia, come rapporto di forze mai statico ma sempre in sviluppo e dinamico tra le classi fondamentali della società in lotta tra loro, capitalisti da un lato e lavoratori salariati dall’altro.

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Published: 27 June 2023
Created: 23 June 2023
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sbilanciamoci

Le nuove mosse di Biden contro la Cina

di Vincenzo Comito

Iniziata da Trump, la strategia anticinese americana prosegue con Biden e crescenti pressioni verso alleati europei e imprese restii a recidere i legami con il paese asiatico. Ursula von der Leyen esegue, passando però dal “decoupling” – sganciamento economico – al “derisking”

china usI risultati del decoupling di Trump

Secondo le informazioni pubblicamente disponibili, è stato a suo tempo sotto la presidenza Obama, di cui ricordiamo il suo slogan Pivot to Asia, che il governo statunitense ha cominciato a preoccuparsi fortemente per la crescita cinese e da allora i tentativi di bloccare, o almeno di frenare, l’emergere del paese asiatico sulla scena mondiale sono diventati sempre più aggressivi, mentre ancora oggi non mostrano certo segni di indebolimento.

È con Trump che apparentemente si comincia a tentare di fare sul serio; il presidente, mentre invitava, peraltro con molto scarso successo, le imprese Usa a lasciare la Cina, introduceva dazi rilevanti su una parte consistente delle merci cinesi, mentre cercava al contempo di bloccare le tecnologie Huawei e ZTE nel 5G, spingendo i paesi alleati a fare altrettanto.

Ma le sue azioni non hanno portato apparentemente a grandi risultati, come mostrano ad esempio le cifre e le valutazioni tratte da un recente articolo apparso sul South China Morning Post (Yukon Huang, 2023). Il deficit commerciale Usa – secondo le cifre avanzate dall’autore – è stato nel 2022 superiore a quello dell’anno in cui Trump si è insediato. Il peso delle importazioni cinesi sul Pil è passato dal 31% del 2017 al 34% del 2022. È vero che la quota della Cina è scesa nel periodo considerato dal 22% al 17%, ma le esportazioni complessive della Cina verso il mondo sono sempre cresciute e in particolare verso quei paesi (Vietnam, Messico, India ed altri) che hanno sostituito la Cina su alcune tipologie di merci. Nella sostanza questi paesi hanno riesportato verso gli Usa semilavorati forniti loro da Pechino. Incidentalmente molte imprese cinesi hanno aperto delle fabbriche in tali paesi, da dove esportare poi negli Stati Uniti.

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Published: 27 June 2023
Created: 08 June 2023
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acropolis

Chi finanzia il movimento LGBTQ

di Silvia Guerini

LGBTQ headerA livello internazionale stiamo assistendo a una saturazione mediatica delle rivendicazioni trans ed LGBTQ+, ma è davvero una questione di diritti per una molto piccola anzi piccolissima parte della popolazione globale o c’è un’agenda più ampia e più profonda? La causa LGBTQ+ si trova oggi tra i primi posti nell’agenda dei potenti e i suoi sostenitori sono ai vertici dei media, del mondo accademico e soprattutto del Big Business, della Big Philanthropy e del Big Tech.

I finanziamenti del movimento transfemminista LGBTQ provengono da determinate fondazioni e organizzazioni, come la Open Society Foundations (OSF) di George Soros, per citare la più conosciuta. Meno conosciuta, ma particolarmente significativa è la Terasem Movement Foundation del transumanista Martine Rothblatt, “transessuale MtF”, ceo di United Therapeutics, multinazionale farmaceutica e biotecnologica, impegnata in nuove tecnologie biomediche e xenotrapianti, nel cui consiglio di amministrazione siede il noto transumansta Ray Kurzweill. Rothblatt possiede la più grande azienda per la clonazione di maiali per xenotrapianti in un progetto di ricerca in partnership con la Synthetic Genomics, multinazionale che opera nel campo della biologia sintetica del noto Craig Venter[1]. Rothblatt è anche membro della National Academies of Science, Engineering and Medicine, finanziato dal DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency[2]).

Rothblatt, come altri transumanisti impegnati anche in opere divulgative, ha scritto svariati libri per il largo pubblico in merito alla mappatura del DNA, screening genetici, riproduzione artificiale dell’umano.

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Published: 26 June 2023
Created: 21 June 2023
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carmilla

La silenziosa coazione verso il baratro

di Fabio Ciabatti

Søren Mau, Mute compulsion. A marxist theory of the economic power of capital, Verso Book, London 2023, edizione kindle, pp. 511, € 8,36 (edizione cartacea p. 340, € 24,29)

Marx 4Il modo più comune per spiegare la riproduzione delle relazioni sociali capitalistiche fa riferimento al potere delle classi dominanti di fare leva sulla forza e sull’ideologia. L’importanza di queste dinamiche non sarà certo negata da chi scrive su una rivista che parla di immaginario e che da tempo insiste sulla deriva bellica del nostro presente. Se però vogliamo dare una spiegazione storicamente determinata di queste due dimensioni del dominio, esse devono essere messe in relazione con i fondamenti materiali del nostro mondo e dunque con un altro tipo di potere che Marx definisce la “silenziosa coazione dei rapporti economici”, vale a dire con il potere economico del capitale. Quest’ultimo, contrariamente a quanto accade con la forza e l’ideologia, si rivolge ai soggetti solo indirettamente, riconfigurando in continuazione le condizioni materiali, le attività e i processi necessari per la loro riproduzione sociale e per assicurare la continuazione dell’esistenza della vita collettiva.

Potrebbe sembrare fuori luogo fermare l’attenzione su questo aspetto in un momento storico caratterizzato dall’esplosione della violenza statale nella sua forma più estrema, la guerra, e dall’assordante volume della fanfara ideologica connessa alle vicende belliche. Ma ci troveremmo a questo punto se il sistema capitalistico non fosse in grado di esercitare un potere astratto, impersonale, semiautomatico che spinge i soggetti, anche al di là delle loro convinzioni, a mantenere immutati i comportamenti quotidiani legati alla loro riproduzione materiale nonostante questi ci stiano portando con ogni evidenza sull’orlo del baratro?

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Published: 26 June 2023
Created: 24 June 2023
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contropiano2

Stiamo vivendo una de-dollarizzazione?

di Di Justin Podur* - Globetrotter

dedollarizzazioneLa de-dollarizzazione sembra arrivata, “che ci piaccia o no“, come afferma un video del maggio 2023 del Quincy Institute for Responsible Statecraft, un think tank orientato alla pace, con sede a Washington.

Il Quincy non è l’unico a parlare di de-dollarizzazione: gli economisti politici Radhika Desai e Michael Hudson ne hanno illustrato i meccanismi in quattro trasmissioni tra febbraio e aprile 2023 nel loro programma quindicinale su YouTube, “Geopolitical Economy Hour“.

L’economista Richard Wolff ha fornito una spiegazione di nove minuti su questo argomento sul canale Democracy at Work. Dall’altra parte, media come Business Insider hanno assicurato ai lettori che il dominio del dollaro non è destinato a scomparire.

Il giornalista Ben Norton ha riferito di un’audizione bipartisan di due ore tenutasi al Congresso il 7 giugno: “Dollar Dominance: Preserving the U.S. Dollar’s Status as the Global Reserve Currency“, sulla difesa della valuta statunitense dalla de-dollarizzazione. Durante l’audizione, i membri del Congresso hanno espresso sia ottimismo che ansia per il futuro del ruolo supremo del dollaro. Ma cosa ha spinto questo dibattito?

Fino a poco tempo fa, l’economia globale accettava il dollaro come valuta di riserva mondiale e valuta delle transazioni internazionali. Le banche centrali di Europa e Asia avevano un appetito insaziabile per i titoli del Tesoro americano denominati in dollari, che a loro volta conferivano a Washington la capacità di spendere denaro e finanziare il proprio debito a volontà.

Se un Paese avesse sgarrato politicamente o militarmente, Washington poteva sanzionarlo, escludendolo dal sistema di commercio globale denominato in dollari del resto del mondo.

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Published: 26 June 2023
Created: 26 June 2023
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contropiano2

Prigožin e la “Wagner”: fu vero golpe?

di Fabrizio Poggi

prigozin vero golperLa situazione verificatasi con la sollevazione dei caporioni della “Wagner” è intricata. Inutile e controproducente azzardare ipotesi: di regola, non ci si azzecca mai. Più prudente attenersi ai fatti. E i fatti sono ormai a conoscenza di tutti, mentre sui media liberal-atlantisti si sprecano le “interpretazioni”, tutte giocate sul tema “la fine di Putin”.

Per quanto ci riguarda, però, molto ma molto rimpiattato in un angolino della mente, risuona un qualcosa di déjà vu: per la precisione, l’agosto del 1991. Trentadue anni fa, nei tre giorni che l’acume liberale continua tutt’oggi a definire “golpe”, non venne sparato un solo colpo.

A quanto pare nemmeno il 24 giugno 2023, se si escludono gli episodi di scontri tra “wagneriani” e esercito nel periodo precedente la “sollevazione”. Sicuramente, così come nel 1991 si venne a sapere del “gioco delle parti” tra Mikhail Gorbačëv e gli otto “gekačepisti” soltanto diversi mesi dopo le giornate d’agosto, anche questa volta la realtà dei fatti farà capolino solo tra un po’ (o molto) di tempo.

Nessun fatto testimonia della verosimiglianza di una tale ipotesi; e, però, è dura da scacciare la sensazione che Evgenij Prigožin abbia reso un servizio a Vladimir Putin e il presidente, che ancora al mattino prometteva una «dura punizione» per i rivoltosi, nel pomeriggio ha consentito all’uscita indisturbata del wagneriano verso la Bielorussia.

Un po’ presto anche per definire con esattezza quali diverse cordate del capitale russo (e non solo) siano dietro agli uni e agli altri protagonisti delle attuali vicende e quali obiettivi strategici perseguano.

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Published: 25 June 2023
Created: 25 June 2023
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analisidifesa

Il golpe-show di Prigozhin si sgonfia in meno di 24 ore

di Gianandrea Gaiani

230109145111 01 prigozhin wagner ukraineAlla fine la “marcia della giustizia” della compagnia militare private Wagner e la “guerra civile” scatenata da Evgeny Prigozhin si sono risolte in meno di 24 ore, senza troppi spargimenti di sangue (e con negoziati che sembrano accontentare tutti ma soprattutto Putin.

La vicenda presenta molti punti oscuri e lascia il dubbio che si sia trattato almeno in parte di una farsa o di una messa in scena anche se in Occidente si sono diffuse voci di accordi tra l’intelligence statunitense e il capo della compagnia militare privata (PMC) più famosa di Russia e molti osservatori e opinionisti hanno rapidamente trasformato il “criminale di guerra” Prigozhin e i “mercenari” della Wagner in eroi pronti a morire per la libertà e la democrazia in Russia.

Una metamorfosi durata solo poche ore fino a quando il portavoce del Cremlino, Dimitry Peskov, che già aveva smentito le indiscrezioni circa la “fuga” di Putin da Mosca, ha reso noto i termini dell’accordo.

La colonna degli uomini della PMC Wagner che marciava su Mosca dopo aver preso il controllo, a Rostov, dell’aeroporto, del quartier generale dei servizi di sicurezza interni (FSB) e del comando militari da cui viene gestita l’Operazione Militare Speciale in Ucraina, si è fermata a 200 chilometri dalla capitale.

Uno stop avvenuto dopo una marcia di avvicinamento in cui, apparentemente e incredibilmente, non aveva incontrato resistenza né dai militari, né dai poliziotti, né dalla Guardia Nazionale né dalle truppe dei servizi di sicurezza interna (FSB) se si esclude l’attacco di un elicottero abbattuto dai contractors e la distruzione di alcuni elicotteri all’aeroporto di Rostov in contesti ancora non ben chiariti.

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Published: 25 June 2023
Created: 25 June 2023
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giubberosse

L’inoffensiva e altri fatti

di Enrico Tomaselli

ATACMSMentre sulla linea di combattimento i tentativi di avanzata ucraini si infrangono sulle difese russe, una sorprendente mossa del miliardario Prigozhin rischia di pugnalare alle spalle i militari al fronte e viene prontamente – ed unanimemente – bollata come tradimento. Intanto, anche a Mosca ferve il dibattito politico sulla guerra e ci si interroga sull’uso delle armi nucleari. L’Europa, come sempre, risulta non pervenuta.

* * * *

Tre fatti

Si è spesso osservato, anche su queste pagine, come il dibattito sulle scelte strategiche sia estremamente animato negli Stati Uniti – a differenza di quanto avviene invece in Europa, dove ogni discussione di merito sul conflitto è marginalizzata e criminalizzata aprioristicamente. Contrariamente a quanto si pensi, ed a quanto amano raccontarsi gli aedi locali della NATO, l’esistenza di tale dibattito in USA non testimonia un esclusivo livello di democrazia (se così fosse, dovrebbe essere riconosciuto che in Europa non c’è autentica democrazia…); un dibattito, altrettanto serio, si svolge infatti anche nell’autocratica Russia. Ed è un fatto.

Data la sfortunata coincidenza con le notizie di cronaca, è bene precisare che non ci si intende riferire al tentativo di putsch ad opera della Wagner, né tantomeno alle critiche del suo proprietario Prigozhin, che nulla hanno a che vedere col dibattito strategico serio.

Ovviamente, si tratta di un fatto di grande rilevanza, che sarebbe impossibile ignorare. Non fosse altro che perché segna un passaggio importante nella vicenda politica russa di oggi, oltre che ovviamente del conflitto in corso.

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Published: 24 June 2023
Created: 24 June 2023
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analisidifesa

La rivolta della Wagner e gli obiettivi di Prigozhin

di Gianandrea Gaiani

132517255 893c5b7d 19e6 4e89 a8aa bf5b2965c0c5(aggiornato alle ore 14,50)

Alla fine Evgeny Prigozhin ha “saltato il fosso”. Dopo mesi di crescenti dissidi con i vertici militari e del ministero della Difesa il capo della società militare privata (PMC) Wagner si è posto alla testa di un ammutinamento che punta dichiaratamente a ottenere un cambio ai vertici della Difesa di Mosca.

Un “golpe” che destabilizza governo e forze armate russe nel momento più delicato, mentre è in corso la (per ora) fallimentare controffensiva ucraina al culmine di quasi 500 giorni di guerra.

La sera del 24 giugno Prigozhin ha accusato il ministero della Difesa di aver bombardato una base della Wagner (notizia smentita da Mosca) e ha promesso di portare il ministro Sergei Shoigu a rispondere delle sue responsabilità circa la guerra in Ucraina.

“Le divisioni del ministero della Difesa, o meglio le reclute che sono state inviate per fermare il nostro cammino, si sono fatte da parte. Se qualcuno cercherà di fermarci, distruggeremo tutti” ha detto Prigozhin in un messaggio audio sul suo canale Telegram, Prigozhin ha annunciato che i suoi combattenti si stavano dirigendo a Rostov, dove si trova il quartier generale del Distretto militare meridionale, della 58a Armata e il comando della Operazione Militare Speciale” in l’Ucraina.

Nel giro di dieci ore i contractors della PMC Wagner hanno bloccato il centro di Rostov e dalla notte si sono diffuse notizie di movimenti di colonne in movimento nelle regioni di Rostov e di Voronezh, dove il governatore, Alexander Gusev, ha reso noto che l’esercito sta prendendo “le misure militari necessarie” per contrastare la rivolta di Wagner. Sembra che elicotteri da attacco abbiano attaccato una colonna della PMC Wagner in deposito di carburante in cui i ribelli intendevano rifornirsi.

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Published: 23 June 2023
Created: 19 June 2023
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lantidiplomatico

L'Europa, il conflitto in Ucraina e il tabù nucleare che vacilla sempre più

di Giuseppe Masala

720x410c50pkuvnmCome abbiamo detto nell'articolo precedente è nel contesto di una Germania ormai riunificata e risorta - e che grazie alla costruzione europea è riuscita a monopolizzare e quasi ad annettere l'intera Europa - che si è ripreso a parlare di “deterrente nucleare” nei circoli che contano siano essi diplomatici, siano essi militari.


Lo scontro Germania-USA

Questo avviene perché è la Germania stessa, inebriata dai successi post unificazione, a chiedere un posto in prima fila nel tavolo dove si decidono i destini del mondo. Un tavolo questo dove Berlino però non ha titolo per partecipare sia perché priva di un deterrente militare credibile, sia perché non abbastanza forte demograficamente, sia perché potenza sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale e dunque priva del seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Ma sull'altro piatto della bilancia la Germania ha dalla sua l'egemonia europea conquistata grazie ai trattati che hanno istituito la Unione Europea che è stata egemonizzata dai tedeschi, sia grazie alle enormi ricchezze accumulate negli anni grazie a strategie commerciali vincenti, come per esempio gli accordi con la Russia che consentono a Berlino di avere enormi quantità di energia a prezzi stracciati consentendo al suo gigantesco apparato industriale di essere competitivo a livello mondiale.

Strategia dunque complessa e su diversi piani quella architettata prima da Kohl e poi dalla Merkel, che però non poteva passare inosservata a Washington che infatti ha iniziato a minacciare (e ad agire) per punire l'insubordinazione tedesca.

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Published: 23 June 2023
Created: 18 June 2023
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minimamoralia

L’importanza dell’ideologia: a proposito del rapporto tra Rossana Rossanda e il Pci

di Nazareno Galiè

00057E59 rossana rossandaNon è una Rossana Rossanda “eretica” quella che viene fuori dalle belle pagine di Rossana Rossanda e il Pci: Dalla battaglia culturale alla sconfitta politica 1956 -1966 (Carocci editore) di Alessandro Barile, semplificazione finora ampiamente abusata che l’autore disfa collocando nella dimensione che le è propria l’attività politico culturale della dirigente comunista. Prendendo in considerazione gli anni in cui Rossanda è stata dapprima responsabile della Casa della cultura di Milano e in un secondo decisivo momento a capo della Sezione culturale del Pci, Barile indaga le ragioni del conflitto tra la ragazza del secolo scorso e gli altri funzionari di punta del partito, in quegli anni impegnati ad organizzare le masse sulla via italiana al socialismo. Occorre, tuttavia, precisare che nel libro di Barile coesistono molti temi di carattere storico-culturale, che non rimandano ad un unico filo conduttore. Nondimeno, i molteplici snodi problematici vengono riflessi dal caleidoscopio della politica culturale del Pci, l’altro vero argomento del libro oltre che Rossanda. In ogni modo, attraverso il volume è possibile seguire, in controluce, l’evoluzione delle vicende politiche italiane (l’egemonia politica democristiana dopo il 18 aprile del 1948, la crisi del fronte popolare, l’avvio, a tratti contrastato, del centrosinistra) e soprattutto quelle svolte, innescate in ultima analisi dal miracolo economico – presupposto logico di quel “neocapitalismo” che tanto spazio trova nel libro – che hanno cambiato radicalmente la società italiana rispetto a come si era strutturata alla fine della guerra. È un libro, potremmo dire, che tematizza i cambiamenti, o meglio le crisi che mettono in discussione l’ideologia e, quindi, la prassi nella sostanza riformista del Pci. È anche una riflessione sul nesso tra politica e cultura, che richiama, ovviamente, anche l’attualità.

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Published: 23 June 2023
Created: 23 June 2023
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sinistra

Sembrava un trono

di lorenzo merlo

 bvjkleTaci stupido! Non sai chi sono io.

Amazzonia

In seguito a un recente incidente aereo (1), quattro bambini tra i tredici e un anno sono sopravvissuti quaranta giorni da soli nella giungla amazzonica. A chi li ha trovati hanno raccontato che si sono nutriti secondo quanto aveva insegnato loro la nonna.

Ecco, per adesso, tenere a mente la nonna.

 

Russia o Tronista 1

C’è chi la nonna non l’ha avuta. Al suo posto gli è capitato una specie di algoritmo, una di quelle cose o bianche o nere, un codice binario dove la via dello stampino è segnata, dove l’arlecchino della vita prende bastonate di santa ragione, con somma soddisfazione dei proboviri – individui dal nullo eros – che, armati del nerbo intrecciato di scientismo e diritto, ci vengono a dire come stanno veramente le cose. Lo fanno con la tranquillità che il sapere tecnico, scambiato per conoscenza superiore, credono permetta loro.

Così, dal trono della ragione e del diritto dileggiano chi riconosce le ragioni di Putin e la causa Natorale della guerra – oltre due terzi del mondo –, e comunque quelli che non ne possono più delle esportazioni in doppio petto e armi in pugno di qualunque merda si voglia.

Rivolgendosi a questi, il tronista, inetto a cogliere l’humus d’insieme, prodromo del presente, non esita sarcasticamente a sostenere pochezze, come se il tempo fosse iniziato il febbraio scorso:

  • dunque, chi provoca – a insindacabile giudizio dell’aggressore Putin – merita una reazione anche violenta. E se l’aggredito reagisce, è terrorismo;

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Published: 22 June 2023
Created: 17 June 2023
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poliscritture

Cavaliere o pedone?

di Paolo Di Marco

cavalierpedoneDel lestofante testé morto tutti ricordano l’aspetto esteriore e gli atteggiamenti da guitto ma pochissimi (il solo Fatto) le malefatte; e anche qui con molta discrezione e tutti i distinguo (“la magistratura ha sempre archiviato”…).

E invece mi sembra buona occasione per ricostruire un pezzo significativo di storia patria con tutti i suoi intrecci espliciti e sotterranei.

 

1- breve cronaca

–Il padre lavora in una piccola banca (Rasini) che si diceva (fonte Sindona) essere avamposto dei ricicli mafiosi; ma ha anche contatti col mondo della borghesia milanese a cui piace tenere i soldi in Svizzera (vizietto che in quegli anni era assai diffuso);

–Quando il piccolo si mette in affari immobiliari -con Milano 2 opera più nota- i soldi arrivano tramite quelle fonti (v. Travaglio et al, ‘L’odore dei soldi’, più recentemente su Il Fatto gli audioarticoli della biografia; sempre sul Fatto l’art di Marco Lillo). Soci principali dell’Edilnord sono Rasini e Rezzonico, commercialista svizzero.

–Colla collaborazione di don Verzè (poi sospeso a divinis) nel ’68 compra i terreni di Segrate; su una parte sorgerà il San Raffaele, sull’altra Milano2; corrompendo dirigenti e piloti Alitalia per spostare le rotte degli aerei che rendevano i terreni privi di valore. Questa volta gli occulti finanziatori svizzeri tirano fuori 3 miliardi.

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Published: 22 June 2023
Created: 22 June 2023
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sinistra

Lotta alla precarietà del lavoro, snodo decisivo per sinistra politica e sindacato

di Carlo Lucchesi

5d7e71c67582552a05884f2f2fde51e9 XL1. Le più importanti e profonde riforme del dopoguerra si sono fatte in Italia negli anni ‘60 e ‘70 del secolo scorso quando al governo del Paese c’era una coalizione di centro-sinistra nella quale la parte moderata era nettamente maggioritaria. Fu possibile essenzialmente grazie all’iniziativa del movimento sindacale capace di elaborare proposte unitarie sui grandi temi del welfare e deciso a sostenerle con la lotta dei lavoratori tanto da conquistarsi il consenso di gran parte del Paese. Si trattò dello sviluppo e della proiezione nei territori e nell’intera società nazionale delle lotte di fabbrica, che già avevano raggiunto un’estensione straordinaria. L’organizzazione tayloristica del lavoro aveva sì enormemente incrementato la produttività, ma aveva consegnato ai lavoratori un potere di interdizione sul processo produttivo che, una volta tradotto dai Consigli dei delegati in capacità e potere negoziale, aveva fatto compiere un grande salto in avanti non solo al salario, ma all’intera condizione di lavoro. Lo slogan “dalla fabbrica al territorio” segnalava appunto l’esigenza e la volontà di consolidare quelle conquiste tanto come difesa del potere d’acquisto, quanto come spostamento nei rapporti di potere fra le classi. Sul piano politico, il PCI dall’opposizione e il PSI dal governo fecero in modo che sul terreno legislativo si realizzassero mediazioni di alto contenuto alle quali dettero un notevole contributo l’area socialmente progressista della DC e parti consistenti dell’associazionismo cattolico.

Niente del genere è accaduto da allora, neppure quando al governo si sono trovate coalizioni di centro-sinistra formalmente assai più sbilanciate a sinistra di quanto fossero i governi degli anni ‘60 e ‘70.

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Published: 21 June 2023
Created: 16 June 2023
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contropiano2

La “Modern supply-side economics” e il “New Washington consensus”

di Michael Roberts*

imperialismo stati uniti usa 640x300Il mese scorso, il consigliere per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, Jake Sullivan, ha illustrato la politica economica internazionale dell’amministrazione statunitense. Si è trattato di un discorso cruciale, perché Sullivan ha spiegato quello che viene definito il “New Washington consensus” sulla politica estera degli Stati Uniti.

Il Washington Consensus originale era un insieme di dieci prescrizioni di politica economica considerate come il pacchetto di riforme “standard” promosso per i Paesi in via di sviluppo in crisi da istituzioni con sede a Washington, come il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca mondiale e il Ministero del Tesoro degli Stati Uniti.

Il termine è stato usato per la prima volta nel 1989 dall’economista inglese John Williamson.

Le prescrizioni comprendevano politiche di promozione del libero mercato, come la “liberalizzazione” del commercio e della finanza e la privatizzazione dei beni statali. Comportavano anche politiche fiscali e monetarie volte a ridurre al minimo i deficit fiscali e la spesa pubblica.

Si trattava del modello politico neoclassico applicato al mondo e imposto ai Paesi poveri dall’imperialismo statunitense e dalle istituzioni ad esso alleate.

La chiave era il “libero commercio” senza dazi e altre barriere, il libero flusso di capitali e regolamentazioni minime – un modello che andava specificamente a vantaggio della posizione egemonica degli Stati Uniti.

Ma le cose sono cambiate dagli anni ’90, con l’ascesa della Cina come potenza economica rivale a livello globale e il fallimento del modello economico internazionale neoliberista e neoclassico nel garantire la crescita economica e ridurre le disuguaglianze sia tra le nazioni che al loro interno.

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Published: 21 June 2023
Created: 18 June 2023
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ilpungolorosso

Berlusconi, berlusconismo, berlusconisti

di Combat-COC

Riprendiamo molto volentieri dal sito Combat-COC questo articolo, che è di gran lunga il più completo e centrato tra quanti hanno commentato la scomparsa del Cav. nero da un punto di vista di classe. (Red.)

berlusconi imageLa morte di Silvio Berlusconi ha mandato in onda il solito, vomitevole, falso e interessato teatrino italiano composto da una maggioranza di “pro” ed una – solo per l’occasione – ridotta minoranza di “anti”.

Entrambi gli schieramenti sono abbarbicati sul “personaggio” Berlusconi: sia da parte di chi lo ritiene uno dei più grandi e “longevi” statisti della storia d’Italia; sia da parte di chi fa risalire al suo operato l’origine di tutte le “disgrazie” del nostro vivere civile.

E allora cominciamo col ribadire una cosa: per noi Berlusconi è stato un nemico di classe, in quanto espressione politica della borghesia ai massimi livelli per un trentennio (quattro volte presidente del Consiglio). Classe alla quale tra l’altro ha appartenuto anche fisicamente come imprenditore.

Siamo stati contro Berlusconi così come lo siamo stati (e lo siamo) nei confronti di tutti i padroni, nessuno escluso.

Contro Berlusconi dunque in quanto anti-capitalisti, dal momento che per noi non si tratta di scegliere il padrone “migliore”. Sport che invece ha appassionato in questi decenni le fila dei competitor affezionati al capitalismo “buono”, “onesto” e “democratico” (sic).

Di conseguenza respingiamo tutti i mielosi (e ipocriti) discorsi apparsi in questi giorni sui mezzi di comunicazione relativi al fatto che di fronte alla morte tutte le “animosità” debbano stemperarsi: vuoi per “riconoscenza”, o per “rispetto”, o per “pietà cristiana”.

Per cui, stando sempre ben attenti a non “personalizzare” la politica ed a non “affogare” nell’antiberlusconismo la critica e l’opposizione a tutto il sistema capitalistico (che è internazionale), vogliamo cercare in queste righe di spiegare sommariamente la natura e la portata del “berlusconismo”. Fenomeno che travalica la vita biologica del singolo personaggio.

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Published: 20 June 2023
Created: 20 June 2023
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consecutiorerum 

Contro l’idea di progresso

Raul Prebisch e la scuola dependentista latinoamericana

di Maria Turchetto*

2016031505352700ec53c4682d36f5c4359f4ae7bd7ba1Per due secoli buoni abbiamo pensato la temporalità e la storia attraverso l’idea di progresso. Forse siamo tuttora prigionieri di quest’idea, dura a mo­rire, diventata luogo comune e automatismo del pensare - anche perché è un’idea consolatoria. Ma mi piace datarla così, sull’arco di due secoli: par­tendo dalle prime formulazioni illuministe della metà del XVIII secolo per arrivare alle prime critiche profonde e sistematiche nell’ambito della teoria economica che si devono in gran parte alla scuola dependentista latinoame­ricana della metà del XX secolo. Certo, i precursori esistono sempre e farò in proposito qualche accenno.

 

  1. Le formulazioni illuministe

Quanto alle formulazioni illuministe, il pensiero corre subito a Condorcet e al suo Esquisse d’un tableau historique des progrès de l’esprit humain (1795), ma prima di lui l’idea è formulata già negli anni Cinquanta del secolo dagli économistes (la scuola di pensiero passata alla storia con il nome di “fisiocrazia), in particolare da Turgot. Per Turgot il progresso è la chiave di intelligibilità della storia:

I fenomeni della natura, assoggettati a leggi costanti, sono racchiusi in un cer­chio di rivoluzioni che sono sempre le stesse. Tutto rinasce, tutto perisce; e, in queste successive generazioni per cui i vegetali e gli animali si riproducono, il tempo non fa che rendere ad ogni istante l’immagine di ciò che ha fatto scomparire. Il succedersi degli uomini, al contrario, offre di secolo in secolo uno spettacolo mutevole. La ra­gione, le passioni, la libertà producono incessantemente nuovi eventi [...].

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  1. Carlo Formenti: Samir Amin: una spallata contro l'eurocentrismo
  2. Julian Beuwirth: Critica sociale e teoria di classe
  3. Alfonso Gianni: Realismo utopico: un ossimoro per ricostruire la sinistra
  4. Rossana De Simone: Diario della crisi | Industria bellica S.p.A.: come fabbricare la guerra infinita
  5. Fabio Troncarelli: Il sorriso del caimano
  6. Gavino Piga: Robot, prega per me. Postumanesimo, IA e derive tecnologiche
  7. Andrea Fumagalli: L’inflazione. Falsi miti e conflitto distributivo
  8. Redazione Contropiano - Domenico Caldaralo: “Ingerenza liberale”, autodeterminazione e realismo nelle relazioni internazionali
  9. Fulvio Bellini: Turchia: la vittoria di Erdogan mette in discussione il futuro della NATO?
  10. Greg Godels: La malsana tentazione del "marxismo occidentale"
  11. Aurelien: Secondo round? Non c’è nessun secondo round
  12. Neil Novello: La speranza che diviene
  13. Pierluigi Fagan: Sistemi pensanti
  14. Enrico Vigna: Kosovo: cappio al collo per la Serbia?
  15. Giacomo Gabellini: I fattori dietro la (sorprendente) tenuta economica della Russia
  16. Nico Maccentelli: Presa di posizione
  17. Salvatore Bianco: Emergenzialismo, fase suprema del tecno-capitalismo
  18. Alessandro Lolli: La metafora della diserzione
  19. Prabhat Patnaik: È in atto una "de-globalizzazione"?
  20. Enrico Tomaselli: Jeux de massacre
  21. John Bellamy Foster: Engels e il secondo fondamento del marxismo
  22. Fosco Giannini: 28 maggio 2023: le conclusioni all’Assemblea di costituzione del Centro Studi Nazionale “Domenico Losurdo”
  23. Gioacchino Toni: Quando il sogno tecnomodernista si rivela un incubo
  24. Tibor Zenker: John M. Keynes - una guida verso un vicolo cieco
  25. Alessandro Somma: Verso l’economia di guerra

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